In tali casi, ci troviamo dinanzi a fattispecie per le quali è richiesta l’applicazione dell’art. 1341 c.c., che sanziona con la nullità la clausola vessatoria non specificamente approvata per iscritto dal firmatario.
Va innanzitutto evidenziato come il contributo giurisprudenziale risulti di fondamentale importanza al fine di identificare alcuni dei tanti casi in cui le clausole contrattuali presentino gli estremi della vessatorietà: sono state nel tempo considerate vessatorie, e dunque nulle, ad esempio, clausole che stabiliscono limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospendere l’esecuzione in favore di chi le ha predisposte, che sanciscono a carico dell’altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni (cd. clausole solve et repete), tacita proroga o rinnovazione del contratto, oltre alle clausole compromissorie e quelle che impongono deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria, le clausole che pongono a carico del conduttore le riparazioni di cui agli artt. 157 e 1609 c.c. e degli impianti tutti, trasferendo l’obbligazione del locatore di mantenere la cosa locata in stato da servire all’uso convenuto a totale carico del conduttore (cfr. Cass. n. 2555/1971); le clausole che pongono a carico del conduttore l’obbligo di eliminare le conseguenze del deterioramento subito dalla cosa locata per il normale uso, una volta terminato il rapporto (cfr. Cass. n. 11703/2002); nonché le clausole che stabiliscono la risoluzione del contratto per mancato pagamento da parte del conduttore di una sola rata (cfr. Cass. n. 446/2011).
La suddetta nullità, al contrario, viene esclusa laddove le clausole riproducano disposizioni di legge; contengano il divieto di sublocazione (cfr. Cass. n. 337/1979); prevedano l’adeguamento del canone all’indice del costo della vita quando la legge non ponga limiti all’aggiornamento del canone stesso (cfr. Cass. n. 2097/1985); subordinino la possibilità del mutamento di destinazione della cosa locata al permesso scritto del locatore (tant’è che la violazione dell’uso del bene locato costituisce grave inadempimento che legittima la risoluzione) (cfr. Cass. n. 265/1989); escludano la corresponsione al conduttore di un’indennità per i miglioramenti dallo stesso effettuati, in quanto non comportante alcuna limitazione di responsabilità né della facoltà di proporre eccezioni ma operante unicamente sul piano sostanziale, legittimamente derogando all’art. 1592 c.c. (cfr. Cass. n. 10425/2002); pongano a carico del conduttore le spese normalmente gravanti sul locatore, comprese quelle dovute a vetustà, forza maggiore e uso pattuito (cfr. Cass. n.15592/2007).
L’applicabilità dell’art. 1341 c.c.
Non va tralasciato, poi, il discorso inerente l’applicabilità dell’art. 1341 c.c., dal momento che esso non trova applicazione nel caso venga stipulato tra locatore e conduttore un negozio individuale ai sensi della legge 431/1998, disciplinante le locazioni e il rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo.
Con sentenza n. 11866/2015, il Tribunale di Milano, infatti, ha statuito che la disposizione codicistica in esame si applica ai contratti che contengono condizioni generali, ossia clausole che sono destinate a valere per una serie indeterminata di rapporti e che perciò hanno la caratteristica di essere state predisposte unilateralmente e preventivamente da uno dei contraenti.
Quanto premesso, pertanto, impedisce che la disciplina sulla vessatorietà delle condizioni generali di contratto trovi applicazione in caso di contratti individuali relativi ad un unico rapporto locatizio.
Infine, in via generale, si evidenzia come, in virtù della disciplina civilistica, la nullità parziale di un contratto o la nullità di singole clausole importa la nullità dell’intero contratto, se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte; mentre non si genera nullità del contratto, quando le clausole nulle siano sostituite di diritto da quanto previsto dalle norme in materia (c.d. sostituzione automatica).
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