Viceversa, nei giudizi che esorbitano dalle proprie attribuzioni, può nondimeno costituirsi in giudizio o impugnare l’eventuale sentenza sfavorevole anche senza la predetta autorizzazione, tuttavia, deve darne senza ritardo comunicazione all’assemblea e, conseguentemente, farsi ratificare dalla stessa l’operato (art. 1131, 2° e 3° co., Cc: <<Può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio; a lui sono notificati i provvedimenti dell’autorità amministrativa che si riferiscono allo stesso oggetto. Qualora la citazione o il provvedimento abbia un contenuto che esorbita dalle attribuzioni dell’amministratore, questi è tenuto a darne senza indugio notizia all’assemblea dei condomini.>>).
In tali casi la ratifica assembleare sana retroattivamente l’operato dell’amministratore carente della preventiva autorizzazione e, pertanto, a tale scopo, il Giudice, ai sensi dell’art. 182 Cpc, assegna al condominio un termine perentorio per il rilascio delle necessarie autorizzazioni assembleari, di modo che, l’osservanza del termine imposto dal Giudice sana i vizi, e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono fin dal momento della prima notificazione.
Tuttavia tale regola relativa alla concessione di un termine per il rilascio dell’autorizzazione, risulta applicabile solo allorquando il rilievo della mancanza di autorizzazione assembleare avviene d’ufficio, vale a dire quando è rilevato dal Giudice, viceversa, quanto l’eccezione del difetto di rappresenta dell’amministratore – ovviamente nelle materie che esorbitano dalle sue attribuzioni –viene sollevata dalla controparte, l’onere della sanatoria sorge immediatamente, senza possibilità per il Giudice di assegnare un termine perentorio per provvedervi.
Ciò sta a significare che il condominio deve prontamente depositare la delibera assembleare di ratifica sotto pena, in mancanza, di declaratoria del difetto di rappresentanza e di legittimazione dell’amministratore.
Questo è l’importante principio di diritto stabilito dalla Corte di Cassazione, II Sezione Civile, nella sentenza n. 12525, pubblicata in data 21 Maggio 2018, Presidente dott. S. Petiti, Relatore dott. A. Scarpa.
Fatto
La vicenda giudiziaria vede contrapposti l’ex amministratore dello stabile, che reclama con decreto ingiuntivo compensi aggiuntivi per i lavori straordinari eseguiti, ed il condominio che propone opposizione avverso il predetto monitorio.
In primo grado l’opposizione viene accolta mentre in sede di gravame, la Corte d’Appello di Roma, in riforma della sentenza di primo grado rigettava l’opposizione pur ritenendo, nonostante la ritualità dell’eccezione avanzata dall’ex amministratore – che lamentava il difetto di legittimazione del condominio stante la mancanza di autorizzazione assembleare in favore del nuovo amministratore -, di poter superare tale eccezione in ragione dei tempi ristretti per proporre opposizione.
Ricorre per cassazione il condominio affidando l’impugnazione a sei motivi di ricorso, resiste con controricorso l’ex amministratore, il quale avanza anche ricorso incidentale deducendo la violazione dell’art. 1131 Cc e 75 Cpc, lagnandosi della circostanza per la quale la corte di merito avrebbe negato il difetto di legittimazione attiva del condominio e la carenza dei poteri rappresentativi del nuovo amministratore.
Decisione della Suprema Corte
Il Supremo Collegio, innanzitutto, revoca l’ordinanza interlocutoria emessa in precedenza dalla medesima Corte di Cassazione, con la quale la presente causa era stata rinviata a nuovo ruolo per permettere al condominio la produzione della delibera assembleare di autorizzazione o di ratifica dell’operato dell’amministratore, nelle more, effettivamente depositata.
Quindi di ritiene di operare una valutazione pregiudiziale, richiamando a tal proposito il precedente delle Sezioni Unite (n. 1833/2010) a mente del quale <<l’amministratore del condominio, potendo essere convenuto nei giudizi relativi alle parti comuni, ed essendo però tenuto a dare senza indugio notizia all’assemblea della citazione e del provvedimento che esorbiti dai suoi poteri, ai sensi dell’art. 1131, commi 2 e 3, c.c., può costituirsi in giudizio ed impugnare la sentenza sfavorevole senza la preventiva autorizzazione dell’assemblea, ma deve, in tale ipotesi, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell’assemblea stessa, per evitare la pronuncia di inammissibilità dell’atto di costituzione ovvero di impugnazione.>>.
Tale precedente, evidenzia il Collegio, <<ha invero affermato che, ferma la possibilità dell’immediata costituzione in giudizio dell’amministratore convenuto, ovvero della tempestiva impugnazione dell’amministratore soccombente (e ciò nel quadro generale di tutela urgente di quell’interesse comune che è alla base della sua qualifica e della legittimazione passiva di cui è investito), non di meno l’operato dell’amministratore deve poi essere sempre ratificato dall’assemblea, in quanto unica titolare del relativo potere. La ratifica assembleare vale a sanare retroattivamente la costituzione processuale dell’amministratore sprovvisto di autorizzazione dell’assemblea, e perciò vanifica ogni avversa eccezione di inammissibilità, ovvero ottempera al rilievo ufficioso del giudice che abbia all’uopo assegnato il termine ex art. 182 c.p.c. per regolarizzare il difetto di rappresentanza. La regolarizzazione ai sensi dell’art. 182 c.p.c., in favore dell’amministratore privo della preventiva autorizzazione assembleare, come della ratifica, può operare in qualsiasi fase e grado del giudizio, con effetti “ex tunc” (Cass. Sez. 6 – 2, 16/11/2017, n. 27236).>>.
Tanto ovviamente è riferibile solo a quei giudizi che esorbitano dalle attribuzioni dell’amministratore, ai sensi dell’art. 1131, 2° e 3° co., Cc, come nel caso di specie, considerato che nel giudizio sottoposto al vaglio della Suprema Corte l’oggetto del contendere riguardava il pagamento del compenso aggiuntivo per l’esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria dell’edificio condominiale, in favore del precedente amministratore, azionato con il procedimento monitorio poi opposto.
Stabilito, pertanto, come la materia esorbitasse dalle attribuzioni del nuovo amministratore e, pertanto, necessitava della ratifica dell’assemblea, ricorda, tuttavia, l’ulteriore precedente delle Sezioni Unite (n. 4248/2016), che ha affermato come <<il difetto di rappresentanza o autorizzazione può essere sanato ex art. 182 c.p.c. (come nella specie) in sede di legittimità, dando prova della sussistenza del potere rappresentativo o del rilascio dell’autorizzazione, ai sensi dell’art. 372 c.p.c., sempre che il rilievo del vizio nel giudizio di cassazione sia officioso, e non provenga dalla controparte, come invece appunto qui fatto dal controricorrente, giacché, in tal caso, l’onere di sanatoria sorge immediatamente, non essendovi necessità di assegnare un termine da parte del giudice (a meno che lo stesso non sia motivatamente richiesto, il che neppure risulta avvenuto, nella specie), in quanto sul rilievo di parte l’avversario è chiamato prima ancora a contraddire (si veda già Cass. Sez. 2, 31/01/2011, n. 2179).>>.
Ecco che allora, conclude la Corte di Cassazione, considerato che nel caso concreto il difetto di rappresentanza dell’amministratore, in una materia che esorbita dalle proprie attribuzioni, è stato ritualmente avanzato da parte opposta, l’onere della sanatoria dell’amministratore doveva ritenersi sorto immediatamente, pertanto, lo stesso avrebbe dovuto subito depositare la delibera di ratifica, senza possibilità di concessione di un termine, ex art. 182 Cpc, per il deposito dell’autorizzazione, trattandosi, come detto, di un rilievo ad opera di parte e non officioso.
Il ricorso per cassazione, conseguentemente, viene dichiarato inammissibile per mancanza di autorizzazione assembleare, ed il condominio – <<e non l’amministratore personalmente, ex art. 94 c.p.c., avendo comunque l’assemblea, sia pure tardivamente agli effetti dell’ammissibilità del ricorso, ratificato l’operato dell’amministratore stesso>> – condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.
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