Il giudizio prognostico nella determinazione della competenza territoriale per i giudizi di cui all’art. 337 bis c.c
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Indice
- 1. La competenza per territorio nei giudizi di cui all’art. 337 bis e ss. c.c.
- 2. Il criterio della residenza abituale del minore: ricostruzione dell’istituto
- 3. La giurisprudenza in tema di residenza abituale del minore
- 4. Il giudizio prognostico sulla stabilità del luogo in cui si collocano la vita e gli interessi del minore
- Volume consigliato
1. La competenza per territorio nei giudizi di cui all’art. 337 bis e ss. c.c.
Nei giudizi di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio ed in quelli relativi ai figli nati fuori dal matrimonio – nei quali vi siano da adottare provvedimenti che riguardano un minore – il foro competente per territorio deve essere individuato sulla base della residenza abituale di quest’ultimo. Il criterio di definizione della competenza territoriale testé citato è stato cristallizzato all’interno dell’art. 473 bis 11 c.p.c. introdotto dal D. Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, recepito dalla L. 206 del 2021 comma 23 lett. d) dell’art. 1, con efficacia a decorrere dal 28 febbraio 2023. Invero, la disciplina preesistente non sempre prendeva in considerazionela figura del minore ai fini della individuazione del giudice competente. Più specificatamente, la normativa ante-novella prevedeva che anche in presenza di figli minori coinvolti, le domande di separazione giudiziale e di divorzio contenzioso dovessero essere incardinate dinanzi al giudice del luogo dell’ultima residenza comune ad entrambe i coniugi, ovvero in assenza, del luogo di residenza o domicilio del coniuge convenuto, o ancora, nel caso in cui coniuge convenuto fosse residente all’estero o risultasse di fatto irreperibile al giudice del luogo di residenza o di domicilio del ricorrente. Con riguardo ai giudizi di separazione consensuale e di divorzio congiunto le relative domande potevano incardinarsi alternativamente nel luogo di residenza o di domicilio dell’uno o dell’altro coniuge.Pertanto, in passato in tema di contenzioso familiare, la sola fattispecie che attribuiva rilevanza alla figura del minore nel procedimento di determinazione del giudice territorialmente competente, era rappresentata dai giudizi aventi ad oggetto la regolamentazione circa l’affidamento ed il mantenimento dei figli nati fuori dal matrimonio. La L. 206/2022ha dunque esteso il criterio della residenza abituale del minore a tutti i giudizi destinati ad incidere più o meno indirettamente sui minori stessi, determinando il conseguente abbandono del criterio generale della residenza dei coniugi dettato dall’art. 706 c.p.c.
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2. Il criterio della residenza abituale del minore: ricostruzione dell’istituto
L’istituto della residenza abituale del minore rinviene la sua ragion d’essere nella necessità di prevenire ed evitare il fenomeno del c.d. forum shopping, ovvero la pratica dello spostamento arbitrario della residenza del minore ad opera di uno dei genitori, motivato dalla volontà di assegnare il contenzioso al giudice più confacente ai propri interessi. Di talchè la centralità dell’istituto richiede una definizione stabile al fine di utilizzare dei parametri univoci e chiari che declinino il suo paradigma. La Legge 206 del 2021 definisce la residenza abituale del minore come “il luogo in cui si trova di fatto il centro della sua vita al momento della proposizione della domanda”. V’è da osservare che il codice postula un duplice inquadramento dell’istituto nelle ipotesi in cui ci si trovi dinanzi alle fasi fisiologiche del rapporto familiare, ovvero, a quelle patologiche che discendono dalla disgregazione dell’unità familiare. Almomento della costituzione del nucleo familiare il compito di determinare quale sia la residenza abituale del minore è attribuito dall’art. 316 c.c. alla scelta congiunta di entrambe i genitori. Tuttavia la novella introdotta con Ia L. 206/2021 in ossequio a quanto previsto dall’articolo 1, comma 4, lettera a), numero 2), del D.Lgs 149 del 10 ottobre 2022, ha tenuto conto dei problemi applicativi che sorgono, seppur in un contesto non intaccato da fenomeni di crisi familiare, in sede di assunzione da parte dei genitori delle decisioni “di particolare importanza” che riguardano il figlio minorenne, tra le quali vi rientra la scelta della sua residenza abituale. In forza di quanto innanzi, il legislatore ha dunque previsto che ciascuno dei genitori possa ricorrere senza formalità al giudice indicando i provvedimenti che ritiene più idonei a tutelare il “the best interest of child”.
3. La giurisprudenza in tema di residenza abituale del minore
In passato, in assenza di una definizione univoca, il compito di provvedere alla definizione del concetto di residenzaabituale del minore era stato assolto dalla Giurisprudenza, che aveva individuato alcuni parametri di identificazione ancorati alla stabile e protratta permanenza in un determinato luogo da parte del minore e alla cristallizzazione ad opera dello stesso di una consolidata rete di affetti e relazioni tali da assicurare il suo armonico sviluppo psico- fisico1. In altre parole, ai fini della determinazione della competenza, l’individuazione in concreto della residenza abituale era stato slegato dai meri legami parentali e dal dato meramente formale della residenza anagrafica ed ancorato a dei criteri fattuali e di vicinanza spaziale c.d. criterio di prossimità.
In concreto l’orientamento maggioritario della giurisprudenza era volto ad attribuire rilievo a tutta una serie di aspettipeculiari che riguardano la vita del minore coinvolto nella controversia, quali ad esempio la durata e la regolarità del soggiorno all’interno di un determinato ambito spaziale; la frequenza scolastica e, in generale, la rete delle relazioni familiari e sociali intessuta, nonché la vicinanza della sede dell’organo giudicante rispetto al luogo dove si colloca il centro dei rapporti e degli interessi del minore stesso.
Nel caso di transiti repentini da un Comune all’altro, ovvero di trasferimenti contingenti o temporanei, atteso che nella individuazione del giudice competente non possa farsi riferimento al dato meramente quantitativo rappresentatodalla maggior durata di un soggiorno all’interno dell’uno o dell’altro Comune, gli Ermellini hanno affermato che si rende necessaria una indagine prognostica incentrata sul criterio della probabilità che la nuova dimora costituiscao meno l’effettivo e permanente centro di interessi del minore2.
4. Il giudizio prognostico sulla stabilità del luogo in cui si collocano la vita e gli interessi del minore
Nel caso in esame la Suprema Corte era chiamata a pronunciarsi in merito all’Istanza di Regolamento di Competenza presentata dalla madre del minore avverso il provvedimento attraverso il quale il Tribunale di Bari, il 22 luglio 2022, aveva respinto l’eccezione di incompetenza territoriale formulata dalla ricorrente e affermato la propria competenza nel procedimento ex artt. 337 bis e ss. c.c., sull’assunto che il minore al momento della proposizione della domanda giudiziale avesse la sua residenza a Bari e che solo in un secondo momento la madre si fosse trasferita congiuntamente al figlio in altro Comune.
Più specificatamente, la ricorrente lamentava la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5 c.p.c. – che postula il principio della c.d. perpetuatio iurisdictionis – e la violazione del principio di prossimità e del criterio della residenzaabituale del minore, ritenendo che il Tribunale di Bari in sede di ricostruzione dei fatti, avesse errato nell’ attribuire rilevanza esclusiva al dato meramente formale della residenza anagrafica, e non avesse tenuto conto del fatto che al momento della proposizione della domanda giudiziale il bambino si fosse oramai trasferito, congiuntamente alla genitrice, nel Comune di Venezia.
Di contro il Tribunale di Bari aveva osservato che nel caso di specie il foro competente non potesse essere determinato sulla base della circostanza meramente fattuale del trasferimento occasionale e momentaneo di madre e figlio nel Comune di Venezia, posto che la genitrice aveva effettuato negli ultimi 2 anni, insieme al figlio minorenne, molteplici cambi di residenza e che si era da ultimo determinata a recarsi a Venezia alla ricerca diun’occupazione lavorativa; “sicchè la volubilità della genitrice nell’individuazione di un luogo stabile in cui far crescere e ambientare il minore non poteva far ritenere che l’ultima dimora potesse essere considerata quella abituale”.
La Suprema Corte di Cassazione aderendo all’orientamento del Tribunale di Bari ha rigettato il ricorso presentato dalla ricorrente e ha sottolineato che la nozione di residenza abituale implica una valutazione fattuale, alla cuiindagine concorrono una molteplicità di indicatori da valutarsi, anche in chiave prognostica, nella finalità di individuare il luogo che costituisce uno stabile centro di vita e di interessi del minore, e con esso il giudice più vicinoa tale luogo in modo tale da semplificare l’accesso alla giustizia e favorire una tutela effettiva ed efficace a salvaguardia del primario interesse del bambino.
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Lucilla Nigro | Maggioli Editore 2023
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