Nozione di coassicurazione[1]
Il contratto di coassicurazione rientra, dal punto di vista concettuale, nella più vasta fattispecie del contratto di coassicurazione, disciplinato dall’art. 1911 c.c.
Allo stato attuale, tale contratto trova la sua regolamentazione, oltre che nel su citato art. 1911 c.c., anche in un’apposita disciplina comunitaria, recepita con la legge 11 novembre 1986, n. 772, e successivamente modificata dal D. Lgs. 15.1.1992, n. 49.
Tale normativa, però, riguardando espressamente fenomeni di interesse comunitario, non sarà oggetto della presente trattazione, la quale si concentrerà espressamente sulla disciplina a carattere nazionale.
Il contratto di coassicurazione[2] viene adoperato quando si intende coprire dei rischi di cui non si conosce la probabilità di accadimento, ovvero quando si tratta di rischi con un’alta probabilità che si verifichi il sinistro, oppure, infine, quando si tratta di interessi di alto valore economico, a causa della cui entità ben difficilmente un solo assicuratore potrebbe assumersi da solo l’intero rischio[3].
Lo scopo di tale istituto è, in effetti, la ripartizione del rischio tra diversi assicuratori, secondo quote predeterminate, in modo tale che ciascuno di essi risponde solo della quota personalmente assicurata[4].
Pertanto, con il contratto di coassicurazione ci si trova davanti a rapporti assicurativi separati, nei quali ciascun coassicuratore è titolare di distinte posizioni giuridiche soggettive.
Chiariti i tratti distintivi del contratto di coassicurazione, è opportuno sottolineare che esso va tenuto distinto da altre particolari figure negoziali, anch’esse caratterizzate dall’esigenza della ripartizione del rischio assunto da più compagnie di assicurazione.
Tra esse, vogliamo in particolare sottolineare:
l’assicurazione plurima o cumulativa: essa è regolata dall’art. 1910 c.c.[5], e riguarda il caso in cui per il medesimo rischio risultano contratte separatamente più assicurazioni presso diversi assicuratori. In tale ipotesi ci troviamo di fronte a più contratti volti a tutelare lo stesso interesse contro il medesimo rischio, per cui, in seguito al verificarsi di un dato evento, più assicuratori saranno obbligati contemporaneamente a pagare un’indennità a favore della stessa persona;
la riassicurazione: essa è invece disciplinata dall’art. 1928 c.c.[6], ed è un contratto rientrante nella categoria delle assicurazioni contro i danni, in quanto attraverso tale forma l’assicuratore si copre del rischio assunto nei confronti del suo assicurato, stipulando a sua volta una successiva assicurazione. Ovviamente, una delle più evidenti differenze tra la coassicurazione e la riassicurazione è che, mentre nella prima si richiede il consenso di tutte le parti, nella seconda non rileva il consenso dell’assicurato. Pertanto, mentre nella coassicurazione il rischio viene ripartito sullo stesso livello tra più soggetti vincolati nei confronti del medesimo assicurato, nella riassicurazione il rischio viene ripartito nei confronti di un unico soggetto, con una ripartizione “verticale” tramite un successivo trasferimento del rischio al riassicuratore, ferma restando l’estraneità dell’assicurato a tale fenomeno[7].
In merito alla natura giuridica dell’obbligazione scaturente dal contratto di coassicurazione, la giurisprudenza prevalente[8] distingue quest’ultima dallo schema dell’obbligazione solidale, in quanto, nel contratto di coassicurazione la prestazione è pari alla somma delle singole quote risarcitorie spettanti all’assicurato in ragione del rischio assunto dai singoli coassicuratori (mentre, nell’obbligazione solidale il totale da pagare non è coincidente con la somma delle singole prestazioni).
Si finisce così per affermare[9] che lo schema obbligatorio adottato dal contratto di coassicurazione è quello proprio delle obbligazioni parziarie[10].
Modalità di conclusione del contratto di coassicurazione
Il contratto di coassicurazione può essere concluso essenzialmente in due diverse maniere:
mediante un unico contratto al quale intervengono tutti gli assicuratori interessati, e con il relativo rilascio di un’unica polizza[11];
mediante più contratti, uno per ciascun assicuratore, con polizze diverse.
In Italia il sistema più diffuso è quello della polizza unica, con una partecipazione pro quota dei vari assicuratori, e conclusa da uno solo di essi per conto di tutti.
In merito alla somma assicurata, essa può essere stabilita in diversi modi:
si può fissare come pro quota del totale, ed a tale proposito distingueremo:
una quota variabile, fissata in percentuale (ad esempio, assicuratore A 20%; assicuratore B: 15%; assicuratore C: 35%, e via discorrendo);
una quota fissa;
altrimenti, essa può essere stabilita come una singola somma fissa (a titolo di esempio, assicuratore A: € 100.000; assicuratore B: € 200.000, assicuratore C: € 250.000, e via discorrendo)[12].
Per quanto riguarda la forma del contratto di coassicurazione, va subito precisato che ci troviamo di fronte all’assenza di norme specifiche in materia, per la qual cosa si deve fare riferimento a quanto dettato in tema di contratto di assicurazione. A tale proposito, l’art. 1888 c.c. prescrive espressamente che “il contratto di assicurazione deve essere provato per iscritto”. Pertanto, in virtù del rapporto analogico tra i due istituti, potremo affermare che, in relazione al contratto di coassicurazione, la legge richiede la forma scritta ad probationem, con la conseguenza che il difetto di questo requisito non determina l’invalidità del contratto[13].
La clausola giuridica di delega
Abbiamo già evidenziato che il contratto di assicurazione consiste in un’assunzione di rischio da parte di più assicuratori, che ripartiscono tra loro la quota dei rischi in base ad una proporzione fissata tra le parti.
Il contratto in questione genera pertanto separati rapporti giuridici, in ordine ai quali ciascun coassicuratore diviene titolare di singole posizioni giuridiche soggettive, sostanziali e processuali, relative al proprio rapporto giuridico.
Se dal punto di vista concettuale tali singoli rapporti assicurativi danno luogo a singoli atti negoziali, per ovvie ragioni di semplicità operativa e di efficienza procedurale si cerca di snellire l’intero processo ricorrendo ad un particolare strumento negoziale, definito “clausola di delega”[14]: questa è una figura contrattuale già presente in vari ordinamenti giuridici esteri, tra i quali citiamo quello tedesco, ma non espressamente disciplinata nell’ordinamento italiano, eccezion fatta per il contenuto dell’art. 2 legge 772/1986 in materia di coassicurazione comunitaria[15].
In generale, con la clausola di delega i coassicuratori conferiscono ad uno di essi (detto “impresa delegata” od anche “impresa delegataria”) un mandato con poteri rappresentativi per il compimento di determinati atti nell’interesse comune (quali, ad esempio, trattativa, stipula del contratto, riscossione dell’intero premio, determinazione del danno da risarcire, e via discorrendo)[16].
In altre parole, nell’ipotesi di coassicurazione con clausola di delega ci troviamo di fronte ad un mandato collettivo, ovvero ad un mandato conferito da più persone con un unico atto, ed allo stesso tempo ad un mandato in rem propriam, vale a dire stipulato per la realizzazione di un affare di comune interesse[17].
Tuttavia, tale elemento negoziale non incide nella pluralità dei rapporti assicurativi, sia dal punto di vista sostanziale che processuale: infatti, dottrina e giurisprudenza prevalente ritengono che la clausola di delega non elimini la caratteristica essenziale del contratto di coassicurazione, vale a dire l’assunzione pro quota del rischio secondo lo schema delle obbligazioni parziali. È stato infatti più volte ribadito che la clausola di delega riguarda esclusivamente la fase di conclusione e di gestione del contratto, e non incide sulla struttura genetica dello stesso[18].
Sul punto non si è comunque registrata unanimità di vedute: ed infatti, è stato obiettato che “il sistema della delega raggiunge, in pratica, gli effetti del sistema della solidarietà”, nel senso che “il mandato ad esigere il premio nell’interesse di tutti gli assicuratori conferisce al delegatario un potere analogo a quello che esercita il concreditore solidale nei confronti dell’unico debitore”[19].
Queste posizioni minoritarie non sono però accolte dalla dottrina e dalla giurisprudenza prevalente, secondo la quale la clausola di delega “si risolve nel conferimento ad uno dei coassicuratori dell’incarico di gestire la polizza con l’attribuzione di un potere di rappresentanza nel compimento di determinati atti giuridici”[20].
Conseguentemente, come la clausola di delega non può incidere sui profili sostanziali del contratto di coassicurazione, così non può alterare i termini processuali conseguenti ad un eventuale contenzioso. Pertanto, tutti i coassicuratori vanno visti come parte processuale, senza riguardo al fatto che l’assicuratore delegato possa esercitare la rappresentanza processuale degli altri coassicuratori.
La posizione giuridica della compagni delegataria
In base a quanto detto nel precedente paragrafo, ciascun assicuratore è titolare delle sole posizioni soggettive del proprio rapporto, anche nel caso in cui gli assicuratori, tramite la cosiddetta clausola di delega, deleghino uno di essi alla conclusione ed alla successiva gestione del contratto. Abbiamo infatti evidenziato come la clausola di delega si limiti a conferire alla compagnia delegataria solo delle facoltà inerenti la stipula e la gestione del contratto di coassicurazione. L’ampiezza di tale facoltà è di solito lasciata all’autonomia delle parti, e ciò è stato oggetto di un intenso dibattito, soprattutto a livello giurisprudenziale. Infatti, la giurisprudenza, in relazione alla clausola di delega, suole distinguere:
il profilo interno, che riguarda la gestione del rapporto contrattuale;
il profilo esterno, che riguarda la trattazione diretta delle questioni contrattuali con l’assicurato, e perciò anche l’eventuale fase del contenzioso.
Proprio con riguardo ai suddetti aspetti esterni, frequentemente accade che la clausola di delega possa attribuire alla compagnia delegataria la legittimazione attiva e passiva con riguardo all’emissione ed alla ricezione di tutte le comunicazioni inerenti il contratto stesso[21]. La stessa Suprema Corte ha ribadito che se, in una polizza di coassicurazione stipulata con la clausola di delega “si attribuisce il potere di ricevere tutte le comunicazioni contrattuali al coassicuratore delegatario, si conferisce a quest’ultimo anche il potere di ricevere la denuncia di sinistro e la richiesta di indennizzo”[22].
Invece, in oggetto al rapporto interno, la delegataria esercita un potere di guida, derivante direttamente dalla clausola di delega, che si tramuta in un potere gestorio del contratto.
Se questo è vero, va però sottolineato che è ormai pacifico che, in assenza di espressa previsione in tal senso, i poteri dell’impresa delegata non si estendono alla rappresentanza processuale[23].
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Note:
[1] Sul contratto di coassicurazione si veda, tra gli altri: VOLPE – PUTZOLU, L’assicurazione, in “Trattato Rescigno”, Obbligazioni e contratti, V, Torino, 1985, pag. 1979 e seg.; FANELLI, Saggi di diritto delle assicurazioni, Milano, 1971, pag. 484.
[2] “Si ha coassicurazione quando contro lo stesso rischio, sullo stesso interesse e per lo stesso tempo sono concluse più assicurazioni presso diversi assicuratori per la determinazione delle quote d’accordo tra i vari assicuratori”: così DONATI, Trattato delle assicurazioni private, Milano, II, 1954, pag. 274
[3] Così CASTELLANO – SCARLATELLA, Le assicurazioni private, Torino, 1987, pag. 102.
[4] Così FANELLI, voce Assicurazione contro i danni, in “Enciclopedia del Diritto”, Milano, 1981, III; pag. 14: “Poiché il fine specifico della coassicurazione è la ripartizione del rischio nelle sue conseguenze economiche e, quindi, l’esclusione della sovrapposizione delle garanzie assicurative, essa comporta necessariamente, da un lato, un accordo fra i coassicuratori, e, dall’altro, il consenso dell’assicurato che accetti la ripartizione medesima ed il conseguente frazionamento dell’indennità fra tutti gli assicuratori in proporzione della quota di rischio assunta da ciascuno di essi”.
[5] Art. 1910 c.c.: “Se per il medesimo rischio sono contratte separatamente più assicurazioni presso diversi assicuratori, l’assicurato deve dare avviso di tutte le assicurazioni a ciascun assicuratore.
Se l’assicurato omette dolosamente di dare l’avviso, gli assicuratori non sono tenuti a pagare l’indennità.
Nel caso di sinistro, l’assicurato deve darne avviso a tutti gli assicuratori, a norma dell’art. 1913, indicando a ciascuno il nome degli altri. L’assicurato può chiedere a ciascun assicuratore l’indennità dovuta secondo il rispettivo contratto, purché le somme complessivamente riscosse non superino l’ammontare del danno.
L’assicuratore che ha pagato ha il diritto di regresso contro gli altri per la ripartizione proporzionale in ragione delle indennità dovute secondo i rispettivi contratti. Se un assicuratore è insolvente, la sua quota viene ripartita fra gli altri assicuratori”.
[6] Art. 1928 c.c.: “I contratti generali di riassicurazione relativi ad una serie di rapporti assicurativi devono essere provati per iscritto.
I rapporti di riassicurazione in esecuzione dei contratti generali e il contratto di riassicurazione per singoli rischi possono essere provati secondo le regole generali”.
[7] Il concetto è chiaramente espresso dall’art. 1929 c.c., il quale testualmente afferma: “Il contratto di riassicurazione non crea rapporti tra l’assicurato e il riassicuratore, salve le disposizioni delle leggi speciali sul privilegio a favore della massa degli assicurati”.
[8] Si veda, tra gli altri, Corte App. Firenze 13.10.1986, in “Dir. e Prat. Assicuraz.”, 1987, pag. 323 e seg.
[9] In l senso Corte App. Firenze, 11.07.1988, in “Riviste Arch. Civ.”, 1989, pag. 511 e seg.
[10] L’obbligazione si chiama parziaria quando l’obbligo o il diritto di ciascuno è proporzionale alla sua partecipazione al vincolo obbligatorio.
[11] La giurisprudenza sottolinea che si tratta in ogni caso “della conclusione di un contratto solo formalmente unico, ma che contempla una poliedricità di vincoli obbligatori e quindi di autonomi rapporti giuridici”: così Cass. Civ. 26.1.1988, n. 661.
[12] “Nella pratica prevale di gran lunga la coassicurazione attuata con un unico contratto, dal quale risulti sia la ripartizione percentuale delle quote di rischio, espresso dal valore assicurato, fra una pluralità di assicuratori determinati, sia la designazione della cosiddetta compagnia delegataria, alla quale viene affidata, per così dire, la gestione del contratto nei confronti dell’assicurato e nell’interesse sia dell’assicurato sia dei coassicuratori”: FANELLI, voce Assicurazione contro i danni, in “Enciclopedia del Diritto”, Milano, 1981, III; pag. 14.
[13] In tal senso cass. Civ. 9.5.1996, n. 4398, in “Giust. Civ.2, 1996, II, pag. 2935; Cass. Civ. 26.01.1988, n. 661; Cass. Civ. 23.08.1985, n. 4500.
[14] Sull’argomento si veda: BUTTARO, voce Assicurazione contro i danni, in “Enciclopedia del Diritto”, Milano, 1958, III, pag. 324: “….allo scopo di semplificare i complessi rapporti che derivano dal contratto di coassicurazione, la pratica ha creato un sistema mediante il quale le varie società coassicuratrici affidano – con la cosiddetta clausola di delega o di guida (in tedesco Führungsklausel) – ad una di esse, chiamata delegataria o indicataria, il potere di rappresentare le altre per effettuare la riscossione dei premi, per ricevere dichiarazioni relative al contratto e anche per provvedere al pagamento dell’indennità”.
[15] Al riguardo si rimanda a DE MARCO, Questioni in tema di “Führungsklausel” nella coassicurazione, in “Assicurazioni”, Milano, 1957, II, pag. 20 e seg.
[16] Così: PUTZOLU, Le assicurazioni – produzione e distribuzione, Bologna, 1992, pag. 99; CANDIAN, Forma e assicurazione, Milano, 1988, pag. 99 e seg.
[17] La Torre inquadra la clausola di delega nello schema della gestione rappresentativa, precisando che “l’obbligo della gestione può discendere da una mandato che sarà, allora, con rappresentanza, collettivo e in rem propriam”: LA TORRE, Scritti di diritto assicurativo, Milano, 1979, pag. 319 e seg.
[18] Cass. 23.111994, n. 9891; Cass. 1.02.1994, n. 1008, in “Giust. Civ.”, 1994, I, pag. 2550.
[19] Così DONATI, Trattato del diritto delle assicurazioni private, Milano, 1954, II, pag. 276
[20] Si veda, a tale proposito, la nota (6) di LA TORRE, Scritti di diritto assicurativo, Milano, 1979, pag. 318.
[21] Sul punto si rimanda a LA TORRE, Scritti di diritto assicurativo, Milano, 1979, pag. 320.
[22] Così Cass. Civ. sez. I, 5.08.1993, n. 8551, in “Dir. Ec. Assicuraz.”, 1993, pag. 518.
[23] In tal senso Cass. 01.02.1994, n. 1008; Cass. 22.05.1992, n. 6147 in “Giur. It.”, 1993, I, pag. 821; App. Milano 20.07.1982, in “Assicurazioni”, 1983, II, 2, pag. 29.
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