Se il condomino convenuto rivendica la proprietà esclusiva del bene al giudizio partecipano tutti i condòmini

Il condominio, in persona del suo amministratore, ma anche ogni condomino personalmente, ha diritto di agire in giudizio a difesa della proprietà comune e, in particolare, può porre in essere tutte quelle azioni giudiziarie finalizzate ad accertare la natura comune del bene reclamato e la sua eventuale restituzione, cd. azione di rivendica.
In simili casi, anche se per ipotesi il convenuto eccepisse la proprietà esclusiva del bene, non vi sarebbe alcuna necessità di estendere il giudizio a tutti i partecipanti al condominio e, pertanto, tecnicamente, non vi sarebbe l’obbligo di integrare il contraddittorio nei confronti degli altri condòmini.

Domanda giudiziale

Qualora, invece, avverso una siffatta domanda il convenuto non si limitasse ad eccepire – come visto sopra – l’esclusivo diritto di proprietà del bene ma agisse, chiedendo a sua volta l’accertamento di tale proprietà – sia essa a titolo originario, ad esempio, per usucapione, ovvero a titolo derivativo, si pensi alla compravendita, alla donazione o alla successione – cd. domanda riconvenzionale, sarebbe necessario estendere il giudizio e, quindi, integrare il contraddittorio, nei confronti di tutti gli altri condòmini.
Ciò, in quanto, una tale domanda riconvenzionale avrebbe l’effetto di ampliare il tema della decisione, atteso che il convenuto mirerebbe ad ottenere una pronuncia avente efficacia di giudicato nei confronti di tutti i comproprietari, con l’insorgente necessità di renderli edotti in merito al giudizio in corso (appunto mediante l’integrazione del contradditorio) al quale gli stessi avrebbero facoltà di partecipare.
Se ciò non avvenisse la sentenza di accertamento del diritto di proprietà del bene immobile ritenuto di proprietà comune in favore del singolo condomino, risulterebbe nulla (inutiliter data: data inutilmente).
Senza dimenticare come, l’irregolare costituzione del contradditorio risulterebbe rilevabile d’ufficio, in ogni stato e grado e, quindi, anche nel giudizio di legittimità dinnanzi alla Corte di Cassazione, sempre che sul punto non si sia già formato il giudicato.

La Suprema Corte

Tali costanti principi, sono stati di recente ribaditi dalla Suprema Corte, II Sez. civile, nell’ordinanza n. 24889, pubblicata in data 9 ottobre 2018, Presidente dott. A. Oricchio, Relatore dott. G. Grasso.
La stessa ha avuto modo di occuparsi di un giudizio in cui un condominio, nella persona del suo amministratore, conveniva in giudizio, dinnanzi al Tribunale di Catania, la società costruttrice del complesso condominiale, al fine di dichiarare la proprietà comune di alcuni spazi destinati alla manovra delle automobili occupati dalla predetta società, proprietaria di alcuni immobili all’interno dell’edificio condominiale, la quale, costituendosi in giudizio, nel ribattere alla domanda attorea, con domanda riconvenzionale chiedeva al medesimo Tribunale di accertare la sua proprietà esclusiva.
Il Giudice di legittimità, nel richiamare i propri precedenti per cui <<qualora un condomino, convenuto dall’amministratore per il rilascio di uno spazio di proprietà comune occupato sine titulo, agisca in via riconvenzionale per ottenere l’accertamento della proprietà esclusiva su tale bene, il contraddittorio va esteso a tutti i condomini, incidendo la contro domanda sull’estensione dei diritti dei singoli (Cass. 15 marzo 2017, n. 6649).>>, considerava che nel giudizio sottoposto alla sua attenzione, effettivamente la condomina convenuta, in via riconvenzionale, aveva chiesto l’accertamento della proprietà esclusiva in capo alla stessa e che, pertanto, si erano creati i presupposti per affermare il litisconsorzio necessario tra tutti i condòmini, ai quali, evidentemente, il contradditorio doveva essere esteso.
Così motivando ha rigettato il ricorso avverso la sentenza del Giudice d’Appello con la quale era stata dichiarata nulla la sentenza resa in primo grado in difetto di integrazione del contraddittorio, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Come detto, tale principio è stato costantemente confermato, anche di recente, sulla scorta del fatto che <<avendo il diritto di ciascun condomino per oggetto la cosa comune intesa nella sua interezza, pur se entro i limiti dei concorrenti diritti altrui, egli può legittimamente proporre le azioni reali a difesa della proprietà comune senza che si renda necessaria l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri condomini (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 19460 del 06/10/2005, concernente proprio la domanda di alcuni condomini nei confronti di altri per far accertare la proprietà condominiale del sottotetto sovrastante gli appartamenti siti all’ultimo piano dello stabile, illegittimamente occupato dai proprietari di questi, che assumevano di averne la proprietà esclusiva; ancora, Cass. Sez. 2, Sentenza n. 14765 del 03/09/2012)>> (Cass. 5197/2017, estensore dott. Antonio Scarpa).
Sulla questione, per la quale in precedenza si era aperto un dibatto, sono anche intervenute tempo addietro le Sezioni unite, che hanno avuto modo di chiarito come <<qualora un condomino agisca per l’accertamento della natura condominiale di un bene, non occorre integrare il contraddittorio nei riguardi degli altri condomini, seppur il convenuto eccepisca la proprietà esclusiva, a meno che questi non formuli un’apposita domanda riconvenzionale, in tal modo mettendo in discussione – con finalità di ampliare il tema del decidere ed ottenere una pronuncia avente efficacia di giudicato – la comproprietà degli altri soggetti.>> (Cass. Sez. U, 25454/2013).

 

Avv. Accoti Paolo

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