5.1. Provvedimenti conservativi e anticipatori. – 5.1.1. Segue: I provvedimenti anticipatori. – 5.2. I poteri del giudice; la questione della irreversibilità degli effetti del provvedimento d’urgenza. – 5.3. Provvedimenti a tutela degli effetti di sentenze di mero accertamento. – 5.4. Provvedimenti a tutela degli effetti di sentenze costitutive. – 5.5. Provvedimenti a tutela degli effetti di sentenze di condanna. – 5.6. La pubblicazione del provvedimento d’urgenza.
5.1. Provvedimenti conservativi e anticipatori.
L’oggetto dei provvedimenti d’urgenza, al pari del periculum in mora, è connotato da profili di atipicità, che si riflettono evidentemente sul contenuto stesso del provvedimento, che può assumere carattere conservativo o anticipatorio in base alla necessità di neutralizzare il pericolo di infruttuosità o tardività – ossia non concreta proficuità – della successiva sentenza di merito (in arg. v. supra § 1.4.):
«gli effetti di una futura decisione di merito emanata a termine di un processo a cognizione piena possono essere frustrati sia dall’evolversi di una situazione di fatto in modo tale da impedire che la decisione di merito possa esercitare su di essa i suoi effetti, sia dal protrarsi dello stato di insoddisfazione del diritto durante tutto il tempo necessario ad essere fatto valere in via ordinaria; analogamente è da dire che il pregiudizio imminente e irreparabile, che può minacciare il diritto durante il tempo occorrente per essere fatto valere in via ordinaria, può derivare sia da una modificazione della situazione di fatto su cui la decisione di merito deve esercitare i suoi effetti, sia dal protrarsi dello stato di insoddisfazione»
(Proto Pisani 1991, 17-18).
Tale atipicità di contenuti del provvedimento d’urgenza è giustificata dalla necessità di lasciare al giudice ampia discrezionalità, nell’ambito dei poteri attribuitigli, nell’individuazione della misura cautelare più adatta – cioè più utile ed efficace – a salvaguardare la specifica situazione cautelanda (neutralizzando il pericolo imminente e irreparabile che minaccia il diritto soggettivo durante il tempo necessario per lo svolgimento di un giudizio a cognizione piena).
La dottrina e la giurisprudenza sono solite individuare due ben definite tipologie di provvedimenti d’urgenza: rientrano nei provvedimenti cd. conservativi le misure d’urgenza dirette ad assicurare (provvisoriamente) gli effetti della futura decisione sul merito attraverso il mantenimento della situazione di fatto o di diritto su cui tale decisione è destinata ad incidere; in altri termini, in tali fattispecie la tutela d’urgenza è palesemente diretta a conservare inalterato lo statu quo ante, cioè la situazione sostanziale o giuridica rispetto alla quale la pronuncia a cognizione piena esplicherà i propri effetti:
«non è facile stabilire quali criteri debba seguire il giudice per realizzare le finalità conservative della tutela urgente che si esprimono nell’esigenza di conservare, per l’appunto, lo stato di fatto. A rigore, bisogna osservare che tale scopo può essere conseguito con mezzi strutturati con la tecnica dell’anticipazione oltre che con mezzi puramente conservativi. Si pensi alle ipotesi in cui la conservazione d’uno stato di fatto è ottenuta con provvedimenti inibitori provvisori, quindi con la concessione di misure che anticipano, mediante l’ordine di astenersi dal compimento di atti pregiudizievoli, gli effetti d’una futura sentenza di condanna a un’inibitoria finale: in tal caso l’inibitoria provvisoria, pur rispondendo a una funzione genericamente conservativa, è strutturata con la tecnica dell’anticipazione»
(Tommaseo 1983, 197).
L’illustre Autore porta a compimento le sue riflessioni sui contenuti e l’ambito di operatività delle misure conservative evidenziando che
«il contenuto della misura urgente conservativa dovrà essere modellato su quello delle forme nominate di cautela, consentendo quindi al giudice di concedere provvedimenti utili ad operare in settore in cui esse, sulla sola base delle regole stabilite per le medesime, non sarebbero di per sé applicabili.
Questa operazione deve avvenire in due direzioni: nella prima, costituendo l’assetto previsto dalla misura nominata con riferimento a situazioni rispetto alle quali quest’ultima non potrebbe essere utilizzata; nella seconda, e qui il compito del giudice appare particolarmente delicato, attuare le finalità delle misure conservative innominate determinandone le modalità di attuazione tenendo conto delle concrete contingenze con una valutazione che (…) è largamente discrezionale»
(Tommaseo 1983, 201-202).
Sono, invece, qualificati provvedimenti cd. anticipatori quelli destinati ad anticipare provvisoriamente, in tutto o in parte, i prevedibili effetti della decisione finale. Quest’ultima più diffusa categoria di misure cautelari, che maggiormente ha animato il dibattito dottrinale e l’elaborazione giurisprudenziale, necessita di più articolati approfondimenti.
5.1.1 Segue: I provvedimenti anticipatori.
L’adozione di un provvedimento d’urgenza a contenuto anticipatorio costituisce l’esito tipico di un ricorso ex art.700 c.p.c. per almeno un duplice ordine di ragioni. In primo luogo per la già stigmatizzata, dilagante tendenza ad utilizzare la tutela cautelare d’urgenza in forma di rimedio alternativo, e non meramente strumentale, rispetto alla successiva sentenza di merito; in secondo luogo, occorre osservare che il nostro ordinamento già appresta, per mezzo delle misure cautelari tipiche, un sistema di tutela cautelare conservativa (avverso pericoli da infruttuosità della decisione finale) sostanzialmente completo, per cui il settore dove è più avvertita l’utilità di un ricorso ai sensi dell’art.700 c.p.c. è quello della tutela anticipatoria finalizzata a neutralizzare i cd. pericoli da tardività della pronuncia definitiva.
Nel passato si è discusso intorno all’ammissibilità, ormai accettata, di provvedimenti d’urgenza che non si limitino a garantire il mantenimento della situazione di fatto su cui la decisione finale è destinata ad incidere, ma ne anticipino anche, provvisoriamente, in tutto o in parte gli effetti; ciò soprattutto considerata la letterale formulazione dell’art.700 c.p.c. che intenderebbe, secondo taluni, solo «assicurare», non anticipare, gli effetti della pronuncia sul merito. In verità la dottrina prevalente non ha mancato di evidenziare, correttamente, che i provvedimenti d’urgenza
«per essere efficaci non sempre possono limitare la loro funzione ad una semplice assicurazione contro il pericolo del danno, ma qualche volta, in vista del provvedimento principale, cui devono connettersi e coordinarsi, debbono, per raggiungere il loro scopo, modificare lo stato di fatto e quindi innovare.
Infatti qualche volta il provvedimento d’urgenza viene emesso per conservare lo statu quo, affinché su di esso il provvedimento definitivo possa esercitare successivamente i suoi effetti, che non può esercitare immediatamente dovendo seguire la procedura del giudizio di cognizione; quando invece il provvedimento principale tende ad innovare lo stato di fatto, a produrre cioè nuovi rapporti giuridici, allora, anche il provvedimento d’urgenza, che, come si è detto, deve coordinarsi al provvedimento principale in vista dello scopo cui questo tende, dovrà esso pure essere innovativo, giacché altrimenti il provvedimento principale non potrebbe raggiungere il suo scopo, dovendo il provvedimento d’urgenza anticipare provvisoriamente gli effetti conservativi od innovativi di quello definitivo»
(Dini-Mammone 1997, 422).
Consequenzialmente, anche laddove la norma si esprime in termini di assicurazione degli effetti della decisione sul merito deve reputarsi
«che tale assicurazione non possa aversi senza, al caso, anticipare in tutto o in parte la decisione medesima o, più precisamente, quelli che si ritiene essere gli effetti del provvedimento definitivo.
Ora, se il provvedimento d’urgenza può anche comportare un’anticipazione, non è possibile ritenere che tale anticipazione abbia sempre natura conservativa, tanto più che il contenuto di tali provvedimenti è rimesso molto alla discrezionalità del magistrato, il quale potrà adottare tutti quei provvedimenti che meglio si attaglieranno al caso sottoposto al suo esame»
(Dini-Mammone 1997, 422).
Da siffatta anticipazione dei prevedibili effetti della successiva decisione sul merito scaturisce la (non remota) possibilità che la sentenza definitiva possa confermare i contenuti del provvedimento d’urgenza (la cui strumentalità è comunque ribadita dalla circostanza che gli effetti del primo provvedimento sono sostituiti dalla definitiva decisione sul merito). Tale eventuale identità di contenuti tra i due provvedimenti giurisdizionali appare perfettamente compatibile con le finalità della tutela d’urgenza; in sostanza,
«per quanto la funzione dei provvedimenti d’urgenza sia quella di assicurare l’attuazione della decisione definitiva di merito e non già di anticipare, anche provvisoriamente, la decisione definitiva, escludendosi che il provvedimento cautelare sia lo stesso di quello della decisione di merito, pure, allorquando l’attuazione della decisione di merito stessa non possa essere garantita che con l’anticipazione provvisoria dei suoi effetti, non può escludersi l’identità dell’oggetto del provvedimento d’urgenza (provvisorio) e quello (definitivo) della decisione futura del merito»
(Dini-Mammone 1997, 431);
ed ancora:
«quando l’efficace attuazione della decisione sul merito non possa essere altrimenti garantita che con l’anticipazione, in via provvisoria, degli effetti di essa decisione, non può certo costituire ostacolo all’emanazione del provvedimento d’urgenza la rilevata identità dell’oggetto di esso provvedimento con l’oggetto della futura decisione sul merito»
(Calvosa 1967, 455).
Nulla impedisce, quindi, che il provvedimento d’urgenza possa avere un contenuto anticipatorio, anche totale, della sentenza di merito (cfr. Tommaseo 1983, 154); anche in giurisprudenza è frequente trovare riscontri a questo condivisibile indirizzo:
«anche se il provvedimento d’urgenza di solito non può avere lo stesso oggetto della statuizione di merito, ove l’efficace attuazione della decisione sul merito non può essere altrimenti assicurata che con l’anticipazione, in via provvisoria, degli effetti di essa decisione, l’identità dell’oggetto del provvedimento di urgenza con l’oggetto della futura decisione sul merito non può costituire ostacolo per l’applicazione dell’art.700 c.p.c.»
(Pret. Roma 21.2.1973, ND, 1973, 696);
«ancorché il provvedimento d’urgenza debba essere calibrato in funzione di assicurare provvisoriamente che la decisione di merito sia fruttuosa, ciò non impedisce che l’ordine provvisorio possa essere identico a quello che potrebbe pronunciare il giudice al termine del processo, potendo la misura cautelare anticipare tutti gli effetti materiali conseguibili con la sentenza, ferma restando, tuttavia, la sua inammissibilità nel caso in cui sia richiesto un provvedimento non solo completamente satisfattivo, ma anche definitivo sia sul piano della produzione degli effetti materiali sia sul piano dell’accertamento pieno sul diritto controverso»
(Trib. Milano 29.1.2003, GI, 2004, 77)
Più in linea di carattere generale, bisogna segnalare che (anche in virtù del richiamato nesso di strumentalità tra provvedimento d’urgenza e tutela ordinaria) il giudice cautelare non può adottare statuizioni che attribuiscano all’istante più di quanto potrà (quantitativamente) ottenere all’esito della sentenza definitiva, mentre ben potrà l’ordinanza ex art.700 c.p.c. ricorrere «a misure o a modalità esecutive diverse da quelle tipiche della pronuncia di merito, purché votate a preservare la situazione sostanziale cautelanda» (così Scarpa 2004, 3, recuperando una tesi di Arieta; cfr. anche Proto Pisani 1991, 20; per la giurisprudenza v. Pret. Roma 15.12.1982, TR, 1982, 637; Pret. Roma 14.2.1983, GI, 1983, I, 2, 634; Pret. Roma 11.6.1984, FI, 1984, I, 608; Trib. Napoli 31.3.1993, GC, 1994, I, 2245):
«il procedimento di cautela atipica non è un procedimento di necessaria e integrale anticipazione del futuro giudizio di merito, ma consente anche che il pretore, al fine di evitare il pregiudizio e conseguentemente di concedere una cautela alla situazione giuridica dedotta, adotti tutti i provvedimenti idonei a realizzare tale finalità procedurale. (…) Conseguentemente possono essere disposti in via provvisoria e cautelare provvedimenti qualitativamente diversi da quelli della futura decisione di merito»
(Pret. Roma 9.2.1984, RDPr, 1984, 599-600; in arg. cfr. anche Arieta 1984, 591).
5.2. I poteri del giudice; la questione della irreversibilità degli effetti del provvedimento d’urgenza.
La sostanziale (voluta) genericità dell’art.700 c.p.c. pone in rilievo il ruolo fondamentale, e al contempo difficile, che il giudice cautelare è chiamato a svolgere, tanto nella fase di gestione e istruzione del procedimento (verifica fumus boni iuris e periculum in mora) quanto in quella, consequenziale, di individuazione della misura più idonea, nel singolo caso concreto, ad assicurare tempestivamente e provvisoriamente gli effetti della successiva decisione sul merito (è stato efficacemente osservato che l’intervento del giudice della cautela è assimilabile a quello del medico del pronto soccorso, il quale deve porre in essere tutto quanto necessario per salvare la vita del paziente, «lasciando ad altri il compito di apprestare quelle cure (spesso lunghe e complesse) dirette ad eliminare definitivamente l’infermità», così Arieta 1985, 139).
Come regola di carattere generale, al giudice dell’urgenza è consentito
«di adottare il provvedimento che più gli appaia congruo rispetto al fine di assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito»
(Corte cost. 9.7.1970, n.122, FI, 1970, I, 2294; conf. Corte cost. 23.7.1996, n.300, GiC, 1996, 2486).
Rimane inteso che, come ancora rilevato dalla Corte costituzionale, l’art.700 c.p.c.,
«proprio a causa della genericità dei poteri che conferisce al giudice, incontra tutti i limiti desumibili da una sua interpretazione nel sistema vigente e (…) non consente, quindi, che siano adottate misure che risultino vietate da altre norme dell’ordinamento: a maggior ragione se si tratti di norme di rango costituzionale»
(Corte cost. 9.7.1970, n.122, FI, 1970, I, 2294).
Nell’ambito degli ampi poteri cognitivi attribuitigli, il giudice dell’urgenza – che, giova ribadire, non può emanare misure che realizzino effetti maggiori di quelli ottenibili in via ordinaria – deve altresì operare un delicatissimo contemperamento dei contrapposti interessi coinvolti nel procedimento d’urgenza:
«nella valutazione del requisito del periculum in mora, occorre procedere ad un raffronto tra il pregiudizio che verrebbe a subire il ricorrente dalla persistenza dell’attività illegittima denunciata e quello che subirebbe la resistente come conseguenza di un provvedimento che, in relazione all’estensione delle misure invocate, si traduca nella pressoché totale inibizione dell’attività produttiva»
(Trib. Brescia 12.2.1998, GADI, 1998, 556).
Siffatta esigenza di contemperamento dei contrapposti interessi delle parti si rende tanto più necessaria ove la misura cautelare sia emessa inaudita altera parte (quindi senza le garanzie del contraddittorio) e/o sia totalmente anticipatoria della prevedibile futura sentenza di merito. Soprattutto in tale ultima circostanza, infatti, il concreto pericolo connesso all’adozione di un provvedimento siffatto risiede nella possibile irreversibilità degli effetti cui il provvedimento medesimo può dare luogo; rischio – particolarmente avvertito nel caso in cui il giudizio di merito non confermi la misura cautelare – ancor più sentito se solo si considera che la provvisorietà (e reversibilità) degli effetti del provvedimento d’urgenza costituisce un essenziale contrappeso alla emanazione dello stesso, utile anche a sanare, all’esito del successivo giudizio di merito, eventuali inesattezze o imprecisioni in cui il giudice dell’urgenza possa essere incorso (giova rammentare che il procedimento d’urgenza ex art.700 c.p.c. è caratterizzato da una cognitio sommaria, con tutti i limiti che ciò può comportare).
In tale stato di cose, sembra ragionevole sostenere (in arg. v. Tommaseo 1983, 153; Arieta 1985, 74; Proto Pisani 1991, 15) che l’attuazione di provvedimenti d’urgenza con effetti irreversibili o comunque difficilmente eliminabili sia in linea di principio sempre da evitare – a non voler addirittura ritenere tale circostanza un limite invalicabile all’emanazione degli stessi – potendosi ammettere solamente quando – all’esito di accertamenti quanto più possibile approfonditi sul fumus boni iuris e il periculum in mora nonché di valutazioni comparative sulle conseguenze della misura cautelare – il giudice ravvisi nell’adozione di una misura urgente di questo tipo l’unico strumento idoneo e necessario a scongiurare un pregiudizio irreparabile al diritto soggettivo cautelando (riguardo alla funzione che in tali circostanze può svolgere la cauzione prevista dall’art.669-undecies c.p.c. v. infra § 10.3.).
L’ammissibilità di un provvedimento d’urgenza ad effetti irreversibili (v. Pret. Genova 12.1.1989, GM, 1989, III, 972; contra Trib. Monza 21.5.1997, Fa, 1998, 83; Trib. Roma 23.11.2000, GM, 2001, I, 923), pertanto non riparabili con azioni restitutorie o di ripristino, è abitualmente sostenuta in base al rilievo, già sopra richiamato, che
«il legislatore preferisce sia evitato un pregiudizio irreparabile a un diritto la cui esistenza appaia probabile anche al prezzo di provocare un danno irreversibile a un diritto che, in sede di concessione della misura cautelare, appaia invece improbabile: in altri termini, il diritto probabile prevale sul diritto improbabile»
(Tommaseo 1983, 155).
Ad identiche conclusioni perviene, in palese accoglimento della dottrina appena riferita, parte della giurisprudenza di merito:
«la risoluzione di un conflitto fra due interessi contrapposti può essere foriera di danni irreparabili; tali danni, peraltro, potrebbero conseguire anche al diniego della misura cautelare; nel conflitto fra contrapposti interessi di pari rango, la constatazione del carattere di definitività, che avrebbe il provvedimento di urgenza richiesto, non appare motivo sufficiente a giustificarne il rigetto, dovendosi ritenere che il legislatore preferisca che sia evitato un pregiudizio irreparabile ad un diritto la cui esistenza appaia probabile, anche al prezzo di provocare un danno irreversibile a un diritto che, in sede di concessione della misura cautelare, appaia invece improbabile»
(Trib. Milano 14.8.1995, GI, 1996, I, 2, 354).
La rilevanza e delicatezza della tematica ha indotto altra autorevole dottrina a definire, con la abituale chiarezza espositiva, i livelli di attenzione che il giudice cautelare deve (auspicabilmente) osservare quando emana un provvedimento d’urgenza i cui effetti possono risultare irreversibili:
«1) non imporre cauzioni a danno dei non abbienti;
2) ridurre la superficialità della cognizione in modo da limitare, di fatto, la possibilità di ribaltamento del giudizio nel processo a cognizione piena (oggi l’art.669-terdecies impone un controllo maggiore);
3) valutare comparativamente il danno che subirebbe l’istante dalla mancata concessione del provvedimento d’urgenza e il danno che subirebbe la controparte dalla sua concessione; ferma restando la necessità che il danno paventato dall’istante assurga gli estremi della irreparabilità, si dovrebbe concedere il provvedimento: 3a) sempre, nelle ipotesi in cui a fronte di un diritto dell’istante a contenuto esclusivamente o prevalentemente non patrimoniale vi sia un diritto della controparte a contenuto esclusivamente o prevalentemente patrimoniale; 3b) solo quando il danno dell’istante sia maggiore di quello della controparte, ove entrambi siano a contenuto e/o funzione non patrimoniale o a contenuto prevalentemente patrimoniale;
4) ove possibile, modellare il contenuto del provvedimento d’urgenza in modo tale da neutralizzare il pregiudizio irreparabile dell’istante limitando, però, al minimo il rischio della irreversibilità dei suoi effetti: ciò è possibile oltre che tramite il ricorso alla controcautela delle cauzioni (sempreché le condizioni economiche dell’istante lo permettano) anche mediante l’anticipazione solo parziale di quanto richiesto (ad es. dei soli interessi e non del capitale);
5) utilizzare, semmai, la dichiarazione giurata dell’avvocato (v. l’istituto dell’affidavit di origine anglosassone)»
(Proto Pisani 2002, 639).
In generale, nella determinazione del contenuto dei provvedimenti d’urgenza, il giudice della cautela incontra significativi limiti, di natura processuale e sostanziale, che sono individuabili (cfr. Proto Pisani 1991, 19) nel rispetto del principio del contraddittorio (v. infra Cap.9), da cui discende l’inammissibilità di provvedimenti d’urgenza contro soggetti che non abbiano partecipato al procedimento sommario, nel rispetto di norme di rango costituzionale, quali gli artt.13, 2° co. (libertà personale), 14 (libertà di domicilio), 16 (libertà di circolazione e di soggiorno) e 21, 3° co. (libertà di stampa) Cost., nella esigenza che la situazione prospettata dal ricorrente assurga a diritto soggettivo (v. supra § 3.) nonché nella necessità che la condotta illegittima della controparte minacci concretamente di realizzare un pregiudizio imminente e irreparabile.
5.3. Provvedimenti a tutela degli effetti di sentenze di mero accertamento.
Autorevole dottrina ha evidenziato che una indagine sull’oggetto dei provvedimenti d’urgenza non può prescindere dal fondamentale, condivisibile rilievo che
«il provvedimento di urgenza è e deve essere volto ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito o, in altre parole, a garantire che la decisione sul merito potrà, una volta che sia definitiva ed esecutiva, essere efficacemente attuata, sicché la tutela giurisdizionale non abbia a risolversi in un mero flatus voci, in un semplice platonico riconoscimento del diritto, fatto valere in giudizio dall’attore o anche dal convenuto»
(Calvosa 1967, 455).
Tanto premesso, dopo un periodo di incertezze dottrinali e giurisprudenziali deve ormai ritenersi acquisita la possibilità di tutelare con i provvedimenti d’urgenza ex art.700 c.p.c. gli effetti dei tre tipi di decisione che caratterizzano il processo di cognizione, ossia le sentenze di mero accertamento, le sentenze costitutive nonché le sentenze di condanna, anche all’adempimento di obblighi di fare o di non fare infungibili; in tal senso depone anche la circostanza che l’articolo in esame, coerentemente con la sua ratio, non fornisce indicazioni sulla tipologia di sentenze di cui è possibile assicurare in via d’urgenza gli effetti:
«l’art.700 c.p.c. afferma il principio di carattere generale secondo il quale la durata del processo non deve ritorcersi in danno dell’attore che abbia ragione, determinando situazioni irreversibili o pregiudizi irreparabili a carico delle posizioni soggettive di vantaggio che vengono garantite dall’ordinamento giuridico. Tale principio, che peraltro ha ricevuto dignità costituzionale attraverso la norma dell’art. 24, 1° co., Cost., ha consentito e consente l’impiego dell’art. 700 cit. per assicurare gli effetti delle sentenze di mero accertamento, costitutive, di condanna in tutti i casi in cui manchi una misura cautelare tipica, senza alcun altro limite all’infuori di quelli riferibili alle condizioni fissate dallo stesso codice di rito (fumus boni iuris e periculum in mora)»
(Pret. Bari 9.6.1978, RGL, 1978, II, 664).
Iniziando la disamina dai provvedimenti a tutela degli effetti di sentenze di accertamento, in prima approssimazione occorre segnalare che ad essere in discussione non è tanto l’ammissibilità di una anticipazione in via cautelare degli effetti di una azione di mero accertamento proposta congiuntamente ad una domanda accessoria di condanna (in tale fattispecie ad essere anticipati sono gli effetti della sentenza di condanna), quanto il caso in cui la tutela ex art.700 c.p.c. abbia come unico oggetto il mero accertamento del diritto dell’istante.
Con riferimento ai provvedimenti anticipatori di sentenze di mero accertamento (notoriamente finalizzate a dichiarare se un determinato diritto esiste o no), i dubbi sulla utilizzabilità della tutela d’urgenza hanno ad oggetto a) la presunta inconciliabilità (logica) dell’accertamento del diritto con la provvisorietà della misura cautelare (v. Pret. Roma 14.4.1977, FI, 1977, I, 2376; Pret. Roma 10.7.1976, TR, 1977, 715) nonché la mancanza di interesse ad agire del ricorrente, considerato b) che il provvedimento di accertamento non sarebbe suscettibile di esecuzione forzata e c) comunque sarebbe privo di utilità giuridicamente apprezzabili; evidenze queste che, secondo chi ritiene incompatibile con la funzione cautelare il conseguimento di fini meramente dichiarativi, assimilerebbero la pronuncia di mero accertamento ad una sorta di parere pro veritate.
Sul fronte opposto, ai suddetti rilievi è solitamente ribattuto che a) ogni decisione giudiziale sperimenta un relativo grado di certezza giuridica finché non passa in giudicato la sentenza, che assicura definitiva certezza alla situazione giuridica controversa; b) il provvedimento d’urgenza, per quanto incoercibile – al pari peraltro di ogni forma di tutela dichiarativa, anche in via ordinaria – ha comunque natura di atto giurisdizionale, in quanto tale idoneo a produrre effetti (secondari) fra cui il risarcimento dei danni conseguenti all’inosservanza della misura cautelare (cfr. Cass. 17.7.1979, 4217, FI, 1980, I, 25) e, nell’eventualità, sanzioni penali ex art.388, 2° co., c.p. (cfr. soprattutto Andrioli 1964, 262); c) è, infine, ravvisabile un apprezzabile, concreto interesse giuridicamente rilevante del ricorrente ad ottenere, nelle more del giudizio di merito, un provvedimento d’urgenza accertativo teso a rimuovere quella situazione di incertezza giuridica (su un rapporto o su un fatto) che si determina a seguito delle contestazioni altrui sulla titolarità o sull’esercizio del diritto cautelando: «la sentenza di mero accertamento, con l’eliminare una situazione d’incertezza obiettiva intorno ad un rapporto giuridico, realizza, compiutamente, quel bene della vita ch’è la certezza del diritto, della situazione sostanziale» (così Calvosa 1967, 456).
In considerazione di ciò, la dottrina prevalente (Arieta, Montesano, Proto Pisani, Tommaseo; contra Redenti) sostiene l’ammissibilità di una tutela cautelare atipica anche per le azioni dichiarative, sul presupposto che
«non di rado l’interesse della parte può essere soddisfatto anche soltanto da quella certezza di modesto grado che è l’effetto della valutazione in termini di probabilità del diritto affermato dalla parte. In tal caso, l’incertezza pregiudizievole, a cui l’accertamento provvisorio pone rimedio, trae causa dalla situazione di colui che nel timore di compiere atti illegittimi si preclude la possibilità di amministrare con efficacia i propri interessi: con la misura d’urgenza dichiarativa, la parte si avvale della indicazione giudiziale come d’una regola a cui uniformare il proprio comportamento.
Nella maggior parte dei casi, le misure urgenti non sono volte direttamente a dare quella verosimiglianza che interinalmente tiene luogo della certezza che scaturirà dal giudizio di merito: esse sono piuttosto strumentali alla realizzazione d’una funzione preventiva, in quanto sono volte ad inibire un comportamento che l’eventuale accoglimento della domanda di mero accertamento mostrerà essere illegittimo»
(Tommaseo 1988, 872).
Sulla scia dei rilievi svolti si pone parte significativa della giurisprudenza, che ammette la tutela d’urgenza in funzione dichiarativa (Pret. Genova 16.12.1975, FI, 1976, I, 242; Pret. Roma 27.3.1992, Soc, 1992, 1123; Pret. Napoli 8.11.1996, RDI, 1997, 193):
«ben può farsi luogo alla tutela cautelare in tema di accertamento, dal momento che, costituendo esso stesso fonte diretta di quel bene che si ravvisa nella certezza delle relazioni giuridiche, deve ravvisarsi la indefettibile necessità della predetta tutela ogni qual volta le situazioni dedotte per loro natura mal si prestino, in caso di avvenuta loro lesione, ad essere successivamente risarcite, cosicché diviene urgente l’esigenza che le stesse siano al più presto acclarate e con ciò ripristinate»
(Pret. Roma 15.11.1986, FI, 1987, I, 973);
ed ancora
«i fini meramente dichiarativi non sono affatto incompatibili con la funzione cautelare dei provvedimenti d’urgenza qualora costituiscano l’unico mezzo per ovviare ad un pregiudizio imminente ed irreparabile determinato da chi ha contestato e contesta il diritto del richiedente il provvedimento. (…) Non si può negare, invero, l’utilità per il ricorrente di una pronuncia dichiarativa, con finalità preventive, (…) con valutazione in termini di liceità o meno di situazioni e comportamenti»
(Pret. Roma 28.4.1987, FI, 1988, I, 1357).
Altri interessanti argomenti a favore del ricorso alla tutela cautelare in funzione di mero accertamento sono stati ravvisati nella abnorme durata del processo di cognizione, nella disfunzione dei processi di esecuzione forzata e nella necessità di garantire comunque protezione, in ossequio al principio della effettività della tutela giurisdizionale, a diritti (espressione di libertà formali o sostanziali) altrimenti destinati a restare privi di adeguata tutela; circostanze tutte che inducono a ritenere che, nonostante la oggettiva fragilità della protezione offerta da una misura d’urgenza provvisoria di mero accertamento, una siffatta tutela sia, in talune situazioni, quanto di meglio è possibile ottenere (cfr. Proto Pisani 1979, 633).
Tipiche ipotesi di utilizzazione della tutela cautelare d’urgenza in funzione di mero accertamento sono state individuate (Cirulli 1993, 108) in riferimento a) ai diritti della personalità, in cui l’evento pregiudizievole colpisce diritti non aventi contenuto patrimoniale, b) alle azioni di accertamento negativo, al fine di impedire, nelle more del giudizio di merito, il compimento di atti illegittimi da parte del preteso titolare del diritto nonché, infine, c) nei casi in cui appaia utile anticipare provvisoriamente gli effetti delle statuizioni di condanna consequenziali ed accessorie all’accoglimento della domanda di mero accertamento (ad es. obbligo di restituzione).
Concludendo, ancora una volta risulta evidente la centralità del ruolo del giudice della cautela, che è chiamato a valutare se, nella singola fattispecie, l’anticipato accertamento in via d’urgenza del diritto del ricorrente – che realizza una certezza giuridica ‘provvisoria’ o ‘attenuata’ che dir si voglia – sia necessario e idoneo ad evitare un pregiudizio imminente e irreparabile al diritto cautelando, altrimenti irrimediabilmente leso all’esito di una tardiva pronuncia dichiarativa. Per fare ciò, il giudice dell’urgenza potrà, nell’immediato, oltre che inibire la continuazione dell’azione dannosa o eliminare la situazione di pericolo imminente, «disciplinare il regime cui deve essere sottoposta la situazione controversa in attesa della decisione di merito» (Arieta 1985, 145).
5.4. Provvedimenti a tutela degli effetti di sentenze costitutive.
La dottrina dominante e la giurisprudenza prevalente ormai ammettono l’utilizzazione dei provvedimenti d’urgenza anche per assicurare gli effetti di una sentenza costitutiva, ossia di un provvedimento giurisdizionale mediante il quale il giudice costituisce una situazione giuridica di contenuto nuovo, quale può essere l’annullamento di un negozio viziato, la creazione di una servitù di passaggio coattivo, la risoluzione di un contratto et similia:
«non pare che il carattere costitutivo di situazioni sostanziali, attribuito alla sentenza nei casi previsti dalla legge (art.2908 c.c.), ne vieti l’assicurazione provvisoria: direi anzi, che ne giustifica con maggiore intensità l’applicazione, perché proprio il sorgere di situazioni sostanziali dalla sentenza pone in maggior evidenza il pregiudizio che l’attore il quale si ipotizza vittorioso, soffre in dipendenza della durata del processo, né alcuna distinzione è lecito istituire a seconda che gli effetti della sentenza costitutiva prendan data da questa (o dal suo passaggio in giudicato), dalla domanda giudiziale o, persino, dal verificarsi del fatto costitutivo, perché, essendo, in ogni caso, la fattispecie, produttiva dell’effetto, integrata con la pronuncia della sentenza o con il passaggio in giudicato di questa, il provvedimento ne anticipa de facto il concreto verificarsi degli effetti, variamente puntualizzati de jure»
(Andrioli 1964, 260).
Conforme in argomento il parere di un altro insigne studioso:
«non è possibile escludere (…) la tutela assicurativa degli effetti di sentenze costitutive o di modificazione giuridica sostanziale, in quanto la situazione giuridica da cautelare può avere ad oggetto anche il futuro conseguimento di un bene e/o di una situazione di vantaggio che il titolare del diritto avrebbe avuto diritto di ottenere, al di fuori del processo, attraverso l’attività, materiale o giuridica, del soggetto passivo. In questi casi l’intervento del giudice della cautela può essere diretto a rimuovere gli ostacoli posti dall’inerzia, più o meno colpevole, dell’obbligato, sempre in funzione di salvaguardia del diritto cautelando, con misure a contenuto anticipatorio, in tutto o in parte, degli effetti della futura decisione di merito, che contengano la disciplina provvisoria del rapporto e dei relativi poteri ed obblighi in capo alle parti»
(Arieta 1997, 445).
Per la giurisprudenza si veda la seguente, emblematica ordinanza del Pretore di Roma:
«non sembra che il contenuto dell’art.700 c.p.c. consenta di escludere dal suo ambito di operatività le cosiddette azioni costitutive.
In mancanza di una espressa statuizione il limite potrebbe rinvenirsi nel sistema.
Ma, a parte la considerazione che, anche rispetto alle azioni costitutive, può porsi un problema di tutela cautelare, sembra non possa contestarsi quanto autorevolmente affermato in dottrina secondo cui in tali fattispecie l’esigenza di una tutela cautelare emerge con maggiore intensità: infatti, «proprio il sorgere di situazioni sostanziali dalla sentenza pone in maggiore evidenza il pregiudizio che l’attore, il quale si ipotizza vittorioso, soffre in dipendenza della durata del processo». Codesto orientamento sembra trovi riscontro nella giurisprudenza della Corte di Cassazione, laddove si è precisato – con riferimento all’ipotesi di costituzione di servitù – che se normalmente la cautela tende a conservare lo status quo ante, tuttavia essa può, a seconda dei casi, essere rivolta al mutamento di tale stato, quando dal perdurare di esso potrebbe conseguire la pratica inefficacia della decisione di merito (Cass. 18.2.1956, n.475) [GC, 1956, I, 1072 N.d.A.].
Dunque, in mancanza di una espressa limitazione e non potendosi questa ricondurre al sistema, deve ritenersi ammissibile, in linea di principio, il ricorso alla procedura di cui all’art.700 c.p.c. anche quando il diritto rispetto al quale si denunzia il pregiudizio debba o possa essere fatto valere mediante l’esercizio di un’azione costitutiva»
(Pret. Roma 31.5.1972, GC, 1972, I, 1337; conf. Pret. Foggia 23.3.1981, GM, 1981, I, 1190; Pret. Verona 26.8.1990, GI, 1991, I, 2, 910; Pret. Salerno-Eboli 24.7.1991, AC, 1992, 311).
È importante precisare che relativamente alle sentenze costitutive, il bisogno di tutela urgente riguarda non tanto l’anticipazione del provvedimento costitutivo (ad es. la costituzione di una servitù coattiva a favore del proprietario di un fondo intercluso; la dichiarazione di illegittimità del licenziamento di un lavoratore ingiustamente licenziato) quanto soprattutto «l’anticipazione della soddisfazione degli obblighi conseguenziali» (Proto Pisani 1991, 15) alla pronuncia costitutiva (e quindi, sulla scia degli esempi fatti, anticipazione dell’ordine al proprietario del fondo limitrofo di consentire il passaggio sul suo fondo; la reintegrazione nel posto di lavoro e nella corresponsione della retribuzione del lavoratore).
Per completezza d’informazione occorre segnalare che i dubbi manifestati, soprattutto nel passato, da altra parte della giurisprudenza riguardo alla tutelabilità in via d’urgenza degli effetti di sentenze costitutive traggono origine soprattutto dal rilievo che in tali fattispecie la tutela ex art.700 c.p.c. sarebbe applicabile a situazioni in cui il diritto da tutelare non è ancora venuto ad esistenza, come talora statuito dalla giurisprudenza:
«la tutela urgente deve ritenersi ammissibile solo in presenza di diritti preesistenti alla stessa pronuncia richiesta al giudice, posto che il provvedimento cautelare non deve alterare in alcun modo il momento operativo della pronuncia di merito; quindi le sentenze costitutive non sono suscettibili di tutela urgente, proprio perché si eserciterebbe una funzione strutturalmente anticipatoria che produrrebbe subito quella stessa costituzione del rapporto giuridico che dovrebbe essere presumibilmente introdotta con la sentenza costitutiva, laddove il disposto dell’art.700 c.p.c. presuppone l’attualità del diritto cautelando»
(Trib. Torino 12.7.2003, GI, 2004, 538; conf. Trib. Milano 5.11.1952, FI, 1953, I, 133; Pret. Torino 18.6.1956, GI, 1956, I, 2, 738).
Analogamente si è dubitato della possibilità di tutelare in via d’urgenza i diritti potestativi (in arg. v. supra § 3.) – ossia quelle situazioni soggettive in cui esercizio e realizzazione del diritto coincidono, essendo il comportamento del soggetto passivo irrilevante – che di regola si coordinano alle sentenze costitutive; nonostante ciò, parte significativa della dottrina e della giurisprudenza riconoscono che anche tali situazioni giuridiche (dinamiche) possano essere concretamente minacciate dal pericolo di lesione nelle more della definizione del giudizio di merito attraverso il quale il diritto finisce per essere esercitato (così Calvosa 1967, 456; conf. Dini-Mammone 1997, 389; per la giurisprudenza v. Pret. Roma 31.5.1972, GC, 1972, I, 1337; Pret. Roma 30.11.1979, TR, 1979, 444; Trib. Ascoli Piceno 27.11.1984, GA, 1986, 44), in particolare quando dal mutamento giuridico già realizzatosi a seguito dell’esercizio del diritto derivino degli obblighi consequenziali in capo alla controparte:
«è ben vero che il tempo necessario per il giudizio non minaccia l’esercizio del diritto potestativo in quanto tale, ma molto spesso è l’utilità stessa della sentenza producente il mutamento che è posta in pericolo dal ritardo. Da questo punto di vista, ben si comprende che la necessità di servirsi del processo per la concreta attuazione dell’effetto costitutivo è la miglior giustificazione del ricorso alla tutela urgente per assicurare il grado d’effettività della stessa tutela costitutiva mediante un provvedimento che, il più delle volte, si risolve nell’autorizzazione giudiziale a esercitare facoltà aventi di per sé titolo nel costituendo diritto»
(Tommaseo 1988, 873).
5.5. Provvedimenti a tutela degli effetti di sentenze di condanna.
L’assicurazione provvisoria degli effetti di sentenze di condanna risulta essere la vocazione ‘naturale’ della tutela d’urgenza ex art.700 c.p.c. Al riguardo è opportuno operare una preliminare, rilevante distinzione tra sentenze di condanna aventi ad oggetto obblighi di fare e di non fare fungibili e sentenze di condanna relative ad obblighi di fare e di non fare infungibili.
Rispetto ai primi, la tutela d’urgenza appare pienamente in grado di esplicare la sua funzione cautelare di soddisfazione dell’interesse del soggetto attivo, potendosi in tali fattispecie proficuamente ricorrere, in caso di necessità, alle previsioni sull’esecuzione forzata in forma specifica ex artt.2931 e 2933 c.c. (cfr. Pret. Roma 28.10.1977, TR, 1977, 634; Trib. Ascoli Piceno 26.7.1995, FI, 1996, I, 299); parimenti non problematica deve reputarsi l’assicurazione cautelare urgente degli effetti di sentenze di condanna aventi ad oggetto obbligazioni pecuniarie (v. supra § 3.1.) ovvero obblighi di consegna di una cosa mobile o di rilascio di un bene immobile.
Se la tutela di un diritto che può farsi valere in giudizio con l’azione di condanna all’adempimento di obblighi (materialmente o giuridicamente) fungibili è dunque pacificamente ritenuto possa realizzarsi ex art.700 c.p.c., più discussa si prospetta invece l’ammissibilità di siffatta forma di tutela a fronte di diritti inerenti la condanna all’adempimento di obblighi di fare o di non fare infungibili, rispetto ai quali i provvedimenti d’urgenza scontano la mancanza di efficaci misure coercitive dirette a provocare l’adempimento dell’obbligato; in giurisprudenza, hanno escluso l’ammissibilità di un provvedimento d’urgenza quando la misura che si richiede è insuscettibile di esecuzione forzata Trib. Torino 10.3.1995 (GI, I, 2, 814) e Trib. Palermo 28.7.1995 (FI, 1996, I, 2252), mentre la tutela d’urgenza è stata invece ammessa da Pret. Milano 30.3.1983 (RDI, 1983, II, 58) sul presupposto che «non sussistono ragioni che abbiano fondamento nel testo o nella volontà della legge che impediscano l’emanazione di provvedimenti d’urgenza a tutela di rapporti obbligatori che comportino obblighi di fare infungibili».
Anche relativamente agli obblighi di fare e di non fare infungibili l’orientamento dottrinario prevalente (Arieta, Dini-Mammone, Proto Pisani, Tommaseo) è comunque di ritenere ammissibile l’adozione di provvedimenti di condanna ex art.700 c.p.c. a contenuto inibitorio, indipendentemente dalla concreta possibilità di dare loro attuazione (non è questa la sede per affrontare le più generali, dibattute questioni della utilità di provvedimenti non suscettibili di esecuzione coattiva e della correlazione, necessaria o no, fra condanna ed eseguibilità forzata; alcuni cenni infra § 14.3.):
«è ammissibile un provvedimento cautelare urgente di condanna all’adempimento di un’obbligazione avente ad oggetto un facere infungibile, sempre che, durante il tempo occorrente per far valere il diritto in via ordinaria, sussista il pericolo imminente e irreparabile della lesione di posizioni sostanziali di carattere assoluto del ricorrente»
(Trib. Roma 16.10.1998, ND, 1998, 1029).
A favore di tale indirizzo si pone il rilievo che la difficoltà o impossibilità di attuazione (coercitiva) dei riferiti provvedimenti non ne svilisce completamente la funzione, per la perdurante idoneità degli stessi di esercitare una certa pressione sull’obbligato ai fini del suo adempimento volontario (cfr. Trib. Roma 17.1.1996, FI, 1996, I, 2251); parimenti la condanna ad un facere infungibile è stata ritenuta ammissibile sul presupposto che la parte soccombente potrebbe comunque dare volontaria esecuzione al provvedimento d’urgenza (Pret. Roma 24.2.1997 e Pret. Roma 14.4.1997, GLLazio, 1997, 432 ss.):
«i provvedimenti d’urgenza, indipendentemente dall’esecuzione forzata che non sempre può essere attuata, sono idonei a dar luogo a conseguenze di diritto e di fatto, che non sono da accantonare senz’altro. Si pensi, anzitutto, all’incriminazione, prevista nell’art.388, 2° co., c.p., di chi elude misure cautelari a difesa della proprietà, del possesso e del credito; (…) si pensi, inoltre, agli effetti secondari, che ne scaturiscono, sui piani della mala fede e della colpa, ai fini della definitiva liquidazione del danno, nonché nel settore della considerazione sociale, che non debbono essere del tutto posti in non cale»
(Andrioli 1964, 262-263).
Sulla stessa lunghezza d’onda si pone la Corte di cassazione:
«non incide sull’ammissibilità del provvedimento d’urgenza di cui all’art.700 c.p.c. il fatto che lo stesso non possa essere eseguito senza la cooperazione volontaria dei soggetti intimati, dato che esso ha pur sempre natura di atto giurisdizionale, concretante la volontà di legge indicata dallo stesso art.700 c.p.c., e perciò suscettibile di trovare attuazione anche attraverso una conseguente azione di risarcimento dei danni per l’inosservanza del provvedimento stesso e per la dipendente lesione da essa derivata al bene o alla situazione protetta dalla norma sostanziale alla cui salvaguardia era appunto diretto»
(Cass. 17.7.1979, n. 4212, RGL, 1980, II, 11),
e parte significativa della giurisprudenza di merito:
«è ammissibile un provvedimento d’urgenza di condanna ad un facere infungibile poiché la pronuncia, per quanto impositiva di un obbligo incoercibile, costituisce, comunque, uno strumento di ‘coazione indiretta’, ed implicando un accertamento dell’illecito, risulta, in caso di inosservanza, strettamente funzionale alla successiva richiesta di risarcimento dei danni»
(Trib. Ascoli Piceno, 6.5.2002, DLM, 2002, 218; conf. Pret. Roma 3.11.1975, TR, 1977, 738; Pret. Milano 21.4.1988, FP, 1990, I, 108; Trib. Roma 17.1.1996, FI, 1996, I, 2251; ulteriori, ampi riferimenti giurisprudenziali in Dini – Mammone 1997, 398).
Analogamente, anche la divulgazione e/o pubblicazione del provvedimento cautelare d’urgenza può svolgere, sul piano sociale, una non inutile funzione compulsoria (in termini di coazione psicologica) ai fini dell’adempimento spontaneo dell’obbligato (in arg. v. anche infra § 5.6.).
Con riferimento al contenuto dei provvedimenti d’urgenza diretti ad assicurare gli effetti di future sentenze di condanna, è stato posto in rilievo che il giudice della cautela potrà fare largo uso dei principi sui quali poggia la funzione cautelare:
«in particolare, la possibilità di disporre effetti qualitativamente (ma non quantitativamente) diversi da quelli della futura decisione di merito consentirà al giudice, per esempio in tema di inadempimento contrattuale, di ordinare al soggetto passivo solo un parziale adempimento dell’obbligazione, ovvero il rispetto di determinate modalità di adempimento, sicuramente diverse da quelle che saranno disposte in sede di tutela ordinaria, ma strettamente connesse con l’esigenza di salvaguardare idoneamente il diritto dedotto e, nello stesso tempo, di evitare il prodursi, a seguito della emissione del provvedimento cautelare, di effetti irreversibili o difficilmente rimovibili in base all’esito del futuro giudizio di merito. Allo stesso modo il giudice della cautela, sempre in sede di scelta della misura più idonea, dovrà procedere, in ogni caso, a contemperare, nei limiti in cui ciò sia possibile in relazione alla salvaguardia del diritto, gli interessi contrapposti delle parti, attraverso la ricerca del provvedimento che, anche a prescindere da qualsiasi anticipazione (a meno che quest’ultima non sia l’unico strumento di realizzazione della finalità cautelare), sia in grado di consentire e rendere possibile l’integrale realizzazione del diritto in sede di tutela di merito»
(Arieta 1985, 150-151).
Tralasciando, al momento, ogni considerazione sui contenuti, rispettivamente, dell’istanza e della decisione cautelare (in arg. v. infra Capp. 7 e 10), può essere utile tratteggiare, a completamento delle riflessioni svolte, quali siano gli effetti della decisione di merito concretamente assicurabili in via d’urgenza (di regola per mezzo di provvedimenti anticipatori). In proposito è stato autorevolmente osservato, nonostante il diverso parere della recente giurisprudenza e di altra parte della dottrina, che
«gli effetti anticipabili sono quelli che rientrano nell’ambito dei cosiddetti effetti principali della sentenza, di quelli cioè che formano oggetto specifico della domanda e della decisione, restando esclusi gli effetti secondari, la cui produzione è dal legislatore ricollegata esclusivamente alla sentenza, considerata come elemento d’una più complessa fattispecie normativa»
(Tommaseo 1991, 871; contra Balbi 1997, 87, secondo cui escludere gli effetti secondari del merito dalla tutela d’urgenza renderebbe molto difficoltoso cautelare cause di accertamento o costitutive, che più abbisognano di una garanzia di effettività).
Così, prosegue l’Autore,
«non si può iscrivere ipoteca giudiziale con un provvedimento d’urgenza poiché, da un lato, tale provvedimento non rientra fra i titoli idonei contemplati negli art.2818 ss. c.c., dall’altro, il giudice non può stabilire che tale catalogo normativo comprenda anche i provvedimenti d’urgenza. Ancora, non si può cancellare ex art.700 c.p.c. l’iscritta ipoteca o la trascritta domanda giudiziale: il provvedimento d’urgenza non è idoneo ad anticipare tale effetto ricollegato dalla legge al fatto oggettivo del rigetto della domanda documentato dalla sentenza di merito»
(Tommaseo 1991, 871; conf. Calvosa 1967, 457).
5.6. La pubblicazione del provvedimento d’urgenza.
La dottrina e la giurisprudenza prevalenti (Trib. Catania 17.10.1988, GM, 1989, 248; Trib. Trieste 29.7.1994, FI, 1995, I, 351; Trib. Roma 12.7.1999, FI, 2000, I, 992) ritengono, persuasivamente, che possa essere disposta la pubblicazione del provvedimento d’urgenza, o di un suo estratto, all’evidente scopo di accrescere la forza cautelare del provvedimento stesso:
«la pubblicazione dell’ordinanza può essere disposta ai sensi dell’art.700 c.p.c. in quanto costituisce un importante corollario dell’inibitoria nonché una misura cautelare atipica idonea a prevenire la reiterazione di comportamenti illeciti»
(Trib. Modena 3.12.1998, GDI, 1999, 771).
L’ordine di pubblicazione della sentenza costituisce anzi spesso il mezzo più idoneo per realizzare le finalità cautelari di eliminazione o attenuazione del pregiudizio, soprattutto se la misura d’urgenza è diretta a prevenire atti di illecita concorrenza o è destinata a cautelare diritti assoluti che incidano su beni immateriali (tutela del nome e dell’onore).
Il riferimento normativo posto a supporto della pubblicazione del provvedimento d’urgenza è rinvenuto nell’art.120 c.p.c. secondo il quale «nei casi in cui la pubblicità della decisione di merito può contribuire a riparare il danno, il giudice, su istanza di parte, può ordinarla a cura e spese del soccombente, mediante inserzione per estratto in uno o più giornali da lui designati». La circostanza che l’articolo faccia riferimento alla sentenza del giudizio di merito non pare in grado di impedire la pubblicazione del provvedimento d’urgenza, considerato che la previsione normativa deve armonizzarsi con le particolari esigenze e caratteristiche della specifica tutela cautelare richiesta. Occorre peraltro segnalare che secondo autorevole dottrina (Arieta 1985, 159), la pubblicazione della misura cautelare atipica concretizza di per sé un mezzo idoneo a consentire la più efficace realizzazione della finalità cautelare, per cui non è necessario invocare l’art.120 c.p.c. per giustificare la pubblicazione in discorso.
Nonostante la disposizione citata preveda che la pubblicazione del provvedimento debba avvenire mediante istanza di parte, è comunque reputato che possa essere disposta anche d’ufficio dal giudice dell’urgenza, rientrando un tale potere nella discrezionalità riconnessa all’atipicità dei provvedimenti ex art.700 c.p.c. (così Dini-Mammone 1997, 693); anzi, secondo parte della giurisprudenza di merito la pubblicazione del provvedimento disposta ex art.700 c.p.c. può ritenersi compresa nella «generica richiesta rivolta al giudice di adottare i provvedimenti più idonei a scongiurare il pregiudizio lamentato dal ricorrente» (nei termini Trib. Macerata 26.10.1996, GM, 1997, 23).
Per quanto, infine, concerne le modalità di pubblicazione del provvedimento d’urgenza
«possono richiamarsi in via analogica le prescrizioni dell’art.120 c.p.c., per cui il giudice potrà disporre l’inserzione del provvedimento (o di un suo estratto, a seconda delle circostanze) in uno o più giornali da lui stesso indicati, facendo carico al soggetto passivo di adempiervi entro un certo termine. In caso di inottemperanza potrà procedervi la parte a favore della quale è stata disposta la pubblicazione, salva la ripetizione delle spese nei confronti dell’obbligato»
(Dini-Mammone 1997, 693).
BIBLIOGRAFIA CITATA:
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Arieta G.
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1985 I provvedimenti d’urgenza ex art.700 c.p.c., Cedam, Padova
Balbi C. E.
1997 Provvedimenti d’urgenza, in Dig. disc. priv., sez. civ., Utet, Torino, XVI, 73
Calvosa C.
1967 Provvedimenti d’urgenza, in Nss. Dig. It., Torino, XIV, 445
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1993 Tutela cautelare urgente ed azione di mero accertamento, in GM, 103
Dini E. A. – Mammone G.
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Proto Pisani A.
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1991 Provvedimenti d’urgenza, in Enc. giur. Treccani, Roma, vol. XXV
2002 Lezioni di diritto processuale civile, Jovene, Napoli, 589
Tommaseo F.
1983 I provvedimenti d’urgenza, Cedam, Padova
1988 Provvedimenti di urgenza, in Enc. Dir., XXXVII, Giuffrè, Milano, 856
1991 Commento agli artt.73-74 l. 26 novembre 1990, n.353, in CorG, 195
Scarpa A.
2004 I provvedimenti d’urgenza. Art.700 cod. Proc. civ. (magis imperii quam iurisdictionis), Giuffrè, Milano
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