Composizione negoziata della crisi d’impresa: connotati e presupposti

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Approfondimento sulla composizione negoziata della crisi di impresa.

Per approfondire, si consiglia il seguente volume: Responsabilità e adeguati assetti nella crisi d’impresa

Indice

1. I lineamenti generali della composizione negoziata alla luce delle modifiche al Codice della crisi d’impresa

Il nuovo istituto della composizione negoziata è stato introdotto con l’emanazione D.L. 118/2021, convertito con la Legge n. 147/2021, successivamente trasfuso nel Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza con il D.L. 83/2022, con cui l’ordinamento italiano ha recepito la Direttiva Insolvency e che ha apportato modifiche al Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza, di cui al D.lgs. n 14/2019, entrato definitivamente in vigore il 15 luglio 2022.
Il cuore della Decreto è costituito dalla composizione negoziata, che si può definire come un percorso che l’imprenditore decide volontariamente di intraprendere, finalizzato a raggiungere un accordo con i creditori e le altre parti interessate tale da consentire all’impresa di superare la situazione di temporaneo squilibrio e di proseguire l’attività in continuità. Si passa da una composizione assistita – obbligatoria – alla composizione negoziata, cui l’imprenditore autonomamente decide di accedere, anche in caso di segnalazioni.
L’istituto, infatti, risulta concepito su base volontaria e collocato fuori dalle aule di giustizia; solo l’imprenditore spontaneamente può avvalersi dello strumento quando risulti “ragionevolmente perseguibile”il risanamento dell’impresa, senza avere il timore in caso di insuccesso di trovarsi al cospetto del P.M. e di avere un tracciato concorsuale ormai segnato e inevitabile [1], come invece accadeva nella disciplina della composizione assistita.
La composizione negoziata ha la finalità di condurre a una vera e propria composizione degli interessi delle parti coinvolte nella crisi di impresa, raggiungibile attraverso la contrattazione ispirata ai principi che caratterizzano gli accordi nel diritto privato quali la buona fede, la correttezza e solidarietà tra le parti, nonché l’equilibrio e la ragionevolezza contrattuale nel lungo periodo con cui si consente il risanamento dell’impresa realizzando un maggior soddisfacimento nel lungo periodo.
Per la conservazione di attività ancora sane, tutti gli imprenditori, commerciali e agricoli, senza preclusioni dimensionali, che si trovino in condizioni che rendano probabile l’insolvenza, o anche solo la crisi, potranno utilizzare la “composizione negoziata della crisi”, ai sensi degli artt. 12 ss. C.C.I.I.
Si tratta, dunque, di un percorso che mira a prevenire la crisi o l’insolvenza, e che concede a chi vi aderisce una serie di incentivi fiscali, dalla rateizzazione delle imposte non versate all’abbattimento di sanzioni e interessi.
L’imprenditore, però, non è solo ad effettuare questo percorso compositivo. È affiancato da un esperto indipendente, imparziale e tenuto alla riservatezza, selezionato da un elenco di esperti costituito presso ogni Camera di Commercio Industria Artigianato Agricoltura. A questo soggetto, che si vuole di specifica professionalità, è attribuito il compito di agevolare le trattative volte al risanamento dell’impresa, proponendo formule per la ristrutturazione dell’impresa e/o la rinegoziazione delle obbligazioni, muovendo dal reale quadro patrimoniale-finanziario del debitore.
Dagli strumenti di tempestiva rilevazione della crisi si passa a uno strumento che ha in partenza l’attitudine ad essere utilizzato precocemente dall’imprenditore appena questi rilevi squilibri patrimoniali o economico – finanziari che rendono probabile la crisi o l’insolvenza.
Inoltre, a conferma della centralità che la figura del debitore assume nel nuovo assetto, si guardi all’art. 3 C.C.I.I., il quale dispone che l’imprenditore individuale deve adottare misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e assumere senza indugio le iniziative necessarie a farvi fronte.
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Responsabilità e adeguati assetti nella crisi d’impresa

L’art. 2086 del c.c., come modificato dalla recente riforma della crisi d’impresa, ha specificatamente introdotto l’obbligo per tutte le imprese, soprattutto per quelle sane, indipendentemente dalla loro dimensione e tipologia, di dotarsi di adeguati assetti e misure, ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e dell’assunzione di idonee iniziative.La previsione normativa non è per niente banale e comporta un vero e proprio mutamento culturale per le realtà economiche italiane, introducendo l’obbligo di una visione strategica prospettica nella gestione dell’impresa, con particolare attenzione ai rischi assunti e la predisposizione di opportuni strumenti di monitoraggio e prevenzione della crisi.Il libro si propone, attraverso contributi derivanti da competenze ed esperienze maturate in diversi percorsi professionali, di offrire una panoramica sulle principali tematiche che devono essere affrontate nella realizzazione di un sistema organizzativo, amministrativo e finanziario coerente con le dimensioni, l’attività e le prospettive dell’impresa, fornendo degli spunti che possono essere un utile strumento di approfondimento in questo ambito.Marcella Caradonna,Dottore Commercialista e Revisore, Professore a contratto dell’Università Cattolica del Sacro cuore di Milano, e giornalista pubblicista autrice di numerosi libri e contributi editoriali su tematiche aziendalistiche e di diritto d’impresa. Nella professione svolge prevalentemente un’attività di consulenza strategica alle imprese sia in ambito aziendale che negoziale. Ha ruoli di amministratore indipendente, ODV e organo di controllo in diverse società anche quotate.

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2. I presupposto oggetti della composizione negoziata: la probabilità della crisi e dell’insolvenza

Non potendo, dunque, qualificarsi la composizione negoziata come una procedura concorsuale, ne consegue che non si possa parlare in senso tecnico di “presupposti e condizioni per l’accesso alla composizione negoziata”, in quanto la domanda volta ad intraprendere tale percorso non è, di per sé, sottoposta ad alcuna istanza giudiziaria.
L’imprenditore, infatti, ai sensi dell’art. 12, comma 1, C.C.I.I., semplicemente accede a tale percorso chiedendo la nomina di un esperto [2] al segretario generale della camera di commercio competente, corredando la richiesta di una serie di documenti sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa e sulle prospettive di risanamento; il segretario generale della camera di commercio, se riconosce formalmente completa la documentazione prodotta, trasmette la domanda ad una commissione che nomina l’esperto; l’esperto comunica all’imprenditore la propria accettazione e, dall’accettazione, inizia questo percorso che non può durare complessivamente oltre i 360 giorni [3].
Nel nostro ordinamento, il dato normativo è chiaro nel non prevedere alcun giudice chiamato a pronunciarsi sulle condizioni o i presupposti di ammissibilità di accesso a tale percorso.
Relativamente ai presupposti di accesso alla composizione negoziata, tuttavia, si può creare una certa confusione in quanto l’art. 12 C.C.I.I. stabilisce che la nomina dell’esperto possa essere richiesta da “ ogni imprenditore, commerciale o agricolo, quando si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza e risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento”, con ciò facendo ipotizza che sussistano tre condizioni di accesso alla composizione negoziata: lo squilibrio, la crisi e la prospettiva di risanamento [4].
Innanzitutto, la definizione legislativa fa riferimento a condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziarie che definiscono una singolare situazione da cui può, sempre secondo la linea della probabilità, derivare sia la “crisi” sia “l’insolvenza”.
Se confrontata con la nozione di crisi, definita quale «stato di squilibrio economico-finanziario che rende probabile l’insolvenza del debitore, e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate nei successivi dodici mesi» (ex art. 2, comma 1, C.C.I.I.), quest’ultima, a differenza della prima, sembra realizzare una crasi tra la nozione tradizionale di insolvenza, intesa quale incapacità patrimoniale dell’imprenditore di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni e quella di derivazione aziendalistica, misurata in termini di flussi e tale da evidenziare una situazione di grave tensione finanziaria che impedisce – nell’unità di tempo presa in considerazione – il soddisfacimento delle obbligazioni in essere.
Il legislatore, invero, nella formulazione del presupposto oggettivo della composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, sembrerebbe, prima facie, aver adottato un parametro parzialmente sovrapponibile a quello richiamato dalla già menzionata definizione di crisi, atteso che anche in tale nozione ritorna il concetto di squilibrio economico-finanziario.
Tuttavia, sul punto, occorre tener presente che tale squilibrio patrimoniale o economico-finanziario è prodromico allo stato di crisi e di insolvenza e, pertanto, può considerarsi quale situazione anteriore alla crisi stessa, una sorta di “pre-crisi” [5], da valutarsi alla luce dei principi e dei criteri economico-aziendali.
Taluni autori, del resto, evidenziano che le “condizioni di squilibrio” rappresentano un elemento poco utile a fini interpretativi, in quanto ciò che rileva in specie è unicamente la situazione di probabile crisi o insolvenza, in cui versa l’imprenditore, in assenza di cui non può ritenersi integrato il presupposto per accedere alla procedura de qua [6].
L’intervento di risanamento auspicato dal legislatore attraverso la composizione negoziata per la soluzione di crisi d’impresa presuppone una precocità dell’intervento stesso rispetto ad una situazione di crisi, in assenza della quale il presupposto oggettivo verrebbe meno, precludendo all’imprenditore in difficoltà l’utilizzo della procedura.
Ed infatti, il presupposto oggettivo di accesso alla composizione negoziata della crisi d’impresa va osservato alla luce dell’effettiva possibilità di raggiungimento dello scopo che essa si prefigge, ossia la concreta probabilità di risanamento.
È proprio a tal fine che il legislatore ha consentito l’anticipazione dell’emersione della crisi, anche se non ha individuato i presupposti che la caratterizzano.
Sennonché, nell’ottica della finalità ultima del risanamento, non è importante andare alla ricerca di una definizione della c.d. “pre-crisi”, ma è essenziale collocarla temporalmente. Sotto questo profilo, sembra che la “pre-crisi” vada a collocarsi all’inizio della c.d. twilight zone [7], ossia nel lasso temporale in cui l’imprenditore si rende conto del fatto che, pur in assenza di inadempimenti o di squilibri, occorre immediatamente riprogrammare l’attività d’impresa. È, allora, una crisi “interna” all’impresa, ossia percepibile solo dall’imprenditore e da lui solo esternabile, che lo legittima a chiedere l’intervento dell’esperto. 
Oltre alla probabilità di crisi, tra i presupposti oggettivi cui fa riferimento il dato normativo, c’è anche la c.d. “probabilità di insolvenza”. Si ricordi che, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. b) C.C.I.I., per insolvenza si intende “lo stato del debitore che si manifesta con inadempimenti o altri fattori esterni, i quali dimostrino che il debitore non è in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni”.  Appare evidente il rapporto esistente tra crisi e insolvenza: la prima non equivale a un’insolvenza in atto, ma implica un vero pericolo di futura impossibilità di far fronte agli impegni aziendali [8], pericolo che il legislatore, in ossequio agli orientamenti sovranazionali, vuole dichiaratamente scongiurare.
Appare, peraltro, complesso definire compiutamente la linea di demarcazione tra “probabilità di crisi” e “probabilità di insolvenza”, atteso che la crisi si pone essa stessa quale probabilità di insolvenza.
Ora, per comprendere il significato della “probabilità di insolvenza”, potrebbe essere utile leggere l’art. 12 del Codice della crisi alla luce delle esigenze imposte dalla Direttiva Insolvency con riguardo all’allerta precoce.
Le disposizioni unionali offrono però, a loro volta, un quadro tutt’altro che univoco.
All’art. 3, comma 1, la Direttiva Insolvency impone agli Stati membri di dare ai debitori accesso a uno o più strumenti in grado di individuare situazioni che «potrebbero comportare la probabilità di insolvenza» e di segnalare al debitore la necessità di agire senza indugio.
La situazione che potrebbe comportare la probabilità di insolvenza non pare potersi leggere in termini di mera “possibilità della probabilità di insolvenza”, poiché, diversamente, il quadro congetturale diventerebbe eccessivamente ampio. Si tratta, piuttosto, di “probabilità della probabilità di insolvenza” [9].
Apparentemente si sarebbe chiamati allora a prendere atto di una sorta di probabilità di secondo grado che, rispetto alla crisi, dovrebbe individuare un momento della vicenda dell’impresa ancora più lontano dalla situazione finale dell’insolvenza [10].
Si dovrebbe conseguentemente desumere che, secondo la Direttiva Insolvency, l’allerta può considerarsi precoce sino a quando non sussista ancora la probabilità dell’insolvenza, versandosi in una situazione nella quale è probabile solo la crisi, mentre non lo è ancora l’insolvenza. Autorevole dottrina ha parlato a riguardo di “allerta precocissima” [11].
Tuttavia, è stato anche rilevato che la crisi è la situazione che rende probabile l’insolvenza. E allora la sensazione è di essere di fronte ad un corto circuito logico.
Se così è, la probabilità della crisi, essendo la crisi probabilità di insolvenza, non pare potersi distinguersi dalla probabilità dell’insolvenza, con il rischio che ci si ingegni a considerare rilevante anche la mera possibilità della crisi, il cui perimetro sarebbe, per definizione, indefinito e sommamente incerto.
Sotto il profilo interpretativo, le conseguenze non paiono di poco momento, dovendo l’allerta precoce essere considerata come disciplina volta a determinare le condizioni per avvedersi della crisi il prima possibile, non per segnalare una situazione intermedia tra crisi e non crisi [12].

3. L’insolvenza reversibile

A ben vedere, il vero fulcro logico della composizione negoziata sembra essere la risanabilità, che è il primo e indefettibile presupposto che deve ricorrere per poter accedere alla procedura.
Anche la giurisprudenza più recente sembra porsi in questa prospettiva. È stato, infatti, affermato che “l’accesso al procedimento di composizione negoziata della crisi, secondo l’opinione più attendibile, non è di per sé precluso dalla condizione d’insolvenza dell’imprenditore ma dalla sua irreversibilità, come si desume dal rilievo che l’art. 17, comma 5, C.C.I.I., che prescrive la chiusura anticipata del procedimento di composizione stragiudiziale allorché l’esperto si persuada dell’assenza di concrete prospettive di risanamento (dell’irreversibilità degli squilibri finanziari, patrimoniali ed economici) e non invece quando sia ravvisabile una situazione di insolvenza[13].
Nel dibattito giurisprudenziale, quindi, si è sviluppato un filone che ha fatto ricorso al concetto di “insolvenza reversibile”, in linea con quanto si legge nella Relazione illustrativa al D.L. n. 118/2021 secondo cui la finalità dell’istituto della composizione negoziata sarebbe quella di “ fornire alle imprese in difficoltà nuovi strumenti per affrontare e risolvere tutte quelle situazioni di squilibrio economico e patrimoniale che, pur rivelando l’esistenza di una crisi o di uno stato di insolvenza, appaiono reversibili”.
Posto, pertanto, che ai fini dell’accesso alla composizione negoziata è necessario che l’insolvenza dell’imprenditore abbia il carattere della “reversibilità”, con conseguente possibilità di una prospettiva di risanamento dell’impresa, dubbio è se possano accedervi anche imprese in liquidazione [14].
Sul punto, la giurisprudenza si è mostrata peraltro scettica, sulla base del rilievo che “ l’art. 2 del D.L. n. 118/2021 è chiaro nel riservare il procedimento di composizione negoziata alle ipotesi in cui risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa, per cui si palesa un ossimoro l’accesso al procedimento da parte di una società in liquidazione […] senza che neppure sia dedotta (oltre che documentata) la sussistenza dei presupposti per la revoca della causa di scioglimento dello stato di liquidazione. Rimane oscuro come un’impresa in fase di chiusura liquidatoria dei rapporti possa vedere ripristinato un equilibrio economico-finanziario atto a resuscitarne la continuità, mettendola in condizione di produrre valore” [15].
Si registrano, ad ogni modo, anche parziali aperture, sul presupposto che lo stato di liquidazione non è di per sé preclusivo alla composizione negoziata, giacché ciò che conta è che l’impresa, a dispetto di tale condizione, si proponga di restare sul mercato, prospettiva, questa inconciliabile solo con l’insolvenza irreversibile [16].
Un caso particolare, ancora, si è posto nel 2022, con riguardo a una situazione di crisi “figlia” dei negativi sviluppi giudiziari di un concordato preventivo inizialmente omologato dal Tribunale di Treviso in data 28 gennaio 2020, poi revocato dalla Corte d’Appello di Venezia in data 22 agosto 2020, con revoca confermata anche dalla Corte di Cassazione in data 28 aprile 2022 [17].
Pur in presenza di un simile scenario, il Tribunale di Treviso ha comunque confermato le misure protettive, in ragione della peculiare situazione economica del richiedente, osservando che la crisi deriva dalla sopravvenienza passiva costituita dalla riemersione del debito oggetto di falcidia concordataria a seguito della sentenza della Corte di Cassazione; in altri termini, non si tratta di crisi industriale, ravvisandosi, peraltro, nel caso di specie una concreta prospettiva di continuità e risanamento [18].
Alla luce di tutte le considerazioni suesposte in merito ai presupposti di accesso alla composizione negoziata, si può rilevare che essi si spiegano in connessione con la sua finalità ultima e cioè il risanamento, ove possibile, dell’impresa.

4. Il presupposto soggettivo di accesso alla composizione negoziata

L’art. 12 C.C.I.I. prevede che possono accedere alla composizione negoziata l’imprenditore, sia esso agricolo che commerciale. Non è inoltre previsto alcun limite all’accesso basato sulla dimensione dell’impresa o di qualsivoglia valore di bilancio. Tenore del primo comma dell’art.13 C.C.I.I., che consente l’accesso alla istituenda piattaforma telematica “agli imprenditori iscritti nel registro delle imprese”, si evince inoltre che deve parimenti sussistere il requisito dell’iscrizione nel registro delle imprese, non potendo quindi beneficiare dello strumento le società di fatto (e neppure, per rare e difficilmente configurabili che siano, le holding individuali di fatto).
Gli assunti che precedono trovano puntuale conferma nel tenore della Relazione illustrativa: “Non vi sono requisiti dimensionali di accesso alla composizione negoziata, che è concepita come strumento utilizzabile da tutte le realtà imprenditoriali iscritte al registro delle imprese, comprese le società agricole”. La composizione negoziata è dunque rivolta a tutti i debitori che svolgano attività d’impresa [19]. L’istanza di cui all’articolo 17 C.C.I.I., peraltro, non può essere presentata dall’imprenditore in pendenza del procedimento introdotto con ricorso depositato ai sensi dell’articolo 40 C.C.I.I., anche nelle ipotesi di cui agli articoli 44 C.C.I.I., comma 1, lettera a), 54, comma 3, e 74 C.C.I.I. L’istanza non può essere altresì presentata nel caso in cui l’imprenditore, nei quattro mesi precedenti l’istanza medesima, abbia rinunciato alle domande indicate nel primo periodo.

  1. [1]

    Così S. Pacchi, L’allerta tra la reticenza dell’imprenditore e l’opportunismo del creditore, Dir. Fall., 2022, p.505.

  2. [2]

    Dal combinato disposto degli artt. 13 e 17 CCI si ricava che l’iscrizione nel registro delle imprese è requisito per l’avvio della composizione negoziata; l’istanza è depositata, infatti, tramite una piattaforma telematica, gestita sotto la vigilanza dei Ministeri della Giustizia e dello sviluppo economico, del sistema delle Camere di commercio, tramite Unioncamere, e accessibile alle sole imprese registrate.

  3. [3]

    Tale procedura è analiticamente all’art. 17 C.C.I.I., così come modificato dal D.lgs. 17 giugno 2022, n.83.

  4. [4]

    I. Pagni, M. Fabiani, La transizione dal Codice della crisi alla composizione negoziata e viceversa”, in ildirittodellacrisi.it, 2021.

  5. [5]

    Così Ghedini- Russotto, L’istituto della composizione negoziata della crisi, in Dirittodellacrisi.it, 2019, p.17.

  6. [6]

    Così A. Rossi, Il presupposto oggettivo, tra crisi dell’imprenditore e risanamento dell’impresa, in Fallimento, 2021, p. 1501, il quale ritiene che «occorre quindi interrogarsi sulla misura del segmento della crisi che corrisponda alla probabilità di crisi o di insolvenza evocata dall’art. 2.1, D.L. n. 118/2021, segmento che idealmente muove dalla percezione intima dell’imprenditore circa l’esistenza di difficoltà dell’impresa (normalmente corrispondenti alle condizioni di squilibrio, anche prospettiche, evocate dalla norma), muove lungo una progressiva esternazione delle difficoltà limitata a pochi, attenti creditori (a grandi linee identificabili con il ceto bancario e con i maggiori fornitori) e degenera infine nella massiva incapacità di regolare adempimento che corrisponde ad un vero e proprio stato d’insolvenza».

  7. [7]

    Con questa espressione, derivata dall’ordinamento statunitense, la dottrina è solita riferirsi a quell’area economico temporale antecedente a una situazione di crisi in senso tecnico, sita in uno stato prodromico sospeso tra il rischio di insolvenza e le prospettive di risanamento. La twilight zone non si manifesta con particolari sintomi verificabili dall’esterno dell’impresa: non si registra necessariamente uno sbilancio patrimoniale né una situazione di illiquidità tale da incrinare la prosecuzione dell’attività. Sostanzialmente, corrisponderebbe a quella fase che la scienza aziendalistica definisce “declino”, composto dagli stati dell’incubazione e della maturazione. Si veda in questo senso, L. Fruscione, Il nuovo piano di risanamento attestato: tra la “twilight zone” e lo “stato di crisi”. Riflessioni sistematiche sul Codice della crisi, in ilcaso.it.

  8. [8]

    M. Giorgetti, Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza, commento al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, Prefazione, Pacini Giuridica, 2019, p. 6.

  9. [9]

    In questo senso, P. Vella, L’impatto della direttiva UE 2019/1023 sull’ordinamento concorsuale interno, in Fall., 2020, p. 754; L. Panzani, Il D.L. “Pagni” ovvero la lezione (positiva) del covid, in www.dirittodellacrisi.it, 25 agosto 2021, p. 10; V. Minervini, La “composizione negoziata” nella prospettiva del recepimento della direttiva “insolvency”. Prime riflessioni, 17 ottobre 2021, in Ristrutturazioniaziendaliilcaso.it, p. 7.

  10. [10]

    E. La Marca, Insolvenza, crisi e precrisi nel Codice della crisi, a valle dell’emanazione del Decreto Attuativo della Direttiva Insolvency, 22 agosto 2022, in dirittodellacrisi.it.

  11. [11]

    V. Minervini, La “composizione negoziata” nella prospettiva del recepimento della direttiva “insolvency”, cit. p. 7.

  12. [12]

    G. Bilò, Qualche considerazione sulla compatibilità tra D.L. 118/2021 e Direttiva Insolvency, in www.osservatorio-oci.org, 2022, p.7

  13. [13]

    Trib. Lecco, 2 gennaio 2021, Est. Tota, in Dirittodellacrisi.it; si senso analogo anche Trib. Viterbo, 14 febbraio 2022, Est. Geraci secondo cui “Per valutare l’eventuale conferma delle misure protettive richieste occorre delibare, secondo un’analisi prognostica, le possibilità che, attraverso la prosecuzione della procedura di composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, possa essere risanata l’impresa”.

  14. [14]

    Si vedano le considerazioni in merito di S. Ambrosini, La composizione negoziata compie un anno: breve itinerario tra le prime applicazioni, in ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, 2022, p.11-12. L’Autore, ritiene che la liquidazione precluda l’accesso alla composizione negoziata non in quanto tale, ma solo nei casi in cui non sia concretamente possibile una prospettiva di risanamento.

  15. [15]

    Trib. Bergamo, 15 febbraio 2022, Est. De Simone, in Dirittodellacrisi.it.

  16. [16]

    Trib. Arezzo, 16 aprile 2022, Est. Pani, su Ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it.

  17. [17]

    Si veda N. Abriani, Continuità aziendale, avvio della composizione negoziata e giustificato ritardo nella redazione del bilancio. Parere pro veritate, in Edizioni Scientifiche Italiane, p.629.

  18. [18]

    Trib. Treviso, 4 ottobre 2022, Est. Casciarri, in Ristrutturazioniaziendaliilcaso.it. Il Tribunale, nel confermare le misure protettive richieste dalla società debitrice, osserva che “l’esperto ha condotto una rigorosa e attenta disanima della complessiva situazione, che non si basa solo sulle notizie avute dagli Advisors, ma sull’analisi approfondita dei dati documentali e su una diretta interlocuzione in loco con tutta l’organizzazione aziendale, dai vertici fino alle articolazioni operative, evidenziando in maniera critica non solo i fattori di forza dell’azienda ma anche i profili problematici”. Muovendo poi dalla concezione di composizione negoziata quale “processo”, il Tribunale afferma che “il piano di risanamento non deve necessariamente precedere la composizione negoziata ma può essere elaborato all’interno della stessa, avvalendosi anche delle trattative con i creditori, condotte con l’ausilio dell’esperto”.

  19. [19]

    Si veda al riguardo S. Ambrosini, La nuova composizione negoziata della crisi: caratteri e presupposti, in Ristrutturazioniaziendaliilcaso.it, p.5.

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