Confisca diretta di denaro acquisito dopo consumazione del reato

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La Corte di Cassazione, con sentenza n. 6576 del 14 febbraio 2024, ha chiarito sull’ammissibilità della confisca diretta di denaro acquisito da una società successivamente alla data di consumazione del reato da parte del legale rappresentante.

Si consiglia il seguente volume, il quale propone al professionista che si trova ad affrontare l’appello e il ricorso per cassazione in ambito penale indicazioni operative e soluzioni per una corretta redazione degli atti e per evitare gli errori più frequenti: Appello e ricorso in Cassazione penale dopo la Riforma Cartabia

Corte di Cassazione – Sez. III Pen. – Sent. n. 6576 del 14/02/2024

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Indice

1. I fatti

La pronuncia della Corte di Cassazione scaturisce dal ricorso presentato dall’imputato avverso l’ordinanza del Tribunale di Caltanissetta che rigettava l’appello cautelare contro il provvedimento con il quale il Gip del Tribunale di Gela aveva respinto l’istanza di dissequestro delle somme di denaro rinvenute, in sede di esecuzione della misura ablativa finalizzata alla confisca diretta, sui rapporti bancari riferibili alla menzionata persona giuridica eccedenti il saldo dei rispettivi conti correnti alla data dell’ultima delle indebite compensazioni oggetto di addebito ex art. 10-quater d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, ovvero rinvenute su un rapporto bancario acceso in epoca successiva a tale momento.
Il Tribunale ha aderito ad un orientamento prevalente il quale, nel declinare nell’ambito dei reati tributari i principi espressi dalle Sezioni Unite (n. 42415 del 27 maggio 2021), la confisca ex art. 12-bis d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 delle somme di denaro affluite sul conto corrente intestato alla persona giuridica anche successivamente alla commissione del reato da parte del suo legale rappresentante ha natura di confisca diretta in quanto le stesse costituiscono comunque profitto del reato, risolvendosi in un vantaggio per il suo autore il risparmio di spesa conseguente all’omesso versamento delle imposte.
Il ricorso presentato era affidato ad un unico articolato motivo che denuncia la violazione di legge con riferimento all’art. 12-bis d.lgs. 74 del 2000 in relazione alle somme rinvenute su un conto corrente della società acceso in epoca successiva alla consumazione del reato tributario oggetto di contestazione. Espone il difensore che il profitto del reato di cui all’art. 10-quater d.lgs. n. 74 del 2000, oggetto di contestazione, “è rappresentato dal risparmio di spesa conseguente alle indebite compensazioni e, quindi, delle somme di denaro che non sono state destinate alla spesa fiscale” e che “il profitto da risparmio di spesa ha ad oggetto il saldo attivo presente sul conto corrente del contribuente al momento della consumazione del reato“. Sotto questa prospettiva, le somme di cui si era chiesto il sequestro, non potendo essere “risparmiate” essendo state rinvenute su un conto corrente della società acceso dopo la consumazione del reato, non possono costituire il profitto, ma rappresentano unicamente l’unità di misura equivalente del debito fiscale scaduto e non onorato. Una diversa interpretazione, ad avviso del difensore, legittimerebbe la confisca diretta su somme che non sono il profitto del reato con conseguente violazione dell’art. 12-bis cit.
Si consiglia il seguente volume, il quale propone al professionista che si trova ad affrontare l’appello e il ricorso per cassazione in ambito penale indicazioni operative e soluzioni per una corretta redazione degli atti e per evitare gli errori più frequenti

FORMATO CARTACEO

Appello e ricorso per cassazione penale dopo la Riforma Cartabia

Alla luce delle novità introdotte dalla Riforma Cartabia (D.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150), il volume propone al professionista che si trova ad affrontare l’appello e il ricorso per cassazione in ambito penale indicazioni operative e soluzioni per una corretta redazione degli atti e per evitare gli errori più frequenti.La prima parte è dedicata all’appello: dove va depositato? Chi può depositarlo, ed entro quando? Quali requisiti devono sussistere? E molte altre questioni di ordine pratico a cui gli autori offrono risposte attraverso richiami alla più significativa giurisprudenza di settore e con il supporto di utili tabelle riepilogative.La seconda parte si sofferma invece sul ricorso per cassazione, dai motivi del ricorso ai soggetti legittimati, dai provvedimenti impugnabili alle modalità di redazione del ricorso e degli atti successivi, con l’intento di fornire indicazioni utili ad evitare l’inosservanza o erronea applicazione della normativa e la scure dell’inammissibilità. Antonio Di Tullio D’ElisiisAvvocato in Larino, giornalista pubblicista e cultore della materia in procedura penale, è autore di numerosi articoli su riviste giuridiche telematiche.Gabriele EspositoAvvocato penalista patrocinante in Cassazione. Autore di manuali di diritto penale sostanziale e procedurale, dal 2017 è Consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Napoli.

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2. Confisca diretta di denaro acquisito dopo la consumazione del reato: l’analisi della Cassazione

La Corte di Cassazione, nell’analizzare la questione, richiama diversi principi delle Sezioni Unite tra i quali quello secondo cui “in tema di reati tributari, il profitto confiscabile è costituito da qualsivoglia vantaggio patrimoniale direttamente conseguito alla consumazione del reato e può, dunque, consistere anche in un risparmio di spesa, come quello derivante dal mancato pagamento del tributo, interessi, sanzioni dovuti a seguito dell’accertamento del debito tributario” (n. 18374 del 31/01/2013).
Secondo una consolidata elaborazione giurisprudenziale, inoltre, il risparmio di spesa è utilità idonea ad integrare il profitto del reato in linea generale, in relazione a tutte le fattispecie di illecito penale e non solo con riferimento a quelle di diritto penale tributario.
Per ciò che concerne, invece, il tema dell’ammissibilità della confisca diretta delle somme di denaro rinvenute nella disponibilità di una persona giuridica quale profitto del reato commesso a suo vantaggio dai suoi rappresentanti, vi è un vivace dibattito giurisprudenziale: in linea generale, si è contestato che le somme di denaro possano sempre e comunque costituire oggetto di confisca diretta, anche quando non sia ravvisabile un legame tra le stesse ed il reato o, anzi, sia accertata la loro provenienza illecita.
Richiamando nuovamente le Sezioni Unite, la Corte riprende il principio secondo cui “qualora il prezzo o il profitto c.d. accrescitivo derivante dal reato sia costituito dal denaro, la confisca delle somme depositate su conto corrente bancario, di cui il soggetto abbia la disponibilità, deve essere qualificata come confisca diretta e, in considerazione della natura del bene, non necessita della prova del nesso di derivazione diretta tra la somma materialmente oggetto della ablazione e il reato” (n. 31617 del 26/06/2015).
Tale principio è stato ribadito e puntualizzato recentemente con sentenza delle Sezioni Unite n. 42415 del 27/05/2021 secondo cui “la confisca del denaro costituente profitto o prezzo del reato, comunque rinvenuto nel patrimonio dell’autore della condotta, e che rappresenti l’effettivo accrescimento patrimoniale monetario conseguito, va sempre qualificata come diretta, e non per equivalente, in considerazione della natura fungibile del bene, con la conseguenza che non è ostativa alla sua adozione l’allegazione o la prova dell’origine lecita della specifica somma di denaro oggetto di apprensione“.
Si è, poi, contestata l’ammissibilità della confisca diretta di somme di denaro acquisite da una società successivamente alla data di consumazione del reato da parte del legale rappresentante della stessa.
La Corte osserva che “la natura fungibile del denaro non consente il sequestro preventivo funzionale alla confisca diretta delle somme depositate sul conto corrente bancario di una società successivamente alla data di consumazione del reato da parte del legale rappresentante dell’ente, in quanto esse, non derivando dal reato, non ne possono costituire il profitto”. Ma le Sezioni Unite n. 42415 del 2021 cit., hanno ribadito che “il profitto è essenzialmente costituito da un risparmio di spesa e, quindi, si caratterizza non per un incremento del patrimonio, bensì per una mancata decurtazione dello stesso“.
Si è, quindi, concluso che, nel caso di risparmio di spesa, proprio perché la somma non può ritenersi già entrata nel patrimonio dell’autore a causa della commissione dell’illecito, il denaro acquisito successivamente a tale momento “rappresenta un’unità di misura equivalente al debito fiscale scaduto e non onorato, confiscabile se ricorrono presupposti per la confisca per equivalente“.

3. La decisione della Cassazione

Alla luce di quanto finora esposto, la Corte di Cassazione ha ritenuto di condividere l’orientamento che risulta accolto dalla maggior parte delle più recenti decisioni, secondo cui il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite n. 42415/2021 cit. deve ritenersi applicabile anche ai reati tributari e in tutti i casi in cui il profitto consista in un risparmio di spesa.
La Corte precisa che “nel profitto determinato da risparmio di spesa viene in rilievo il denaro, quale archetipo di bene corrispettivo di valore: precisamente, in questa ipotesi, il denaro rileva quale somma non versata a causa della commissione del reato“.
Inoltre, l’ammissibilità della confisca diretta anche con riguardo all’ipotesi di profitto derivante da risparmio di spesa sembra discendere dall’art. 12-bis, comma 1, d.lgs. n, 74 del 2000, ossia proprio la disposizione che detta la disciplina relativa alla confisca nei reati tributari, a tenore della quale “in caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’art. 444 c.p.p., per uno dei delitti previsti dal presente decreto, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il prezzo o il profitto, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando questa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto“.
Sembra che il legislatore, insomma, abbia previsto come misura “ordinaria” proprio la confisca diretta.
Pertanto, la Suprema Corte ha affermato che la decisione impugnata è corretta “laddove ha confermato il decreto di sequestro preventivo ai fini di confisca delle somme di denaro rinvenute su un conto, intestato alla società, ma aperto in epoca successiva alla commissione del reato“, rigettando il ricorso con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese legali.

Riccardo Polito

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