Conversione del sequestro in pignoramento

Redazione 29/11/18
Il sequestro conservativo, ai sensi dell’art. 686 c.p.c. si converte automaticamente (192) in pignoramento quando il creditore che abbia richiesto il provvedimento cautelare (193) ottenga una sentenza di condanna (194) esecutiva. dall’ottenimento della sentenza esecutiva di condanna ha inizio il processo esecutivo si cui il sequestro stesso, una volta convertitosi in pignoramento, costituisce il primo atto, mentre l’attività imposta al sequestrante dall’art. 156 att. c.p.c, da eseguirsi nel termine perentorio di sessanta giorni dalla comunicazione della sentenza di condanna esecutiva, è attività di impulso processuale che il sequestrante, divenuto creditore pignorante, ha l’onere di compiere, a pena l’inefficacia del pignoramento.

In tale caso l’estinzione del processo esecutivo, a norma dell’art. 630 c.p.c. deve essere fatta valere dalla parte, tenuta a proporre al giudice dell’esecuzione la relativa eccezione, a mezzo di difensore e secondo le norme del patrocinio ex art. 83 c.p.c. Sarà, dunque, giuridicamente inesistente l’istanza presentata personalmente dal sequestrato, in quanto proveniente da soggetto privo dello ius postulandi.

Il pignoramento derivante dalla conversione di un sequestro conservativo

Il pignoramento derivante dalla conversione di un sequestro conservativo non retroagisce, quanto ai suoi effetti, al momento della concessione della misura cautelare, sicché il creditore intervenuto nella successiva esecuzione – promossa dallo stesso sequestrante o da altri – non può opporre gli effetti del pignoramento, di cui agli artt. 2913 e ss. c.c., agli atti pregiudizievoli sui beni del debitore intervenuti tra la concessione del sequestro e il pignoramento, restando l’ipoteca iscritta sull’immobile dopo la trascrizione del sequestro conservativo inopponibile unicamente al creditore sequestrante e non anche ai creditori intervenuti nell’esecuzione (195).

Parte della dottrina ritiene che nel novero dei provvedimenti idonei a determinare la conversione in pignoramento rientrino anche le ordinanze provvisorie di condanna, quali quelle ai sensi degli artt. 648, 186-bis, 186-ter, 186-quater, 420 c.p.c. (196). Tale approccio ermeneutico sembra confermato dal disposto di cui all’art. 156-bis disp. att. c.p.c. che riconosce al creditore che abbia devoluto la causa di merito alla giurisdizione di un giudice straniero, l’onere, a pena di inefficacia del sequestro conservativo, di proporre domanda di esecutorietà in Italia della sentenza straniera o del lodo entro il termine perentorio di sessanta giorni, decorrenti al momento in cui la domanda della esecutorietà è proponibile. La dichiarazione di esecutorietà (197) determinerà gli effetti di cui all’art. 686 c.p.c. e sarà applicabile all’art. 156 disp. att. c.p.c. L’art. 156 disp. att. c.p.c. dispone che il sequestrante che ha ottenuto la sentenza di condanna esecutiva prevista nell’art. 686 c.p.c. deve depositarne copia nella cancelleria del giudice competente per l’esecuzione nel termine perentorio di sessanta giorni dalla comunicazione, e deve quindi procedere alle notificazioni previste nell’art. 498 del codice.

La conversione opera solo nei limiti del credito per il quale è intervenuta la condanna e non anche per l’importo, eventualmente maggiore, per il quale il sequestro era stato originariamente autorizzato, poiché gli effetti che l’art. 2906 c.c. riconosce in favore del creditore sequestrante sono equiparati a quelli che lo stesso otterrebbe nel caso di pignoramento.ne consegue che, a seguito della condanna esecutiva (198), il sequestro avente ad oggetto somme eccedenti la condanna perde efficacia (199), non ricorrendo alcuna ipotesi di cui all’art. 669-novies, poiché in tema di conversione del sequestro in pignoramento la norma cardine è esclusivamente l’art. 686 (200). La conversione del sequestro conservativo nel pignoramento torna a confermare la natura della misura cautelare: un pignoramento anticipato che assolve alla funzione cautelare di garantire la fruttuosità della futura esecuzione per espropriazione e dunque l’effettività della responsabilità patrimoniale del debitore ex art. 2740 c.c. Si evince dunque che i beni del debitore rilevano per valore e per la possibilità di essere trasformati in somme di denaro, infatti il creditore che ottenga una sentenza di condanna definitiva potrà soddisfarsi coattivamente sul patrimonio del debitore in virtù della automatica conversione del sequestro in pignoramento (201). In merito alla necessità degli adempimenti di cui all’art. 156 disp. att. si rilevano opinioni differenti.

La giurisprudenza maggioritaria

Una parte della giurisprudenza, l’orientamento maggioritario, ritiene che la conversione del sequestro conservativo operi ipso iure (202) nel momento in cui il sequestrante ottiene la sentenza di condanna esecutiva, con la conseguenza che l’ulteriore attività del creditore disposta ai sensi dell’art. 156 disp. att. c.p.c. serve soltanto a dare impulso all’instaurato processo esecutivo ed il mancato compimento di tali formalità non incide sulla conversione, ormai inevitabilmente verificatasi, ma solo sul processo esecutivo, determinando l’inefficacia del pignoramento da far valere con l’eccezione di estinzione del processo esecutivo ex art. 630 c.p.c. (203).

Il vincolo di indisponibilità del bene derivante dall’esecuzione, di un sequestro conservativo opera con diverse scansioni temporali nei confronti dei possibili interessati al momento della attuazione del provvedimento cautelare, la operatività del vincolo è circoscritta in favore del solo creditore procedente, mentre, dal momento della conversione del sequestro in pignoramento, essa andrà ad estendersi anche agli altri creditori, già intervenuti e che interverranno. ne consegue che la disciplina degli effetti di una eventuale alienazione a terzi del bene de quo è, in relazione alle due ipotesi ora ricordate non omogenea, potendosi porre la questione della tutela dell’affidamento con riferimento alla posizione dell’acquirente del bene oggetto di sequestro (eventualmente autorizzato entro determinati limiti di somma), ma non anche di colui che tale acquisto abbia compiuto dopo la conversione in pignoramento della misura cautelare, poiché da quel momento il processo esecutivo proseguirà all’esclusivo scopo di soddisfare tutti i creditori, intervenuti o interveniendi» (204). Se oggetto del sequestro conservativo sono beni immobili, ai sensi del comma 2 dell’art. 156 disp. att. c.p.c., nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione del dispositivo della sentenza il sequestrante deve chiedere l’annotazione della sentenza di condanna esecutiva in margine alla trascrizione nei registri immobiliare (205), eseguita ex art. 679 c.p.c. (206).

Il combinato disposto delle due norme ha generato molteplici dibattiti in dottrina in merito al momento in cui si verifica la conversione del sequestro in pignoramento, assumendosi da parte minoritaria della dottrina che la conversione non operi automaticamente nel momento in cui si ha la pubblicazione della sentenza di condanna, essendo necessario che il sequestrante esegua di adempimenti di cui all’art. 156 disp. att. c.p.c. (207). Il mancato rispetto delle attività prescritte dall’art. 156 determina la conseguente opposizione del debitore. Una parte della dottrina ritiene che «l’eccezione del debitore in ordine al mancato deposito della sentenza di primo grado, quale condizione di procedibilità del processo esecutivo, integra un’opposizione agli atti esecutivi, che deve come tale esse proposta, a mente del capoverso dell’art. 617 c.p.c., entro il termine di cinque giorni dal successivo primo atto di esecuzione portato legalmente a conoscenza del debitore esecutato» (208) (209).

Si ritiene dunque che il debitore che voglia far dichiarare la irregolarità dell’esecuzione debba agire in conformità alle regole generali e presentare una opposizione avverso l’atto esecutivo invalido. Altra parte della dottrina ha ricondotto l’opposizione nell’ambito delle opposizioni all’esecuzione sul presupposto della illegittimità della prosecuzione dell’azione esecutiva (210). Un diverso orientamento ritiene che l’opposizione proposta dal debitore per contestare che il sequestro conservativo, anche se convertito in pignoramento, sia carente del requisito di cui all’art. 686 c.p.c., ovvero la mancanza di una sentenza di condanna esecutiva in favore del creditore, integra una opposizione all’esecuzione e non agli atti esecutivi, in quanto pone in discussione l’esistenza stessa del titolo esecutivo.

Ai fini dell’individuazione del giudice compente dovranno considerarsi gli ordinari criteri di valore del credito ex artt. 17 comma 1 e 616 c.p.c. (211). Una quarta soluzione ermeneutica è stata offerta da risalente giurisprudenza di legittimità che ritiene che non vengano in rilievo né l’opposizione all’esecuzione, né agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c., bensì pone una questione di estinzione del processo esecutivo, con conseguente inefficacia del pignoramento, in forza degli artt. 630 e 632 c.p.c. da un tale approccio deriva che per proporre eccezione non vi sarebbero i brevi termini di cui all’art. 617 c.p.c. e che il provvedimento non incontrerebbe i limiti di impugnabilità stringenti previsti per l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 618 c.p.c. (212).

Il sequestro conservativo presso terzi

Con riferimento al sequestro conservativo presso terzi occorre chiarire che la conversione del sequestro in pignoramento ai sensi dell’art. 686 c.p.c., implica che il vincolo di indisponibilità dei beni sequestrati, di cui all’art. 2906 c.c. persista a carico del terzo (213), già autore della dichiarazione positiva resa ex art. 547 c.p.c. nonostante questi ne abbia disposto, adempiendo alla prestazione di restituzione di detti beni nei confronti del proprio creditore, successivamente esecutato, con ciò violando l’intimazione a non disporne senza ordine del giudice; detta inefficacia opera sia nei confronti del creditore sequestrante e poi pignorante (e nella specie in favore dell’avente causa di questi); sia a favore dell’ulteriore creditore, intervenuto in via surrogatoria, con susseguente assegnazione in sede esecutiva, ai sensi dell’art. 511 c.p.c. (214). Il pignoramento derivante dalla conversione di un sequestro conservativo non retroagisce, quanto ai suoi effetti, al momento della concessione della misura cautelare, sicché il creditore intervenuto nella successiva esecuzione, promossa dallo stesso sequestrante o da altri, non può opporre gli effetti del pignoramento di cui agli artt. 2913 ss. c.c., agli atti pregiudizievoli sui beni del debitore intervenuti tra la concessione del sequestro ed il pignoramento, restando l’ipoteca iscritta sull’immobile dopo la trascrizione del sequestro conservativo inopponibile unicamente al creditore sequestrante e non anche ai creditori intervenuti nell’esecuzione (215).

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Note 

(192) La conversione del sequestro conservativo in pignoramento ha luogo con l’ottenimento da parte del creditore della sentenza di condanna esecutiva ex art. 686 c.p.c. nel momento della conversione i vizi attinenti originariamente al sequestro si ripercuotono su tale atto e su quelli successivi della procedura esecutiva, e dovranno essere fatti valere dinanzi al giudice dell’esecuzione mediante l’opposizione di cui all’art. 617 c.p.c., Cass. civ., sez. III, 5 agosto 1997, n. 7218.

(193) Merz, op. cit., 200 ss.

(194) ne consegue che: «Il sequestro conservativo è revocabile, oltre che a seguito di prestazione di idonea cauzione e di sentenza assolutoria definitiva, anche nel caso di sentenza di proscioglimento non irrevocabile, se dall’impugnazione proposta non può discendere un’evoluzione del procedimento favorevole alla parte civile. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato senza rinvio l’ordinanza che aveva confermato il sequestro conservativo in relazione ai reati per i quali era stata dichiarata la prescrizione e la sentenza era stata impugnata dal solo imputato). Così Cassazione penale, sez. VI, 4 aprile 2017, n. 21132 in “Ced Cass. pen.”, 2017.

(195) Cass. civ, sez. VI-3, ordinanza n. 54 del 7 gennaio 2016. (196) In tal senso Chiarloni – Consolo, in I procedimenti sommari e speciali, I procedimenti cautelari, a cura di Conte, Torino, 1082 ss.

(197) «Il dies a quo per gli adempimenti di cui all’art. 156 disp. att. c.p.c., laddove la conversione del sequestro si determini a seguito della dichiarazione di esecutorietà di una sentenza comunitaria, comincia a decorrere, in caso di opposizione al decreto di exequatur, dal momento della comunicazione della sentenza con cui la Corte d’Appello decide sulla medesima». Trib. Bologna, 8 giugno 2006, in “Giur. it.”, 2007, 11, 2541.

(198) In tema di sequestro conservativo, in forza della pronuncia di sentenza di condanna, il già concesso sequestro conservativo si convertirà in pignoramento, ex art. 696 c.p.c., nei limiti del credito riconosciuto. Trib Milano, sez. VI, 25 febbraio 2013, n. 2573, in “de Jure Giuffrè”.

(199) dalFino, I procedimenti cautelari, cit., 543 ss. (200) In applicazione di questo principio la Suprema Corte ha escluso l’opponibilità ad altro creditore, che aveva successivamente iscritto ipoteca sui medesimi beni, del sequestro ottenuto a tutela di un credito per un importo maggiore rispetto a quello successivamente oggetto di condanna, anche se accertato nella medesima sede come esistente nella misura più ampia, rilevando che, per questa parte, la sentenza non costituisce titolo esecutivo ex art. 474 (così Cass. 28 giugno 2012, n. 10871)

(201) «Il sequestro conservativo assolve alla funzione cautelare di garantire la fruttuosità della futura esecuzione per espropriazione e dunque l’effettività della responsabilità patrimoniale del debitore ex art. 2740 c.c, risolvendosi in una sorta di pignoramento anticipato. In tale contesto, i beni del debitore non rilevano dunque nella loro specifica individualità, ma in relazione al loro valore e alla loro attitudine ad essere trasformati in somme di denaro; ove infatti il creditore ottenga sentenza di condanna esecutiva, egli potrà soddisfarsi coattivamente sul patrimonio del debitore in virtù dell’automatica conversione del sequestro in pignoramento» Trib. Trani, 22 gennaio 2011, in “de Jure Giuffrè”.

(202) «La conversione del sequestro conservativo in pignoramento opera ipso iure nel momento in cui il sequestrante ottiene sentenza di condanna esecutiva, iniziando in quello stesso momento il processo esecutivo, di cui il sequestro stesso, una volta convertitosi in pignoramento, costituisce il primo atto, mentre l’attività imposta al sequestrante dall’art. 156 disp. att. c.p.c., da eseguirsi nel termine perentorio di sessanta giorni dalla comunicazione della sentenza di condanna esecutiva, è attività di impulso processuale che il sequestrante, divenuto creditore pignorante, ha l’onere di compiere nel detto termine perentorio e la cui mancanza comporta l’inefficacia del pignoramento. Quest’ultima opera di diritto, ma deve essere eccepita dal debitoesecutato prima di ogni altra difesa (artt. 630 e 562 c.p.c.) nell’ambito del processo esecutivo promosso dal creditore procedente. Alla stregua di tali principi si deduce che un soggetto estraneo alla procedura esecutiva non ha, di regola, interesse a chiedere al giudice dell’esecuzione di dichiarare l’inefficacia del pignoramento derivata da quella del precedente sequestro, fatta salva l’ipotesi in cui il creditore procedente, avvalendosi della sentenza di condanna come titolo esecutivo, inizi un’azione esecutiva contro di lui oppure in una sede diversa come azione dichiarativa, poiché in questo caso egli avrebbe interesse ad un accertamento negativo della pretesa esecutiva». Cass. civ., sez. III, sent., 3 settembre 2007, n. 18536 (rv. 598818), in “Ced Cassazione”, 2007.

(203) Trib. Trapani, 28 giugno 2007, in “Giur. Merito”, 2007, 12, 3209; in tal senso anche Tribunale Grosseto, 8 luglio 2017, n. 662 per cui «La conversione del sequestro conservativo in pignoramento opera ipso iure nel momento in cui il sequestrante ottiene sentenza di condanna esecutiva, iniziando in quello stesso momento il processo esecutivo, di cui il sequestro stesso, una volta convertitosi in pignoramento, costituisce il primo atto, mentre l’attività imposta al sequestrante dall’art. 156 disp. att. c.p.c. da eseguirsi nel termine perentorio di sessanta giorni dalla comunicazione della sentenza di condanna esecutiva, è attività di impulso processuale che il sequestrante, divenuto creditore pignorante, ha l’onere di compiere nel detto termine perentorio e la cui mancanza comporta l’inefficacia del pignoramento». ed anche Cassazione penale, sez. I, 21 gennaio 2011, n. 22062, in “Ced Cassazione penale”, 2011 e in “Cass. pen.” 2012, 2, 599 secondo cui: «Il sequestro conservativo disposto sui beni dell’imputato, una volta che il processo sia definito con sentenza di patteggiamento perde efficacia soltanto ove l’azione risarcitoria, già esercitata in sede penale, non venga tempestivamente riassunta in sede civile e quindi iniziata nei termini previsti dall’art. 669-octies c.p.c.».

(204) In “Foro It.” gennaio 1997, ed anche in GiovaGnoli-Capitano, I procedimenti cautelari – percorsi giurisprudenziali, Milano, 2010, 121 ss. (205) «Il conservatore dei registri immobiliari non può, ai sensi dell’art. 2674 c.c., rifiutare l’annotazione della sentenza esecutiva di condanna prevista nell’art. 686 c.p.c., ai fini della conversione del sequestro conservativo in pignoramento, pur se la relativa istanza gli sia presentata oltre il termine di cui all’art. 156 disp. att. c.p.c.», Trib. Milano, 4 marzo 1982, in “Il Foro it.”, 1983, I, 2028.

(206) Merz, op. cit., 210, ss.

(207) Così vellani, La conversione, op. cit., 83 ss. Anche satta, Commentario al codice di procedura civile, IV, 1984, 230 ss. critica il fenomeno della conversione automatica, affermando che il sequestro convalidato non avrebbe mai potuto divenire inefficace per la mancata conversione, poiché, se così fosse stato, tale eventualità sarebbe stata espressamente contemplata nell’art. 683 prima vigente.

(208) Così testualmente Cass., 17 aprile 1967, n. 757, in “Il Foro It.”, 1967, I, 1225 con nota di Borre.

(209) vellani, La conversione, cit., 148 ss.

(210) Anche satta sembra propendere per tale opzione, in Commentario, cit., 233.

(211) Cass. civ., 3 settembre 2007, n. 18536.

(212) «L’esecuzione delle misure cautelari, pur avvenendo nelle forme previste per l’esecuzione per consegna o rilascio (sequestro giudiziario) od in quelle previste per il pignoramento (sequestro conservativo), non trasforma i provvedimenti medesimi in atti di esecuzione forzata, né li assoggetta alla competenza del giudice dell’esecuzione, trattandosi di un mero richiamo della legge alle operazioni esecutive e non all’intero sistema di tutela giurisdizionale sancito in materia; conseguentemente, le contestazioni mosse in ordine all’esecuzione del sequestro non assumono natura di opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi, ma conservano la loro natura di eccezioni del soggetto che ha subito la misura cautelare, idonee soltanto a sollecitare l’esercizio, da parte del giudice di merito, dei poteri di modifica, integrazione, precisazione o revoca del provvedimento». Tribunale Trani, 17 settembre 2009, in “Giur. merito” 2010, 5, 1321. In nota si evidenzia che, nel corso dell’istruzione, il giudice istruttore della causa di merito possa, su istanza di parte, modificare o revocare il provvedimento cautelare, anche emesso anteriormente alla causa, qualora si verifichino mutamenti nelle circostanze, mentre lo stesso art. 669-duodecies, con disposizione di chiusura avente carattere generale, applicabile (art. 669-quaterdecies) anche ai sequestri, stabilisce che ogni altra questione in ordine all’attuazione della misura cautelare, diversa da quelle in precedenza esaminate nel medesimo articolo (concernenti le mere difficoltà materiali insorte nel corso dell’esecuzione: art. 610 c.p.c.), va proposta nel giudizio di merito. In base a tale disciplina, e tenuto conto anche del rimedio del reclamo (nell’ambito della cui procedura può chiedersi, come è stato fatto, per motivi sopravvenuti e quando il provvedimento arrechi grave danno, la sospensione dell’esecuzione al Presidente del Tribunale o della Corte investiti del reclamo) contro le ordinanze che abbiano concesso o negato un provvedimento cautelare, non sussiste neppure il pericolo, paventato dal reclamante, che, contrariamente allo spirito della riforma, provvedimenti cautelari invalidi, o irregolarmente eseguiti, possano permanere in vigore durante il tempo necessario per svolgere il giudizio ordinario sul merito.

(213) In tema di sequestro conservativo presso terzi, la conversione in pignoramento, ai sensi dell’art. 686 c.p.c., implica che il vincolo di indisponibilità dei beni sequestrati, di cui all’art. 2906 c.c., persista a carico del terzo, già autore della dichiarazione positiva resa ex art. 547 c.p.c., nonostante questi ne abbia disposto, adempiendo alla prestazione di restituzione di detti beni nei confronti del proprio creditore, successivamente esecutato, con ciò violando l’intimazione a non disporne senza ordine del giudice; detta inefficacia opera sia nei confronti del creditore sequestrante e, poi, pignorante (e, nella specie, in favore dell’avente causa di questi), sia a favore dell’ulteriore creditore, intervenuto in via surrogatoria, con susseguente assegnazione in sede esecutiva, ai sensi dell’art. 511 c.p.c. Cass. civ., sez. III, 7 febbraio 2012, n. 1689 (rv. 621822) in “Ced Cassazione”, 2012.

(214) Cass. civ., 7 febbraio 2012, n. 1689, “de Jure Giuffrè”.

(215) «Il pignoramento derivante dalla conversione di un sequestro conservativo non retroagisce, quanto ai suoi effetti, al momento della concessione della misura cautelare, sicché il creditore intervenuto nella successiva esecuzione – promossa dallo stesso sequestrante o da altri – non può opporre gli effetti del pignoramento, di cui agli artt. 2913 e ss. c.c., agli atti pregiudizievoli sui beni del debitore intervenuti tra la concessione del sequestro e il pignoramento, restando l’ipoteca iscritta sull’immobile dopo la trascrizione del sequestro conservativo inopponibile unicamente al creditore sequestrante e non anche ai creditori intervenuti nell’esecuzione». Cass. civ., 7 gennaio 2016, n. 54, in “Giustizia Civile Massimario”, 2016

 

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