Da quando decorre il termine per la richiesta di convalida di cui all’art. 390 cod. proc. pen.
(Riferimento normativo: Cod. proc. pen., art. 390)
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Indice
1. La questione
Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Gorizia convalidava un fermo per taluni indiziati di delitto, e contestualmente applicava a costoro la misura della custodia cautelare in carcere in relazione al delitto di cui agli artt. 110, 603 bis, commi 1 e 2, 4 nn.1-2, cod. pen..
Ciò posto, i fermati, per il tramite del loro difensore di fiducia, proponevano ricorso per Cassazione e, tra i motivi ivi addotti, deducevano violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in relazione al termine imposto al pubblico ministero per il deposito della richiesta di convalida del fermo ai sensi dell’art. 390 cod. proc. pen., sostenendosi che, dal momento della compiuta identificazione al momento in cui il pubblico ministero aveva avanzato la richiesta di convalida, fossero trascorse più di quarantotto ore, dovendosi far decorrere tale termine dall’effettiva privazione della libertà ancorché il pubblico ministero abbia disposto il fermo dell’indiziato di delitto in un momento successivo a quello eseguito dalla polizia giudiziaria di propria iniziativa.
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2. La soluzione adottata dalla Cassazione
La Suprema Corte riteneva il motivo summenzionato infondato.
In particolare, gli Ermellini procedevano innanzitutto ad una ricognizione del quadro normativo di riferimento nei seguenti termini: “Va preliminarmente ricordato, per quel che qui rileva, che l’art. 386 cod. proc. pen., nello stabilire i doveri della polizia giudiziaria in caso di arresto o di fermo, dispone, al primo comma, che gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria che hanno eseguito l’arresto o il fermo o hanno avuto in consegna l’arrestato, ne danno immediata notizia al pubblico ministero del luogo ove l’arresto o il fermo è stato eseguito. Il terzo comma del medesimo articolo prevede che, qualora non ricorra l’ipotesi di immediata liberazione di cui all’articolo 389, comma 2, cod. proc. pen., gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria pongono l’arrestato o il fermato a disposizione del pubblico ministero al più presto e comunque non oltre ventiquattro ore dall’arresto o dal fermo. Entro il medesimo termine trasmettono il relativo verbale, anche per via telematica, salvo che il pubblico ministero autorizzi una dilazione maggiore. L’inosservanza di tali termini rende l’arresto o il fermo inefficaci, come espressamente stabilito nel comma 7 dell’art. 386 cod. proc. pen. 3. Il pubblico ministero, a sua volta, secondo quanto stabilisce l’art. 390, comma 1, cod. proc. pen., entro quarantotto ore dall’arresto o dal fermo, sempre che non debba ordinare la immediata liberazione dell’arrestato o del fermato, richiede la convalida al giudice per le indagini preliminari competente in relazione al luogo dove l’arresto o il fermo è stato eseguito. A norma del comma 2, il giudice fissa l’udienza di convalida al più presto e comunque entro le quarantotto ore successive, dandone avviso, senza ritardo, al pubblico ministero e al difensore. L’arresto o il fermo diviene inefficace, secondo quanto stabilito dall’art. 390, comma 3, cod. proc. pen., se il pubblico ministero non osserva le prescrizioni del comma 1”.
Premesso ciò, la Suprema Corte faceva presente come la giurisprudenza di legittimità abbia ripetutamente affermato che, ai fini della decorrenza dei termini ora indicati, l’individuazione del momento dell’arresto va effettuata considerando la materiale apprensione della persona arrestata, risultando invece irrilevante la redazione del verbale di arresto in un momento successivo (Sez. 4, n. 21995 del 17/2/2009), sebbene si sia precisato, con riferimento al termine per la richiesta di convalida, che dal computo vanno esclusi i tempi tecnici di accertamento dell’identità del soggetto che, in caso di stranieri, sono particolarmente complessi (Sez. 6, n. 28987 del 11 -16/2013; Sez. 1, n. 23686 del 10/6/2010; Sez. 1, n. 21680 del 6/5/2009; Sez. 1, n. 9814 del 14/2/2008), deducendosi al contempo che l’arresto in flagranza di reato si realizza nel momento in cui il soggetto è privato della libertà personale, e che da tale momento decorre il termine per la richiesta di convalida di cui all’art. 390 cod. proc. pen., essendo irrilevante la circostanza che il verbale di arresto sia stato redatto in un momento successivo (Sez. 3, n. 41093 del 30/01/2018).
Orbene, declinando siffatti criteri ermeneutici rispetto al caso di specie, gli Ermellini ritenevano come la richiesta di convalida fosse stata tempestiva e rispettosa dei termini di legge.
3. Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse, essendo ivi chiarito da quando decorre il termine per la richiesta di convalida di cui all’art. 390 cod. proc. pen..
Difatti, fermo restando che, come è noto, l’art. 390, co. 1, cod. proc. pen. dispone che, entro “quarantotto ore dall’arresto o dal fermo il pubblico ministero, qualora non debba ordinare la immediata liberazione dell’arrestato o del fermato, richiede la convalida al giudice per le indagini preliminari competente in relazione al luogo dove l’arresto o il fermo è stato eseguito”, si afferma in questa pronuncia, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, che l’arresto in flagranza di reato si realizza nel momento in cui il soggetto è privato della libertà personale, ossia nel momento in cui si è proceduto alla materiale apprensione della persona arrestata, e che da tale momento decorre il termine per la richiesta di convalida di cui all’art. 390 cod. proc. pen., essendo irrilevante la circostanza che il verbale di arresto sia stato redatto in un momento successivo, così come a nulla rilevano i tempi tecnici di accertamento dell’identità del soggetto che, in caso di stranieri, sono particolarmente complessi.
È dunque sconsigliabile, alla luce di tale approdo ermeneutico, fare riferimento a tali eventi per sostenere il decorso del lasso temporale richiamato dal comma succitato.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica procedurale sotto il profilo giurisprudenziale, non può che essere che positivo.
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