Eccessiva onerosità.Articolo 1467 cod. civ.
Quando tra il momento della stipulazione del contratto e quello della sua esecuzione intercorre un certo periodo di tempo può accadere che in questo periodo si verifichino eventi tali da modificare l’originaria valutazione dell’una o dell’altra parte circa la convenienza economica dell’operazione programmata. Tuttavia il legislatore ha concesso un rimedio per il caso più grave in cui fatti sopravvenuti straordinari ed imprevedibili rendano la prestazione di una delle parti eccessivamente onerosa, determinando un sacrificio sproporzionato di una parte a vantaggio dell’altra. Si ha pertanto diritto alla risoluzione del contratto per eccessiva onerosità quando concorrano le seguenti condizioni (articolo 1467 cod. civ.)
a) Che si tratti di contratti per i quali è previsto il decorso di un intervallo di tempo tra la stipulazione dell’accordo e la sua esecuzione
b) Che si verifichi una eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione di una delle parti. Anzitutto deve trattarsi di una onerosità sopravvenuta successivamente alla conclusione del contratto. In secondo luogo deve trattarsi di una onerosità eccessiva, che crei cioè uno squilibrio economico grave tra prestazione e controprestazione
c) Che l’eccessiva onerosità dipenda da avvenimenti straordinari e imprevedibili. La prevedibilità va valutata in astratto. Analogamente a quanto abbiamo già visto in tema di rescissione del contratto, la parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offredo (articolo1467 cod.civ) di modificare equamente le condizioni del contratto fino a ricondurre il rapporto tra le prestazioni entro i limiti dell’alea normale del contratto. Si verifica allora non la risoluzione, ma la revisione del contratto. (Torrente, Manuale: Pagg. 632-634).
Impossibilità sopravvenuta della prestazione
Com’è noto, di questi tempi si è diffusa una malattia, il c.d. COVID19 (Coronavirus), che si sta diffondendo non solo in varie zone d’Italia, ma anche del mondo, stante la sua contagiosità e i suoi sintomi, tutt’ora allo studio della comunità scientifica, anche internazionale. Si parla, pertanto, in diritto, anche di impossibilità sopravvenuta. Quando, però, la prestazione diviene impossibile? Quali sono le sue caratteristiche? Dobbiamo, ancora una volta, fare riferimento ai sacri testi. L’impossibilità sopravvenuta della prestazione, com’è noto (articolo 1256 cod. civ.) estingue l’obbligazione. Essa, perciò, libera la parte che vi era tenuta. Nei contratti corrispettivi essa fa anche venir meno la giustificazione del diritto alla controprestazione e, quindi, la causa del rapporto e perciò dsa luogo alla risoluzione (articolo 1463 cod. civ.). Tale risoluzione opera di diritto. Se la prestazione è divenuta solo parzialmente impossibile (impossibilità parziale), il corrispettivo è giustificato solo per la parte corrispondente e deve essere ridotto: la risoluzione non è totale, ma parziale.
Se però la prestazione che è residuata non offre un interesse apprezzabile per il creditore egli può recedere dal contratto (articolo 1464 cod. civ.). (C.f.r. Torrente (cit.) Manuale, pag. 630) III) Considerazioni personali. Bisogna quindi, alla luce di tutti questi principi, vedere quali effetti scaturiscono in un contratto di viaggio. Per vacanze. Quand’è dunque che la prestazione diviene impossibile? Quando materialmente non c’è, appunto, la possibilità di eseguire la prestazione dedotta nel contratto e nell’obbligazione. Da cosa dipende? E qui, sebbene sembri una valutazione accademica, debbono essere svolte alcune considerazioni. Se dunque il viaggio deve essere svolto imminentemente, in una zona di’Italia, del Mondo, colpita da COVID 19, certamente potrebbe sussistere una difficoltà nell’esecuzione della prestazione. Tuttavia l’impossibilità è un concetto molto rigoroso. E secondo chi scrive presuppone, anche da un punto di vista parziale, che la stessa sia divenuta nel modo più assoluto ineseguibile. In questo caso, occorre invece avere a riferimento proprio questi avvenimenti eccezionali e imprevedibili e capire se e come gli stessi possano incidere sulla corretta esecuzione del contratto.
D’altro canto, “anche per i contratti cosidetti commutativi le parti, nel loro potere di autonomia negoziale, possono prefigurarsi la possibilità di sopravvenienze, che incidono o possono incidere sull’equilibrio delle prestazioni, ed assumere, reciprocamente, il rischio, modificando in tal modo lo schema tipico del contratto commutativo e rendendolo per tale aspetto aleatorio, con l’effetto di escludere, nel caso di verificarsi di tali sopravvenienze, l’applicabilità dei meccanismi riequilibratori previsti nell’ordinaria disciplina del contratto” L’assunzione di detto rischio può dunque, secondo la citata sentenza, “formare oggetto di una espressa pattuizione, ma può anche risultare per implicito dal regolamento convenzionale che le parti hanno dato al rapporto e dal modo in cui hanno strutturato le loro obbligazioni (C.f.r Cass. Civ. Sez.II 1 ottobre 2012, n. 17485).
Quindi, beninteso, pur dovendo andare a vedere caso per caso quanto evincibile dal contratto (di viaggio) in genere, bisogna andare a vedere quale sia la portata di questi avvenimenti e, dunque, capire se e in che modo, per un principio di conservazione del contratto, lo stesso possa essere conservato e, come dice la norma, revisionato. In ogni caso, ad avviso di chi scrive, parlare di articolo 1463 cod.civ., parlare di impossibilità sopravvenuta della prestazione appare quantomeno un pò precipitoso e, semmai sarebbe più opportuno vedere, caso per caso, se la prestazione rimane eseguibile e non imposibile. Lasciando in piedi il contratto. Conservando la prestazione. Non risolvendo il contratto se comunque soluzioni possono essere trovate.
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