Contraddittorio tecnico-scientifico e tutela del diritto di difesa

     Indice

  1. Il caso di specie
  2. La decisione della Corte
  3. Il “foglietto illustrativo” per il consulente tecnico

1. Il caso di specie

La sentenza della Seconda Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione n. 19134 del 17/03/2022 ha ad oggetto la questione relativa all’accertamento della responsabilità per i reati di usura e riciclaggio, rilevando la lesione (da parte della Corte di Appello di Bari) del diritto al contraddittorio nella formazione della prova scientifica in quanto in secondo grado non veniva ammesso all’esame il consulente tecnico della difesa e non veniva acquisita la sua relazione.

La Corte di Appello di Bari confermava la responsabilità dell’imputato per il reato di usura ai danni di un altro soggetto, infliggendo la pena di anni tre e sei mesi di reclusione nonché di 12.000€ di multa oltre alla pena accessorie dell’interdizione dei pubblici uffici per una durata complessiva di cinque anni; confermava la condanna per un’altra imputata per il reato di riciclaggio e veniva inflitta la pena di tre anni di reclusione e 30.000€ di multa.

Avverso la sentenza, proponeva ricorso per Cassazione il difensore di uno degli imputati, il quale tra le tante violazioni ed omissioni ne deduceva: la violazione dell’articolo 522 c.p.p.; la violazione degli artt. 192, 500, 493, co. 3, c.p.p. e vizio di motivazione; la violazione dell’articolo 270 c.p.p. ed altre violazioni ed omissione la cui dettagliata analisi si rimette alla lettura del corpo della sentenza.

Ciò che rileva sottolineare, in questa sede, è soprattutto la violazione degli articoli 230 ss. e 501 c.p.p.: se ne deduceva l’illegittimità della mancata escussione dei consulenti di parte; l’illegittimità della mancata acquisizione della sua relazione: in quanto tecnico di parte, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di merito, aveva partecipato all’accertamento tecnico, inviando documentazione che veniva presa in carico dal perito. Il mancato esame del consulente di parte e l’omessa acquisizione della sua relazione, avrebbe così impedito la perfezione del contraddittorio sulla prova scientifica, ledendo il diritto di difesa. E ancora, si contestava la violazione dell’articolo 603 c.p.p. ed il vizio di motivazione con riguardo alla mancata acquisizione in sede di rinnovazione dibattimentale in appello degli esiti delle indagini difensive.


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2. La decisione della Corte

Gli Ermellini, con la sentenza in oggetto rilevano che il contraddittorio nella formazione della prova tecnico-scientifica deve essere salvaguardato nel corso di tutte le fasi che compongono la formazione della prova stessa: dal conferimento dell’incarico fino all’esame dibattimentale dell’esperto.

Non si esime dal ricordare, poi, che il diritto al contraddittorio per la formazione della prova (anche) scientifica, non solo è garantito dalla Costituzione ma è anche tutelato dalla Convenzione EDU nel rispetto della “parità delle armi” (art. 6 § 1 Cedu) che impone di offrire all’accusato la possibilità di confutare la tesi del consulente tecnico d’ufficio o di parte, attraverso la tesi introdotta nel processo dal proprio consulente.

È doveroso richiamare il concetto di processo equo (“fair hearing”) il quale non può che essere strettamente connesso al diritto di difesa nella sua massima estrinsecazione anche in sede di secondo grado di giudizio.

L’attenzione volge anche (ed inevitabilmente) su un altro punto: nella pronuncia in oggetto, il Consesso prende le distanze da un proprio orientamento restrittivo ritenendolo, ormai, superato: richiamando la Corte Europea nel caso Matytsina v. Russia (27aprile 2014) chiarisce la lesione del principio del contraddittorio proprio nella “mancata acquisizione delle prove tecniche di parte e, segnatamente, nella mancata  escussione degli esperti dell’accusa dei quali era stata acquisita la relazione”; richiamando la stessa corte di Strasburgo nel caso Mantovanelli v. Francia (18 marzo 1997) rileva “l’iniquità del processo e la violazione dell’art. 6 § 1, perché ai ricorrenti non era stato consentito di partecipare alle operazioni peritali extraprocessuali, sviluppatesi attraverso l’audizione di persone in possesso di informazioni decisive”. Ebbene, per la prima volta, abbracciando questa nuova impostazione di pensiero, la Cassazione apre il ventaglio a nuove ipotesi di violazione del diritto non confinandolo, come era stato prima d’ora, al solo caso dell’omesso esame di consulenti di parte “attivi”, vale a dire coloro che avessero già fornito un contributo concreto allo svolgimento delle operazioni peritali in ambito extraprocessuale. Non sembra logico, pertanto, omettere l’esame dell’esperto solo perché “non attivo” in una prima fase se è vero che, come detto precedentemente, il principio del contraddittorio “per” e “sulla” prova dev’essere garantita in ogni fase procedimentale.

Secondo questa rilevante giurisprudenza, non consentire alla parte che lo richiede (che il proprio consulente tecnico esprima in contraddittorio le ragioni del suo dissenso rispetto alle conclusioni del perito) integra una lesione del diritto di difesa, poiché si negherebbe di contraddire una risultanza probatoria sfavorevole.

Il principio del contraddittorio non può non richiamare anche quello dell’immediatezza: in questa sede, infatti, gli Ermellini ricordano come l’esame del perito e del consulente tecnico vada garantito in ogni sua fase anche a seguito dell’acquisizione degli elaborati scritti ex art. 511, comma 3, c.p.p.

Per questi ed altri motivi, il Supremo collegio annullava la sentenza con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Bari.

3. Il “foglietto illustrativo” per il consulente tecnico

Gli operatori forensi sanno bene che il concetto di “prova scientifica” non implica certezza, oltre ogni ragionevole dubbio, del fatto da provare e sanno bene che il suo espletamento non può mai inficiare le garanzie previste dall’ordinamento penale. La prova scientifica, quindi, pur nel suo condivisibile ed alto grado di affidabilità, non può essere considerata alla stregua di “portatrice di verità assoluta” e non può essere innalzata a rango di prova “regina” poiché falsificabile e fallibile e, pertanto, assoggettata alle tradizionali dinamiche di rito e ai solidi canoni della epistemologia processuale.      

Affinché venga garantita effettiva tutela del diritto di difesa, la sentenza in esame precisa, in conclusione, che i consulenti di parte devono:

  1. Avere la possibilità di presenziare al conferimento dell’incarico nonché alla formulazione del quesito. Si richiama l’articolo 230 c.p.p. rubricato “Attività dei consulenti tecnici”. Nello specifico il riferimento è al comma 1 del predetto articolo, il quale dispone che “I consulenti tecnici possono assistere al conferimento dell’incarico del perito e presentare al giudice richieste, osservazioni e riserve […]”.
  2. Essere posti nelle condizioni di partecipare alle operazioni peritali. Lo stesso articolo 230 c.p.p., al comma successivo prevede che i consulenti tecnici “possono partecipare alle operazioni peritali, proponendo al perito specifiche indagini e formulando osservazioni e riserve […]”
  3. Quando la parte lo richiede, devono essere esaminati in contraddittorio nel dibattimento (o in caso di incidente probatorio) non rilevando che la loro partecipazione alle operazioni peritali sia stata “non attiva” ovvero propositiva di determinate critiche nei confronti del metodo applicato. Qui il riferimento è all’articolo 468 c.p.p. rubricato “Citazione di testimoni, periti e consulenti tecnici”: la disposizione, al fine di garantire una preventiva discovery delle liste testimoniali, consente alle parti di inserire in lista i consulenti allo scopo di ottenerne l’esame. Del resto, il diritto ad un contraddittorio nella formazione della provo scientifica è tutelato anche dalla facoltà di nominare gli esperti anche “dopo l’esaurimento delle operazioni peritali” così come previsto ex 230, comma 3, c.p.p.

Trattasi di “una griglia di tutela, che all’evidenza sostiene tutto l’iter di formazione della prova scientifica (e si dipana anche “oltre” con la previsione del diritto alla nomina di consulenti extraperitali). E che non appare compatibile con la limitazione del diritto all’esame del consulente di parte nei soli casi in cui questi, nel corso delle operazioni peritali, abbia manifestato il suo parere contrario al metodo proposto e in concreto utilizzato.”

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Francesca Carrozzo

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