La norma prevede che: “1. L’ente e’ responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio:
a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unita’ organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonche’ da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso;
b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a).
2. L’ente non risponde se le persone indicate nel comma 1 hanno agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi.“
Gli apicali
Nell’inquadrare i soggetti in una posizione di vertice la disposizione in oggetto, non si sofferma sulla qualifica professionale, quanto sulle funzione effettivamente svolte.
Le funzione si dividono: quelle di rappresentanza, amministrazione e direzione.
1.Le funzioni di rappresentanza consistono nell’attività di rappresentare l’ente esternamente, e dunque assumere incarichi in nome e per conto dei soggetti terzi.
A tale riguardo, è opportuno fare riferimento alla rappresentanza organica, consistente in una posizione strutturale rivestita dal soggetto nella struttura della societas e rappresentanza volontaria, fondata sull’atto di procura in favore di un soggetto.
2. Le funzioni di amministrazione riguardano l’esercizio di compiti gestionali, volti ad amministrare l’ente e realizzare scopi sociali. Vi rientrano: i componenti del consiglio di amministrazione, i membri del consiglio di gestione.
Discussa la posizione degli membri del consiglio di sorveglianza, dell’amministratore delegato e dell’amministratore dipendente.
3.Le funzioni di direzione in cui rientrano il direttore generale, il socio sovrano e il collegio sindacale.
Il collegio sindacale negli enti
Il collegio sindacale è quell’organo che svolge attività di controllo interno delle società per azioni, esercitando una funzione di vigilanza sull’amministrazione della società.
Secondo la giurisprudenza prevalente si tende a escludere i sindaci dal novero dei soggetti in posizione apicale all’interno dell’ente.
Per un certo verso avendo quale unico onere quello di controllare l’andamento dell’impresa, non sarebbero legittimati a esprimere una propria volontà della vita d’impresa. In aggiunta, non si riconosce un controllo al pari di quello previsto dall’art. 5 co.1 lett. a) d.lgs. n. 231/2001. Tale norma richiede un vero e proprio dominio sull’attività dell’ente che, ai sensi dell’art. 2403 c..c. i sindaci non possiedono in nessun caso. E’ previsto un obbligo di vigilanza con eventuale segnalazione al Tribunale.
La norma prevede che: “Il collegio sindacale vigila sull’osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione ed in particolare sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento.
Esercita inoltre il controllo contabile nel caso previsto dall’articolo 2409 bis, terzo comma.”
Concorso omissivo dei sindaci e l’obbligo di vigilanza
Dapprima con la sentenza n. 19470 del 2016 la Cassazione penale aveva stabilito che in tema di bancarotta fraudolenta, la responsabilità a carico dei sindaci è, normalmente, ravvisabile a titolo di concorso omissivo, alla stregua dell’art. 40 c.p., comma 2, e cioè sotto il profilo della violazione del dovere giuridico di controllo che, ordinariamente, inerisce alla loro funzione, sub specie dell’equivalenza giuridica, sul piano della causalità, tra il non impedire un evento che si ha l’obbligo di impedire ed il cagionarlo.
La Cassazione ha poi ritenuto, con la pronuncia n.44107/2018, penalmente rilevante la condotta del sindaco che fornisca un contributo causale alla realizzazione dell’evento nel reato degli amministratori: omettendo il controllo che egli deve compiere sul loro operato, purché sussista almeno il dolo eventuale, può essere considerato altrettanto responsabile del reato.
Il predetto obbligo giuridico si sostanzia non nel mero dovere di controllo, ma di vigilanza. La Cassazione ha, in tal modo, chiarito un dubbio giuridico di lungo corso che aveva interessato la materia societaria, ma più in generale le posizioni di garanzia. L’obbligo di vigilanza integra un dovere più ampio rispetto al controllo, che si declina nella segnalazione all’Autorità Giudiziaria di ogni irregolarità riscontrata, al fine precipuo di garantire la tutela del patrimonio sociale.
Gli argomenti individuati dai Giudici di Legittimità a sostegno dell’assunto sono così riassumibili: la legge pone a carico del sindaco della società un obbligo di attivazione volto a scongiurare un dato evento, e cioè la lesione del patrimonio sociale; il sindaco è messo astrattamente in condizione di assolvere la richiamata funzione impeditiva dell’evento, ancorché non direttamente ma invocando l’intervento delle autorità a ciò preposte, attraverso ampi poteri riconosciutigli dalla legge. Si pensi a quanto disposto dagli articoli 2403 c.c., 2403-bis c.c., 2406 c.c., norme che sanciscono la possibilità per il sindaco di compiere atti di ispezione e controllo, di richiedere informazioni agli amministratori su tutto quanto concerne l’attività sociale o specifici affari, nonché il potere di convocare l’assemblea quando siano ravvisati fatti censurabili di rilevante gravità. Altrettanto, può richiamarsi l’art. 2409 c.c. che sancisce il potere del collegio dei sindaci di una s.p.a. di segnalare le condotte che possano essere ritenute “campanelli d’allarme” nel senso della commissione delittuosa da parte degli organi. Sebbene la norma riguardi espressamente solo le società quotate nel mercato, è estensibile alle s.r.l., tipo societario del caso concreto deciso dalla Cassazione, in forza del rinvio contenuto all’art. 2477 c.c.
Se ne ricava, in conclusione, che i Giudici di Legittimità ritengono sussistente un nesso causale materiale tra condotta omissiva del sindaco e condotta delittuosa degli amministratori non per via di un effettivo potere impeditivo dell’evento, piuttosto per l’omessa attivazione e segnalazione delle Autorità competenti a tenere indenne il patrimonio sociale, bene tutelato dall’obbligo giuridico de quo.
Se quanto sin qui rilevato vale senza dubbio in diritto civile, la responsabilità penale richiede che sia necessariamente integrata, tuttavia, anche la causalità della colpa.
In proposito, i Giudici hanno ritenuto necessario un apporto doloso: una volta accertato il nesso causale materiale tra l’omissione e l’evento, nonché l’approccio doloso del sindaco agente, rectius: non agente, ancorché nelle forme del dolo eventuale, egli potrà essere ritenuto responsabile per concorso omissivo nel fatto commissivo altrui.
Non il previo concerto, quindi, con gli amministratori, ma la consapevole e voluta omissione, a mente della quale il sindaco, notati i campanelli di allarme, decida bilanciando interessi contrapposti, di accettare il rischio della verificazione dell’evento.
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