In particolare, anche qualora a tale concordato siano attribuiti gli effetti prenotativi della continuità aziendale ai sensi dell’art. 186 bis l.f., che consentirebbero all’impresa di proseguire l’attività, si rende necessario inquadrare la partecipazione alla gara tra gli atti di straordinaria o ordinaria amministrazione, con rilevanti conseguenze sulla qualifica dell’autorizzazione alla partecipazione alla gara, rilasciata dal tribunale ex art. 186 bis, comma 4, l.f. Conseguentemente, l’incidenza di tale autorizzazione merita osservazione anche sotto il punto di vista temporale, in relazione alla fase della procedura di affidamento in cui essa, eventualmente, interviene.
Occorre, infine, interrogarsi sull’interpretazione della disciplina del raggruppamento temporaneo di imprese nel senso della possibilità di sostituire la mandante esclusa con altro operatore economico subentrante o, nell’accezione più restrittiva, dell’esclusione di tutto il raggruppamento qualora gli operatori rimanenti non posseggano (più) i requisiti di partecipazione alla gara.
Il raggruppamento temporaneo di imprese
L’istituto, disciplinato dall’art. 48 Codice Appalti, rappresenta uno dei principali strumenti di apertura del mercato delle commesse pubbliche nei confronti delle piccole e medie imprese che, pur non costituendo un diverso soggetto giuridicamente autonomo[1], possono aggregarsi al solo fine del raggiungimento cumulativo dei requisiti di partecipazione alla gara. Così facendo, nell’ottica del principio comunitario di promozione della libera concorrenza[2], viene incrementata la platea degli offerenti e, di conseguenza, la possibilità di scelta della stazione appaltante.
L’elemento centrale dell’istituto in esame è costituito dal mandato con rappresentanza conferito dalle imprese mandatarie alla capogruppo, incaricata di presentare l’offerta a nome del raggruppamento. Ciò determina il sorgere di una responsabilità solidale dei componenti del raggruppamento nei confronti della stazione appaltante, limitabile alle prestazioni di rispettiva competenza solo nelle ipotesi di lavori scorporabili o di assunzione di prestazioni secondarie nell’ambito di un appalto di servizi e forniture[3].
Il comma 18 dell’art. 48 Codice Appalti disciplina la possibilità di prosecuzione dell’appalto in corso d’opera nell’ipotesi di concordato preventivo di una delle imprese mandanti: è infatti prevista la sostituzione della stessa con un altro operatore economico, indicato dalla mandataria ed in possesso dei requisiti di idoneità previsti, in alternativa al proseguimento dell’esecuzione in capo alla mandataria e alle mandanti rimaste, sempre previa verifica del mantenimento dei requisiti di qualificazione per i lavori ancora da eseguire.
Gli istituti previsti dalla Legge Fallimentare
Il concordato preventivo “in bianco” di cui all’art. 161, comma 6, l.f., consiste in un istituto di derivazione statiunitense volto a consentire all’operatore economico di formulare istanza di ammissione al concordato preventivo depositando soltanto i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi e l’elenco dei creditori e dei rispettivi crediti, riservandosi di integrare tale documentazione, entro un termine stabilito dal giudice, con quanto previsto dai commi 2 e 3 della norma richiamata. Particolare attenzione merita il piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta di concordato e la relazione di un professionista ex art. 67, comma 3, lett. d), l.f. attestante la veridicità dei dati e la fattibilità del piano proposto.
La ratio della riserva parrebbe rinvenirsi nella protezione dell’istante, in pendenza del termine concesso, dalle aggressioni creditorie, da azioni cautelari e dall’iscrizione unilaterale di diritti di prelazione (art. 168 l.f.), onde consentire un congruo spatium deliberandi orientato vuoi alla predisposizione di un piano di concordato fattibile, vuoi al raggiungimento di accordi con i creditori idonei a facilitarne l’esecuzione[4]. Peraltro, il comma 7 dell’art. 161 l.f. consente all’impresa istante il compimento degli atti di ordinaria amministrazione, mentre subordina le attività a questa eccedenti alla previa autorizzazione del tribunale.
Per quanto interessa in questa sede, occorre richiamare il collegamento tra l’istituto appena richiamato ed il concordato con continuità aziendale descritto dall’art. 186 bis l.f., la cui peculiarità risiede nella possibilità, prevista nel piano di concordato di cui all’art. 161, comma 2, lett. e), l.f., di proseguire l’attività di impresa da parte del debitore, nonché di cedere o conferire l’azienda in esercizio. Anche in questo caso l’obiettivo perseguito dal legislatore del 2012[5] può individuarsi nel favor verso il superamento della crisi tramite il conseguimento di utilità imprenditoriali, derivanti da attività autorizzate dal giudice e nel rispetto dei requisiti imposti alla documentazione dalle norme richiamate.
Fermi gli espliciti riferimenti ai contratti pubblici nella disciplina del concordato in continuità aziendale[6], occorre interrogarsi sulla sua compatibilità con l’ipotesi di istanza di concordato in bianco, definibile ad “effetti prenotativi” di prosecuzione dell’attività d’impresa. Ciò consentirebbe all’impresa sia di usufruire dei benefici protettivi del concordato ex art. 161, comma 6, l.f., sia di depositare, entro il termine concesso, la documentazione richiesta ai fini dell’ammissione al concordato in continuità.
Si rileva, sul punto, un contrasto giurisprudenziale che attiene all’interpretazione della disciplina fallimentare ma che sfocia nella questione circa la legittimità dell’esclusione dell’impresa istante di concordato preventivo in bianco con possibilità di continuità aziendale.
Occorre premettere che se l’art. 182 quinquies l.f. sembrerebbe, in combinato disposto con il richiamato art. 161, comma 6, l.f., legittimare la possibilità di continuità aziendale “preventiva”, la disposizione di cui all’art. 186 bis l.f. impone all’istituto del concordato preventivo in continuità un triplice ordine di condizioni che, presupponendo l’esistenza di un piano delineato, difettano nell’ipotesi di concordato preventivo in bianco e la cui assenza, peraltro, rappresenta la principale caratteristica dell’istituto[7].
Gli orientamenti contrapposti
L’orientamento restrittivo esclude la partecipazione dell’impresa richiedente l’ammissione al concordato anche qualora sussista la relativa autorizzazione giudiziale, a meno che detta partecipazione non sia straordinaria e urgente[8]. Negli altri casi, l’attività imprenditoriale potrebbe trovare giustificazione solo qualora il suo inserimento nel piano concordatario fosse valutato positivamente dal giudice ex art. 167 l.f. in seguito all’ammissione al concordato.
Secondo tale impostazione, quindi, la partecipazione alle procedure di affidamento pubbliche dovrebbe esulare dalle attività di ordinaria amministrazione, necessitando di provvedimenti autorizzativi che certifichino l’effettività dell’impegno contrattuale ricercato e la sua eseguibilità concreta.
L’argomento letterale fatto proprio dalla giurisprudenza in commento si identifica nel citato art. 186 bis l.f., che consente la partecipazione alle procedure di gara, anche prima dell’ammissione al concordato in continuità, solo in seguito alla presentazione del piano concordato e della relazione del professionista ex art. 161, comma 3, l.f.
Sistematicamente, poi, la disciplina delle cause di esclusione dalla gara di cui all’art. 80, comma 5, lett. b), Codice Appalti, nel richiamare l’eccezione di cui all’art. 186 bis l.f., contempla solo l’ipotesi in cui l’impresa “si trovi” già in concordato aziendale, escludendo i casi di istanza, pendente, di concordato preventivo in bianco.
Perciò, la partecipazione alla procedura pubblica sarebbe consentita solo all’impresa ammessa al concordato in continuità nel cui piano, approvato, rientri tale attività e che sia in possesso della specifica autorizzazione giudiziale attinente alla specifica gara[9].
Sul versante opposto, l’orientamento estensivo sostiene l’applicabilità dell’art. 186 bis, comma 4, l.f., che consente la partecipazione alla gara nel periodo intercorrente tra la domanda e l’ammissione al concordato, anche all’ipotesi in cui la domanda sia presentata con riserva di presentare, nel termine massimo fissato dal giudice, la proposta, il piano e la documentazione di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 186 bis l.f. Si sostiene, infatti, che la presentazione dell’istanza al concordato preventivo, specie qualora presenti effetti prenotativi della continuità aziendale, non costituisca un’automatica causa di esclusione poiché anticipatoria di tale volontà e ben distinta dalla richiesta di concordato liquidatorio tout court[10].
Si rileva, inoltre, che il comma 7 dell’art. 161 l.f. consente il compimento degli atti di straordinaria amministrazione anche prima della formale ammissione al concordato, ferma la autorizzazione giudiziale che, però, non sarebbe necessaria per le attività di impresa ordinarie.
Sul punto, infatti, una recente pronuncia ha escluso che la partecipazione alla gara sia inquadrabile tra gli atti di straordinaria amministrazione, dovendo essere considerati tali solo quelli potenzialmente incidenti negativamente sul patrimonio sociale, dai quali esulerebbero gli atti di comune gestione che, anche qualora comportino una spesa, possano ritenersi aderenti alle finalità e dimensioni del patrimonio conservandolo o, seppur non direttamente, incrementandolo[11]. A parere di chi scrive, tuttavia, è oltremodo condivisibile l’orientamento della giurisprudenza civile secondo cui è necessario fare riferimento all’attività propria dell’impresa in questione per determinare la concreta incidenza della gara pubblica e, soprattutto, la sua finalità specifica: la natura ordinaria o straordinaria di tale partecipazione, quindi, potrebbe valutarsi caso per caso[12].
L’orientamento estensivo, inoltre, affronta la questione dell’autorizzazione giudiziale alla procedura pubblica giungendo a ritenere irrilevante che questa intervenga in corso di gara o in seguito all’eventuale aggiudicazione, poiché ritenuta condizione integrativa dell’efficacia di quest’ultima.
La giurisprudenza più recente
Nel panorama conflittuale suesposto, infine, si inserisce la recentissima Cons. Stato, Sez. V, 1328/20 che, muovendo dall’orientamento da ultimo esaminato, giunge a differenti conclusioni.
Da un lato, viene ribadita l’applicabilità della deroga ex art. 186 bis l.f. anche all’ipotesi di concordato preventivo in bianco, in forza dell’autorizzazione del tribunale e della relativa documentazione (parere positivo del commissario giudiziale, a sua volta fondato sull’attestazione del professionista circa la compatibilità della commessa con la situazione patrimoniale ed economica della società).
Soprattutto, l’accertamento della capacità dell’impresa di assumere l’appalto pubblico e di portarlo ad esecuzione, anche se intervenuto in corso della procedura di gara, risale comunque al momento in cui quest’ultima ha presentato la domanda di concordato in bianco realizzando, così, l’effetto prenotativo utile a derogare all’art. 80, comma 5, lett. b), Codice Appalti.
Dall’altro, però, si attribuisce valore dirimente alla fase della gara in cui tale autorizzazione dovesse intervenire, ritenendo legittima l’esclusione dell’impresa qualora la stessa sopraggiunga all’aggiudicazione definitiva, che determina la fine della procedura di gara e la verifica finale circa la sussistenza di eventuali cause ostative. L’eccezione al principio di continuità dei requisiti prevista dalla norma appena richiamata, dunque, potrebbe operare solo nel corso della procedura di gara, ponendo il rischio della tardività dell’autorizzazione sull’operatore economico piuttosto che sull’amministrazione[13].
L’esclusione del raggruppamento temporaneo di imprese
In conclusione, meritano attenzione le conseguenze di tale esclusione sul raggruppamento temporaneo di imprese ex art. 48 Codice Appalti di cui l’esclusa era mandante.
Il principio della tendenziale immutabilità della compagine soggettiva del r.t.i. trova fondamento nella necessità di consentire alla stazione appaltante di verificare con trasparenza la sussistenza dei requisiti di gara e prevenire operazioni elusive degli stessi[14].
Nonostante sia ormai pacifico che tale principio non sia assoluto, ben potendo operare la sostituzione degli operatori economici senza necessariamente ledere la par condicio nella competitività di gara[15], maggiori dubbi sorgono in merito alla sostituzione di una delle imprese mandanti, posto che le ipotesi derogatorie di cui ai commi 18 e 19 ter dell’art. 48 Codice Appalti, in quanto tali, rendono preferibile un’interpretazione restrittiva e tassativa.
Pare comprensibile, infatti, che la possibilità di sostituire una delle imprese mandanti inidonea ab origine con un operatore economico fino a quel momento estraneo alla gara potrebbe pregiudicare altre imprese collocate in graduatoria, nonché condurre a pratiche elusive della verifica dei requisiti di partecipazione.
L’esigenza di tutelare il raggruppamento dalla sopravvenuta perdita dei requisiti di partecipazione di una sua componente, dunque, potrebbe arrestarsi di fronte alla necessità che, al momento della domanda di partecipazione, quei requisiti sussistano per la totalità delle componenti, compresa la mandante istante del concordato preventivo in bianco con effetti prenotativi di continuità.
La determinazione del punto di equilibrio tra le suesposte esigenze, però, dipenderà dalla soluzione prossimamente fornita dall’Adunanza Plenaria alle questioni oggetto dell’ordinanza di rimessione, esposte nel corso del presente contributo.
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[1] Ciò costituisce il principale tratto differenziale tra l’istituto in questione, privo di una stabile struttura organizzativa, e i consorzi, parzialmente disciplinati dallo stesso articolo: per un approfondimento in merito si veda FRATINI, Manuale sistematico di diritto amministrativo, 2018, p. 956 e ss.
[2] Con particolare riferimento agli artt. 63 e 19, comma 2, Dir.va 2014/24 UE, dei quali l’art. 48 recepisce il contenuto.
[3] Quantomeno nella prevalente ipotesi di raggruppamento c.d. orizzontale, laddove le prestazioni si suddividano quantitativamente tra le imprese, mentre nel caso in cui si tratti di raggruppamento verticale la giurisprudenza ritiene necessario che sia la stazione appaltante a qualificare le prestazioni dovute in principali e secondarie, comportando così la responsabilità della mandataria per la prestazione principale e, solidalmente con le mandanti, per le secondarie (ex multis, Cons. Stato, A.P., n. 22/2012).
[4] Per un approfondimento monografico in materia, si veda STAUNOVO POLACCO, Il concordato con riserva, 2016.
[5] Articolo inserito ad opera del d.l. 22 giugno 2012 n. 83, convertito in legge 7 agosto 2012 n. 134.
[6] Art. 186 bis, commi 3, 4, 5 e 6, l.f.; in sintesi, viene sancita la stabilità dei contratti in corso, la necessità dell’autorizzazione del Tribunale per la partecipazione a procedure di affidamento in seguito alla domanda di concordato ed i requisiti documentali richiesti per la partecipazione che dovesse avvenire in seguito all’ammissione allo stesso.
[7] Nello specifico: 1) le alternative di continuità descritte dal comma 1; 2) l’analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell’attività d’impresa delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalità di copertura; 3) la relazione del professionista di cui all’articolo 161, comma 3, attestante la funzionalià della prosecuzione dell’attività d’impresa prevista dal piano di concordato al miglior soddisfacimento dei creditori.
[8] Da ultimo, Cons. Stato, Sez. VI, n. 3984/19. Peraltro, in seno a tale orientamento si segnala la corrente che considera l’istanza al concordato in bianco una condizione impeditiva alla partecipazione alle procedure di affidamento pubbliche, tra cui Cons. Stato, Sez. III, n. 5966/18.
[9] La ricostruzione esposta, inoltre, non parrebbe incoerente con il diritto comunitario, posto che il diverso trattamento legislativo a seconda della presenza del piano di continuità non contrasta con la facoltà, riconosciuta agli Stati membri dalla giurisprudenza europea, di modellare l’applicazione di cause di esclusione facoltative in funzione di considerazioni giuridiche, economiche o sociali prevalenti a livello nazionale; CGUE, Sez. X., 28 marzo 2019, C-101/18.
[10] Cons. Stato, Sez. III, n. 1772/18; Determina ANAC, 8 aprile 2015.
[11] Fra tutte, si segnala Cons. Stato, Sez. III, n. 2963/19, la quale richiama le conclusioni a cui è recentemente approdata la giurisprudenza civile nella pronuncia Cass. civ., Sez. I, n. 14713/19,
[12] Cass. civ., Sez. I, 26646/18.
[13] Sarebbe infatti difficilmente sostenibile il contrario, trattandosi di un’impresa in crisi aspirante alla commessa pubblica in deroga ai principi generali in materia.
[14] DI MARTINO, La collaborazione tra imprese per gli appalti pubblici, 2015, pag. 77 e ss.
[15] Cons. Stato, A. P., n. 8/12; Si pensi all’ipotesi in cui i soggetti parte del raggruppamento diminuiscano pur rimanendo qualificati alla partecipazione.
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