Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato il seguente principio di diritto (Cass.24823/2015):
“Differentemente dal diritto dell’Unione europea, il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo all’Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l’invalidità dell’atto. Ne consegue che, in tema di tributi “non armonizzati”, l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito.
Invece, in tema di tributi “armonizzati”, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto”.
Le Sezioni Unite hanno, quindi, precisato che le garanzie fissate nell’art. 12, comma 7, L. 212/2000 trovano applicazione esclusivamente “in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente”, valutati il dato testuale della rubrica (“Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali”) e, soprattutto, quello del primo comma dell’art. 12 L. 212/2000 (coniugato con la circostanza che l’intera disciplina contenuta nella disposizione risulta palesemente calibrata sulle esigenze di tutela del contribuente in relazione alle visite ispettive subite in loco), che, esplicitamente, si riferisce agli “accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali”, ad operazioni, cioè, che costituiscono categorie d’intervento accertativo dell’Amministrazione tipizzate ed inequivocabilmente identificabili, in base alle indicazioni di cui all’art. 52, comma 1, DPR 633/1972, richiamato, in tema di imposte dirette dall’art. 32, comma I, DPR 600/1973 e, in materia di imposta di registro, dall’art. 53/bis DPR 131/1986.
Ipotesi tutte “caratterizzate dall’autoritativa intromissione dell’Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente alla diretta ricerca, quivi, di elementi valutativi a lui sfavorevoli: peculiarità che specificamente giustifica, quale contro bilanciamento, il contraddittorio al fine di correggere, adeguare e chiarire, nell’interesse del contribuente e della stessa Amministrazione, gli elementi acquisiti presso i locali aziendali”.
La Corte di Cassazione ha ribadito, confermando l’orientamento del giudice di legittimità già formatosi, che le garanzie fissate nell’art. 12, comma 7, L. 212/2000, pur applicandosi esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente, prescindono “dal fatto che l’operazione abbia o non comportato constatazione di violazioni fiscali (cfr.: Cass. 15010/14, 9424/14, 5374/14, 2593/14, 20770/13, 10381/11)”.
Rileva, invero, al fine di giustificare, come controbilanciamento, la necessità del contraddittorio, che si sia trattato di verifiche, tipizzate, caratterizzate “dall’autoritativa intromissione dell’Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente alla diretta ricerca, quivi, di elementi valutativi a lui sfavorevoli”.
I principi sopra esposti si applicano anche in ipotesi di controllo fiscale effettuato previo accesso, presso gli uffici del contribuente, proprio al fine di ricerca ed acquisizione documentale, sia pure accompagnato da contestuali indagini finanziarie avviate per via telematica e con consegna di ulteriore documentazione da parte dell’accertato (Cassazione – Sesta Sezione Civile – Ordinanza n. 10989 depositata il 05 maggio 2017).
In sede di redazione dei ricorsi e degli appelli è opportuno fare le suddette eccezioni di diritto.
Lecce, 13 maggio 2017
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