E’ illegittima, per violazione dell’art. 117 Cost., la norma regionale che introduca delle limitazioni (nella specie divieto di esercizio dell’attività di noleggio autobus con conducente mediante veicoli di età superiore a quindici anni e con percorrenza superiore al milione di km).
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L’antefatto
La pronuncia della Corte Costituzionale trae origine da un giudizio pendente innanzi al T.A.R. Piemonte nell’ambito del quale è stata sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 12, commi 1 e 2, della legge della Regione Piemonte 26 giugno 2006, n. 22 (Norme in 5 di trasporto di viaggiatori effettuato mediante noleggio di autobus con conducente), come modificati dall’art. 46 della legge della Regione Piemonte 11 marzo 2015, n. 3 (Disposizioni regionali in materia di semplificazione), in riferimento agli artt. 3, 41 e 117, primo e secondo comma, della Costituzione. L’art. 12, comma 1 (rubricato «Qualità degli autobus»), nella parte in cui la disciplina regionale dispone che, «[n]elle more dell’entrata in vigore di apposita normativa nazionale in materia di requisiti di età dei veicoli adibiti ad attività di noleggio di autobus con conducente, al fine di tutelare la sicurezza degli utenti e dei lavoratori, è vietato alle imprese autorizzate all’esercizio di tale attività l’utilizzo di veicoli di età superiore a quindici anni qualora essi abbiano raggiunto una percorrenza di un milione di chilometri certificata con gli strumenti previsti dalle normative vigenti».
Il comma 2 aggiunge che «[i] veicoli per i quali è previsto il divieto di utilizzo di cui al comma 1 sono cancellati dagli elenchi relativi ai veicoli autorizzati all’attività di noleggio di autobus con conducente. L’impresa autorizzata, qualora non fornisca i dati relativi all’età e alla percorrenza dei propri veicoli oppure nel caso in cui fornisca dati non veritieri, è soggetta alla sospensione dell’autorizzazione da un minimo di trenta ad un massimo di sessanta giorni».
Il giudizio a quo verte sulla legittimità del provvedimento della Città metropolitana con cui è stata ingiunta l’alienazione di alcuni autobus della società ricorrente che risultavano immatricolati da oltre quindici anni, dopo avere percorso più di un milione di chilometri.
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La fattispecie e la res controversa
L’attività di noleggio di autobus con conducente è disciplinata a livello nazionale dalla legge n. 218 del 2003 e la legge reg. Piemonte n. 22 del 2006 ha delegato alle province il rilascio delle autorizzazioni e le funzioni di vigilanza sulle imprese che effettuano il noleggio (art. 3), regolamentando la procedura di rilascio dell’autorizzazione e i casi di sospensione e revoca, fissando il censurato divieto nel giudizio a quo (artt. 4, 8 e 9).
Secondo il T.A.R. remittente la norma introdurrebbe un requisito di esercizio non contemplato dal diritto europeo e intrinsecamente discriminatorio, nei confronti delle imprese stabilite nella Regione Piemonte, in violazione dell’art. 3 della Costituzione nonché dell’art. 117, primo comma, della Costituzione (norme che impongono alle regioni di conformarsi ai vincoli dell’ordinamento comunitario). Di qui la violazione del principio di uguaglianza sancito dall’art. 20 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adottata a Strasburgo il 7 dicembre 2007, osservandosi che il regolamento (CE) n. 1071/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 ottobre 2009, che stabilisce norme comuni sulle condizioni da rispettare per esercitare l’attività di trasportatore su strada e abroga la direttiva 96/26/CE del Consiglio, «non detta alcuna prescrizione in ordine alle caratteristiche degli automezzi che possono essere acquistati ed utilizzati dalle imprese di trasporto».
Sempre secondo il giudice a quo la norma regionale contrasterebbe «con la natura “trasversale” e prevalente della tutela della libera concorrenza, sancita dalla direttiva 2006/123/CE»: alle regioni è preclusa la introduzione di «previsioni atte a distorcere il confronto concorrenziale e la libertà d’impresa sul piano interspaziale, ossia tra territori regionali differenti».
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I precedenti della Corte
Con sentenza n. 165 del 2014 sono state dichiarate incostituzionali alcune norme della legge della Regione Toscana in materia di commercio, dovendosi osservare che la citata legge n. 218 del 2003 «non prevede limitazioni all’utilizzo di autobus usati» né «prevede limitazioni territoriali per le imprese autorizzate» precisando che l’art. 4 della «legge n. 218 del 2003 non attribuisce alle Regioni il potere di disciplinare in senso più restrittivo la tipologia di automezzi utilizzabili dalle imprese autorizzate», con conseguente violazione degli articoli 3, 41 e 117 della Costituzione, in ragione dell’introduzione di una gravosa restrizione all’utilizzo di autobus usati nei confronti dei soli operatori economici iscritti nel registro della Regione Piemonte, al di fuori dei principi stabiliti dalla legge statale».
La Corte costituzionale, inoltre, con sentenza n. 30 del 2016 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 12, comma 3, della medesima legge regionale Piemonte n. 22 del 2006, che vietava si potesse incrementare il parco autobus per mezzo di autobus usati. Nel pronunciare l’illegittimità, la Consulta ha evidenziato come il legislatore nazionale, in sede di approvazione della legge n. 218 del 2003, abbia perseguito il fine di garantire l’equilibrio tra la libertà nell’esercizio dell’attività di trasporto e l’interesse pubblico, in un ambito caratterizzato dall’esigenza di bilanciamento tra libertà di impresa e interessi costituzionali.
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I profili di illegittimità
Quand’anche il divieto introdotto dalla norma regionale debba giustificarsi, prima ancora che per la tutela ambientale (riduzione degli inquinanti), con la salvaguardia della sicurezza della circolazione e degli utenti, sarebbe innegabile il contrassto con l’art. 117, secondo comma, della Costituzione (che riserva alla potestà esclusiva statale le materie della sicurezza, alla lettera h, e della tutela dell’ambiente, alla lettera s. Di qui il dubbio di costituzionalità della norma richiamata nella parte in cui vieta alle imprese iscritte al registro regionale “l’utilizzo di veicoli di età superiore a quindici anni qualora essi abbiano raggiunto una percorrenza di un milione di chilometri”»; ciò per sospetta violazione degli articoli 3, 41 e 117, primo e secondo comma, Cost.
La Corte ha ritenuto fondata la questione con riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., atteso il carattere misto, «di sostanza e di competenza», correlato, in relazione agli artt. 3 e 41 Cost., all’art. 117 Cost., co. 2, lett. e, in termini di lesione della competenza statale esclusiva in materia di «tutela della concorrenza». Il trasporto di viaggiatori mediante noleggio di autoveicolo con conducente (NCC) è qualificabile come autoservizio pubblico non di linea ai sensi dell’art. 1 della legge 15 gennaio 1992, n. 21 (Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea). Nella fase anteriore alla riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, esso rientrava nella competenza regionale concorrente in materia di «tranvie e linee automobilistiche di interesse regionale», tra i quali erano contemplati «i servizi pubblici di trasporto di persone e merci» (art. 84 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, recante «Attuazione della delega di cui all’art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382»). Gli artt. 4 e 5 della legge n. 21 del 1992, che fissavano l’oggetto delle competenze regionali e comunali, non comprendevano i requisiti di sicurezza dei veicoli – requisiti rientranti nella competenza esclusiva statale secondo l’orientamento già espresso dalla Corte Costituzionale: «alla competenza di organi dello Stato è riservata, secondo la giurisprudenza della Corte (sentenze n. 2 del 1993 e n. 58 del 1976), la sicurezza degli impianti, dei veicoli e dei natanti, essendo connessa alla protezione dell’interesse generale dell’incolumità dei cittadini, che esige uniformità di parametri di valutazione per tutto il territorio nazionale, mentre alle regioni spettano le competenze, che si riferiscono alla regolarità e alle diverse modalità di svolgimento delle tramvie e delle linee automobilistiche, cioè sostanzialmente alla gestione del servizio, in quanto si tratta di profili tipicamente inerenti al rapporto tra concedente e concessionario» (sentenza n. 135 del 1997)
Ora, il Nuovo codice della strada introdotto con il decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 dispone, all’art. 1, che «[l]a sicurezza delle persone, nella circolazione stradale, rientra tra le finalità primarie di ordine sociale ed economico perseguite dallo Stato», e poi regola sia le «caratteristiche costruttive e funzionali» dei veicoli a motore («che interessano sia i vari aspetti della sicurezza della circolazione sia la protezione dell’ambiente da ogni tipo di inquinamento»), ai fini dell’omologazione iniziale (artt. 71, 75, 76, 77), sia i requisiti e i controlli volti a garantire l’efficienza dei veicoli in circolazione (artt. 79 e 80) e l’art. 80 prevede per gli autobus la revisione annuale (comma 4), da effettuarsi presso l’ufficio competente del Dipartimento per i trasporti terrestri.
Per effetto della riforma del Titolo V, mentre la materia del servizio pubblico di trasporto, di linea e non di linea, è transitata nell’ambito della competenza regionale residuale (ex multis, sentenze n. 137 e n. 78 del 2018, n. 30 del 2016 e n. 452 del 2007), la materia della sicurezza della circolazione e dei veicoli è rimasta di competenza esclusiva statale (sentenze n. 77 del 2013, n. 223 del 2010 e n. 428 del 2004).
La normativa statale dedicata al noleggio di autobus con conducente adottata con la legge n. 218 del 2003 è peraltro finalizzata anche alla tutela della concorrenza nell’attività di NCC (art. 1, commi 1 e 2), allo scopo di garantire in particolare «la trasparenza del mercato, la concorrenza, la libertà di accesso delle imprese al mercato, nonché il libero esercizio dell’attività in riferimento alla libera circolazione delle persone», oltre che «la sicurezza dei viaggiatori trasportati, l’omogeneità dei requisiti professionali, la tutela delle condizioni di lavoro» (art. 1, comma 4). L’art. 3 della medesima legge prevede una competenza ministeriale in materia di misura delle sanzioni pecuniarie e sospensione e revoca dell’autorizzazione, «al fine di garantire condizioni omogenee di mercato per le imprese operanti nel settore e di evitare possibili distorsioni della concorrenza su base territoriale». E l’art. 4, dedicato agli «Adempimenti delle regioni», richiede che gli atti normativi regionali in materia di NCC «siano rispondenti ai criteri di tutela della libertà di concorrenza di cui alla presente legge» (comma 1).
In tema di sicurezza, la legge n. 218 del 2003 si occupa dei requisiti soggettivi per lo svolgimento dell’attività, dell’autorizzazione richiesta, dei controlli, delle sanzioni, mentre, in relazione ai requisiti “oggettivi” dei veicoli, l’art. 2 si limita a prescrivere che le imprese esercenti servizi di noleggio di autobus con conducente utilizzino «autobus rispondenti alle caratteristiche tecniche di esercizio, dei quali hanno la disponibilità» (comma 1), rinviando implicitamente al complesso della normativa statale in materia di requisiti tecnici dei veicoli.
In definitiva, la legge n. 218 del 2003 rappresenta una estrinsecazione nell’esercizio delle competenze esclusive statali in materia di tutela della concorrenza (art. 117, secondo comma, lettera e, Cost.) e di sicurezza (art. 117, secondo comma, lettera h, Cost.) con lo scopo di conciliare i due interessi, potenzialmente confliggenti, al libero esercizio dell’attività di NCC e alla sicurezza del trasporto.
Analoghi presupposti hanno indotto la Corte Costituzionale (sentenza n. 30 del 2016) l’illegittimità costituzionale di altra disposizione legislativa regionale ai sensi della quale gli incrementi del parco autobus successivi al rilascio dell’autorizzazione «sono effettuati con autobus nuovi» (art. 12, comma 3, legge reg. Piemonte n. 22 del 2006, abrogato nelle more del relativo giudizio), osservandosi che «i citati artt. 1 e 4 della legge n. 218 del 2003 devono essere intesi nel senso che, essendosi assunto il legislatore statale il compito di conciliare la libertà di iniziativa economica con l’esigenza di sicurezza dei viaggiatori (art. 1), le regioni sono abilitate a regolare gli oggetti indicati dalla stessa legge statale (art. 4) e, in generale, la gestione del servizio (sentenze n. 30 del 1998 e n. 135 del 1997), ma non possono introdurre, a carico delle imprese di trasporto aventi sede nel territorio regionale, limiti che, lungi dal rispettare i “criteri di tutela della libertà di concorrenza” fissati nella legge statale (art. 4, comma 1), penalizzerebbero gli operatori “interni”, data l’assenza di delimitazioni territoriali delle autorizzazioni rilasciate nelle altre regioni (art. 5, comma 3)».
Di qui la conferma di illegittimità delle disposizioni oggi censurate.
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