Le Sezioni Unite della Suprema Corte – in composizione del relativo contrasto giurisprudenziale – hanno sancito il principio in forza del quale la parte che contesta l’autenticità del testamento olografo è tenuta a proporre domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura e, pertanto, sulla medesima grava l’onere della relativa prova.
Nella fattispecie una vedova, dopo aver pubblicato il testamento olografo con il quale le veniva attribuito l’intero patrimonio del marito, veniva evocata in giudizio dagli altri eredi del de cuius i quali impugnavano il testamento, per difetto di autenticità, e contestualmente espletavano domanda di attribuzione dei beni e declaratoria di indegnità della vedova stessa.
Il Tribunale territoriale rigettava le domande sul presupposto che il testamento olografo disconosciuto dagli attori fosse impugnabile esclusivamente con querela di falso.
Avverso la predetta sentenza promuovevano gravame gli attori i quali promuovevano altresì un autonomo giudizio per querela di falso, con esito favorevole in entrambi i giudizi di merito.
Successivamente, la sentenza d’appello sul falso veniva annullata dalla Suprema Corte per un difetto di contraddittorio e la causa non più riassunta; l’appello proposto nella causa principale veniva, a sua volta, rigettato poiché il separato processo per querela di falso si era estinto per mancata riassunzione.
Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso gli eredi pretermessi lamentando, per quel che qui interessa, la violazione e falsa applicazione degli artt. 214 e segg. e 221 e segg. cod. proc. civ., anche in relazione agli artt. 163,345 e 112 cod. proc. civ..
In particolare veniva chiesto alla Suprema Corte di specificare quale fosse l’idoneo strumento processuale per contestare la genuinità del testamento tra la querela di falso e il disconoscimento seguito dalla verificazione.
La stessa Corte, alla luce del contrasto esistente nella giurisprudenza di legittimità in materia, provvedeva a rimettere gli atti alle Sezioni Unite per la relativa risoluzione.
Orbene, mette conto premettere come i due contrapposti orientamenti possano essere così sintetizzati:
i – un primo indirizzo riteneva il testamento olografo una mera scrittura privata e, pertanto, colui contro il quale è prodotta può limitarsi a disconoscerla con onere della controparte di dimostrare la provenienza;
ii – un secondo orientamento che, diversamente, faceva assurge il testamento olografo alla categoria di atti pubblici, con la conseguenza che una sua contestazione di autenticità integra un’eccezione di falso ex art. 221 cod. proc. civ., con onere a carico dell’istante.
Dopo un dettagliato excursus circa le sfumature dei due orientamenti – dai quali già in epoca antecedente la presente pronuncia si percepiva peraltro il sottile solco dell’idoneo strumento – le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno ritenuto di adottare una terza via – già indicata in passato da una ben datata pronuncia della Corte (cfr. Cass. Civ. 15.06.1951, n.1545 – Pres. Mandrioli, Est. Torrente) – integrante la necessità di proporre un’azione di accertamento negativo della falsità, rispondendo in tal modo alle esigenze sottese ai richiamati orientamenti.
In conclusione, le SS.UU., nella pronuncia in esame, hanno affermato il seguente principio di diritto : << La parte che contesti l’autenticità del testamento olografo deve proporre domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura, e l’onere della relativa prova, secondo i principi generali dettati in tema di accertamento negativo, grava sulla parte stessa >>.
Verona, 1 luglio 2015
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