Con il decreto in commento, il Tribunale di Palermo si pronuncia su un ricorso proposto dall’ex convivente per poter vedere i figli della compagna nati, attraverso il meccanismo della fecondazione eterologa, durante la relazione sentimentale durata per quasi otto anni.el corso della convivenza una delle donne aveva manifestato il desiderio di divenire madre, sicché aveva avviato un processo di procreazione assistita di tipo eterologo, conclusosi con la gravidanza e la nascita di due gemelli. I bambini, da subito, sono stati accuditi dalle due donne nella prospettiva di realizzare insieme un nucleo familiare stabile.
Nel 2011, si adiva il Tribunale dei minorenni con il precipuo scopo di far riconoscere in capo alla ricorrente una potestà analoga a quella del genitore c.d. biologico. Tuttavia tale iniziativa si manifestava infruttuosa e non veniva accolta dal predetto Tribunale.
L’interruzione della relazione, per continui dissidi tra le due donne, rendeva difficoltosa per la convivente la possibilità di frequentare i bambini, considerato che questi si trasferivano con la madre biologica presso un’altra residenza. Con il presente giudizio, la ricorrente, pertanto, chiedeva il riconoscimento ope iudicis di poter frequentare quelli che riteneva fossero anche i suoi figli. Si costituiva la madre biologica che, contrariis reiectis, chiedeva la declaratoria di incompetenza, il ne bis in idem e la carenza di legittimazione ad agire. Rigettate l’eccezione di incompetenza e di bis in idem, il tribunale esaminava la legitimatio ad causam della ricorrente. Sul punto va rilevato che il nostro sistema mostra una lacuna nella disciplina che dovrebbe regolare i diritti dell’ex convivente. La giurisprudenza, infatti, sulla scorta di una interpretazione evolutiva sia della nostra Costituzione, nella specie l’art.2, sia della giurisprudenza comunitaria, ha cercato di fornire delle risposte ad un fenomeno ben diffuso nella prassi. Si badi che il caso de quo è ancora più particolare perché gli interessati al procedimento erano una coppia della stesso sesso. Nello stato attuale, infatti, manca la previsione legislativa che riconosce in capo all’ex convivente la responsabilità genitoriale di genitore sociale. Sulla base di tali premesse, veniva dichiarato il difetto della suddetta legittimazione in capo alla ricorrente. Nonostante la carenza di legittimazione, tuttavia, il Collegio procedeva ad un esame nel merito sulla base del fatto che il pubblico ministero, quale interveniente necessario, avesse fatto proprie le istanze della ricorrente.
Il Tribunale, infatti, alla luce degli elementi forniti, durante il giudizio, riteneva provata l’esistenza di un nucleo familiare di fatto tra le parti ed i bambini. L’interesse e l’affezione che la ricorrente mostrava verso i bambini veniva fornita anche dal fatto che la stessa avesse provato, anche se con esito infausto, ad ottenere un riconoscimento giuridico della sua persona nei confronti della prole della partner. Molto efficacemente, la relazione peritale d’ufficio affermava “è apparsa evidente una profonda significatività affettiva tra i bambini e la signora tale che gli stessi la riconoscono come appartenente al loro sistema familiare in una seconda mamma(…)considerando significativamente pericoloso pei i bambini una interruzione o una discontinuità nel legame con la signora”. Pertanto, privare i bambini di un simile legame avrebbe avuto ripercussioni negative per la crescita psico-fisica dei minori. L’interesse della prole rappresenta il leitmotiv dell’esaminando provvedimento. Il giudice, infatti sarà chiamato ad assumere quelle decisioni che corrispondono al meglio al best interest of child. Tale principio sembra essere evidente anche alla luce del panorama europeo. La Carta di Nizza, infatti, all’art.24, in materia dei diritti del bambino, stabilisce che “in tutti gli atti relativi ai bambini, l’interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente”. Oltretutto, deve altresì, evidenziarsi il superamento della concezione tradizionale della nozione di famiglia (rectius tra uomo e donna) con quella di fatto anche tra persone dello stesso sesso. La Corte di Giustizia, in più occasioni, ha rilevato che il concetto di famiglia non è limitata alle sole relazioni fondate sul matrimonio ma può oltrepassare di fatto i legami familiari fino alle relazioni fuori dal rapporto di coniugio (sent.26 maggio 1994 Keegan v.Irlanda). Molto efficacemente, poi, la CEDU, ex art. 8, riconosce l’esistenza della vita familiare anche al di fuori del matrimonio, c.d. relazioni di fatto, purché sussistano alcuni indici tali da far emergere la stabilità e l’affezione della coppia.
Alla luce delle superiori valutazioni, e considerate le rationes di cui agli articoli 337 e 337 ter c.c., della prevalenza dell’interesse del figlio su ogni altro interesse giuridicamente rilevante che vi si ponga in contrasto, il collegio palermitano estende l’ambito applicativo delle suddette norme sino a delineare “un concetto allargato di bigenitorialità e di famiglia, ricomprendendo per tale via anche la figura del genitore sociale”. Infatti “quando il rapporto instauratosi tra il minore e il genitore sociale è tale da fondare l’identità personale e familiare del bambino stesso, questo rapporto deve essere salvaguardato al pari di quanto riconosce oggi l’articolo 337 ter c.c. nei confronti dei genitori biologici”. Il Tribunale, pertanto, prescindendo da una eventuale inidoneità del compagno omosessuale, evidenzia che allo stato dei fatti l’unico interesse che bisogna prendere come riferimento è quello dei bambini. Nella specie i giudici scrivono “ne coglierebbe nel segno una eventuale obiezione circa l’inidoneità di un individuo omossessuale allo svolgimento di compiti genitoriali. Le acquisizioni delle scienze di settore hanno evidenziato che la qualità e l’attaccamento dei figli e del loro sviluppo cognitivo e relazionale non dipende dalla compresenza di genitori di diverso ma dalla pregnanza della relazione affettiva genitoriale”. Non conterebbe, pertanto, la sessualità di due persone che compongono un coppia quanto la cura e l’affezione con cui gli stessi si dedicano ai propri figli. Quest’ultimi, infatti, avranno il diritto di frequentare e continuare il relativo rapporto interpersonale con la partner della madre se questo rapporto ha degli effetti benefici e proficui per la loro crescita e serenità psicofisica. Stante le argomentazioni di cui sopra, il Tribunale di Palermo riconosce in capo ai minori il diritto di mantenere un rapporto stabile con la ex convivente della madre del genitore biologico.
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