Il Tribunale amministrativo della Campania – sez. di Salerno, con la sentenza in commento, ha accolto il ricorso avverso e per l’annullamento di un provvedimento di revoca, relativo al permesso a costruire (rilasciato nel 2012) di un sottotetto di proprietà della ricorrente.
Ma procediamo con ordine.
L’Amministrazione comunale, prima dell’emanazione del provvedimento di autotutela, comunicava alla ricorrente l’avvio del procedimento di revoca. A questo punto, sulla base della previsione dell’art. 10 L. 241/1990, oltre che secondo il più ampio principio di partecipazione al procedimento amministrativo (art 7 e ss.), l’odierna ricorrente presentava osservazioni in merito, volte a contro dedurre l’erronea valutazione amministrativa.
Il Comune, tuttavia, prima con semplice dichiarazione di non accettazione delle deduzioni, poi con provvedimento finale, revocava il permesso a costruire sul rilievo dell’esistenza di un’ordinanza di demolizione risalente nel tempo (1987).
Ma dal contenuto del provvedimento conclusivo non si evincono i motivi per cui l’Amministrazione non ha accolto le deduzioni presentate dalla ricorrente, in sede di contraddittorio procedimentale.
Il giudice amministrativo, tralasciando tutte le eccezioni di merito sollevate, ha annullato il provvedimento impugnato sulla base di una lettura, prettamente formale e burocratica, che il Comune ha dato della disciplina della comunicazione di avvio del procedimento.
Per l’esattezza, il Tar ha osservato: “come l’Amministrazione Comunale di Agropoli abbia fornito, della disciplina, in tema di comunicazione d’avvio del procedimento, una lettura assolutamente riduttiva, oltre che “burocratica”, come tale inidonea ad assolvere alla specifica funzione, alla stessa assegnata dalla giurisprudenza prevalente, avendo il Comune ritenuto, in particolare, che fosse sufficiente, allo scopo di garantire una corretta dialettica infra procedimentale, indirizzare, al privato e al suo tecnico, una “comunicazione” circa le osservazioni presentate da quest’ultimo, precedente e formalmente distinta dal provvedimento conclusivo del procedimento; laddove l’Ufficio competente avrebbe dovuto, onde rispettare nella sostanza le norme in commento, entrare nel merito delle osservazioni licenziate dal privato, esplicitando perché le stesse non fossero accoglibili”.
Sul punto, l’art. 10 L. 241/1990 è chiaro: “I soggetti di cui all’art.7 e quelli intervenuti ai sensi dell’art. 9 hanno diritto:[…] b)di presentare memorie scritte e documenti, che l’Amministrazione ha l’obbligo di valutare ove siano pertinenti all’oggetto del provvedimento”.
Di guisa che, l’Amministrazione procedente non potrà soddisfare tale previsione normativa col semplice diniego, ma dovrà (avendo l’obbligo di valutazione) effettuare una approfondita istruttoria di cui dovrà tenerne conto nella motivazione del provvedimento finale.
Il giudice campano ha aderito al prevalente orientamento giurisprudenziale, secondo cui l’obbligo di valutazione (di cui parla l’art. 10) da parte della P.A., comporta una effettiva analisi delle osservazioni e memorie presentate dal privato di cui è tenuta a darne conto nella motivazione del provvedimento finale.
In merito la Giurisprudenza ha affermato che: “sulla scorta del dettato normativa che impone alla P.A. di valutare i documenti e le memorie presentate dal cittadino, l’amministrazione è tenuta a darne conto nella motivazione del provvedimento finale”; o ancora che: “ne consegue che l’omessa valutazione degli apporti forniti dal privato in sede procedimentale, produce l’illegittimità del provvedimento finale per difetto di motivazione”; oppure che: “ad ogni modo, l’obbligo di esame non impone un’analitica confutazione in merito ad ogni argomento utilizzato dalle parti stesse, essendo sufficiente un iter motivazionale che renda nella sostanza percepibile la ragione del mancato adeguamento dell’azione amministrativa alle deduzioni difensive del privato stesso”;(ex plurimis Tar Lazio, Sez.II, 10.07.2014, n. 7343; Tar Liguria, Sez.I, 20.02.2004; Cons.St., Sez.IV, 21 Maggio 2010, n. 3224; Tar Umbria, Sez.I, 20.01.2011, n. 16; Cons.St., Sez.V, 13.10.2010, n. 7472; Tar Calabria, Sez.II, 11.02.2011, n. 203; Tar Campania, Sez.III, 4.11.2008, n. 19267; Tar Abruzzo, Sez.I, 6.06.2007, n. 285).
Si può aggiungere inoltre che, tale interpretazione normativa, è strettamente connessa alla disciplina prevista dall’art.10 bis L. 241/1990 (preavviso di rigetto nei procedimenti ad istanza di parte).
Infatti, la norma è ben chiara: entro il termine di dieci giorni dal ricevimento del preavviso, gli istanti possono presentare delle osservazioni, e dell’eventuale mancato accoglimento di tali osservazioni è data ragione nella motivazione del provvedimento finale.
Non si comprende perché, dunque, la predetta disciplina non si possa applicare anche in caso di procedimenti d’ufficio, in cui l’esigenza partecipativa è certamente più elevata.
In conclusione, è agevole affermare che è illegittimo un provvedimento (nel caso di specie un provvedimento di revoca di un permesso a costruire) nel caso in cui la Pubblica Amministrazione, pur avendo comunicato l’avvio del procedimento, ha poi omesso di prendere in considerazione (nei motivi di revoca) le osservazioni presentate dal privato in sede partecipativa.
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