- Fatto
- La fattispecie del contratto preliminare di vendita ad effetti anticipati
- Dottrina e Giurisprudenza maggioritaria
- Dottrina minoritaria
- Giurisprudenza minoritaria
- Focus sulla “detenzione qualificata” e il “possesso”
1. Fatto
L’assegnatario di un alloggio agisce in giudizio nei confronti della società cooperativa proprietaria dell’immobile chiedendo il risarcimento dei danni cagionati dal malfunzionamento dell’impianto idrico.
La domanda giudiziale della parte ricorrente viene accolta sia da parte del Tribunale di Messina sia dalla Corte d’Appello del luogo.
Cosicché la cooperativa è costretta a ricorrere in Cassazione eccependo il fatto che dovesse essere applicato l’art. [1]1576 c.c. stante l’identità di ratio tra il contratto avente ad oggetto il godimento dell’alloggio intercorrente con la società cooperativa, prima dell’assegnazione definitiva, ed il socio assegnatario ed il contratto di locazione.
La Suprema Corte dirime la controversia (che verte sul tema della natura giuridica del “preliminare di vendita ad effetti anticipati” calato nel rapporto tra la cooperativa proprietaria degli alloggi e gli assegnatari degli stessi; specificatamente per verificare se la posizione giuridica del socio assegnatario di immobile è equiparabile a quella del conduttore) mantenendo l’orientamento consolidato e rifacendosi alla seguente pronuncia: “nella promessa di vendita, infatti, ancorché siano previsti la consegna del bene e il pagamento del prezzo prima della stipula del contratto definitivo, non si verifica un’anticipazione degli effetti traslativi, in quanto la disponibilità conseguita dal promissario acquirente si fonda sull’esistenza di un contratto funzionalmente collegato al contratto preliminare, produttivo di effetti meramente obbligatori, per cui la relazione con la cosa, da parte del promissario acquirente, è qualificabile esclusivamente come detenzione qualificata esercitata alieno nomine”[2], respingendo la domanda sostenendo che “l’acquisto transita per il previo godimento, diviene “progressivo” e si attua per il tramite dell’utilizzo del bene; chiudendo un rapporto di tipo circolare, il godimento si fa strumentale al possibile o necessario ma successivo acquisto. La Corte statuisce inoltre che la circolazione giuridica diviene in questo modo e a ben vedere governata in realtà da accordi ad efficacia traslativa procedimentalizzata. A ben vedere, la problematica in oggetto verte sull’applicabilità o meno della disciplina prevista in tema di locazione tra il socio assegnatario di appartamento (promissario acquirente) e la cooperativa edilizia (promittente venditore). La recente pronuncia della Suprema Corte di Cassazione è però solo l’occasione per tornare a riflettere sulla figura del preliminare a effetti anticipati, in specie sul problema di qualificazione giuridica della situazione di materiale disponibilità in capo al promissario acquirente di un immobile[3].
2. Contratto preliminare di vendita ad effetti anticipati
Chiariti i fatti di causa, s’intende ora concentrare l’attenzione sulla figura del contratto preliminare di vendita ad effetti anticipati.
Il contratto preliminare di vendita ad effetti anticipati è un contratto in forza del quale sorge l’obbligo di concludere il definitivo (preliminare), nel quale si verifica un’immissione nella disponibilità del bene a favore del promissario acquirente anticipata rispetto alla stipula del definitivo (vendita a effetti anticipati)[4].
Il fenomeno del preliminare a effetti anticipati (descritto anche nei termini di preliminare a esecuzione parzialmente o integralmente anticipata) mette in evidenza le direttrici che devono guidare l’interprete per la comprensione della fattispecie: l’obbligazione di consegnare la res oggetto di trasferimento, anticipata rispetto alla stipula del contratto definitivo e l’obbligazione pecuniaria di pagamento del prezzo (dell’intero o di una sua parte).
Il nostro codice civile disciplina solamente la figura del contratto preliminare in sole due norme: l’art.[5]2932 relativo all’esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto e l’art.[6]1351 relativo alla forma del preliminare; è invece assente una disciplina codicistica in merito al contratto preliminare di vendita ad effetti anticipati.
Per dirimere meglio la fattispecie si potrebbe riconoscere nel preliminare l’‘erede’ della vendita obbligatoria romana. Entro tale prospettiva, la soluzione del dubbio che possa configurarsi, nell’anticipata consegna della cosa, la costituzione di un possesso in senso tecnico, viene riportata al problema non già della consegna, ma del titolo che ad essa si accompagna e che deve, secondo i principi generali, avere efficacia reale per potersi configurare l’esercizio di un potere di fatto a titolo esclusivo in capo all’accipiens, conseguendo ad un titolo ad effetti obbligatori la mera detenzione diversamente da quanto accadeva nel diritto romano[7].
3. Dottrina e Giurisprudenza maggioritaria
La tesi più accreditata in dottrina in merito al preliminare di vendita ad effetti anticipati è quella che riporta lo stesso nell’area della vendita, ma di una vendita immediatamente spiegante effetti e (puramente) obbligatoria (sulla falsariga di quella romano-comune), seguita da un definitivo atteggiantesi a guisa di negozio dispositivo con funzione solutoria[8]. Anche tale indirizzo legittima, dunque, il fenomeno della anticipazione degli effetti definitivi, assumendo che le obbligazioni di prezzo e consegna derivino non già da un (vero e proprio) contratto preliminare, sebbene proprio dallo schema negoziale tipicamente demandato a produrle giusta il diritto positivo (art. 1470 c.c.[9]). Peraltro, l’effetto reale, nella specie, esattamente scaturirebbe, sotto il profilo giuridico-formale, dal negozio finale della sequenza, mentre il contratto di vendita sarebbe produttivo di un’obbligazione di dare traslativo in capo all’alienante.
Con riferimento alla vendita obbligatoria in senso stretto, il contratto preliminare ad effetti anticipati vincolerebbe a realizzare il risultato traslativo per mezzo di un negozio ulteriore (la dichiarazione negoziale dispositiva del promittente alienante, appunto), fonte esclusiva del trasferimento della situazione soggettiva. La sequenza echeggerebbe così, in certa misura, la scissione tra titulus e modus adquirendi propria del modello di trasferimento romano-comune, o più correttamente la scissione tra negozio che obbliga a trasferire e negozio che dispone attualmente il trasferimento, secondo il modello tuttora adottato da plurimi ordinamenti giuridici contemporanei.
“Funzione del preliminare ad effetti anticipati sarebbe, in tale prospettiva, non più tanto quella di consentire un controllo delle sopravvenienze giuridicamente rilevanti, mediante differimento (della vigenza) del regolamento d’interessi finale, quanto quella di realizzare uno scambio fra cosa (dapprima in forma, per dir così, promissoria) e prezzo; l’operazione verrebbe conformata, sotto il profilo formale ed esecutivo, da assegnare alla conservazione interinale della situazione soggettiva sulla cosa la foggia di una garanzia del promittente alienante, ed attribuire già al promissario acquirente una situazione interinale di godimento appagante immediatamente o anticipatamente (rispetto al definitivo) il di lui interesse alla disponibilità materiale della cosa, senza acquisto (con i risvolti del caso) illico et immediate della situazione reale[10].”
Tuttavia l’esame delle decisioni giurisprudenziali, soprattutto di quelle precedenti al noto intervento delle sezioni unite del 2008, mette in evidenza come, mentre su molte delle questioni segnalate le conclusioni non fossero affatto costanti, su altre si registrasse una certa convergenza di vedute tra le diverse sentenze; ricorreva infatti perlopiù la soluzione di considerare il promissario acquirente immesso nel godimento, semplice detentore onde chiamarlo a restituire l’indennità ad essi corrispondente fin dal giorno della consegna.
Si riscontravano invece sentenze che qualificavano possesso la posizione del promissario acquirente sulla cosa, pur riconoscergli il diritto a ricevere l’indennizzo previsto per i miglioramenti recati al bene. In ordine all’esercizio delle azioni di nunciazione, alcune pronunce negavano la legittimazione, mentre altre la riconoscevano, anche verso lo stesso promittente alienante.
Sulla possibilità di considerare avvenuta l’usucapione i giudici mostravano le maggiori oscillazioni, evidenziandosi al riguardo un orientamento volto a escluderla, e un orientamento teso ad ammetterla.
La Cassazione si è pronunciata a sezioni unite sul tema proprio per sanare il contrasto giurisprudenziale. Ha accolto in tale occasione l’opinione che ravvisa nella situazione di fatto acquisita dal promissario acquirente con la consegna, una mera detenzione, fondando la conclusione su di una ricostruzione dell’intera operazione che, se non è priva di qualche giustificazione, solleva tuttavia più di una perplessità[11].
La Suprema Corte (Cassazione civile, SS.UU., sentenza 27/03/2008 n° 7930) si è pronunciata statuendo che sarebbe proprio la volontà delle parti di stipulare un preliminare di vendita a esecuzione anticipata a escludere il verificarsi degli effetti traslativi propri del definitivo. In particolare, la Corte deduce che la figura del preliminare complesso sia ricostruibile in termini di collegamento negoziale: costituendo la consegna del bene adempimento di un contratto di comodato collegato a un contratto di mutuo, il promissario acquirente, dal momento che si presenta quale comodatario, vanta una detenzione qualificata esercitata nel proprio interesse, ma alieno nomine. Qualificare la sua posizione come possesso sarebbe, ad avviso dei giudici, un’erronea individuazione o un travisamento dell’intento delle parti che, proprio per mezzo del preliminare, vogliono evitare gli effetti reali traslativi propri del definitivo. Per aversi possesso dovrebbe, invece, intervenire un’interversio possessionis, la quale dovrebbe avere luogo con una manifestazione esteriore e non attraverso una mera volizione interna[12].
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4. Dottrina minoritaria
In dottrina sono state sviluppate quattro tesi minoritarie (è da specificare come la tesi minoritaria presente in dottrina dei “contratti collegati” sia invece la più accreditata in giurisprudenza) in materia di contratto preliminare di vendita ad effetti anticipati[13].
In conformità di un primo orientamento, la figura negoziale in parola integrerebbe un (vero e proprio) contratto preliminare, arricchito da semplici pattuizioni accessorie relative al pagamento del prezzo e alla consegna. Il preliminare ad effetti anticipati, strutturalmente unitario, vincolerebbe (entrambe) le parti (ovvero la parte, nell’ipotesi di preliminare unilaterale) a stipulare il definitivo, con il corredo di prestazioni comunque riconducibili, sul piano giuridico-formale, a clausole contingenti del medesimo regolamento preliminare. L’esecuzione delle prestazioni non risulterebbe, dunque, anticipata, riportandosi l’effetto costitutivo del relativo rapporto obbligatorio ad un titolo attuale. In più ampia prospettiva, l’adempimento sarebbe destinato, al fine, a conseguire stabilità (dovrebbe ritenersi: via compensazione, per il credito di prezzo; via traditio brevi manu, per quello di consegna), ovvero a sfociare in una restituzione (a fronte dell’avverarsi di una condizione risolutiva, verosimilmente implicita), secondo che il definitivo venisse davvero concluso, oppure no.
In secondo luogo, un rapido cenno merita spendere circa una tesi, non recente e, ad oggi, scarsamente diffusa, che riguarda il preliminare ad effetti anticipati non già come (vero e proprio) contratto preliminare, bensì come contratto (definitivo) di vendita, sottoposto a condizione sospensiva o ad efficacia (parzialmente) differita. In relazione a tale contratto (di vendita), il relativo definitivo si atteggerebbe come forma non già di negozio, sebbene di mero fatto giuridico, il cui occorrere, avverando la condizione od integrando la scadenza di un termine, determinerebbe il momento della produzione dell’effetto reale. Il problema della anticipazione degli effetti definitivi viene risolto, così, non già riportando gli effetti definitivi anticipati al preliminare, in quanto titolo attuale, ma riqualificando il preliminare come contratto che veicola già un regolamento d’interessi finale, con un modus argumentandi diametralmente opposto a quello in precedenza esaminato.
Altra tesi affatto minoritaria, e peculiare, è quella che ravvede prospettata (addirittura) la nullità ovvero la necessitata riqualificazione quale pactum (in senso proprio) de tractando del preliminare puro. Il preliminare ad effetti anticipati, invero unica valida o negoziale declinazione di contratto preliminare, rappresenterebbe un negozio di configurazione, improduttivo, in quanto tale, di effetti obbligatori. Si tratterebbe, in questa visione, di un negozio che, in luogo di vincolare le parti alla attuazione di un programma, varrebbe ad attribuire significato negoziale alle prestazioni da esse spontaneamente eseguite in aderenza a quel programma impedendo con la soluti retentio, fino al momento designato per la stipulazione del definitivo, la ripetizione. Collocati in seno al procedimento di formazione del contratto di vendita, gli atti di pagamento del prezzo e consegna assurgerebbero al rango di elementi perfezionativi della fattispecie, sulla scia della tradizione nei contratti reali.
Vi è una ulteriore ipotesi ricostruttiva, la quale ravvisa nel preliminare ad effetti anticipati un (vero e proprio) contratto preliminare, ma collegato a contratti (autonomi) di mutuo e comodato. Il preliminare ad effetti anticipati, non più strutturalmente unitario, viene in tal modo frantumato in tre diversi negozi. Più in dettaglio, la configurazione di un mutuo è volta a giustificare la immediata dazione del prezzo (rectius, della somma di denaro, nella specie opinata a titolo di mutuo, appunto), da parte del promissario acquirente mutuante, al promittente alienante mutuatario; quella del comodato la immediata o anticipata (rispetto alla definitiva) dazione della cosa, da parte del promittente alienante-comodante, al promissario acquirente-comodatario. A seguito della stipulazione del definitivo, il debito di restituzione del denaro mutuato (art. 1813 c.c.[14]) in capo al promittente alienante mutuatario si estinguerebbe, compensandosi con il credito di prezzo; il promissario acquirente comodatario, già detentore, permarrebbe, invece, nella disponibilità materiale della cosa quale possessore (in forza di traditio brevi manu), avendo acquistato la situazione reale e, per ciò stesso, estinto, col rapporto di comodato, l’obbligo di restituzione (art. 1803, comma 1, c.c.[15]). Qualora, per contro, al definitivo non si addivenisse, i reciprochi obblighi restitutori andrebbero adempiuti regolarmente[16].
5. Giurisprudenza minoritaria
Con riferimento al preliminare di vendita ad effetti anticipati è bene evidenziare inoltre che la giurisprudenza, sebbene minoritaria, si è espressa circa la possibilità del promissario acquirente, immesso nel godimento anticipato del bene, di usucapire quest’ultimo, diventando così proprietario a titolo originario.
Sul punto, è bene osservare che la problematica succitata, le cui conseguenze pratiche erano tutt’altro che irrilevanti, trovava due soluzioni diametralmente opposte.
Infatti, secondo un primo orientamento minoritario (Cassazione 22.07.2003, n. 11415, Cassazione 07.07.2000, n. 9106) sostenuto da quella parte della dottrina che riconduceva il preliminare ad effetti anticipati alla vendita obbligatoria il promissario acquirente immesso nel godimento del bene era da qualificarsi quale possessore ex art. 1140 cc[17].
Tale tesi riteneva che la consegna immediata del bene rappresentasse un titolo idoneo e sufficiente a costituire una situazione possessoria: ne seguiva pertanto che il promissario acquirente, qualificato come possessore, era “legittimato a godere ad modum domini della cosa”, potendo quindi usucapire.
Invero, secondo tale orientamento “Il principio, secondo cui la natura del rapporto di fatto che si costituisce con la consegna del bene in virtù di convenzione, dipende da quella degli effetti-reali o obbligatori del contratto, con conseguenti elusioni, in questa seconda ipotesi, del possesso ad usucapionem, non trova applicazione allorché le parti, nello stipulare un contratto preliminare di compravendita, abbiano pattuito la clausola accessoria della consegna immediata del bene con funzione anticipatoria del successivo trasferimento della proprietà al quale tende il negozio; ciò in quanto, in una tale ipotesi, viene attribuito il possesso e non la detenzione della cosa” (Cassazione 22.07.2003, n. 11415).
Viceversa secondo un prevalente orientamento, (Cass., sez. II, 14 novembre 2006, n.24290) il promissario acquirente immesso nel godimento anticipato della res conseguiva la piena disponibilità del bene nel pieno della consapevolezza che l’effetto traslativo non si era ancora verificato. Per tali ragioni, mancava nella situazione de qua, l’animus possidendi, requisito soggettivo del possesso. Pertanto, secondo i fautori di tale tesi, la relazione tra promissario acquirente ed il bene non poteva essere qualificata come possesso, bensì solo come mera detenzione[18].
6. Focus sulla “detenzione qualificata” e il “possesso”
La questione inerente alla libera circolazione del possesso si scontra con l’assunto granitico secondo il quale la circolazione per via contrattuale è riservata ai soli diritti soggettivi. La costruzione che da una parte impone che il possesso ‘segua’ il diritto reale corrispondente, col logico corollario per il quale laddove non vi sia l’attribuzione dell’effetto reale la (eventuale) disponibilità materiale della cosa non possa qualificarsi se non in termini di detenzione, non sembra oggi poi così nitida alla luce delle difficoltà di distinguere il possesso dalla detenzione nei casi concreti.
Problema particolare si pone poi per il preliminare ad effetti anticipati, allorché, come dianzi puntualizzato, le parti (anticipando gli effetti obbligatori della vendita) si impegnano già in sede di contrattazione preliminare a pagare il prezzo e a consegnare la cosa; ci si chiede se, praticamente, il promissario acquirente sia detentore o possessore del bene oggetto del contratto e del quale è stata anticipata la consegna.
La [19]dottrina più autorevole, non essendo il preliminare un contratto traslativo, reputa che il godimento del promissario acquirente integri una detenzione. Dalla consegna anticipata del bene, atto in sé neutro, si argomenta, non può desumersi che l’accipiens possa diventare possessore. Si aggiunge, poi, che il promissario acquirente è detentore perché riconosce nel promittente alienante il proprietario, e soltanto alla stipula del definitivo la detenzione si tramuta in possesso. Al contrario, la giurisprudenza è stata in passato orientata a giudicare quella situazione come possesso, con quel che ne consegue, al fine dell’usucapione. Se appare forse preferibile sostenere che il promissario acquirente (titolare di un vero e proprio diritto al bene) è possessore del bene del quale è stata anticipata la consegna, giacché il suo potere di fatto non può che corrispondere all’esercizio del diritto reale di cui è destinato fatalmente ad acquisire la titolarità, vi è però da rilevare l’incongruenza dell’orientamento giurisprudenziale per ultimo riferito che, da un lato, nega l’ammissibilità della circolazione del possesso “sganciata” dalla circolazione del diritto reale, dall’altro inquadra la situazione in oggetto quale situazione possessoria permettendo così l’acquisto del possesso a prescindere dalla produzione dell’effetto traslativo. E comunque, anche a voler seguire l’opinione che giudica il contratto preliminare strumento insufficiente al fine di sorreggere la situazione possessoria, c’è da considerare che se il contratto definitivo è un fatto idoneo a rendere “definitivi” gli effetti del preliminare, allora vi sarà un solo titolo idoneo a giustificare il possesso del promissario acquirente[20].
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Note
[1] Art. 1576 c.c.: “Il locatore deve eseguire, durante la locazione, tutte le riparazioni necessarie, eccettuate quelle di piccola manutenzione che sono a carico del conduttore. Se si tratta di cose mobili, le spese di conservazione e di ordinaria manutenzione sono, salvo patto contrario, a carico del conduttore.”
[2] Cassazione Civile, Sez. VI-3, 8 luglio 2020, n. 14157.
[3] Cassazione Civile, Sez. VI-3, 8 luglio 2020, n. 14157.
[4] G. Mendola – G. Ludovici, Il preliminare di vendita ad effetti anticipati. Una possibile interpretazione alternativa all’ipotesi giurisprudenziale del collegamento negoziale tra preliminare di vendita, Comodato e mutuo gratuito, in Judicium, 2011, 3 ss.
[5] Art. 2932 c.c.: “Se colui che è obbligato a concludere un contratto non adempie l’obbligazione, l’altra parte, qualora sia possibile e non sia escluso dal titolo, può ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso. Se si tratta di contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata o la costituzione o il trasferimento di un altro diritto, la domanda non può essere accolta, se la parte che l’ha proposta non esegue la sua prestazione o non ne fa offerta nei modi di legge, a meno che la prestazione non sia ancora esigibile.”
[6] Art. 1351 c.c.: “Il contratto preliminare è nullo, se non è fatto nella stessa forma che la legge prescrive per il contratto definitivo”.
[7] M. Talamanca, La compravendita tra effetti obbligatori e trasferimento della proprietà, in Il Centro Studi del Diritto Romano e Diritto Italiano, 2013, 1 ss.
[8] G. Buset, Considerazioni sul c.d. contratto preliminare ad effetti anticipati: natura, qualificazione e disciplina applicabile, in Contratto e impresa, 2019, 1447 ss.
[9] Art. 1470 c.c.: “La vendita è il contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa o il trasferimento di un altro diritto verso il corrispettivo di un prezzo”.
[10] G. Buset, Considerazioni sul c.d. contratto preliminare ad effetti anticipati, cit., 1447 ss.
[11] A. P. Ugas, La consegna anticipata nel preliminare di vendita: spunti di riflessione sul possesso, in Contratto e impresa, 2020, 122 ss.
[12] M. Beghini, La circolazione negoziale del possesso: una prospettiva tra antico e contemporaneo in teorie del diritto privato, in TSDP, XIII, 6 ss.
[13] V. A. LUMINOSO, Contratto preliminare, sue false applicazioni e regole di circolazione dei diritti, in Riv. dir. civ., 2016, 936 ss.
[14] Art. 1813 c.c: “Il mutuo è il contratto col quale una parte consegna all’altra una determinata quantità di danaro o di altre cose fungibili, e l’altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità”.
[15] Art. 1803 comma 1 c.c.: “Il comodato è il contratto col quale una parte consegna all’altra una cosa mobile o immobile, affinché’ se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta”.
[16] G. Buset, Considerazioni sul c.d. contratto preliminare ad effetti anticipati, cit., 1447 ss.
[17] Art. 1140 cc: “Il possesso e’ il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale. Si può possedere direttamente o per mezzo di altra persona, che ha la detenzione della cosa”.
[18] M. Cappellari, Contratto preliminare di vendita ad effetti anticipati: la giurisprudenza, in Giuricivile, 2018, 3 ss.
[19] G. Buset, Considerazioni sul c.d. contratto preliminare ad effetti anticipati, cit., 1447 ss.
[20] A. P. Ugas, La consegna anticipata nel preliminare di vendita, cit. 121 ss.
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