Contratto finanziario derivato di un Comune: omessa delibera

Scarica PDF Stampa Allegati

Una interessante pronuncia del Tribunale ligure in continuità con la giurisprudenza nomofilattica sugli interest rate swaps degli Enti locali (Cass. civ. Sez. Un. n. 8770/2020)
Per approfondire: Gli Appalti Pubblici dopo il nuovo Codice – Primo commento al D.Lgs. 31 marzo 2023, n.36

Tribunale di Genova -sez. I civ.- sentenza n. 2664 del 21-12-2022

Trib.-Genova-21.12.2022.pdf 370 KB

Iscriviti alla newsletter per poter scaricare gli allegati

Grazie per esserti iscritto alla newsletter. Ora puoi scaricare il tuo contenuto.

Indice

1. Il caso


Con sentenza pubblicata il 21/12/2022 la Prima Sezione Civile del Tribunale di Genova ha deciso una controversia civile insorta tra il Comune di Genova ed un istituto di credito vertente sull’operatività in derivati dell’Ente locale.
Nel caso di specie era stato sottoscritto un contratto finanziario derivato di tipologia interest rate swap (IRS[1]) in data 15/05/2001 ed il Comune, alla luce dell’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale in materia di contratti finanziari derivati (cfr., in particolare, Cass. civ. Sez. Un. n. 8770/2020) aveva adito il Tribunale di Genova proponendo domanda di nullità del contratto in questione, rilevando, per quanto di interesse nella presente analisi, da un lato l’assenza di qualsivoglia indicazione in contratto su mark to market alla stipula (e metodo di calcolo del medesimo), onerosità del contratto e rappresentazione degli scenari probabilistici associati al contratto medesimo e, dall’altro lato, lamentando l’assenza di una delibera consigliare di approvazione dello swap sul presupposto della necessità di detta delibera in relazione alle prescrizioni del D.Lgs. n. richiamate dalle Sezioni Unite della Cassazione (e sulle quali si tornerà infra).
Ed è proprio con riferimento a tale ultimo aspetto che la sentenza in commento è pervenuta a dichiarare la nullità del contratto derivato impugnato dal Comune, come meglio si esporrà di seguito.
In argomento cfr. Consob, “I principali prodotti derivati – Elementi informativi di base”, in consob.it.

2. Un caso particolare


Prima di addentrarci nell’esame delle motivazioni della sentenza, merita evidenziare che il contratto derivato oggetto di causa era stato sottoscritto anteriormente all’entrata in vigore della Legge n. 448/2001 (ossia la Legge Finanziaria per il 2002, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, S.O., n. 301 del 29/12/2001), il cui art. 41 è generalmente ritenuto come la norma che ha aperto le porte alla sottoscrizione dei contratti finanziari derivati da parte degli Enti territoriali.
Merita in argomento evidenziare che la su citata sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione si esprime, riguardo alla possibile stipulazione di tale tipologia di contratti da parte degli Enti, in maniera piuttosto netta. Ed infatti, passando in rassegna la normativa speciale in argomento, le Sezioni Unite affermano: “il menzionato percorso normativo, per quanto tormentato e non sempre lineare, consente di poter concludere che anche per il periodo di vigenza dell’art. 41 della legge finanziaria per il 2002 e, quindi, fino al 2008 (anno in cui il legislatore ha inserito limiti più stringenti alla capacità degli enti di concludere derivati) il potere contrattuale degli enti locali incontrava sicuri limiti […]. I contratti derivati, in quanto aleatori, sarebbero già di per sé non stipulabili dalla P.A., poiché l’aleatorietà costituisce una forte disarmonia nell’ambito delle regole relative alla contabilità pubblica, introducendo variabili non compatibili con la certezza degli impegni di spesa. Perciò bisogna concludere che le disposizioni normative sopra passate in rassegna, che tali possibilità prevedevano, consentivano solo ciò che, normalmente, sarebbe stato vietato, con la conseguenza che dette previsioni erano anzitutto di natura eccezionale e di stretta interpretazione, avendo reso i derivati stipulati dalle pubbliche amministrazioni come contratti tipici, diversamente da quelli innominati conclusi dai privati” (cfr. Cass. civ. Sez. Un. n. 8770/2020).
Ebbene, lo stralcio sopra riportato della sentenza della Corte nomifilattica afferma expressis verbis che la normativa settoriale “inaugurata” dall’art. 41 Legge n. 448/2001 ha consentito ciò che normalmente sarebbe stato vietato, il che autorizza l’interpretazione per cui la stipulazione dei contratti derivati da parte degli Enti locali, prima che entrasse in vigore il ridetto art. 41 Legge n. 448/2001, era in effetti vietata.
Tuttavia il Tribunale non approda alla dichiarazione di nullità dell’operazione IRS impugnata dal Comune di Genova facendo proprio il su esposto rilievo bensì, come vedremo tra un attimo, argomentando in relazione alla carenza di una delibera del Consiglio comunale.


Potrebbero interessarti anche:

3. Serve la Delibera del Consiglio comunale


Come si evince dalla lettura della sentenza, nel caso rimesso al vaglio del Tribunale di Genova il contratto derivato era stato “autorizzato con delibera dirigenziale e non già dal Consiglio comunale”, ciò che viene valutata dal Tribunale come una specifica “violazione dell’art. 42 comma 2 lett. i) Tuel”.
Il Tribunale approda a tale conclusione richiamando espressamente le statuizioni di Cass. civ. Sez. Un. n. 8770/2020, laddove la stessa, nel rispondere ad una delle questioni di massima e particolare importanza ad essa rimesse, si riferisce sia alla fattispecie della “ristrutturazione dei debiti da parte dei Comuni” che, nell’ambito della complessiva operazione di ristrutturazione, contemplino la stipulazione di un derivato (ancorché privo di up front, come peraltro è il caso del Comune di Genova) che alla fattispecie del derivato che invece preveda “una clausola di up front”, dovendosi stabilire “se in entrambi i casi si tratti o meno di una forma d’indebitamento e, quindi, di materia di competenza consiliare.
E, come evidenziato dalla Corte nomifilattica in un passaggio puntualmente ripreso dalla sentenza del Tribunale di Genova in commento, le suddette valutazioni vanno effettuate tenuto conto di quanto disposto dall’art. 42, comma 2, lett. i) TUELsecondo cui “Il consiglio ha competenza limitatamente ai seguenti atti fondamentali: (…) – spese che impegnino i bilanci per gli esercizi successivi, escluse quelle relative alle locazioni di immobili ed alla somministrazione e fornitura di beni e servizi a carattere continuativo”.
In tale prospettiva Cass. civ. Sez. Un. n. 8770/2020 conclude affermando che “ove l’IRS negoziato dal Comune incida sull’entità globale dell’indebitamento dell’ente, l’operazione economica debba, a pena di nullità della pattuizione conclusa, essere autorizzata dal Consiglio comunale, tenendo presente che la ristrutturazione del debito va accertata considerando l’operazione nel suo complesso, comprendendo – per il principio di trasparenza della contabilità pubblica – anche i costi occulti che gravano sulla concreta disciplina del rapporto di swap”.
Il riferimento effettuato dalle Sezioni Unite “ai costi occulti che gravano sulla concreta disciplina del rapporto di swap” merita di essere evidenziato poiché, ad avviso di chi scrive, consente di apprezzare il tema dell’onerosità dei contratti derivati degli Enti non soltanto nell’ottica della disclosure dei costi e, più in generale, del mark to market alla stipula (con le relative e di certo rilevanti conseguenze riconducibili agli elementi fondamentali ex art. 1325 c.c. della fattispecie IRS, ossia all’accordo delle parti ed all’oggetto del contratto), bensì in quella che, del tutto correttamente ad avviso di chi scrive, inquadra i costi impliciti come indebitamento a manifestazione differita che di fatto si concretizza all’atto della regolazione dei flussi differenziali del derivato (in termini di maggiori esborsi oppure di minori introiti per il contraente che sopporta l’applicazione dei ridetti costi).
A ciò si affianca la considerazione per cui, sempre in linea con quanto statuito dalle Sezioni Unite, l’IRS, come sottolinea il Tribunale di Genova, è un contratto intrinsecamente aleatorio che consiste un una “scommessa finanziaria differenziale”, ragion per cui, nelle parole del giudice genovese “non può essere quindi negato che il contratto IRS – in quanto sostanziale scommessa sull’andamento dei tassi di interesse – costituisce per l’Ente pubblico un vincolo negoziale che – almeno potenzialmente – comporta impegni finanziari per il periodo successivo alla sua sottoscrizione” (Trib. Genova 21/12/2022).
Atteso che un siffatto contratto implica(va) la necessità di preventivare “spese che impegnano i bilanci per gli esercizi successivi”, si impone(va) quindi la preventiva autorizzazione del Consiglio comunale ai sensi dell’art. 42 comma 2 lett. i) TUEL, autorizzazione nel caso di specie mancante visto che il contratto, come sopra accennato, è stato oggetto di mera autorizzazione dell’allora Direttore dei servizi finanziari del Comune, su semplice delega del Consiglio comunale che tuttavia non è intervenuto in alcun modo per approvare specificatamente il regolamento negoziale.
Non solo. Il Tribunale di Genova fa propria e valorizza la statuizione sopra riportata della citata sentenza n. 8770/2020 delle Sezioni Unite della Suprema Corte che, nel contestualizzare la stipulazione dello swap nell’ambito di una più ampia operazione di rinegoziazione del debito comunale (come per l’appunto avvenuto nel caso del Comune di Genova), valorizza il “collegamento negoziale” tra IRS ed indebitamento sottostante, dovendosi in tale prospettiva valutare, come si è detto, quella sorta di “zavorra debitoria” rappresentata dai costi impliciti associati al derivato.
Per tale motivo, come afferma il Tribunale genovese, conseguentemente appare irrilevante – al fine di decidere se lo swap implichi indebitamento – la previsione o meno di un upfront (Trib. Genova 21/12/2022).
Per tali motivi, in coerenza con i principi enucleati dalla giurisprudenza nomifilattica, in assenza dell’autorizzazione del Consiglio comunale alla stipulazione del contratto derivato, il Tribunale di Genova conclude per la nullità di quest’ultimo.

Volumi consigliati per l’approfondimento

I volumi di Maggioli Editore per avere un quadro completo sul nuovo Codice dei Contratti pubblici (2023)

  1. [1]

    Gli IRS sono contratti a mezzo dei quali due parti si accordano per scambiarsi reciprocamente, per un periodo di tempo prefissato al momento della stipula, pagamenti calcolati sulla base di tassi di interesse differenti e predefiniti, applicati ad una somma di denaro nominale fissata dalle parti che non è oggetto di alcuno scambio fisico tra le stesse e che è detta capitale nozionale. Nell’esecuzione del contratto IRS non vi è dunque lo scambio di capitali tra le parti, ma solo di flussi corrispondenti al differenziale fra i due interessi (di solito uno fisso ed uno variabile) alle date prestabilite dalle parti stesse nel contratto (di solito ogni 3 o 6 mesi). A seconda di come gli IRS sono strutturati e del fatto che essi siano collegati o meno a determinate passività detenute dal cliente, tali contratti possono avere natura di copertura dal rischio di movimenti dei tassi di interesse ovvero natura meramente speculativa. Gli IRS non sono negoziati sui mercati regolamentati bensì, come occorso nel caso di specie, sui mercati cd. over the counter che sono i mercati non regolamentati dei titoli che non figurano nei listini di borsa; il valore degli IRS cambia perciò continuamente ed in maniera decorrelata rispetto all’andamento delle Borse ufficiali.
    Per identificare il valore di un contratto IRS ad una determinata data, si ricorre al concetto di mark to market che rappresenta il valore corrente di mercato di ciascun contratto, corrispondente all’attualizzazione del saldo dei flussi differenziali alla data di rilevazione.
    In argomento cfr. Consob, “I principali prodotti derivati – Elementi informativi di base”, in consob.it.

Avv. Luca Zamagni

Matteo Acciari

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento