Il consiglio comunale può sfiduciare il suo presidente?

La maggioranza del consiglio comunale di Taranto ha deciso di sfiduciare il presidente, modificando il regolamento comunale per il quorum.

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A seguito delle elezioni del 12 e 13 giugno 2022 Rinaldo Melucci è stato rieletto sindaco di Taranto con il 60,63% dei voti dando vita ad una maggioranza di centro-sinistra. Ma nel corso della consiliatura, a seguito della fuoriuscita dalla maggioranza di alcune forze politiche, tra cui il PD, il Sindaco è passato tra le fila del partito Italia Viva e l’amministrazione ha dato vita ad una nuova maggioranza in gran parte formata da esponenti della passata compagine di governo. Dopo tale svolta, la neo maggioranza ha deciso di sfiduciare il presidente del consiglio, dapprima modificando il regolamento comunale per ridurre il quorum necessario e poi procedendo alla sfiducia nonostante che la prevalente giurisprudenza amministrativa abbia precisato che il ruolo del presidente del consiglio comunale è strumentale non già all’attuazione di un indirizzo politico, bensì al corretto funzionamento dell’organo stesso.

Indice

1. Il caso di Taranto: sfiducia al presidente del consiglio comunale


A seguito delle elezioni del 12 e 13 giugno 2022 Rinaldo Melucci è stato rieletto sindaco di Taranto con il 60,63% dei voti dando vita ad una maggioranza di centro-sinistra. Tuttavia, nel corso della consiliatura, a seguito della fuoriuscita dalla maggioranza di alcune forze politiche, tra cui il PD, il Sindaco è passato tra le fila del partito Italia Viva e l’amministrazione ha dato vita ad una nuova maggioranza in gran parte formata da esponenti della passata compagine di governo.
Con una prima delibera sul funzionamento del consiglio comunale, approvata con provvedimento n. 116 del 30 luglio 2024, lo stesso consesso ha ridotto il numero delle firme necessarie per presentare la mozione di sfiducia (da 16 a 13) e i voti utili per l’approvazione (da 20 a17). Avverso tale provvedimento il presidente del consiglio in carica ha presentato ricorso al TAR di Puglia sezione di Lecce.
Tra gli interrogativi che determinano maggiore preoccupazione per i consiglieri sarebbe quello sull’eventualità, nel caso in cui il giudizio fosse favorevole al presidente, di dover rispondere con il patrimonio personale. Infatti, alcuni ritengono che quella delibera non provocherebbe alcun danno al presidente in carica, il quale, dunque, potrebbe avanzare richiesta di risarcimento solo una volta colpito da sfiducia.
Successivamente in data 8 novembre 2024 il Consiglio comunale di Taranto ha approvato, con 18 voti favorevoli su 34, la mozione di sfiducia nei confronti del presidente del Consiglio comunale, Piero Bitetti (appartenente a “Con”, partito del presidente della regione Puglia Emiliano).
Nella mozione formalmente non sono presenti motivazioni di carattere politico, ma si accusa il presidente di essere venuto meno in diverse circostanze al suo ruolo di garante super partes.[1]
In particolare si riferisce che “il presidente ha ripetutamente posto in essere atti e comportamenti di parte che contravvengono ai principi sanciti dalle disposizioni normative e regolamentari, eludendo continuamente il suo ruolo istituzionale, non favorendo i rapporti tra i consiglieri e i gruppi di maggioranza e minoranza, ma anzi favorendo l’una e talvolta l’altra forza politica in ragione del proprio interesse politico e del mutevole schieramento”.
Ed ancora nell’elenco delle presunte mancanze si indicano: “interrompere e porre fine agli interventi dei singoli consiglieri comunali di schieramento opposto al suo durante le discussioni tenutesi in consiglio, dimostrando una ripetuta e palese insofferenza nel corso delle loro esposizioni, puntualmente interrotte in quanto, inopinatamente, ritenute non pertinenti all’argomento trattato; interferire ed estromettere dall’ordine del giorno delle sedute del consiglio comunale, convocate in modalità question time, numerose interrogazioni ed interpellanze presentate da consiglieri di minoranza, così impedendo che venissero discusse in aula questioni di rilevante interesse pubblico e territoriale; controllare il servizio di riprese streaming delle sedute consiliari, interrompendo la registrazione audio e video attraverso il pulsante manuale in sua dotazione durante la formulazione dell’intervento di alcuni consiglieri di schieramento politico opposto al suo; impedire con sua disposizione dell’agosto 2022, a fotografi e cineoperatori di registrare l’intero svolgimento delle sedute consiliari, imponendo loro di lasciare l’aula dopo i primi cinque minuti di seduta; aver utilizzato in data 17 febbraio 2024 la sala delle conferenze dei capigruppo di palazzo Latagliata, per motivi extraistituzionali e, nella specie, per tenere una conferenza stampa, peraltro di sabato, quando la sede comunale risultava chiusa; sfruttare la propria carica ed influenza istituzionale per pilotare ed indirizzare le iniziative di consiglieri comunali, invitandoli finanche a ritirare delle proposte di modifica degli articoli del regolamento per il funzionamento del consiglio; ostacolare ripetutamente e sistematicamente l’accesso alla sala del consiglio comunale del cameraman della Polifemo Web TV”.

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2. La sentenza del TAR Bari n.393/2021 e i pareri del Ministero dell’interno del 15 novembre 2022 e del 14 aprile 2023


Una fattispecie particolare in materia è stata esaminata di recente dalla sentenza del TAR di Bari[2] che tuttavia è riferita ad un caso relativo alla delibera del Consiglio comunale di Foggia n. 1 del 1° febbraio 2021, che ha revocato la carica di Presidente del Consiglio comunale di quel Comune.
Secondo il ricorrente, in primo luogo, la revoca del presidente del Consiglio comunale dovrebbe essere causata solo dal cattivo esercizio di tale funzione, tale da comprometterne la neutralità, non potendo essere motivata sulla base di una valutazione fiduciaria di tipo strettamente politico.
Possono, quindi, costituire ragioni legittimamente fondanti la revoca tutti quei comportamenti, tenuti o meno all’interno dell’organo, i quali, costituendo violazione degli obblighi di neutralità ed imparzialità inerenti all’ufficio, sono idonei a fare venire meno il rapporto fiduciario alla base dell’originaria elezione del presidente e non fatti estranei all’esercizio delle funzioni del ricorrente.
Nel caso specifico la proposta di revoca atterrebbe, non a “fatti specifici inerenti la carica”, ma a fatti del tutto estranei alla vita politica ed amministrativa del Comune di Foggia e alle funzioni di presidente del Consiglio comunale, come giudizi critici all’indirizzo del Sindaco.
Lo stesso ricorrente sottolinea che il decreto legislativo n. 267/2000 non prevede espressamente la possibilità di revoca del presidente del consiglio, in particolare, l’art. 38, comma 2, rinvia il funzionamento del consiglio comunale alla disciplina regolamentare, “nel quadro dei principi stabiliti nello statuto; in carenza di una specifica previsione statutaria, pertanto, la giurisprudenza ne escluderebbe la legittimità. E nella fattispecie in esame, lo statuto del Comune di Foggia, all’art. 14, disciplina i compiti del presidente del Consiglio comunale, ma non ne prevede la revoca.
Di conseguenza, l’art. 4 del regolamento comunale sul Consiglio comunale di Foggia, nella parte in cui prevede che la cessazione del presidente può avvenire per revoca, proposta a causa di gravi e reiterate violazioni di legge o regolamento, sarebbe illegittimo per contrasto con lo statuto comunale e con l’art. 39 T.U.
Il tribunale osserva preliminarmente che l’art. 7 del D.Lgs. n.267/2000 stabilisce: “Nel rispetto dei principi fissati dalla legge e dello statuto, il comune e la provincia adottano regolamenti nelle materie di propria competenza ed in particolare per l’organizzazione e il funzionamento delle istituzioni e degli organismi di partecipazione, per il funzionamento degli organi e degli uffici e per l’esercizio delle funzioni”.
Perciò è la stessa norma appena citata del T.U. Enti locali a prevedere espressamente, in capo al Comune, il potere di disciplinare il funzionamento degli organi mediante proprio regolamento, purché non sia in contrasto con i principi fissati dalla legge e dallo statuto. Infatti, gli spazi della regolamentazione sub-primaria del Comune costituiscono espressione tipica della potestà di autonormazione riconosciuta dall’art. 114, comma 2, Cost.
In particolare, l’art. 38, comma 2, del D.lgs n.267/2000 demanda al “regolamento, approvato a maggioranza assoluta”, la disciplina del “funzionamento dei consigli, nel quadro dei principi stabiliti dallo statuto”.
Ma nonostante l’art. 14 del statuto del comune di Foggia, concernente la “Presidenza del Consiglio”, nulla dica con riferimento alla revoca, secondo il giudice non costituisce un impedimento a provvedere in tal senso, ad opera del Consiglio, ove ne ricorrano i presupposti, anche perché una previsione espressa è contenuta invece all’art. 4, comma 7, del regolamento del Consiglio comunale.
Pertanto, elemento di spicco che contraddistingue questa, come altre cariche di rilievo istituzionale, non elettive direttamente, bensì in via mediata e indiretta, è, quanto meno al momento della scelta, quello della fiducia, di cui deve godere la persona chiamata a rivestire la carica, sulla scorta eminentemente di valutazioni di carattere politico, di convenienza e opportunità. Perciò, al venir meno dell’elemento su cui si fonda la nomina, per le ragioni più varie, il Consiglio comunale deve poter procedere alla rimozione, mediante revoca.
Passando al merito della revoca, il TAR rammenta preliminarmente che, a fronte dell’ampia discrezionalità sussistente in materia in capo al Consiglio comunale, il Giudice amministrativo può ritenere illegittimo il provvedimento di revoca in parola solo qualora riscontri una sua eventuale manifesta illogicità, nonché travisamento dei fatti assunti a suo presupposto e fondamento.
Rileva, poi, il giudice che secondo l’art. 13 del Codice etico per la buona politica approvato dal Comune di Foggia con delibera di Giunta comunale 134 del 19 dicembre 2014 (“Confronto democratico”), comma 5, lettera c): “L’amministratore si impegna in particolare a evitare toni e linguaggi contenenti messaggi offensivi, discriminatori, intimidatori e prevaricanti”.
Inoltre, ai sensi dell’art. 22, comma 1, del Codice etico – recante “Sanzioni” –, “in caso si rilevi il mancato rispetto delle disposizioni contenute nel presente codice, l’amministratore deve assumere tutte le iniziative necessarie, dal richiamo formale, alla censura pubblica, fino alla revoca della nomina o del rapporto fiduciario, al fine di assicurarne l’ottemperanza ovvero sanzionarne l’inadempimento”.
Pertanto, il vaglio del Collegio in ordine alla logicità e ragionevolezza passa attraverso la motivazione contenuta nella delibera di revoca, come integrata dalla proposta, secondo cui:
 “Il Presidente del Consiglio, già in numerose e precedenti occasioni, non si è astenuto dal rilasciare, relativamente alla vita ed all’attività del Comune e degli organi comunali, dichiarazioni, commenti e valutazioni disdicevoli e disonorevoli, ben distanti dal dovere di adempiere le funzioni pubbliche con disciplina ed onore, così come consacrato negli articoli 54 e 97 della Costituzione, espressamente richiamati nell’art. 1 del predetto Codice Etico.
Da ultimo, in occasione della festività del Capodanno, “il Presidente del Consiglio si è lasciato filmare mentre esplodeva, dal balcone della propria abitazione ed in presenza di minori, alcuni colpi di una arma (dallo stesso definita pistola “giocattolo”) pronunciando nel momento dei ripetuti spari la frase “nun è na barzllett”, assumendo così un contegno sguaiato, privo di freni inibitori, e, quindi, dando un esempio poco edificante per tutti i cittadini e, in particolare, per le nuove generazioni[…]”.
Nella fattispecie appare evidente la plurima violazione del Codice etico e quindi la revoca censurata risulta suffragata da adeguata istruttoria e munita dei prescritti presupposti, che emergono da congrua motivazione.
Successivamente il Ministero dell’interno[3] ha ritenuto che le modifiche statutarie circa il quorum relativo all’elezione del presidente devono entrare in vigore successivamente al rinnovo del consiglio comunale, per evitare una disparità di trattamento tra il presidente eletto nel corso della prima metà del mandato rispetto a quello che entrerebbe in carica per la durata residua dell’organo assembleare.
Nel caso in esame alcuni consiglieri comunali hanno presentato delle proposte di modifica dello statuto comunale nella parte riferita alla elezione del presidente del consiglio; di conseguenza il segretario generale dell’ente ha chiesto di conoscere se tali modifiche, una volta approvate dal consiglio comunale, possano essere applicate nel corso della consiliatura ovvero se la loro entrata in vigore debba essere differita al successivo rinnovo del consiglio comunale.
Si osserva che il quorum per l’elezione del presidente del consiglio nel caso in esame è disciplinato da un articolo dello statuto che prevede l’elezione della carica, in prima votazione, con il voto favorevole dei tre quarti dei consiglieri assegnati. In caso di votazione infruttuosa si procede dopo cinque giorni alla convocazione di una seconda seduta nel corso della quale è ancora richiesto il voto favorevole dei tre quarti dei consiglieri assegnati e nei successivi scrutini è richiesto il voto favorevole dei due terzi dei consiglieri. Fino a quando non si raggiunge la maggioranza richiesta, il consiglio è provvisoriamente presieduto dal consigliere anziano.
In base allo statuto comunale attualmente in vigore, il presidente resta in carica per la metà del mandato ed è rieleggibile. In attuazione di tale ultima disposizione, il presidente è decaduto dall’incarico e, non essendo stato raggiunto il quorum utile alla elezione del presidente, così come disposto dallo stesso statuto, tale ruolo risulta ricoperto dal consigliere anziano.
Al fine di consentire il superamento delle difficoltà riscontrate, alcuni consiglieri hanno presentato emendamenti all’articolo dello statuto, tali da determinare un abbassamento del quorum. Tuttavia, la commissione consiliare competente ha sollevato la questione relativa all’entrata in vigore delle modifiche statutarie, una volta approvate dal consiglio comunale, in particolare è stato chiesto se le stesse possano trovare applicazione anche al procedimento in corso relativo all’elezione del nuovo presidente, o a decorrere dalla successiva consiliatura.
Al riguardo, il ministero richiama la pronuncia[4] con cui il giudice amministrativo ha accolto il ricorso proposto dal consigliere decaduto dalla carica di presidente del consiglio a seguito dell’entrata in vigore, in corso di consiliatura, delle norme che ponevano un limite temporale alla durata del mandato presidenziale. Nel caso in esame è stata considerata fondata la censura riferita alla violazione del principio d’irretroattività della legge stabilito dall’art.11 delle disposizioni sulla legge in generale: è stato, infatti, osservato che la deroga al suddetto principio, ammessa per le fonti primarie del diritto, non è consentita, normalmente, all’attività regolamentare che, in quanto fonte subordinata alla legge ordinaria, non può derogare a tale criterio.
In tal senso, viene richiamato il parere dello stesso Ministero del 30 gennaio 2019 secondo il quale, in coerenza con il principio richiamato dalla suddetta pronuncia del TAR Salerno, le modifiche statutarie in materia di quorum relativo all’elezione del presidente del consiglio, se approvate dal consiglio comunale, devono entrare in vigore successivamente al rinnovo del consiglio comunale, ciò per evitare che possa nel corso della medesima consiliatura verificarsi una disparità di trattamento tra il presidente risultato eletto nel corso della prima metà del mandato del consiglio comunale rispetto al presidente che entrerebbe in carica per la durata residua dell’organo assembleare.
Pertanto, anche se si tratta di una fattispecie parzialmente diversa da quella in esame, viene affermato il principio generale che non sia opportuna una presidenza del consiglio comunale diversa da quella originaria nell’ambito della stessa consiliatura. A tal proposito si sottolinea che anche nel caso di Taranto il consiglio comunale, con la citata delibera dello scorso 30 luglio, ha modificato il regolamento per quanto concerne la nomina del presidente.
Con successivo parere[5] il ministero ha precisato che la revoca del presidente del consiglio comunale, al pari dell’elezione, esprime una scelta amministrativa che deve rispettare le finalità normative di garantire la continuità e la correttezza del concreto espletamento della funzione di indirizzo politico-amministrativo dell’ente.
Il caso riguarda un quesito posto da una Prefettura con il quale sono stati chiesti, tra l’altro, chiarimenti in merito all’ammissibilità ed alla legittimità della mozione nei confronti del presidente del consiglio per motivi non strettamente attinenti la funzione svolta dal medesimo, ma per motivi connessi a procedimenti giudiziari in cui è coinvolto lo stesso.
Al riguardo il ministero ha osservato che il regolamento del consiglio comunale disciplina anche l’istituto delle mozioni. Pertanto, la presentazione delle stesse deve conformarsi a quanto disciplinato dal predetto regolamento.
In ordine a quanto lamentato dal consigliere circa la giurisprudenza citata, si osserva che dalle sentenze sono estrapolati i principi generali sulle questioni affrontate dal giudice amministrativo; peraltro appare utile richiamare sul tema della revoca del presidente del consiglio, anche la sentenza del TAR Sicilia[6] con la quale il giudice amministrativo ha evidenziato che “[…] sia l’elezione a presidente del consiglio comunale, sia la relativa revoca, esprimono una scelta ampiamente fiduciaria delle forze politiche rappresentate nell’organo consiliare, convergente verso una personalità in grado di rispondere alle suddette necessità istituzionali o, al contrario, manifestano il ripensamento di quella scelta iniziale, così che la revoca – al pari dell’elezione – pur non essendo scevra da apprezzamenti di natura latamente politica, esprime nondimeno una scelta amministrativa che non è libera nei fini e che deve pertanto rispettare le finalità normative di garantire la continuità e la correttezza del concreto espletamento della funzione di indirizzo politico-amministrativo dell’ente”.
Anche da tale parere si evince che la sfiducia nei confronti del presidente del consiglio comunale deve essere adeguatamente motivata e deve rispettare la continuità e la correttezza dell’azione amministrativa dell’amministrazione comunale.

3. Conclusioni


Si osserva preliminarmente che nel vigente TUEL, di cui al citato D.Lgs.  n. 267/2000, Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali l’istituto della presidenza del Consiglio comunale è contenuto nell’art. 39 che disciplina in modo organico la figura del Presidente del Consiglio comunale; obbligatoria nei Comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti: “i Consigli comunali dei Comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti sono presieduti da un Presidente eletto tra i consiglieri nella prima seduta del consiglio” e facoltativa nei Comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti: “nei Comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti lo statuto può prevedere la figura del Presidente del consiglio”.
L’importanza della figura del Presidente del Consiglio comunale deriva dalla centralità assegnata dal TUEL al Consiglio comunale, definito dall’art. 36, comma 1, “organo di governo”, al pari della Giunta e del Sindaco; dall’essere “organo di indirizzo e di controllo politico – amministrativo”; dalle numerose competenze assegnategli dall’art. 42 del TUEL; dalla partecipazione “alla definizione, all’adeguamento e alla verifica periodica dell’attuazione delle linee programmatiche da parte del Sindaco […] e dei singoli assessori”.[7]
In materia, la giurisprudenza prevede la possibilità di revoca dalla carica di Presidente del Consiglio comunale, nel caso questo violi i doveri istituzionali di neutralità politica, vanificando così il ruolo di soggetto super partes che egli deve assumere come organo istituzionale; mentre, per converso, sanziona l’illegittimità della revoca qualora essa si basi sulla venuta meno dell’assonanza politica con la maggioranza politica dalla quale è stato votato.[8]
Si rileva, ancora, che “la giurisprudenza ha chiarito che la figura del Presidente del consiglio [….] è posta a garanzia del corretto funzionamento di detto organo e della corretta dialettica tra maggioranza e minoranza, per cui la revoca non può essere causata che dal cattivo esercizio della funzione, in quanto ne sia viziata la neutralità e deve essere motivata, perciò, con esclusivo riferimento a tale parametro e non a un rapporto di fiducia”.[9]
Lo stesso T.A.R. Piemonte, con la sentenza n.2248/2009,[10] ha statuito che “lo statuto comunale, tuttavia, può prevedere ipotesi e procedure di revoca del presidente del consiglio comunale, con riferimento a fattispecie che integrino comportamenti incompatibili con il ruolo istituzionale super partes che esso deve costantemente disimpegnare nell’Assemblea consiliare”.
Si segnala, inoltre, che il T.A.R. Campania[11], ribadendo che il ruolo del presidente del consiglio comunale è strumentale non già all’attuazione di un indirizzo politico di maggioranza, bensì al corretto funzionamento dell’organo stesso e, come tale, non solo è neutrale, ma non può restare soggetto al mutevole atteggiamento fiduciario della maggioranza, ha precisato che la revoca di detta carica non può essere attivata per motivazioni politiche, ma solo istituzionali, quali la ripetuta e ingiustificata omissione della convocazione del Consiglio o le ripetute violazioni dello statuto o dei regolamenti comunali.[12]
In conclusione, si ritiene che, nel caso Taranto, dovrà essere valutato puntualmente se i comportamenti del presidente del consiglio comunale, descritti nella mozione di sfiducia, abbiano vanificato il ruolo di soggetto super partes che tale carica deve assumere come organo istituzionale.
Tuttavia, un punto fermo verrà messo dal TAR Puglia, sezione di Lecce, che già interessato per l’approvazione della modifica del regolamento del consiglio comunale, certamente verrà adito dall’ex presidente del consiglio per il provvedimento di sfiducia.

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Note


[1] P. Casella, Sfiducia, Melucci detta la linea Abbate verso la presidenza, in Il Quotidiano di Puglia del 4 novembre 2024.
[2] Sentenza n.393/2021.
[3] Parere del 15 novembre 2022.
[4] Sentenza del TAR Salerno n.47 del 2006.
[5] Parere del 14 aprile 2023.
[6] Sez.I, del 16 marzo 2022, n.759
[7] L. Sergio, Il provvedimento di revoca del Presidente del Consiglio comunale, in Studio Cataldi del 28 agosto 2014.
[8] Parere del ministero dell’interno del 7 Ottobre 2016.
[9] Conforme, T.A.R. Puglia – Lecce, sentenza n. 528/2014, Consiglio di Stato, Sez. V, 26 novembre 2013, n. 5605).
[10] Richiamando anche T.A.R. Sicilia – Catania, Sez. I, 20 aprile 2007, n. 696; T.A.R. Sicilia Catania, Sez. I, 18 luglio 2006, n. 1181.
[11] Napoli – sez. I, sentenza n. 2013 del 3/5/2012.
[12] Cfr. anche, Cons. Stato, sez. V, sentenza n.114 del 18.1.2006.

Prof. Paolo Gentilucci

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