Il giudizio dell’interprete
Più propriamente se in quel momento specifico, con un giudizio prognostico, la vittima percepiva un effettivo pericolo, sia esso concreto (legittima difesa ordinaria) ovvero erroneamente supposto (legittima difesa putativa). L’interprete deve, dunque, calarsi con un giudizio ex ante nel momento della rappresentazione fattuale delle circostanze in capo alla vittima e valutare se siano o meno ammissibili; la ricerca non consiste, dunque, in un erroneo giudizio ex post, in cui l’organo giudicante rileva l’inammissibilità dell’accoglimento dell’esimente per inesistenza dell’oggetto, perché, nel caso di specie, il reo non possedeva nessuna arma.
Tale ragionamento oltre a risultare fallace, porterebbe l’interprete a valutare un’altra fattispecie penale che prende il nome di reato impossibile di cui all’art. 49 co. 2 c.p., secondo la quale: “ la punibilità è altresì esclusa quando, per la inidoneità dell’azione o per l’inesistenza dell’oggetto di essa, è impossibile l’evento dannoso o pericoloso”.
L’esimente putativa
L’art. 59 co. 4 c.p., in virtù della quale: ”se l’agente ritiene per errore che esistano circostanze di esclusione della pena, queste sono sempre valutate a favore di lui”.
Quest’ultima causa di giustificazione, qualificata come legittima difesa putativa, postula i medesimi presupposti di quella reale (difesa di un diritto proprio o altrui, pericolo attuale e offesa ingiusta) con la differenza essenziale che nella prima la situazione di pericolo non esiste obiettivamente, ma è supposta dal soggetto. Si tratta di una situazione obiettiva che ha determinato l’errore.
Essa, pertanto, può configurarsi se ed in quanto l’erronea opinione della necessità di difendersi sia fondata su fatti concreti di per sé inidonei a creare pericolo attuale, ma tali da giustificare, nell’animo dell’agente, la ragionevole presunzione di trovarsi in una situazione di pericolo. Persuasione che, peraltro, deve trovare adeguata correlazione nel complesso delle circostanze oggettive in cui l’azione di difesa venga ad estrinsecarsi.
L’errore che causa una falsa rappresentazione della realtà nella mente dell’autore, non può che essere un errore di fatto; occorrendo, pertanto, dati che siano idonei a determinare il convincimento della ricorrenza di una causa di giustificazione, non essendo sufficiente addurre una erronea percezione soggettiva ex art. 90 c.p. (che per altro non scrimina) e una disancorazione da presupposti fattuali.
Volume consigliato
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento