Con sentenza n. 3476 del 4 luglio 2017, il Tribunale di Bari ha affrontato, con chiarezza e precisione, il tema dei pregiudizi astrattamente risarcibili dal vettore in caso di inadempimento rispetto al contratto di trasporto aereo, anche laddove lo stesso si innesti in un contesto vacanziero.
La vicenda processuale traeva origine da un duplice disservizio subito da una passeggera nell’estate del 2010, sostanziatosi nella ritardata consegna del bagaglio sia in occasione del volo d’andata (Bari / Roma / Vilnius) che in quello di ritorno (Helsinki / Roma / Bari).
In ragione di tanto, quest’ultima promuoveva un giudizio innanzi al Giudice di Pace di Bari chiedendo la condanna del vettore aereo al risarcimento di complessivi € 2.900,00 a titolo di danni patrimoniali e non, ai sensi della Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999 (ratificata in Italia con legge n. 12/2004).
Ottenuta l’integrazione del contraddittorio con l’altra compagnia aerea coinvolta nel trasporto, la convenuta principale contestava la fondatezza dell’avversa richiesta sotto il profilo dell’an e del quantum debeatur (anche per superamento del limite risarcitorio sancito dall’art. 22 della summenzionata Convenzione), chiedendone pertanto il rigetto.
Con sentenza n. 2544 del 31 agosto 2013, il Giudice di Pace accoglieva la domanda attorea condannando la convenuta e la terza chiamata al risarcimento in solido dell’intero importo ex adverso domandato.
Avverso tale sentenza, la convenuta principale proponeva appello lamentando l’erroneo riconoscimento dei danni non patrimoniali invocati dalla controparte, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2967 e 2059 c.c., nonché l’errato riconoscimento dei danni patrimoniali anche ai sensi degli artt. 22 e 29 della Convenzione di Montreal.
Il Tribunale, in accoglimento dell’impugnazione proposta, rigettava la domanda della passeggera, compensando per metà le spese di lite del doppio grado di giudizio.
Nella parte motiva, il secondo giudice aveva modo di trattare due importanti tematiche.
In primis, osservava che la direttiva Comunitaria 90/314/CEE – recepita in Italia con D. lgs. n. 111/95, riprodotta nel Codice del Consumo (D. Lgs n.206/2005) – aveva introdotto nel nostro ordinamento il c.d. danno da vacanza rovinata, inteso come «il pregiudizio non solo economico ma anche morale collegato alla delusione e allo stress causato dalla circostanza di non aver potuto godere – o godere appieno – dei benefici di una vacanza, a causa della cancellazione della stessa o dei disagi e disservizi subiti. Detta figura di danno ha natura contrattuale, in quanto trova fondamento nell’inadempimento delle obbligazioni assunte dall’agenzia di viaggi e/o dal tour operator relativamente ad un contratto di viaggio o ‘pacchetto turistico’ stipulato con il consumatore. Esso è composto da due voci: il pregiudizio economico per gli esborsi sostenuti, nonché il danno morale dovuto a delusione e stress subiti a causa del disservizio».
Tale voce di danno, pertanto, derivando dall’inesatta o mancata esecuzione delle obbligazioni nascenti dal contratto di vendita del pacchetto turistico, non risultava opponibile al vettore aereo, il quale, con il contratto di trasporto, assume esclusivamente l’obbligo, dietro pagamento di un corrispettivo, di trasferire le persone ed i loro bagagli da un luogo ad un altro, non rilevando in alcun modo la finalità del viaggio. Al contrario, nei contratti stipulati con i tour operator, la motivazione di svago e di vacanza costituisce la causa in concreto degli stessi, caratterizzando l’obbligazione del venditore che è tenuto a garantire la fruizione e la buona riuscita della vacanza.
Sotto altro profilo, il giudice dell’appello ha evidenziato che il vettore aereo non può rispondere di tale tipologia di danno anche ai sensi dell’art. 1225 c.c., trattandosi di pregiudizi non prevedibili al momento della conclusione del contratto in considerazione della sottoposizione all’utenza di moduli e formule preimpostati.
Tali argomentazioni venivano completate osservando come, nel caso in esame, non risultasse nemmeno ravvisabile un’ingiustizia costituzionalmente qualificata, requisito indispensabile ai fini della consacrazione del pregiudizio non patrimoniale secondo l’insegnamento reso dalla giurisprudenza di legittimità sin dalle note sentenze gemelle del 2008 (Cass. Civ., SS. UU. 11 novembre 2008 sent. nn. 26972, 26793, 26794, 26795).
La seconda tematica di interesse affrontata dal Tribunale concerneva il meccanismo risarcitorio cui è sottoposto il vettore aereo, in virtù del combinato disposto di cui agli artt. 22 e 29 della ridetta Convenzione di Montreal, nelle parti in cui, rispettivamente, dispongono che «la responsabilità del vettore in caso di distruzione, perdita, deterioramento o di ritardo è limitata alla somma di 1000 diritti speciali di prelievo per passeggero» e che le relativa azione «non dà luogo ad alcuna riparazione a titolo punitivo, esemplare o comunque non risarcitorio».
Alla luce di ciò, la statuizione del giudice di prime cure appariva erronea per aver riconosciuto alla viaggiatrice, in totale assenza di qualsivoglia prova dei pregiudizi patiti (e, quindi, anche contravvenendo al disposto di cui all’art. 2697 c.c.), un importo eccedente il suddetto limite pecuniario (attualmente fissato in 1131 DSP per passeggero, pari ad € 1.300,00 circa), pur in assenza di apposita dichiarazione speciale di interesse.
È evidente, dunque, l’insegnamento del Tribunale di Bari laddove impone al passeggero asseritamente danneggiato di fornire tutti gli elementi costitutivi della propria pretesa risarcitoria, a prescindere dal contesto nel quale si inserisce il viaggio (p.e., vacanza o lavoro), trattandosi di circostanza estranea al contratto di trasporto aereo.
Conseguentemente, la previsione normativa di un tetto massimo risarcitorio, e non di un indennizzo forfettario da riconoscere automaticamente, esclude che il mero ritardo nella consegna del bagaglio costituisca autonomo motivo di risarcimento, potendo al massimo rappresentare circostanza dalla quale sorgono danni per il passeggero.
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