Il contratto di work for equity: cos’è e come funziona

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Approfondimento sul contratto di work for equity, figura contrattuale introdotta nel 2012.

Indice

1. Definizione

Sempre più spesso ci capiterà di imbatterci in figure contrattuali nuove rispetto a quelle tradizionali alle quali eravamo abituati come nel caso del contratto di work for equity.
Il cosiddetto “work for equity” è uno strumento di remunerazione per le start-up le PMI innovative introdotto dal D.L. n. 179/2012 (Decreto Crescita 2.0), poi esteso dal D.L. n. 3/2015. Si tratta di uno strumento utile per tutte le start-up e le PMI innovative che necessitano di prestazioni professionali e lavorative qualificate, ma non dispongono di dotazioni di liquidità necessarie. Questa forma di remunerazione, inoltre, gode anche di un importante agevolazione fiscale.
Il work for equity, di fatto, consente di remunerare i consulenti ed i collaboratori esterni (senza vincolo di subordinazione) di una start-up o una PMI innovativa, che prestano opere e servizi verso quest’ultima. L’impresa, di fatto, riesce ad operare senza necessità di risorse finanziarie e i lavoratori autonomi hanno la possibilità di essere incentivati nella loro attività attraverso la partecipazione agli utili societari ed attraverso un’agevolazione fiscale. Nonostante una disciplina giuridica non in grado di esprimere il potenziale di questo strumento, anche le variabili legate alla determinazione del capitale da offrire, spesso, determinano una complessità operativa che finisce per frenare la concreta applicazione di questo istituto.

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2. Come funziona – chi sono i beneficiari del work for equity

Il work for equity è una forma di remunerazione di professionisticonsulenti aziendali, ma più in generale di tutti prestatori di opere e servizi (diversi dai lavoratori dipendenti e dai collaboratori continuativi), che si sostanzia nell’assegnazione di azioni, quote, o strumenti finanziari partecipativi di start-up. Attraverso il work for equity le imprese (principalmente SRL e SPA) possono riuscire a remunerare i collaboratori esterni ricompensando il lavoro svolto con l’assegnazione di quote o azioni della società. La ratio di questa forma di pagamento è stata ideata per permettere a start-up e PMI innovative di riuscire ad ottenere prestazioni lavorative necessarie allo sviluppo della propria attività, senza dover far fronte ad ingenti necessità di denaro (spesso difficilmente ottenibili). Inoltre, non si deve dimenticare che questo strumento permette anche di ottenere un maggiore impegno da parte dei fornitori di beni e servizi, dato che diventando soci hanno tutto l’interesse a far crescere e prosperare la società, in quanto in questo modo aumenta di valore la quota ricevuta (o le azioni assegnate). Lo statuto delle imprese che intendono applicare questa disciplina deve prevedere specificatamente la possibilità di adottare politiche di work for equity e la possibilità di emettere strumenti finanziari partecipativi a fronte dell’apporto di opere o servizi. A tale riguardo si segnala che il work for equity potrebbe non essere applicabile dalle società a responsabilità limitata cd. “semplificate”, previste dall’art. 2463 bis c.c., per le quali è prevista l’adozione di uno statuto standard che, non prevedendo la possibilità di emettere strumenti finanziari partecipativi, potrebbe escludere l’applicabilità del work for equity. Possono beneficiare della disposizione in oggetto i consulenti, i professionisti e, in generale, i fornitori di opere e servizi delle startup diversi dai lavoratori dipendenti e dai collaboratori continuativi delle stesse (per questi ultimi, infatti, si applica la disciplina dei piani di incentivazione azionari). L’assegnazione di quote di partecipazione al capitale per i professionisti esterni, di fatto, è equiparabile all’attivazione di piani di incentivazione azionari per amministratori, dipendenti e top manager.

3. Modalità operative di attivazione del work for equity

Le start-up e le PMI innovative che intendo applicare questo strumento di remunerazione hanno la possibilità di regolare i termini e le condizioni del work for equity attraverso la redazione di uno specifico accordo. Si tratta di un documento, similmente a quanto avviene nei piani di incentivazione per i lavoratori dipendenti, che deve prevedere nel dettaglio il tipo di opera o il servizio da rendere e la valorizzazione degli apporti. Particolare attenzione deve essere prestata, appunto, alla valorizzazione degli apporti dei professionisti. A tal fine le start-up e le PMI dovrebbero predisporre una perizia di stima, redatta da un esperto (dottore Commercialista o revisore legale) nominato dalle parti, al fine di valorizzare economicamente le prestazioni d’opera o i serviziresi verso quote o strumenti finanziari partecipativi. A conseguenza di ciò, gli apporti di prestazioni di servizi resi a fronte di quote di SRL costituite sotto forma di aumento di capitale a pagamento devono essere garantite da apposita polizza o fidejussione bancaria a carico dei soggetti che sono apportatori delle stesse. Tali garanzie, possono essere sostituite, qualora l’atto costitutivo lo preveda, dal versamento di importo di denaro a titolo di cauzione. Nelle SPA, invece, le prestazioni d’opera ed i servizi non possono essere oggetto di conferimento. Sotto il profilo operativo l’utilizzo del work for equity può avvenire utilizzando una delle seguenti modalità legate all’assegnazione delle quote o azioni ai collaboratori esterni all’impresa:
1)Cessione di quote o azioni ai prestatori d’opera;
2)Aumento di capitale a titolo gratuito con assegnazione di azioni o quote di nuova emissione ai prestatori d’opera;
3)Aumento di capitale a pagamento con assegnazione di azioni o quote di nuova emissione ai prestatori d’opera.
La prima modalità: Cessione Di Quote O Azioni Ai Prestatori D’operapresuppone il fatto che la società abbia precedentemente acquistato le azioni o le quote dai soci. È utile ricordare che la sottoscrizione a titolo originario di azioni o quote proprie è vietata. Qualora l’acquisto delle azioni o delle quote avvenga a titolo oneroso devono essere rispettate le condizioni previste dall’art. 2357 c.c. che si sostanziano in: Acquisto nel limite degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio regolarmente approvato; tutte le azioni o quote devono essere interamente liberate; l’acquisto deve essere deliberato dall’assemblea dei soci.
Qualora la cessione delle azioni avvenga a titolo gratuito, ai sensi dell’art. 2357-bis c.c. non si applicano i limiti sopra indicati, purché le azioni o quote siano interamente liberate. Questa modalità di erogazione delle azioni, attraverso l’acquisto da parte della società e la successiva cessione ai prestatori d’ora presenta alcune problematiche che ne limitano l’applicabilità. Prima di tutto deve essere evidenziato che per le start-up è di difficile applicazione il rispetto del limite degli utili distribuibili e delle riserve disponibili per l’acquisto di azioni proprie. Inoltre, la cessione delle proprie quote da parte dei soci potrebbe essere non sempre fattibile, anche perché non è detto che il capitale sociale venga interamente versato o che le quote siano interamente liberate, da subito. Per questi motivi, la suddetta modalità di applicazione del work for equity risulta scarsamente utilizzata. La seconda modalità con cui poter applicare il work for equity riguarda l’aumento di capitale sociale a titolo gratuito. Questa procedura avviene attraverso l’imputazione a capitale sociale degli utili e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio d’esercizio approvato (anche in questo caso situazione di impatto non immediato per una start-up). Altra limitazione importante a questa procedura è dettata dal fatto che l’assegnazione di azioni tramite aumento di capitale gratuito può verificarsi solo a favore di soci già esistenti. La possibilità di assegnare l’aumento di capitale a soci terzi è ammissibile solo per le società per azioni (art. 2349 c.c.), e solo per i dipendenti (non per prestatori d’opera esterni). Anche in questo caso, quindi, le condizioni giuridiche da rispettare finiscono per rendere questa modalità di applicazione delle quote societarie scarsamente utilizzata. La terza ed ultima possibilità ammessa per l’applicazione del work for equity riguarda l’aumento di capitale con azioni o quote di nuova emissione ai prestatori d’opera. Anche in questo caso le quote o le azioni precedentemente emesse devono essere state integralmente liberate. Solo in questo caso, infatti, è possibile aumentare il capitale sociale con l’ingresso di nuovi conferimenti (da parte di terzi).

4. I vantaggi del work for equity

Con il work for equity ci sono indubbiamente molti vantaggi sia per le start-up e le PMI innovative che per i lavoratori autonomi che vi collaborano. Per la start-up lo strumento si traduce in un minor costo (finanziario, perché la prestazione viene pagata in natura, ma anche economico, visti gli sgravi di tipo fiscale). Per il lavoratore, invece, a fronte della parziale condivisione del rischio di impresa (si ricevono azioni/quote che, in caso di insuccesso del progetto, non avranno valore) c’è una maggiore stabilità (si ottiene un contratto di lavoro) e coinvolgimento (alle quote/azioni corrispondono diritti di voto e di controllo). Ciò consente (o almeno dovrebbe consentire) la creazione di un gruppo determinato a perseguire gli stessi obiettivi. 

5. Considerazioni conclusive

Appare abbastanza evidente per tutte le considerazioni fatte come lo schema di applicazione del work for equity presenti una serie di problematiche che, di fatto, lo rendono scarsamente applicabile. In particolare:
È uno Strumento che, concretamente, è applicabile per le sole start-up costituite sotto forma di SRL;
Presenta costi operativi legati alla richiesta di polizza assicurativa o fideiussione bancaria per il conferimento di opere e servizi nella SRL;
Deve essere valutato il costo legato alla redazione di una perizia di stima;
Si attua esclusivamente attraverso un aumento di capitale sociale a pagamento con ingresso di nuovi soci.
In ogni caso, anche qualora si volessero superare queste problematiche sarà sempre necessario prevedere la costituzione di un documento che indichi itermini e le condizioni di emissione delle nuove quote. Tutti i dettagli dell’operazione, quindi, devono essere disciplinati da un accordo o un regolamento, soprattutto se il numero di beneficiari è elevato. Infine, è opportuno individuare quali sono gli obiettivi da raggiungere da parte dei professionisti esterni ed in quale momento è possibile andare a maturare il diritto all’assegnazione degli strumenti partecipativi.

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Avv. Cristina Vanni

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