Configurazione ipotesi di mobbing: cos’è necessario?

Affinché si configuri il mobbing, non basta che il datore ponga in essere una pluralità di condotte illegittime nei confronti del lavoratore

“Ai fini della configurabilità di una ipotesi di mobbing, non è condizione sufficiente l’accertata esistenza di una dequalificazione o di plurime condotte datoriali illegittime, essendo a tal fine necessario che il lavoratore alleghi e provi, con ulteriori e concreti elementi, che i comportamenti datoriali siano il frutto di un disegno persecutorio unificante, preordinato alla prevaricazione”.

     Indice

  1. La vicenda
  2. La censura
  3. La pronuncia della Suprema Corte

1. La vicenda

Tizio, dipendente del comune Alfa, aveva subito da parte dell’ente un grave demansionamento, nonché una serie di atti discriminatori, e si era trovato ad essere inattivo sul lavoro.

Il comportamento della P.A. era dovuto al fatto che era stato rinviato a giudizio con l’accusa di concussione, reato dal quale era stato assolto.

Tizio presentava ricorso al Tribunale e, sul presupposto di essere stato vittima di mobbing, domandava al giudice di prime cure la condanna del comune Alfa a risarcire i danni a lui causati, sub specie di danno biologico, esistenziale e morale.

Il Tribunale accoglieva in parte il ricorso, condannando il comune a risarcire il danno alla salute inflitto al ricorrente.

Il comune Alfa proponeva appello che veniva, però, rigettato dalla Corte distrettuale.


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2. La censura

A questo punto, il comune Alfa si rivolgeva alla Suprema Corte, deducendo, in particolare, la violazione degli artt. 1218, 2087 e 2697 c.c., in quanto la Corte territoriale, secondo parte ricorrente, aveva errato nell’affermare l’esistenza di una condotta riconducibile al mobbing, anche considerata l’assenza di prova di un intento persecutorio.

3. La pronuncia della Suprema Corte

La Cassazione dava torto al comune Alfa affermando che “Ai fini della configurabilità di una ipotesi di mobbing, non è condizione sufficiente l’accertata esistenza di una dequalificazione o di plurime condotte datoriali illegittime, essendo a tal fine necessario che il lavoratore alleghi e provi, con ulteriori e concreti elementi, che i comportamenti datoriali siano il frutto di un disegno persecutorio unificante, preordinato alla prevaricazione”.

Più nello specifico, secondo gli Ermellini, affinché si configuri la fattispecie in questione sono necessari i presupposti che seguono:

  • una serie di comportamenti di carattere persecutorio – illeciti o anche leciti se considerati singolarmente – che, con intento vessatorio, siano posti in essere contro la vittima in maniera miratamente sistematica e prolungata nel tempo, direttamente da parte del datore di lavoro o di un suo preposto o anche da parte di altri dipendenti, sottoposti al potere direttivo dei primi;
  • l’evento lesivo della salute, della personalità o della dignità del dipendente;
  • il nesso eziologico fra le predette condotte e il pregiudizio patito dalla vittima nella propria integrità psico-fisica e/o nella propria dignità;
  • l’elemento soggettivo, vale a dire l’intento persecutorio unificante di tutti i comportamenti lesivi.

Altresì, i giudici di legittimità evidenziavano che i giudici del gravame, nel caso esaminato, avevano accertato la presenza di tutti i predetti requisiti.

Pertanto, il Tribunale Supremo rigettava il ricorso e condannava parte ricorrente a rifondere le spese di lite.

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Avv. Giuseppina Maria Rosaria Sgrò

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