Computo dei limiti di fruibilità dei permessi 104: disparità di trattamento

Il datore di lavoro, a parità di condizioni tra due lavoratori titolari di permesso 104, paga di più uno rispetto all’altro per il computo dei limiti.

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Il datore di lavoro, a parità di condizioni tra due lavoratori titolari di permesso 104, paga di più uno rispetto all’altro a causa dell’attuale sistema di computo dei limiti di usufruibilità del permesso. La questione della frazionabilità dei permessi 104, intesa quest’ultima quale possibilità per l’avente diritto di poter usufruire dei permessi esclusivamente per precise ore della giornata lavorativa e non per l’intera durata della medesima, è stata oggetto di costanti riflessioni. Infatti, se la contrattazione collettiva sovente vieta e vietava la frazionabilità oraria dei permessi, nel silenzio della normativa pattizia si è discusso circa la possibilità o meno di riconoscere tale modalità di fruizione. In tal senso, tale articolo tenta di ripercorrere i punti più salienti della vicenda, aprendo la strada a nuove possibilità di lettura della frazionabilità, alla luce, soprattutto, di un recente intervento dell’ARAN (CIRS122). Per approfondimenti si consiglia il seguente volume, il quale analizza compiutamente l’intera disciplina del rapporto di lavoro subordinato, così come contenuta nel codice civile (con la sola eccezione delle regole relative al licenziamento e alle dimissioni): Il lavoro subordinato

Indice

1. Il riconoscimento della frazionabilità e la modalità di calcolo delle ore fruibili nel corso di un mese


La normativa si limitava (e tutt’ora si limita) a specificare il diritto del lavoratore dipendente, pubblico o privato, di poter “fruire di tre giorni di premesso mensile retribuito” (art. 33 co.3 legge n. 104/1992). Di conseguenza, nel silenzio della legge, si riteneva che il permesso non potesse essere goduto “ad ore”, ma solo per intere giornate lavorative nel limite complessivo di tre giorni.
Ebbene, colmando un’evidente lacuna normativa, l’INPS, con l’avallo del Ministero del Lavoro, ha autorizzato la fruizione dei permessi 104 anche “in modalità oraria” (circolare n. 15995/2007), prevedendo altresì una specifica modalità di calcolo ai fini della determinazione del numero massimo di ore di permesso fruibili nel mese (circolare n. 16866/2007). Tale modalità di calcolo è ed era espressa nella seguente formula:
(orario normale di lavoro settimanale/numero dei giorni lavorativi settimanali) x 3 = ore mensili fruibili.
Per approfondimenti si consiglia il seguente volume, il quale analizza compiutamente l’intera disciplina del rapporto di lavoro subordinato, così come contenuta nel codice civile (con la sola eccezione delle regole relative al licenziamento e alle dimissioni): Il lavoro subordinato

FORMATO CARTACEO

Il lavoro subordinato

Il volume analizza compiutamente l’intera disciplina del rapporto di lavoro subordinato, così come contenuta nel codice civile (con la sola eccezione delle regole relative al licenziamento e alle dimissioni). L’opera è stata realizzata pensando al direttore del personale, al consulente del lavoro, all’avvocato e al giudice che si trovano all’inizio della loro vita professionale o che si avvicinano alla materia per ragioni professionali provenendo da altri ambiti, ma ha l’ambizione di essere utile anche all’esperto, offrendo una sistematica esposizione dello stato dell’arte in merito alle tante questioni che si incontrano nelle aule del Tribunale del lavoro e nella vita professionale di ogni giorno. L’opera si colloca nell’ambito di una collana nella quale, oltre all’opera dedicata alla cessazione del rapporto di lavoro (a cura di C. Colosimo), sono già apparsi i volumi che seguono: Il processo del lavoro (a cura di D. Paliaga); Lavoro e crisi d’impresa (di M. Belviso); Il Lavoro pubblico (a cura di A. Boscati); Diritto sindacale (a cura di G. Perone e M.C. Cataudella). Vincenzo FerranteUniversità Cattolica di Milano, direttore del Master in Consulenza del lavoro e direzione del personale (MUCL);Mirko AltimariUniversità Cattolica di Milano;Silvia BertoccoUniversità di Padova;Laura CalafàUniversità di Verona;Matteo CortiUniversità Cattolica di Milano;Ombretta DessìUniversità di Cagliari;Maria Giovanna GrecoUniversità di Parma;Francesca MalzaniUniversità di Brescia;Marco NovellaUniversità di Genova;Fabio PantanoUniversità di Parma;Roberto PettinelliUniversità del Piemonte orientale;Flavio Vincenzo PonteUniversità della Calabria;Fabio RavelliUniversità di Brescia;Nicolò RossiAvvocato in Novara;Alessandra SartoriUniversità degli studi di Milano;Claudio SerraAvvocato in Torino.

A cura di Vincenzo Ferrante | Maggioli Editore 2023

2. Sulla fruizione mista del permesso 104: giornaliera e oraria


È chiaro come l’INPS con le summenzionate circolari abbia definitivamente appianato qualsivoglia dubbio interpretativo in merito alla frazionabilità oraria dei permessi 104, posto che, ad oggi come allora, salvo eventuali divieti espressi nel CCNL di riferimento, nonché nel rispetto delle modalità di calcolo su indicate, è pacifica tale modalità di fruizione.
Tuttavia, taluni dubbi interpretativi sorgono in merito alle modalità di calcolo dei permessi 104 nelle ipotesi di utilizzo misto, ossia in quei casi in cui il lavoratore dipendente nel corso del mese fruisca dei permessi sia per l’intera giornata lavorativa, sia per specifiche ore della giornata. Infatti, in tal caso si discute se il limite di permessi 104 riconosciuto debba essere computato su base giornaliera (su tre giorni) o oraria (sull’ammontare di ore riconosciute mediante la formula di cui sopra).
La circolare INPS n. 16866/2007 appiana qualsivoglia dubbio. Infatti, si legge: “il limite orario mensile opera esclusivamente laddove i permessi giornalieri vengano utilizzati, anche solo parzialmente, frazionandoli in ore e non quando vengano tutti fruiti per giornate lavorative intere”.
Ebbene, alla luce di quanto sopra, è evidente come nel caso in cui l’avente diritto si assenti tre volte in un mese per intere giornate di lavoro (senza quindi utilizzare i permessi orari) questo usufruisca di tutti i suoi permessi disponibili, giacché il limite è calcolato esclusivamente su base giornaliera (tre giorni). A contrario, nel caso in cui il lavoratore utilizzi sia i permessi per intere giornate di lavoro, sia per alcune ore, la base di calcolo sarà computata sulla base della formula stabilita dall’INPS. Di conseguenza, l’intera giornata di lavoro e, in particolare, il preciso ammontare di ore da lavorare per quel preciso giorno, dovrà essere sommato alle frazioni di ore usufruite dall’avente diritto.

3. Esempi pratici


Degli esempi potrebbero sciogliere qualsivoglia dubbio.
Ipotizziamo che il lavoratore osservi un orario di lavoro settimanale pari a 40 ore e il numero dei giorni lavorati settimanalmente sia pari a 5 per 8 ore ciascuno. Di conseguenza, calcolando l’ammontare di ore fruibili a titolo di permesso dal lavoratore sulla base della formula stabilita dall’INPS, il limite di ore fruibili sarebbe pari a 24,18 ore (per difetto 24). 
Ora, valutiamo la casistica:
Ipotesi n. 1: il lavoratore prende 3 giorni di permesso 104 tutti i venerdì
In tal caso, nulla questio, poiché a prescindere dall’ammontare di ore rispetto al giorno in questione, il lavoratore si assenta per tre giorni e non può pretendere che gli sia concesso un altro permesso. 
Ipotesi n. 2: il lavoratore prende 3 giorni di permesso 104, assentandosi per l’intera giornata il martedì, il mercoledì e il venerdì 
Anche in tale ipotesi vale lo stesso ragionamento di cui sopra: a prescindere dall’ammontare di ore rispetto al giorno in questione, il lavoratore si assenta per tre giorni e non può pretendere che gli sia concesso un altro permesso
Ipotesi n.3: Il lavoratore prende un giorno di permesso 104 il venerdì e nel corso del mese usufruisce dei permessi su base oraria (non giornaliera), assentandosi per 3 ore il giovedì; il martedì etc.
In tale circostanza, in virtù di quanto sopra affermato, occorrerà prendere a riferimento la formula dell’INPS ai fini del calcolo dei limiti di premesso fruibili, con la conseguenza che l’ammontare dei permessi utilizzabili dal lavoratore non potrà più essere calcolato su base giornaliera (tre giorni), ma in base all’ammontare di ore di permesso utilizzabili: ossia 24. Pertanto, l’ammontare delle complessive ore richieste a titolo di permesso 104 nel corso del mese dal lavoratore, che si calcola sommando le ore richieste e il venerdì, che a sua volta deve essere computato su base oraria (quindi 8 ore), non può essere superiore a 24.
Nel caso di specie, è evidente come il calcolo dovrà fondarsi sulle ore complessive, con la conseguenza che il giorno intero preso a titolo di permesso dovrà essere calcolato sempre e comunque su base oraria.

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4. Nel caso di variabilità dell’orario di lavoro: la pronunzia dell’ARAN


Sovente, le modalità orarie di svolgimento del rapporto di lavoro sono diversificate, giacché l’ammontare di ore complessivo da lavorare settimanalmente è variabile: ad esempio, su 40 ore settimanali, il dipendente Tizio, invece di lavorare 8 ore giornaliere come il dipendente Caio, può operare 8 ore e 30 minuti dal lunedì al giovedì e 6 ore il venerdì.
Ebbene, il lavoratore Tizio, qualora decida di usufruire dei permessi esclusivamente nei giorni in cui l’orario di lavoro giornaliero sia pari a 8 ore e 30 minuti, godrà di un maggiore ammontare di ore complessivo  da poter utilizzare a titolo di permesso 104 rispetto a chi lavora per 8 ore giornaliere (pari a un 1 ora e 30 minuti in più), giacché, se è vero che la formula definita dall’INPS per il calcolo dei limiti opera esclusivamente laddove i permessi giornalieri vengano utilizzati frazionandoli in ore (circolare INPS n. 16866/2007), nel caso di specie il limite massimo dei premessi utilizzabili sarà calcolato su base giornaliera (tre giorni) e non sull’ammontare di ore ricavato dalla formula su indicata (nel caso di specie sarebbe pari a 25).
In tal caso, è evidente come ad essere decisivo sia quell’eccesso di 30 minuti dell’orario di lavoro di Tizio, il quale, seppure lavori di più per una specifica giornata, per poter poi lavorare di meno in un altro specifico giorno, godrà di una “pausa” più lunga rispetto a quella di Caio (il risultato dato dalla moltiplicazione 8,5 per 3 è sicuramente maggiore – pari a 1 ore e 30 minuti in più – di quello che si avrebbe dall’altra semplice operazione 8 per 3).
Ma il vantaggio per il lavoratore Tizio si avrebbe anche nel caso in cui questo utilizzi in modalità mista il permesso. In tal senso, riprendiamo l’ipotesi 3 di cui al punto precedente, sulla base delle nuove condizioni “orarie”: Il lavoratore prende un giorno di permesso 104 il venerdì e nel corso del mese usufruisce dei permessi su base oraria (non giornaliera), assentandosi per 3 ore il giovedì; il martedì etc.
Ebbene, se confrontata tale situazione con quella del lavoratore Caio, Tizio potrà godere di 2 ore in più di permesso, giacché, posto il limite orario di 25 ore ai sensi della già citata formula, il venerdì dovrà essere computato sulla base delle ore da lavorare per quel singolo giorno: ossia 6 (non 8 come per Caio).
Ciò premesso, è evidente come in entrambi i casi di cui sopra vi sia il beneficio orario del dipendente Tizio rispetto a Caio, il cui ammontare di ore giornaliero da lavorare è “intero” e non “razionale”. Infatti, come dimostrato, il primo, diversamente dal secondo, avrà la possibilità di usufruire di più premessi rispetto al secondo.
Tra l’altro, lo svantaggio sarebbe anche per il datore del lavoratore Tizio, il quale, diversamente da quello di Caio, sarà tenuto a retribuire delle ore di permesso in più.

5. La pronunzia dell’ARAN (CIRS122)


Ciò premesso, vista la evidente disparità, è legittimo domandarsi se sia corretta tale modalità di calcolo. Ad avviso di chi scrive è dirimente un recente intervento dell’ARAP (CIRS122) ivi si afferma: “laddove il lavoratore intenda fruire nello stesso mese sia dei permessi orari che di quelli giornalieri, fruizione c.d. mista, al fine di contemperare il diritto sopra menzionato con il beneficio contrattuale dell’utilizzo in ore, per ogni giornata di assenza andranno decurtate 6 ore dal monte ore complessivo indipendentemente dall’orario di lavoro previsto per la singola giornata di assenza. Ciò in quanto il contratto, nel definire l’equivalenza giorni/ore, ha ipotizzato un orario teorico di 6 ore per ogni giorno”.
Ebbene, tale intervento evidenzia come l’ammontare di ore computabile e il conseguente limite di fruizione del permesso sia da riferire all’equivalenza giorni/ore deducibili dal contratto (c.d. orario teorico): in sostanza una media complessiva pari al rapporto tra il numero di ore lavorate nella settimana e il numero dei giorni lavorativi settimanali.
Ebbene, recuperando l’esempio di cui sopra, qualora si accolga tale prospettiva verrebbe meno la variabilità dell’orario di lavoro che caratterizza il rapporto di lavoro di Tizio, con la conseguente equipollenza delle condizioni rispetto all’altro dipendente Caio.  Infatti, se per 4 giorni della settimana il dipendente Tizio lavora 8 ore e 30 minuti e solo 6 ore per un giorno, l’orario teorico sarà pari a 8 ore giornaliere (40/5): lo stesso orario osservato dal dipendente Caio.

6. Conclusione: limiti fruibilità 104


Nell’ipotesi in cui si accolga la prospettiva dell’ARAP rispetto al concetto di “orario teorico”, applicandola ai vari esempi di cui sopra, si avrebbe che:

  • l’ammontare delle complessive ore richieste a titolo di permesso 104 nel corso del mese dal lavoratore Tizio non potrà certamente essere superiore a 24
  • diversamente dagli esempi su esposti, le disparità di trattamento tra i lavoratori e lo svantaggio economico per il datore di lavoro vengono definitivamente meno, posta l’identità oraria tra il lavoratore Tizio e il lavoratore Caio.

Ad avviso di chi scrive, tale conclusione deve essere accolta, giacché, in caso contrario, si creerebbe una disparità capace di violare anche un importante principio costituzionale, quello di uguaglianza, stabilito dall’art. 3 Costituzione. Infatti, sarebbe ingiusto concedere al lavoratore Tizio maggiori permessi rispetto al lavoratore Caio, purtuttavia vivendo entrambi una medesima situazione di disagio. In conclusione, la mera variazione dell’orario di lavoro tra i due dipendenti non può essere determinante per giustificare tale differenza di trattamento.

Edoardo Vizzaccaro

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