È derogabile il principio generale secondo il quale il possesso dei requisiti per la partecipazione ad un bando di concorso devono essere posseduti alla scadenza del termine per la presentazione delle domande. Oggi in seguito alla riforma prevista dal d.P.R. 82/2023, il principio discusso è indicato allo stesso decreto Presidenziale ma al successivo comma 8, con l’aggiunta che gli stessi requisiti devono essere posseduti fino alla stipula del contratto di assunzione.
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Indice
1. La vicenda
La ricorrente, divenuta poi appellante, dapprima ammessa con riserva in sede cautelare si vedeva poi esclusa dalla partecipazione agli esami finali di un corso di specializzazione con provvedimento del Ministero dell’Interno in seguito al deposito della sentenza da parte del Tribunale Amministrativo Regionale competente che riteneva la concorrente non legittimata al proseguimento concorsuale poiché la richiamata disposizione di legge, l’art. 2 comma 7 del d.P.R. 487/1994, non sarebbe stata violata nel caso in esame in quanto la ricorrente avrebbe partecipato ad un corso di specializzazione riservato ai segretari comunali e non ad un concorso pubblico. Ma vi è di più perché cifrando sempre il Consiglio di Stato (C.d.S., IV, 6536/2008 e 2798/2005) il TAR afferma che l’Amministrazione ha la facoltà di stabilire un termine anteriore a quello previsto dal d.P.R. 487/94 (anche ritenendolo, a tutto concedere, un principio generale) contestualizzandolo in una circostanza di ammissione del periodo di anzianità di servizio maturato anteriormente alla data di scadenza del bando, così giustificando la richiesta dell’ente per la presentazione delle domande solo a chi avesse maturato un periodo di due anni nella fascia di appartenenza prevista nella lex specialis. Tale decisione è attribuita alla PA nell’ambito del potere discrezionale non arbitrario attribuitole dalla legislazione corrente e finalizzato al perseguimento di pubblici fini.
Il giudice di prime cure ritiene peraltro che la data scelta antecedente alla scadenza del bando per il possesso dei requisiti sia maturata all’interno dell’amministrazione in seguito ad un procedimento che ha coinvolto più enti e istituti ed è quindi considerata legittimamente acquisita non rinvenendo vizi logici, ritenendola quindi congrua, a suo dire, con l’interesse pubblico.
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2. Il d.P.R. come principio generale
L’art. 2, comma 7, del d.P.R. 487/1994 (ricordando che le modifiche apportate dal dPR n. 82/2023 hanno previsto oggi lo spostamento dal comma 7 al comma 8) stabilisce in modo chiaro che i requisiti richiesti in un bando di concorso devono essere posseduti alla data di scadenza prevista per la presentazione della domanda di partecipazione. Affinché la norma possa essere applicata al caso in esame occorre un solido aggancio che possa legittimarla e che i giudici di Palazzo Spada ritrovano nella circostanza che il comma citato stabilisce un principio giuridico di portata generale che deve essere condiviso ed applicato, rinvenendo in sé un valore normativo al quale devono uniformarsi tutte le norme giuridiche che non sono espressione di un principio intrinsecamente collettivo. Il carattere della ‘generalità’ lo si ricava attraverso un criterio argomentativo inverso ovverosia attraverso quel ragionamento che in via induttiva ti fa risalire da una norma specifica al principio generale stesso. Per fare ciò occorre un raffinato e consequenziale procedimento logico, non libero, ma condiviso dalla pluralità degli studiosi e aderente a canoni consolidati. Il principio generale, per essere tale, deve afferire al diritto comune, quindi un diritto non limitato. È facilmente comprensibile che se così non fosse ci troveremmo davanti ad una circostanza specifica di diritto speciale, la quale, per sua natura, non può essere applicata ad una platea di largo raggio e ragione per cui non può assorbire il carattere della generalità. Nella pratica, la realizzazione di tutto questo avviene attraverso le fasi dell’individuazione, del riconoscimento, della concreta attuazione e della tutela giurisdizionale ed è quindi indubbio che tale principio si applica ai bandi emanati dalle pubbliche amministrazioni, estrapolandone peraltro tale evidenza dallo stesso titolo del d.P.R. 487. Tuttavia, occorre doverosamente chiarire, insiste il Consiglio di Stato, che la norma è diretta espressione di un principio generale che non può non adattarsi analogicamente ad altre norme strettamente connesse e tanto meno ai principi di imparzialità dell’amministrazione e di parità di trattamento dei candidati nel momento in cui viene bandita una procedura concorsuale. In ossequio poi al criterio della scelta ermeneutica di favorire la più ampia partecipazione dei concorrenti ad un bando è indubbio che accettare la regola del possesso dei requisiti alla scadenza del bando è conforme alla trasparenza e buon andamento dell’azione amministrativa.
La sezione terza di questo Consiglio, in virtù quindi del fatto che tale norma è espressione di un principio generale come specificato sopra ed in ottemperanza ai principi connessi alle procedure amministrative dei bandi, si esprime confermando che la selezione de quo indetta dal Ministero dell’Interno per la scuola di specializzazione deve seguire quanto indicato all’art. 2, comma 7, del d.P.R. 487/1994 per ciò che concerne la scadenza dei requisiti di partecipazione e come peraltro già indicato anche nella sentenza di primo grado quando è stato fatto riferimento ad un precedente ed analogo corso il quale però non è stato ritenuto vincolante per l’amministrazione che invece è stata lasciata libera dal TAR di non seguirne il merito per le diverse situazioni contingenti che di anno in anno si ripresentano ed alle quali occorre far fronte.
3. Il requisito dell’interesse pubblico come deroga
I limiti dell’attività discrezionale sono rappresentati proprio dall’interesse pubblico il quale ha visto succedersi nel tempo varie definizioni. Ad oggi quella maggiormente condivisa da studiosi e cultori del diritto amministrativo (dottrina e giurisprudenza) sembra che si possa rinvenire nell’identificazione dell’interesse proprio della collettività, intesa come pluralità di individui che costituiscono una comunità, non coincidente con quello della PA e tanto meno con gli interessi individuali, a cui un ordinamento giuridico si riferisce.
Tra gli interessi di tipo generale quello dell’interesse pubblico ha suscitato maggiore attenzione proprio per la platea nella quale si riflette nobilitandolo così a fine da perseguire e dovendo obbligatoriamente cristallizzarlo in ambito legislativo. Ad oggi è possibile individuare vari tipi di interessi pubblici che si innestano in ambiti più specifici e settoriali e proprio per questo anch’essi ricevono una puntuale qualificazione normativa.
Questo Consiglio ritiene che l’aver maturato i requisiti richiesti dal bando alla data di scadenza per la presentazione delle domande oltre ad essere conforme alla legge previene una ingiustificata discriminazione che porterebbe vantaggi solo ad alcuni dei partecipanti. Tale principio <<può essere derogato solo ove vi siano specifiche e comprovate ragioni di interesse pubblico>> che riversato nell’ambito concorsuale significa proteggere le posizioni legittimamente acquisite dai vincitori nell’ambito dei concorsi interni oppure, aggiungono i giudici, altra circostanza valutabile potrebbe rinvenirsi nell’esigenza di rispettare una successione cronologica tra vari concorsi collegati. La considerazione prevalente ed indispensabile sta nella rilevante contingenza a cui è sottoposto l’ente nel dover produrre una adeguata ed esaustiva motivazione al fine di giustificare che l’interesse pubblico possa derogare al principio generale. Non è sufficiente una generica motivazione così come non è sufficiente che l’amministrazione si adoperi coinvolgendo vari organi tanto più se da questi ultimi non riesce ad estrapolare una sostanzialmente motivazione che ritrovi il suo principale obiettivo nell’interesse pubblico inteso appunto come un bene per la collettività alla quale si riferisce.
4. La decisione
Il d.P.R. al suo art. 2, comma 7 (oggi comma 8), sancisce quindi il principio generale secondo il quale i requisiti per partecipare ad un bando di concorso devono essere posseduti alla scadenza dei termini previsti dallo stesso per la presentazione della domanda e la Sezione Terza del Consiglio qui Giudicante non trova nella sentenza del TAR la giustificazione richiesta per derogare a tale principio. Non si deroga perché l’amministrazione non giustifica la richiesta di anticipare la data del possesso dei requisiti come un interesse pubblico. Non si rinvengono esigenze tali da far si che sia giustificabile la fissazione di una data anteriore alla scadenza dei termini della presentazione della domanda poiché non è certamente sufficiente il parere richiesto per relationem alla conferenza Stato-città ed autonomie locali, il quale non ha evidenziato le ragioni giustificative e derogatorie dell’interesse pubblico. Sembra quasi vi sia un esito opposto in quanto l’unica considerazione acquisibile agli atti è quella del Consiglio Direttivo dell’Albo che si è espresso, riguardo alla data di maturazione dei requisiti, nel senso contrario proponendo uno spostamento del termine ad un momento successivo a quello originariamente previsto. La calendarizzazione dei corsi condivisi dalle organizzazioni sindacali e la presa d’atto della ripartizione delle risorse stanziate dalla legge di bilancio 2014 non individuano quell’interesse pubblico richiesto che possa giustificare l’anticipazione temporale.
Alla luce di quanto sopra, il Consiglio di Stato accoglie l’appello facendo così decadere il provvedimento di esclusione in sfavore del candidato, annullando il bando nella parte in cui prevede una data diversa e anteriore stabilita per la presentazione delle domande.
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A cura di Alessandro Boscati | Maggioli Editore 2021
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