Il contratto di concessione di vendita rientra nella categoria dei contratti di distribuzione. Tale contratto è destinato a regolare i rapporti tra imprenditori (denominati tecnicamente concedente e concessionario), che professionalmente si dedicano alla produzione e/o al commercio di beni.
Il concedente può essere produttore o a sua volta acquirente, ma comunque desideroso di creare un mercato di sbocco per i propri prodotti mediante l’opera di concessionari che assumano a certe condizioni il rischio insito nell’acquisto di determinati quantitativi di merce, con l’ulteriore onere (eventuale) di raggiungere dei minimi di vendita.
I contratti tipici disciplinati dal codice civile, quali la vendita (art. 1470 e ss.) e la somministrazione (art. 1559 e ss.) sottoscritti con commercianti all’ingrosso o al dettaglio consentono al produttore industriale di collocare sul mercato i propri prodotti senza assumere su di sé i costi ed i rischi della distribuzione commerciale. Tali figure contrattuali tipiche non consentono, però, al produttore di coordinare e di indirizzare in modo unitario l’attività dei rivenditori; questi, acquistata la merce, sono liberi, infatti, di organizzare liberamente i rapporti con la clientela.
L’esigenza delle grandi imprese di non disinteressarsi della commercializzazione dei propri prodotti, pur senza sopportarne costi e rischi, ha pertanto determinato il diffondersi nella pratica commerciale di accordi contrattuali complessi ispirati dalla finalità di realizzare una più stretta integrazione economica fra produttore e rivenditori. Questi accordi, tra cui appunto la figura della concessione di vendita, prevedono clausole che consentono al produttore una penetrante ingerenza nella sfera decisionale dei propri rivenditori ed un coordinamento unitario della rete distributiva. Nel contempo, e come contropartita delle limitazioni della libertà decisionale, ai rivenditori sono offerte più sicure possibilità di guadagno attraverso la concessione di una posizione di privilegio, di regola costituita dall’esclusiva di rivendita per una certa zona.
Nella prassi il contratto di concessione di vendita costituisce l’unica figura di contratto di distribuzione che ha avuto un discreta regolamentazione in sede giurisprudenziale.
La dottrina propone varie nozioni di tale figura contrattuale che di volta in volta sottolineano l’aspetto del trasferimento della proprietà del bene dal concedente al concessionario o l’aspetto della collaborazione di questo nei confronti del concedente al fine di una maggior diffusione dei prodotti. Si ritiene utile richiamare la definizione di un’autorevole dottrina la quale ha proposto di definire la concessione di vendita come un “contratto di distribuzione con il quale un soggetto (il concessionario), agendo in veste di acquirente-rivenditore, assume stabilmente l’incarico di curare la commercializzazione in una determinata zona dei prodotti di un fabbricante (il concedente), in cambio di una posizione privilegiata nella rivendita”.
Concedente può essere, come detto in precedenza, anche un commerciante e non necessariamente un produttore (si pensi al grossista nei confronti del dettagliante), mentre la posizione privilegiata nella rivendita, assai frequentemente conseguita mediante la previsione di clausole di esclusiva (reciproca o non, a seconda della rispettiva forza contrattuale) può anche mancare. Occorre naturalmente intendersi sul concetto di posizione privilegiata: se esiste la clausola di esclusiva per il concessionario, che è l’unico ad avere il diritto in una determinata zona a rivendere un bene determinato o tutta una serie di prodotti, non vi è dubbio che ci si trovi dinnanzi ad una posizione privilegiata; ma privilegio può essere anche soltanto il fatto di potersi fregiare del titolo di concessionario (o rivenditore o distributore) di una determinata merce di notevole rinomanza, o di poter esporre il marchio del concedente accanto alla propria insegna.
In ogni caso, gli elementi tipici del contratto di concessione di vendita sono:
una certa stabilità dell’incarico;
un agire del concessionario in nome e per conto proprio, quindi a proprio rischio esclusivo;
l’obbligo del concedente di non inaridire la fonte di approvvigionamento del concessionario.
Molte altre clausole possono essere eventualmente adottate relativamente, per esempio:
all’uso dei marchi del concedente;
alla facoltà di applicazione dei marchi del concessionario;
agli obblighi di pubblicità del prodotto fornito dal concedente;
d) agli obblighi di raggiungimento di determinati obiettivi da parte del concessionario.
Tutte clausole eventuali che non snaturano il contratto in questione, pur portandolo ad avvicinarsi ad altri figure contrattuali, tipiche e non.
Quanto alla natura del contratto di concessione di vendita si osserva che è prevalente l’opinione secondo cui con tale figura contrattuale non si instaurerebbe una collaborazione, seppur autonoma, dell’imprenditore concessionario con l’impresa del concedente, bensì un rapporto di scambio.
Diffusa in dottrina è anche la teoria che vede in quello in esame un contratto ‘misto’, che racchiude in sé gli elementi della vendita e del mandato; ovvero un contratto innominato, caratterizzato da una complessa funzione di scambio e di collaborazione e consistente sul piano strutturale in un contratto quadro o contratto normativo, dal quale deriva l’obbligo di stipulare singoli contratti di compravendita, ovvero l’obbligo di concludere contratti di puro trasferimento dei prodotti alle condizioni fissate nell’accordo iniziale.
Altri identificano nel contratto di concessione di vendita una somministrazione, facendo leva soprattutto sul secondo comma dell’art. 1568 del codice civile che impone al somministrato, il quale “assume l’obbligo di promuovere, nella zona assegnatagli, la vendita delle cose di cui ha l’esclusiva”, di pagare i “danni in caso di inadempimento a tale obbligo, anche se ha eseguito il contratto rispetto al quantitativo minimo che sia stato fissato”.
Analizzando questa norma si trovano gli elementi che più spesso ricorrono nella concessione di vendita:
l’esclusiva di zona che, quando è a favore del concessionario, impedisce al concedente di effettuare “prestazioni della stessa natura di quelle che formano oggetto del contratto” (art. 1568, primo comma del codice civile);
l’obbligo di promozione delle vendite, che risponde all’interesse tipico del concedente per uno sbocco sul mercato o per un allargamento del mercato, obbligo che va al di là del raggiungimento degli obiettivi contrattualmente pattuiti, per impegnare il concessionario in un’opera di diffusione dei prodotti che gli vengono affidati.
Nell’art. 1567 del codice civile si individua un’altra norma non infrequente nelle concessioni di vendita, specie quando riguardano prodotti di rinomanza, e cioè l’esclusiva a favore del concedente, con correlativa impossibilità per il concessionario di acquistare o produrre (e quindi rivendere) i prodotti che costituiscono oggetto del contratto diversi da quelli a lui forniti dal concedente.
Altre norme che si segnalano come applicabili alla concessione di vendita, ricavandole dalla disciplina della somministrazione, sono:
l’art. 1560 circa le quantità da somministrare, che va letto comunque in relazione all’obbligo di promozione precedentemente ricordato, non essendo possibile l’adempimento di un obbligo siffatto se il concessionario non è in grado di ottenere dal concedente i prodotti necessari;
l’art. 1565 che consente di sospendere la fornitura, di fronte ad un’inadempienza del concessionario di lieve entità, solo previo “congruo preavviso”;
l’art. 1566 circa il patto di preferenza per la stipula di nuovi contratti (patto che va, naturalmente, inserito espressamente, ma i cui limiti di validità ed efficacia sono stabiliti dalla norma citata).
Applicazione di un principio valido per tutti i contratti di durata è poi l’art. 1569 che pone l’esigenza di un preavviso per il recesso, in un termine che, quando non è previsto contrattualmente o non è stabilito dagli usi, dovrà essere congruo avuto riguardo alla natura della concessione di vendita.
La congruità sarà determinata in funzione anche del tipo di prodotti, della maggior o minor facilità per il concessionario (o per il concedente, quando a recedere sia l’altra parte) di sostituire al recedente altro contraente.
Dopo queste brevi considerazioni di carattere generale, si cercherà di seguito di ricostruire, in maniera sintetica, la disciplina (di origine giurisprudenziale) relativa ad alcune clausole maggiormente utilizzate nei contratti di concessione di vendita.
a) In particolare con riferimento agli obblighi del concessionario
Promozione delle vendite
Obbligo usuale ed essenziale a carico del concessionario è la promozione delle vendite, che risponde non solo all’interesse del fabbricante (o concedente) ad incrementare il proprio fatturato ma ha anche all’ulteriore suo interesse alla maggior diffusione possibile del prodotto oggetto del contratto di concessione di vendita e dei marchi che lo contraddistinguono.
Minimi garantiti di acquisto
Altra clausola usuale nei contratti di concessione di vendita è il cosiddetto ‘minimo garantito di acquisto’, ossia l’obbligo del concessionario ad acquistare quantitativi minimi di prodotti (espressi in forma di quantitativi fisici ovvero, più frequentemente, in termini di fatturato minimo di acquisti) nell’arco di periodi predeterminati (ad esempio annuali).
Tale clausola è frequentemente collegata, almeno concettualmente, al diritto di esclusiva che può essere attribuito al concessionario nel territorio allo stesso assegnato.
Infatti il diritto di esclusiva eventualmente attribuito al concessionario comporta la rinuncia da parte del fabbricante a nominare altri concessionari nel territorio, rinuncia che trova un bilanciamento nella certezza che dal territorio medesimo il fabbricante/concedente ricaverà un certo volume di fatturato, anche se in ipotesi il concessionario non fosse poi in grado di rivendere i quantitativi acquistati presso il concedente.
b) In particolare con riferimento agli obblighi del concedente
Se non sussiste l’obbligo di fornire il distributore, il concedente non sarà tenuto ad evadere le singole richieste, ma un rifiuto ingiustificato potrebbe contrastare con l’obbligo di eseguire il contratto secondo buona fede. In ogni caso deve essere esclusa qualsiasi responsabilità del concessionario per non avere promosso le vendite quando il concedente abbia omesso di fornire tempestivamente i prodotti ordinati dal concessionario.
Nel caso di inadempimento di lieve entità da parte del concessionario si ritiene che il concedente possa interrompere le forniture dando un congruo preavviso (art. 1565 cod. civ.).
Garanzia
La garanzia da parte del concedente/fabbricante sui prodotti forniti al concessionario è questione di notevole rilevanza, soprattutto dal momento che il concessionario procede a rivendere i prodotti ad altri soggetti, che possono essere altri anelli della catena distributiva ovvero utilizzatori finali, i quali pretenderanno una garanzia.
E’ quindi di vitale importanza disciplinare con chiarezza i termini della garanzia offerta dal fabbricante/concedente al concessionario, soprattutto se si tratta di beni di consumo.
Infatti con Decreto Legislativo del 1° febbraio 2002, attuativo della Direttiva 199/44/CE su taluni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo, sono stati inseriti nuovi articoli nel codice civile (dal 1519 bis al 1519 nonies).
Di particolare interesse il diritto di regresso (previsto dall’art. 1519 quinquies) riconosciuto, salvo patto contrario, al venditore finale nei confronti del produttore o di un precedente venditore della medesima catena contrattuale distributiva per difetti di conformità del prodotto imputabili a tali soggetti e di cui il venditore debba rispondere nei confronti del consumatore.
c) La clausola di esclusiva
La clausola di esclusiva è in genere bilaterale, ma può anche essere unilaterale a favore del concedente: in tal caso il concessionario è tenuto a non vendere nella zona prodotti concorrenti, né a produrre in proprio per la vendita; o a favore del concessionario: nel qual caso il concedente si obbliga a non concedere a terzi, per la medesima zona, la rivendita dei prodotti oggetto del contratto.
Peraltro, alla clausola di esclusiva non si applica l’art. 2596 cod. civ., il quale regola in maniera rigorosa i patti limitativi della concorrenza (forma, durata, spazio territoriale e oggetto).
L’esclusività del rapporto deve comunque sempre essere compatibile con la normativa comunitaria e nazionale applicabile a tutela della concorrenza. Infatti la stipulazione di una clausola di esclusiva può rivelarsi anticoncorrenziale quando sul mercato risultasse difficile la reperibilità del medesimo prodotto proveniente da altri produttori.
d) Prezzo consigliato
Il concedente ha anche la facoltà di suggerire il prezzo di rivendita al concessionario, sia mediante l’indicazione di un prezzo raccomandato di rivendita ovvero tramite l’indicazione di una banda di prezzo con limiti massimi e minimi, attribuendo al concessionario un più o meno limitato margine di discrezionalità. Tale limite alla facoltà di imporre un prezzo di rivendita è dovuto alle prescrizioni della normativa comunitaria in materia di concorrenza (articolo 4 lett. a del Regolamento CE 2790/99 di cui infra). Solitamente la convergenza di ‘interessi’ tra concedente e concessionario, e, soprattutto, la maggior forza contrattuale del medesimo concedente, comporta che il concessionario assecondi di buon grado le raccomandazioni del concedente.
e) Titolarità dei marchi e dei diritti di proprietà industriale
Licenza d’uso del marchio per l’esecuzione del contratto
Usualmente nei contratti di distribuzione, ed in particolare nei contratti di concessione di vendita, viene previsto il diritto/dovere del concessionario di utilizzare i marchi e i diritti di proprietà industriale del fabbricante/concedente solo ed esclusivamente in relazione alla esecuzione del contratto.
Con la conseguenza che al concessionario viene imposto l’ovvio divieto di utilizzare i marchi e i diritti di proprietà industriale del fabbricante/concedente in relazione a prodotti diversi da quelli forniti al concessionario dal fabbricante/concedente.
Divieto per il Concessionario di registrare a proprio nome marchi di proprietà del Fabbricante.
Altra clausola usuale nei contratti di concessione di vendita è il divieto per il concessionario di registrare a proprio nome marchi di proprietà del fabbricante/concedente.
La previsione di tale divieto è divenuta usuale soprattutto a seguito di gravi episodi ed abusi, verificatisi in passato, da parte di concessionari.
Esiste infatti il rischio che il concessionario provveda a registrare marchi di pertinenza del fabbricante non solo per la categoria merceologica cui appartengono i prodotti oggetto del contratto di concessione di vendita ma anche per altri prodotti, appartenenti a diverse categorie merceologiche, contigue o meno a quella cui appartengono i prodotti contrattuali.
f) Altre clausole
Durata e risoluzione del contratto
Nel caso in cui il contratto di concessione sia a tempo determinato le parti non possono recedere, salva la diversa regolamentazione pattizia del rapporto, ma solo risolvere il contratto nel caso in cui si verifichi un inadempimento tale da menomare la fiducia nell’esattezza dei successivi adempimenti (art. 1564 cod. civ.) Una volta scaduto il contratto a tempo determinato, è da escludersi che il concessionario possa invocare un risarcimento del danno ove non intervenga il rinnovo del rapporto.
Nel caso in cui il contratto sia a tempo indeterminato le parti possono sempre recedere dando un congruo preavviso. In caso di mancato preavviso il recesso è efficace, salvo il risarcimento del danno (art. 1569 cod. civ.).
Nel caso di recesso senza preavviso, ‘nulla quaestio’ se la risoluzione è dovuta ad inadempimento del receduto: il contratto termina con la comunicazione del recesso, e nessuna pretesa potrà essere fatta valere dal receduto. Resta anzi salva l’eventuale richiesta di danni da parte del recedente.
Se invece il mancato preavviso non trova una giustificazione, il recedente sarà tenuto al risarcimento del danno che, qualora recedente sia il concedente, sarà costituito dai mancati utili netti che il concessionario avrebbe realizzato durante il periodo di preavviso.
Il preavviso non é necessario qualora sussista una giusta causa di recesso a seguito di inadempimento grave, quale la violazione dell’obbligo di esclusiva da parte del concessionario.
g) Patto di non concorrenza
Ultimo aspetto da trattare sinteticamente con riferimento alla figura contrattuale del contratto di concessione di vendita è il patto di non concorrenza. Tale patto ha la funzione di regolare l’attività del concessionario per il periodo successivo alla cessazione del rapporto, il quale dovrà essere redatto tenendo conto unicamente del dettato dell’art. 2596 cod. civ. (forma, durata, spazio territoriale e oggetto).
Nel caso in cui non venga stipulato un patto di non concorrenza si ritiene che il concessionario possa liberamente vendere i prodotti ancora in suo possesso, purché tale attività non sia svolta in modo da ingenerare nel pubblico l’erronea convinzione circa la persistenza di un rapporto di concessione. In caso contrario la condotta del concessionario potrà dare luogo ad un illecito concorrenziale sanzionato dall’art. 2598, comma 1 e 2.
E’ tuttavia suggeribile una disciplina contrattuale dello smaltimento dei prodotti ancora in possesso del concessionario all’atto della risoluzione del contratto.
A conclusione di questa breve analisi della figura contrattuale della concessione di vendita è opportuno sottolineare l’importanza, in sede di elaborazione di tale contratto, di individuare con la maggior precisione possibile gli aspetti peculiari dello specifico contratto di concessione in esame, allo scopo di inserire le pattuizioni appropriate e idonee a bilanciare ragionevolmente i diritti e gli obblighi delle parti, avendo cura di evitare l’adozione di clausole non consentite dalla normativa applicabile.
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