I diversi orientamenti sulla questioni
Secondo un primo orientamento il reato di cui all’art. 337 c.p. si perfeziona con l’offesa ad ogni singolo pubblico ufficiale nei confronti del quale venga utilizzata violenza o minaccia nel momento del compimento di un atto di ufficio con lo scopo di ostacolarlo.
Ne consegue che, nel caso di un unico atto, che sia offensivo contestualmente di una pluralità di pubblici ufficiali, si realizza una pluralità di violazioni della norma incriminatrice, con conseguente applicazione dell’art. 81 c.p. (Cass. pen., Sez. VI, 25 maggio 2017, n. 35227).
Altro orientamento, al contrario, ritiene che la resistenza trovi il suo momento consumativo nella opposizione all’atto, pertanto la violenza e la minaccia al pubblico ufficiale avrebbe carattere strumentale.
La soluzione della Corte Suprema
La Corte stabilisce che la condotta del reo, incidendo sull’atto non può che essere una, dal momento che l’amministrativo ostacolato è unico, a prescindere dal numero di pubblici ufficiali destinatari della condotta (Cass. pen., Sez. VI, 12 luglio 2017, n. 39341).
La condotta tipica del reato in oggetto si concreta nell’uso della violenza o della minaccia da chiunque esercitata per opporsi a un pubblico ufficiale mentre compie un atto dell’ufficio.
Conseguentemente viene elaborato il seguente principio di diritto: “In tema di resistenza ad un pubblico ufficiale, ex art. 337 c.p., integra il concorso formale di reati, a norma dell’art. 81 c.p., comma 1, la condotta di chi usa violenza o minaccia per opporsi a più pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio mentre compiono un atto del loro ufficio o servizio”.
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