Correttezza e buona fede nel rapporto di lavoro e nella prospettiva giuslavoristica
Correttezza e Buona Fede impongono a ciascun contraente di cooperare alla realizzazione dell’interesse di controparte e che esse, come tali, costituiscano il filtro necessario per impedire che l’esercizio della discrezionalità di ciascuna delle parti del rapporto possa sfociare in una discriminazione, vessazione o, comunque, in un mero arbitrio in danno di controparte.
Pur costituzionalmente riconosciuto (articolo 41 Cost.), il diritto datoriale di libertà nella iniziativa economica ha, infatti, un proprio limite negli obblighi di correttezza e Buona Fede (articoli 1175, 1375 cod.civ.), immanenti non solo alla stipulazione, bensì all’interpretazione e all’esecuzione del contratto (articoli 1366,1175,1375 cod.civ.). La correttezza, in quanto coerenza con una fondamentale regola dell’agire è, in generale, coerenza con la oggettiva seppur taciuta ragione che conduce la singola parte del contratto; e nel contratto di lavoro l’oggettiva ragione datoriale è costituita dalle esigenze aziendali (C.f.r.: Gianluca Falco: ” La Buona Fede e l’abuso del diritto” – Ed. Giuffrè, pag. 319 ss).
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Mobbing. Tutele processuali e percorsi psiconeuroimmunologiciiIl presente testo, con materiale online tra cui formuario e giurisprudenza, è strumento operativo sia per i professionisti che per chiunque si trovi ad affrontare le problematiche connesse al fenomeno del mobbing. Si analizza l’argomento sotto due aspetti: uno giuridico e l’altro medico. Da un punto di vista giuridico si prende in considerazione il fenomeno in esame sia sotto il profilo sostanziale che processuale, indicando nel dettaglio i singoli comportamenti mobbizzanti, le responsabilità e le possibili tutele (giuridiche ed extragiuridiche) da attivare. La dignità della persona umana e il rispetto nei confronti dei lavoratori nei luoghi di lavoro costituiscono un punto qualificante della convivenza civile e, al contempo, una misura incentivante per una maggiore produzione lavora- tiva. Infatti, un ambiente di lavoro, dove siano bandite forme di violenza morale nei confronti dei lavoratori costituisce un punto essenziale anche per la migliore produttività aziendale. Invece, da un punto di vista medico, si analizza, in primis, il ruolo svolto dallo stress, sia acuto sia cronico, nell’innescare cambiamenti nella fisiologia dell’intestino e nella salute mentale e, in secondo luo- go, si presentano le principali metodiche utilizzate per rilevare una situazione di stress da lavoro correlato, attraverso l’impatto che quest’ultimo ha sulla salute psico-fisica del lavoratore. Nicola Botta, laureato in Pedagogia, in Psicologia clinica, in Medicina e Chirurgia e specializzato in Psicoterapia Cognitiva e Psiconeuroimmunologia. Dal 1983 ad oggi lavora come Psicologo Clinico presso l’Asl di Salerno. È stato docente di Psicologia del Lavoro dal 2006 al 2011 presso l’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli. Attualmente, è docente di Psiconeuroimmunologia presso l’Open Academy of Medecine, a Venezia. Dal 1999 è responsabile del Servizio di Psicologia Clinica e Psicoterapia presso l’UOSM DS 67, dell’Asl di Salerno. Dal 2000 si occupa di mobbing come coordinatore del gruppo di lavoro presso la stessa Asl. Autore di numerosi libri e scritti in materia del mobbing. Rocchina Staiano, Avvocato, Docente in Diritto della Previdenza ed assicurazioni sociali e in Tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro presso l’Università di Teramo; Docente/formatore in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, ai sensi del D.M. 5 marzo 2013; Docente in vari Corsi di formazione e di master; Membro dei collegi dei probiviri della Cisl Regione Campania; Componente esterno della Commissione Lavoro e della Commis- sione Rapporti Internazionali UE del CNF; Consigliera di Parità della Provincia di Benevento. Autrice di numerose pubblicazioni e di contributi in riviste, anche telematiche. Nicola Botta – Rocchina Staiano | 2018 Maggioli Editore 34.00 € 27.20 € |
La fattispecie specifica: l’utilizzo improprio della carta fedeltà da parte del prestatore di lavoro
Sempre più spesso si ravvisano, a livello giurisprudenziale, condotte, da parte dei lavoratori cassieri, addetti e/o commessi di vendita nel commercio al dettaglio che hanno ad oggetto episodi in cui la carta fedeltà, propria o di soggetti terzi, viene impropriamente utilizzata dal dipendente al fine di trarre un vantaggio diretto e/o indiretto. Molto spesso le carte fedeltà consentono di accumulare punti che possono, a loro volta, essere tramutati in buoni sconto da utilizzare in diversi punti vendita. Si tratta di condotte che, pur cagionando in molti casi un danno economico esiguo, incrinano de facto il rapporto fiduciario e vengono sanzionate con un licenziamento disciplinare da parte del datore di lavoro. La Cassazione, con la recente sentenza 11181/2019, ha ritenuto legittima la decisione presa dalla Corte d’Appello in merito al licenziamento della cassiera di un negozio, provvedimento ritenuto illegittimo, invece, da Giudice di Prime Cure. La Cassazione osserva che la Corte d’Appello ha ben valutato il venir meno dell’elemento fiduciario nel rapporto con al datore di lavoro “indipendentemente da una valutazione economica dell’entità del danno causato, certamente non rilevante, valorizzando invece la gravità della condotta, ricollegata alla truffa”. Alla base di questa pronuncia della Cassazione, vi è un indirizzo maggioritario che pone l’accento alla rilevanza che viene attribuita al vincolo fiduciario che caratterizza il rapporto di lavoro subordinato in collegamento diretto con i doveri di correttezza e Buona Fede ex articoli 1175 e 1375 cod.civ. (C.f.r.: “Licenziamento per l’uso illecito delle carte fedeltà” – Articolo 06.05.2019 di Paolo Rotella, in Lavoro-Articoli e commenti in www.altalex.com).La fattispecie specifica: l’utilizzo improprio della carta fedeltà da parte del prestatore di lavoro
Considerazioni personali e finali sulla Buona Fede Correttezza
Buona Fede. Come in altre circostanze queste norme assumono rilevanza, dando equilibrio al sistema contro l’arbitrio. Le clausole generali summenzionate servono infatti in funzione di proporzionalità del sistema del diritto del lavoro. Come, appunto, nel caso delle sanzioni disciplinari. Come nel caso di una valutazione della legittimità di un licenziamento. Come infatti evincibile dalla sentenza in commento, comportamenti come l’uso improprio della carta fedeltà, in astratto, da un punto di vista meramente positivistico, può configurare una condotta legittimante un licenziamento. Così, però, in concreto non è. Anche laddove si consideri la vicenda in esame, dove il giudice di primo grado è di un diverso avviso.
Il dovere di solidarietà sociale, di cui all’articolo 2 della nostra Carta Fondamentale. Che tempera le norme. Che è un requisito della Buona Fede. Che pone equilibrio in un rapporto contrattuale, nel quale una parte avrebbe più forza rispetto all’altra. Nel quale tale clausola è, come ribadito, un limite al potere di una parte, che altrimenti sarebbe libera di agire a proprio totale arbitrio. Questa è dunque una prospettiva di sistema. Questi sono principi cardine del diritto del lavoro. Questo è equilibrio tra le parti di un rapporto contrattuale di lavoro. D’altro canto vige, in ulteriore ipotesi, in diritto, un principio di conservazione dei rapporti. E dunque, sotto tale prospettiva, vanno valutate, in un’ottica di sistema, non solo pronunce come quella commentata ma, soprattutto le clausole di Buona Fede e Correttezza, nel diritto e nel rapporto di lavoro.
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