Contratti a progetto: commento alla sentenza 25 ottobre 2005 del Tribunale di Ravenna

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Continua l?opera interpretativa degli artt. 61 e seguenti del D.Lgs. 276/2003 (c.d. Riforma Biagi).

Ad appena sei mesi dalla nota pronuncia del Tribunale di Torino (sentenza 5 aprile 2005 2005, dott.ssa Malanetto), infatti, la giurisprudenza di merito torna ad occuparsi di contratti a progetto.

A pronunciarsi, stavolta, ? stato il Tribunale di Ravenna (dott. Riverso) con la sentenza 25 ottobre 2005.

Oltre a consolidare tendenzialmente l?indirizzo interpretativo gi? imboccato dal giudice torinese, la sentenza di Ravenna ? importante perch? contribuisce ad individuare, e a decifrare, maggiormente quelli che, a ben vedere, sono gli aspetti pi? controversi della legge: la forma scritta (richiesta dall?art. 62 del D.Lgs. 276/2003) e il sistema sanzionatorio ricollegabile alla sostanziale mancanza di un progetto (disciplinato dall?art. 69, comma 1).

In primo luogo, anche il Giudice di Ravenna ha ritenuto di accogliere l?interpretazione fornita dal Mnistero del Lavoro (circolare n. 1 dell?8 gennaio 2004[1]) circa la necessaria? forma scritta del contratto di lavoro a progetto.

La forma scritta del contratto, infatti, sarebbe dalla legge richiesta ai della prova dello stesso (ad probationem), e non, come pure prospettato da qualcheduno in dottrina, ai fini della sua validit? (ad substantiam).

Sul piano pratico, se queste prime interpretazioni verranno confermate e fatte proprie dalla giurisprudenza dei magistrati di competenza superiore, si produrranno importanti conseguenze.

La regola cos? individuata, infatti, ? destinata ad incidere soprattutto sulla sfera giuridica del committente, dal momento che la tutela ? davvero minima ? che il legislatore collega al contratto in discorso dovrebbe ridurre a pochi casi in cui il collaboratore abbia interesse a chiedere giudizialmente la qualificazione del rapporto in termini di lavoro a progetto; pi? spesso, infatti, sar? il committente ad avere interesse a provare l?esistenza tra le parti di un rapporto di lavoro a progetto: prova che, in applicazione dell?art. 62 D.Lgs. 276/2003, non potr? essere fornita per testimoni[2].

In questi casi la prova per testimoni sar? ammissibile, ai sensi dell?art. 2724 n. 3 Cod. Civ. , esclusivamente nei casi in cui la parte, ?senza sua colpa?, abbia smarrito il documento che faceva prova.

Altro aspetto significativo preso in esame dalla sentenza di Ravenna ?, poi, rappresentato dall?interpretazione delle conseguenze sanzionatorie ricollegabili all?oggettiva carenza di un progetto, previste dall?art. 69, co. 1, del D.Lgs. 276/2003.

In questo caso, il Giudice, superando la rigidit? della lettera della norma e le ?insidie interpretative? alla stessa connesse, mostra di rinvenire nella normativa in esame l?introduzione di una presunzione iuris tantum (relativa) di subordinazione che pu? essere vinta dal committente, sul quale incombe l?onere di provare la natura autonoma dell?attivit? lavorativa svolta dai collaboratori a progetto[3].

Infatti, ai sensi dell?art. 69, co. 1, ?i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa instaurati senza l?individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro? fase di esso sono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto?.

La giurisprudenza di merito, quindi, mostra di non volere accogliere, almeno per il momento, l?interpretazione particolarmente rigorosa di tale norma, pure prospettata con autorevolezza in dottrina[4].

Al contrario, il Giudice dimostra, ancora una volta, di condividere l?interpretazione fornita dal Ministero nella succitata circolare n. 1 dell?8 gennaio 2004 laddove, infatti, si legge che ?l?art. 69, comma 1, stabilisce una presunzione che pu? essere superata qualora il committente fornisca in giudizio prova dell?esistenza di un rapporto di lavoro effettivamente autonomo?.

Non va trascurato, inoltre, il fatto che, per questa via, la giurisprudenza di merito aggira gli importantissimi dubbi di costituzionalit? che vizierebbero, almeno per la dottrina pi? attenta, l?art. 69 del D.Lgs. 276/2003.

I dubbi di legittimit? costituzionalit?, infatti, riguarderebbero proprio quell?interpretazione rigorosa dell?art. 69 gi? segnalata in precedenza.

Una letterale applicazione dell?art. 69, infatti, presupporrebbe una sorta di costituzionalizzazione della nozione di lavoratore subordinato[5]e comporterebbe, inoltre, la lesione del principio di uguaglianza di cui all?art. 3 della Costituzione in quanto, per questa via, le collaborazioni senza progetto realmente coordiante, e quindi non di lavoro subordinato, finirebbero per essere assoggettate alla disciplina del lavoro subordinato[6].

Per la segnalata giurisprudenza, invece, qualora venga accertata la mancanza o l?invalidit? del progetto, il committente pu? comunque evitare la riqualificazione in termini di subordinazione del rapporto fornendo la prova del fatto che il rapporto si sia svolto in un regime di effettiva autonomia.

Nel caso giudicato dal Tribunale di Ravenna (contrariamente a quanto era avvenuto nella nota sentenza di Torino) si ? giunti proprio a negare la natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso fra la lavoratrice ? che svolgeva attivit? di riorganizzazione dell?ufficio commerciale di una societ? manifatturiera, con l?obiettivo di migliorarne i risultati e l?efficienza complessiva ? e il suo committente.

Per pervenire a questa conclusione il Giudice ha provveduto ad esaminare, in concreto, le modalit? di svolgimento dell? attivit? lavorativa svolta.

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Dott. Rosario Panzariello

www.riformabiagi.com

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[1] In questa circolare il Ministero ha avuto modo di precisare che, seppure la forma scritta sia richiesta solo ai fini della prova, quest?ultima sembra assumere valore decisivo rispetto all?individuazione del progetto, del programma di lavoro o fase di esso in quanto, in assenza di forma scritta, non sar? affatto agevole per le parti contrattuali dimostrare la riconducibilit? della prestazione lavorativa ad un progetto, programma di lavoro o fase di esso.

In definitiva: il contratto a progetto carente, totalmente o parzialmente, degli elementi ?n forma scritta? elencati dall?art. 62 non ? nullo ma sar?, solo, molto pi? difficile per le parti fornirne la prova. 

[2] V. Pinto, ?Le collaborazioni coordinate e continuative e il lavoro a progetto? in Lavoro e diritti dopo il d.lgs. 276/2003, a cura di P. Curzio, Cacucci, 2004.

[3] Il Sole24Ore del 9 gennaio 2006, n. 8, pag. 44.

[4] Per tutti vedi M. Miscione, il collaboratore a progetto, in Lav. Giur. 2003, 821. 

[5] M. Magnani e S. Spartano, Il lavoro a progetto.

[6] G. Santoro ? Passatelli, Prime chiose alla disciplina del lavoro a progetto. 

Panzariello Rosario

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