Condominio, occupazione senza titolo e risarcimento dei danni

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Con la recentissima decisione n. 33645 del 15 novembre 2022, le S.U. hanno risolto la dibattuta questione se il danno da occupazione sine titulo di un immobile costituisca o meno danno in re ipsa. A tale proposito si sono formati due orientamenti giurisprudenziali.

     Indice

  1. La teoria causale del danno
  2. La tesi del danno in re ipsa
  3. La vicenda esaminata dalle Sezioni Unite
  4. La decisione delle Sezioni Unite

1. La teoria causale del danno

Secondo questa tesi il pregiudizio risarcibile non è dato dalla lesione della situazione giuridica, ma dal danno conseguenza derivato dall’evento di danno corrispondente alla lesione. L’indirizzo prevede che il danno conseguente all’impossessamento sine titulo, in quanto danno conseguenza, debba essere allegato e provato, anche a mezzo di presunzioni, per essere risarcito e non possa essere confuso con l’evento di danno rappresentato dalla mancata disponibilità dell’immobile a causa dell’abusiva occupazione (Cass. civ., Sez. III, 29/09/2021, n. 26331).

2. La tesi del danno in re ipsa

Secondo la tesi del danno in re ipsa, invece, l’oggetto del danno coincide con il contenuto del diritto violato, da cui l’esistenza del pregiudizio per il sol fatto della violazione del diritto medesimo. Il danno è in re ipsa perché appunto immanente alla violazione del diritto (Cass. civ., Sez. II, 07/08/2012, n. 14222).

Nell’ambito di questa opinione però più recentemente la giurisprudenza ha rilevato che nel caso di occupazione illegittima di un immobile, il danno subìto dal proprietario è in realtà oggetto di una presunzione correlata alla normale fruttuosità del bene, presunzione che, tuttavia, essendo basata sull’id quod plerumque accidit, ha carattere relativo, iuris tantum, e quindi ammette la prova contraria

Non si configura, quindi, un danno la cui sussistenza sia irrefutabile, e di conseguenza la locuzione “danno in re ipsa” va tradotta come “danno normale” o “danno presunto”, per tale intendendosi il pregiudizio normalmente collegato all’indisponibilità del bene fruttifero (Cass. civ., Sez. II, 20/01/2022, n. 4936).


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3. La vicenda esaminata dalle Sezioni Unite

Una società costruttrice vendeva le unità immobiliari di un caseggiato conservando però la titolarità di aree, escluse dalla vendita, circostanti il palazzo; successivamente citava in giudizio il condominio che riteneva colpevole di averle impedito di vendere le dette aree. L’attrice chiedeva quindi l’accertamento del diritto di proprietà ai sensi dell’art. 948 c.c. sulle suddette aree, con ordine di rilascio delle stesse, nonché la condanna al risarcimento del danno, sul presupposto che le condotte del convenuto costituissero causa di un considerevole danno patrimoniale che la società attrice stava subendo. Si costituiva il condominio chiedendo il rigetto della domanda. Il Tribunale adito rigettava la domanda, mentre la Corte d’appello accoglieva l’appello limitatamente all’azione di rivendica, ma non quanto alla domanda risarcitoria, sul presupposto che l’occupazione delle aree era avvenuta per opera anche di terzi rispetto al condominio e che la domanda avrebbe dovuto essere proposta contro i singoli proprietari e condomini.

Con sentenza n. 20215 del 16 novembre 2012, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso principale proposto dal condominio ed accoglieva quello incidentale proposto dalla società, osservando che era contraddittorio ordinare al condominio il rilascio dei beni ed allo stesso tempo negare la tutela risarcitoria alla predetta società.

Quest’ultima procedeva poi alla riassunzione del giudizio, ma con sentenza di data 13 giugno 2018 la Corte d’appello di Cagliari rigettava l’appello.

La Corte di rinvio osservava che il riconoscimento del danno figurativo sulla scorta del valore locatizio di un bene presuppone pur sempre una indefettibile attività di allegazione di un pregiudizio derivante dalla impossibilità di utilizzarlo, pregiudizio, però, che nella fattispecie non era stato prospettato, poiché nella citazione introduttiva era stata solo rappresentata l’impossibilità di vendere le aree e lucrare il prezzo della vendita. A seguito di ordinanza interlocutoria n. 3946 di data 8 febbraio 2022 della Seconda Sezione Civile, la decisione del ricorso è stata rimessa alle Sezioni Unite.

4. La decisione delle Sezioni Unite

Le Sezioni Unite hanno deciso di perseguire una linea mediana fra le due teorie. In particolare hanno evidenziato che il fatto costitutivo del diritto del proprietario al risarcimento del danno da perdita subita è la concreta possibilità di esercizio del diritto di godimento, diretto o indiretto mediante concessione del godimento ad altri dietro corrispettivo, che è andata perduta.

Se il danno da perdita subita di cui il proprietario chieda il risarcimento non può essere provato nel suo preciso ammontare, esso è liquidato dal giudice con valutazione equitativa, se del caso mediante il parametro del canone locativo di mercato.

Alla luce di questi principi – ad avviso delle stesse Sezioni Unite – il giudice dell’appello bis ha errato nell’escludere il risarcimento sul rilievo che, una volta che la società ottiene la disponibilità delle aree con l’azione di rivendica e rilascio, il ristoro rappresenterebbe “un’indebita locupletazione”, dunque un ingiusto arricchimento. I giudici supremi notano che se la violazione del contenuto del diritto integra essa stessa un danno risarcibile, scatta la tutela risarcitoria oltre a quella reale. In ogni caso il valore della locazione va riconosciuto non perché il bene sarebbe stato concesso in godimento ma come criterio equitativo per l’attitudine del cespite a produrre frutti. E nel danno per l’impossibilità di vendere gli immobili a causa dell’occupazione abusiva rientra anche la mancata disponibilità dei corrispettivi in termini di interessi sul capitale.

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Consulente legale condominialista Giuseppe Bordolli

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