La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 2616 del 29 gennaio 2024, ha fornito chiarimenti sulla divisione del pianerottolo comune in condominio a seguito della riforma del 2012.
La cronaca e le cause pendenti in tribunale ci raccontano che la vita in condominio è spesso fonte di discussioni. Questo pratico volume è consigliato per fornire la chiave per la risoluzione dei problemi più comuni: Manuale di sopravvivenza in condominio
Indice
1. Premessa
L’originario articolo 1119 c.c. stabiliva che le parti comuni dell’edificio non sono soggette a divisione, a meno che la divisione possa farsi senza rendere più incomodo l’uso della cosa a ciascun condomino.
L’art. 4, comma 1, L. 11 dicembre 2012, n. 220 (c.d. riforma del condominio) ha modificato tale articolo; così attualmente l’articolo 1119 c.c. (Indivisibilità) dispone quanto segue: Le parti comuni dell’edificio non sono soggette a divisione, a meno che la divisione possa farsi senza rendere più incomodo l’uso della cosa a ciascun condomino e con il consenso di tutti i partecipanti al condominio.
Tale disposizione, anche nella nuova versione è coerente con quanto dispone l’art. 61 disp. att. c.c., secondo cui qualora un edificio o un gruppo di edifici appartenenti per piani o porzioni di piano a proprietari diversi si possa dividere in parti che abbiano le caratteristiche di edifici autonomi, il condominio può essere sciolto e i comproprietari di ciascuna parte possono costituirsi in condominio separato. Lo scioglimento è deliberato dall’assemblea con la maggioranza prescritta dell’art. 1136 c.c., comma 2, o è disposto dall’autorità giudiziaria su domanda di almeno un terzo dei comproprietari di quella parte dell’edificio della quale si chiede la separazione. Quindi è possibile che pochi condomini richiedano la divisione giudiziale del condominio o del supercondominio per dar vita a due o più caseggiati autonomi: tale soluzione implica la divisione di parti comuni senza il consenso di tutti condomini.
La cronaca e le cause pendenti in tribunale ci raccontano che la vita in condominio è spesso fonte di discussioni. Questo pratico volume è consigliato per fornire la chiave per la risoluzione dei problemi più comuni
Manuale di sopravvivenza in condominio
La cronaca e le cause pendenti in tribunale ci raccontano che la vita in condominio è spesso fonte di discussioni. L’abuso degli spazi comuni, la suddivisione delle spese, la revoca dell’amministratore, che non risponde mai al telefono, ma anche la convivenza con l’odore di soffritto e il cane del vicino, le spese personali o condominiali?Uno sguardo all’indice ci consente di riconoscere i casi in cui ognuno di noi, almeno una volta nella propria esperienza, si è imbattuto.Questa pratica guida, che nasce dalla lunga esperienza in trincea nel mondo del condominio dell’Autore, non solo come avvocato, ma anche come giornalista, è scritta in modo chiaro e comprensibile a tutti, professionisti e non, amministratori e condòmini, per fornire la chiave per risolvere i problemi più ricorrenti.Luca SantarelliAvvocato cassazionista, giornalista pubblicista, politico e appassionato d’arte. Da sempre cultore del diritto condominiale che ritiene materia da studiare non solo sotto il punto di vista giuridico. Già autore di monografie, dal 2001 firma rubriche nel quotidiano la Nazione del gruppo QN e dal 2022 tiene rubriche radiofoniche per Radio Toscana. Relatore a numerosi convegni nel territorio nazionale, isole comprese.
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2. Divisione di una parte comune (ante riforma): un episodio recente
La vicenda traeva origine dalla domanda di divisione di un pianerottolo posto al primo piano di un edificio condominiale, proposta innanzi al Tribunale da una condomina nei confronti della vicina; il Tribunale accoglieva la domanda. La Corte d’Appello, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava la domanda ritenendo che la divisione di una parte comune dell’edificio, ai sensi dell’art.1119 c.c., richiedesse il consenso di tutti i condomini.
La soccombente si rivolgeva alla Cassazione con l’unico motivo di ricorso, deducendo la violazione dell’art. 1119 c.c., per avere la Corte di merito fatto applicazione del novellato art. 1119 c.c., come modificato dall’art. 4 della L. 11.12.2012, n.220 – che ha inserito le parole “e con il consenso di tutti i partecipanti al condominio” – ancora non vigente al momento dell’introduzione del giudizio, avvenuta con atto di citazione notificato il 7.11.2009, trattandosi di modifica entrata in vigore il 18 giugno 2013.
La Cassazione ha condiviso questa osservazione critica della ricorrente. La Corte d’appello ha rigettato la domanda di divisione del pianerottolo sulla base del solo dissenso manifestato dalla controparte, laddove nell’originaria previsione dell’art.1119 c.c., ratione temporis applicabile – trattandosi di giudizio o introdotto con atto di citazione notificato il 7.11.2009 – era ostativa all’indivisibilità delle parti comune la circostanza che la divisione rendesse più incomodo l’uso della cosa a ciascun condomino.
In altre parole secondo la Suprema Corte i giudici di secondo grado ha erroneamente tenuto conto del requisito dell’unanimità dei condomini che non era richiesto dalla norma vigente all’epoca in cui è stato introdotto il giudizio (Cass. civ., sez. II, 29/01/2024, n. 2616).
3. Divisione di parte comune dopo la riforma del condominio
Si ricorda che la Cassazione ha fornito la corretta interpretazione dell’articolo 1119 c.c. nella nuova versione.
A tale proposito è stato chiarito come il legislatore abbia inteso lasciare aperta la possibilità di una divisione giudiziaria, quando ‘la divisione possa farsi senza rendere più incomodo l’uso della cosa a ciascun condomino, aggiungendo il requisito del “consenso” di tutti i partecipanti per sola la divisione volontaria.
In definitiva, i giudici supremi hanno ritenuto che, in relazione all’art. 1119 c.c., nel nuovo testo come modificato dalla L. 11 dicembre 2012, n. 220, il legislatore abbia inteso lasciare aperta la possibilità di una divisione giudiziaria, quando “la divisione possa farsi senza rendere più incomodo l’uso della cosa a ciascun condomino”. Il criterio della comodità d’uso quale parametro per accertare la divisibilità o meno delle parti comuni, impone di prendere in considerazione, innanzitutto, la consistenza originaria del bene comune, sia dal punto di vista funzionale – da privilegiare rispetto quello meramente materiale – sia dal punto di vista delle utilità che, per effetto della divisione, ciascun singolo condomino ricaverebbe, paragonandole a quelle che, al contrario, ciascuno poteva ricavare dalle stesse prima della divisione.
Il requisito del “consenso” di tutti i partecipanti è richiesto solo per la divisione volontaria; in tal modo si è fatto rifluire l’atto divisionale (“consenso”) nell’ambito dell’autonomia privata dei singoli, e specificamente necessariamente “di tutti i partecipanti al condominio” (non utilizzandosi il concetto di unanimità, che pure indirettamente avrebbe rinviato a un procedimento deliberativo condominiale).
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