I contratti di lavoro a progetto nel settore sportivo “profit”

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L’entrata in vigore della Legge Biagi, l’emanazione del decreto applicativo e delle circolari collegate, nonché l’avvicinarsi della data di scadenza delle proroghe concesse alle collaborazioni coordinate e continuative cosiddette “senza progetto”, hanno introdotto non pochi dubbi sulle forme possibili di inquadramento nel settore delle attività economiche legate allo sport.

Fino ad oggi, infatti, gli operatori tecnici degli impianti sportivi, e con questo si intendono gli istruttori,  i formatori, gli allenatori,  sono stati impiegati sotto forma di collaboratori coordinati e continuativi. Dal 24 ottobre 2004 queste forme di inquadramento devono essere trasformate in collaborazioni a progetto oppure in una forma di lavoro subordinato.

Come chiarito dal Ministero del Welfare:

Il contratto di lavoro a progetto è un contratto di collaborazione coordinata e continuativa caratterizzato dal fatto di:

essere riconducibile a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso

essere gestito autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con l’organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa

La disciplina prevista in materia di lavoro a progetto è finalizzata a prevenire l’utilizzo improprio delle collaborazioni coordinate e continuative e a tutelare maggiormente il lavoratore.

Il contratto di lavoro a progetto può essere stipulato da tutti i lavoratori e per tutti i settori e le attività, con le seguenti esclusioni:

agenti e rappresentanti di commercio

coloro che esercitano professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione a specifici albi professionali (già esistenti al momento dell’entrata in vigore del decreto)

componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società

partecipanti a collegi e commissioni (inclusi gli organismi di natura tecnica)

pensionati al raggiungimento del 65° anno di età

atleti che svolgono prestazioni sportive in regime di autonomia, anche in forma di collaborazione coordinata e continuativa

collaborazioni coordinate e continuative di tipo occasionale “minima”, ovvero di durata non superiore a 30 giorni con un unico committente, e per un compenso annuo non superiore a 5.000 euro con lo stesso committente

rapporti di collaborazione con la pubblica amministrazione

rapporti e attività di collaborazione coordinata e continuativa comunque resi e utilizzati a fini istituzionali in favore di associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano)

Il contratto di co.co.co. è stato finora il più utilizzato nel settore sportivo “profit” a causa principalmente della necessaria ed indispensabile versatilità di impiego di dette figure professionali.

Gli impianti sportivi che esercitano attività rivolta al pubblico, infatti, quali principalmente palestre, centri fitness, piscine, attività quindi non strettamente riconducibili all’allenamento di atleti, organizzano corsi sportivi con cadenza periodica.

La durata di ogni corso può essere variabile a seconda della struttura ma anche a seconda del tipo di attività, pur all’interno della stessa struttura.

Esistono così corsi mensili, trimestrali, quadrimestrali, annuali, senza tempo ma con un numero fisso di lezioni (le cosiddette “tessere a punti”) oppure senza un numero di lezioni fisso ma con una durata temporale stabilita.

Ora, in queste circostanze, è sicuramente difficile, per non dire impossibile, predeterminare quante unità tecniche dovranno essere impegnate, per quanti giorni o per quante ore, con un anticipo di tempo sufficiente a stilare contratti di lavoro di tipo tradizionale.

In più, l’elevato numero di collaboratori e la natura stessa del lavoro da svolgere fa si che le assenze siano frequenti (anche con una sola linea di febbre è impossibile eseguire una lezione di aerobica in acqua) e spesso non prevedibili. La necessità di sostituire il personale assente in modo agile e veloce è quindi fondamentale per garantire all’utenza un servizio efficiente.

Ogni istruttore svolge la sua lezione in modo rispondente alle proprie attitudini, capacità, esperienze professionali. Il coordinamento da parte del gestore-datore di lavoro si limita a definire alcune linee guida all’interno delle quali ogni istruttore si muove in piena autonomia.

Il rapporto con l’utenza, nell’ambito del settore sportivo, deve necessariamente e per propria natura essere flessibile, vario, capace di accogliere nuove esigenze e nuove professionalità.

Con la nuova normativa, affinchè ci sia rapporto di collaborazione coordinata e continuativa – e non si ricada pertanto nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato – è richiesta la presenza dei seguenti elementi:

  1. prestazione resa in modo prevalentemente personale;
    2. attività resa senza vincoli di subordinazione;
    3.riconducibilitàdella prestazione ad uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente;
    4. gestione del progetto o programma di lavoro o fase del programma di lavoro da parte del collaboratore in autonomia e in funzione del risultato;
    5. attività di coordinamento con la organizzazione del committente;
    6. incarico che prescinde dal tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa.
    Tutte queste peculiarità sono presenti nella prestazione d’opera di un istruttore sportivo, considerando il progetto come il compimento di una fase didattica o di allenamento fisico.

Il progetto va infatti redatto dal committente, cioè il gestore dell’impianto sportivo, ed è il programma didattico di svolgimento dei corsi; ma va gestito in autonomia dal collaboratore, che infatti deve di volta in volta proporre, valutare i risultati e impostare il prosieguo della propria progressione didattica in base alle risposte del gruppo ed ai risultati man mano conseguiti.

L’individuazione del progetto o programma di lavoro o fase di esso costituisce l’elemento cardine della collaborazione coordinata e continuativa nella sua nuova formulazione e va attentamente individuato, poichè l’eventuale carenza di questo presupposto comporta l’automatica trasformazione del rapporto in lavoro subordinato.
L’attività accertativa comunque si limita a verificare la sussistenza del progetto, programma di lavoro o fase di esso, non potendosi estendere nel merito di valutazioni e scelte tecniche, organizzative o produttive, in ogni caso di esclusiva competenza del committente.

Il decreto esplicativo del Ministero del Welfare interviene inoltre nel riconoscere diritti e doveri in capo al collaboratore quali :
1. il diritto a percepire un corrispettivo proporzionato alla quantità e qualità del lavoro espletato, tenendo conto dei compensi normalmente corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo nel luogo di esecuzione dell’incarico;
2. il diritto del collaboratore di svolgere altre prestazioni lavorative, salvo diverso accordo tra le parti;
3. il divieto in capo al prestatore di svolgere attività in concorrenza con il/i committente/i;
4. l’obbligo di riservatezza in capo al prestatore;
5. il diritto del collaboratore di essere riconosciuto autore della invenzione fatta nello svolgimento del rapporto;
6. la garanzia che il rapporto non si estingue ma si sospende – senza erogazione di corrispettivo – in caso di gravidanza, malattia e infortunio. In questi ultimi due casi però la sospensione del rapporto non comporta una proroga della durata del contratto, che si estingue alla scadenza, salva diversa previsione del contratto individuale. Il committente può comunque recedere dal contratto se la sospensione si protrae per un periodo superiore a un sesto della durata stabilita nel contratto, quando essa sia determinata, ovvero superiore a trenta giorni per i contratti di durata determinabile. In caso di gravidanza, la durata del rapporto e’ prorogata per un periodo di centottanta giorni, salva piu’ favorevole disposizione del contratto individuale;
7. applicazione delle norme sulla sicurezza e igiene del lavoro (ex DLgs n. 626 del 1994) quando la prestazione lavorativa si svolga nei luoghi di lavoro del committente;
8. applicazione delle norme di tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.

E’ evidente che nell’ambito sportivo un progetto esiste, ed è quello didattico dello svolgimento dei singoli corsi, anche se è per sua natura ripetitivo. Va rinnovato continuamente ripetendo se stesso.

Ancora dal sito del Ministero del Welfare:

Il contratto deve avere una durata determinata o determinabile.

La durata è funzionale all’esecuzione del risultato ed infatti è espressamente previsto (cfr. voce estinzione del rapporto) che il contratto si estingua al momento della realizzazione del progetto.

Si differenzia dal contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, laddove il termine indica

esclusivamente il periodo in cui il lavoratore è a disposizione del datore per lo svolgimento delle

mansioni contrattualmente previste.

Dalla Circolare 1/2004.

Rinnovo

Analogo progetto o programma di lavoro può essere oggetto di successivi contratti di lavoro con lo stesso collaboratore.

Quest’ultimo può essere a maggior ragione impiegato successivamente anche per diversi progetti o programmi aventi contenuti del tutto diverso.

Tuttavia i rinnovi, così come i nuovi progetti in cui sia impiegato lo stesso collaboratore, non devono costituire strumenti elusivi dell’attuale disciplina.

Ciascun contratto di lavoro a progetto deve pertanto presentare, autonomamente considerato, i requisiti di legge.

Non si vedono quindi impedimenti ad impiegare gli attuali co.co.co. come collaboratori a progetto per il futuro, poiché nessuna delle disposizioni previste dalla Legge Biagi e dai documenti successivamente emanati risultano essere in disaccordo con quanto già veniva messo in atto prima della riforma.

Il mondo dello sport “no profit”, al pari di altre associazioni di categoria “forti”, ha trovato la propria via, riuscendo a mantenere in vigore il “contratto sportivo” che consente di porre in atto collaborazioni senza contribuzione inps e senza versamenti irpef fino ad un importo massimo di 7.500 euro l’anno e con un adeguato versamento irpef sopra tale importo.

Naturalmente, ciò vale solamente per le collaborazioni svolte per società sportive dilettantistiche affiliate ad una federazione sportiva o ad un ente di promozione. Società, per propria definizione, senza finalità di lucro.

Considerando le totali affinità della prestazione d’opera di un collaboratore sportivo che opera presso una struttura con o senza finalità di lucro, giusto sarebbe stato, in sede di trattativa, far passare il concetto di “lavoro sportivo” come concetto a se stante consentendo, se non altro, la continuazione dell’utilizzo delle co.co.co. anche per le società operanti nel settore dello sport con finalità di lucro.

Non esistono infatti differenze sostanziali nel concetto di sviluppo del lavoro e non c’è regione, se non quella della difesa corporativa, per non riuscire ad identificare TUTTI gli operatori dello sport come categoria a parte, alla stregua degli agenti e dei rappresentanti di commercio.

Nella situazione attuale, comunque, resta la possibilità di difendere e di portare avanti le ragioni di una impossibilità oggettiva a ricondurre gli operatori tecnico- sportivi a contratti di lavoro rigidi. Ben vengano, infatti, le maggiori garanzie offerte al collaboratore con il contratto di lavoro a progetto, poiché non è questo che viene messo in discussione dagli operatori.

La difesa dell’autonomia si può ottenere solamente difendendo la validità del “progetto sportivo”, introducendo nella nuova figura di collaborazione professionale un progetto di lavoro valido, rinnovato si uguale a se stesso, ma reale.

Dott.ssa Prola Rossana

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