L’approvazione della Legge Cirinnà (Legge n. 76/2016) ha portato alla regolamentazione delle convivenze di fatto e all’istituzione delle unioni civili per coppie omosessuali. Ma cosa possono fare, nella pratica, le coppie di fatto per ufficializzare la loro unione? E quali sono i diritti che spettano ai conviventi che si registrano all’anagrafe del Comune di residenza? Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza sulla regolamentazione delle coppie di fatto.
Indice
1. Cosa sono le convivenze di fatto?
I conviventi di fatto, come stabilito dalla Legge Cirinnà, sono due persone maggiorenni “unite stabilmente da legami affettivi di coppia” e “reciproca assistenza morale e materiale”, non vincolate da rapporti di parentela, matrimonio o unione civile. Non ha importanza se i due conviventi appartengano allo stesso sesso o meno. Il fatto che i due conviventi non debbano essere legati da rapporto di matrimonio implica che, per legge, non sono considerate convivenze di fatto quelle in cui uno dei conviventi sia separato dal precedente coniuge ma non divorziato.
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2. Come si formalizza una convivenza di fatto?
È possibile formalizzare davanti alla legge una convivenza di fatto effettuando una dichiarazione all’anagrafe del Comune di residenza. I due conviventi dovranno dichiarare all’ufficio anagrafe di costituire una coppia di fatto e di coabitare nella stessa casa. La dichiarazione potrà essere sottoscritta di fronte all’ufficiale d’anagrafe o inviata tramite fax o per via telematica. I dichiaranti potranno in questo modo ottenere il certificato di stato di famiglia. Con la Legge Cirinnà ai conviventi di fatto viene riconosciuto il diritto reciproco di visita, assistenza e accesso alle informazioni personali in caso di malattia, la possibilità di nominare il partner proprio rappresentante e il diritto di continuare a vivere nella casa di residenza dopo l’eventuale decesso del convivente proprietario dell’immobile.
3. È obbligatorio formalizzare la convivenza?
Le convivenze di fatto non devono essere obbligatoriamente registrate all’anagrafe. In caso di mancata registrazione, anche quando il rapporto sia stabile e duraturo, si parla di convivenza di fatto non formalizzata. Come ribadito anche dalla recente giurisprudenza, i due conviventi costituiscono comunque una coppia, ma non godono dei diritti propri delle convivenze di fatto formalmente registrate.
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4. Cosa sono i contratti di convivenza?
I contratti di convivenza, similmente entrati in vigore il 5 giugno 2016 grazie alla Legge Cirinnà, rappresentano un’ulteriore garanzia che permette alla coppia di “disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune”. Come per la registrazione all’anagrafe, i conviventi non sono obbligati a stipulare il contratto, ma il documento permette loro di stabilire delle regole che saranno ufficialmente riconosciute a loro tutela.
5. Cosa si può decidere con i contratti di convivenza?
Il contratto di convivenza può contenere indicazioni relative al luogo di residenza dei conviventi, alle loro modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, “in relazione alle sostanze di ciascuno”, e all’eventuale regime patrimoniale di comunione dei beni. Il regime di comunione dei beni è instaurato solo sotto specifica richiesta dei conviventi: diversamente, la coppia vive in separazione dei beni. Il regime patrimoniale scelto può in ogni caso essere cambiato dai conviventi in qualsiasi momento. Il contratto di convivenza “non può essere sottoposto a termine o condizione“. Non può dunque essere rescisso “per contratto” al verificarsi di un particolare evento o al termine di un certo periodo di tempo. Per sciogliere il contratto è necessaria l’esplicita richiesta di almeno uno dei due conviventi.
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