La Corte costituzionale albanese sospende il trattato con l’Italia

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In data 5 dicembre 2023 il Consiglio dei Ministri, ha approvato un disegno di legge di ratifica del Protocollo tra Italia e Albania per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria, stipulato a Roma il 6 novembre 2023. Ma le perplessità da più parti sollevate hanno trovato un primo riscontro nella decisione della Suprema Corte albanese del 13 dicembre 2023 che ha sospeso il citato trattato e di fatto ha reso più difficoltoso l’iter delle misure previste per il trasferimento dei migranti in quel Paese, provvedimenti che si ritiene comunque non fossero realmente efficaci per il contrasto all’immigrazione clandestina.
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Indice

1. Il disegno di legge di ratifica del trattato con l’Albania


In data 5 dicembre 2023 il Consiglio dei Ministri, ha approvato un disegno di legge di ratifica del Protocollo tra il Consiglio dei ministri della Repubblica di Albania e il Governo della Repubblica italiana per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria, stipulato a Roma il 6 novembre 2023.[1]
Il documento prevede che nei due centri previsti sul territorio albanese potranno essere condotte “esclusivamente persone imbarcate su mezzi delle autorità italiane all’esterno del mare territoriale della Repubblica o di altri Stati membri dell’Unione europea, anche a seguito di operazioni di soccorso”. In sostanza, questo accordo sarà applicato solo peri migranti soccorsi in acque extraeuropee, perché, in caso contrario, la deroga alle norme nazionali prevista dal disegno di legge sarebbe stato inevitabilmente in contrasto con quelle del diritto europeo che si applicano in territorio o in mare europeo.[2]
Il testo, come precisa il comunicato stampa del governo, autorizza alla ratifica del Protocollo, ne ordina l’esecuzione e introduce disposizioni di coordinamento, di organizzazione, in materia di personale e di spese, di giurisdizione e per l’individuazione della legge applicabile, anche penale sostanziale e processuale penale.[3]
Tra le misure principali è disposta la clausola di equiparazione delle due aree previste dal Protocollo alle zone di frontiera o di transito indicate dal decreto legislativo n.25/2008, nelle quali si prevede l’espletamento delle procedure accelerate in frontiera. Tali aree sono assimilate rispettivamente agli hotspot e ai centri di permanenza per il rimpatrio di cui al Testo unico sull’immigrazione. Nelle aree albanesi, poi, potranno essere condotti esclusivamente i migranti imbarcati su mezzi delle autorità italiane all’esterno del mare territoriale italiano o di altri Stati membri dell’Unione Europea. Nei confronti di tali migranti è sancita l’applicazione della disciplina italiana e, quindi, europea in materia di immigrazione e di ammissione degli stranieri nel territorio nazionale, con contestuale individuazione esplicita della competenza del Tribunale di Roma che aggraverà il lavoro di tale organo giudiziario e renderà più difficoltoso l’esercizio del diritto di difesa.  
Viene, anche, stabilito che nei confronti dei migranti presenti nelle strutture del Protocollo è garantito il rispetto di tutti i diritti previsti dalla normativa generale italiana ed europea in materia.
Anche per la realizzazione e gestione delle strutture site in territorio albanese, il testo prevede a tal fine una generale clausola di deroga, in materia di contratti pubblici, ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale, del codice delle leggi antimafia e dei vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione Europea che renderà più difficile il monitoraggio degli appalti al fine di prevenire eventi corruttivi.
Per quanto concerne la disciplina amministrativa, viene individuata la competenza del Prefetto, del Questore e della Commissione territoriale con costituzione ad hoc di apposite sezioni di Roma per i provvedimenti da adottare nei confronti dei migranti.
Con riferimento, invece, alla tutela della sicurezza il disegno di legge stabilisce che il migrante che commette un delitto all’interno delle strutture del Protocollo sia punito secondo la legge italiana se vi è la richiesta del Ministro della giustizia (ferma la necessità della querela della persona offesa, ove si tratti di reato procedibile a querela). La richiesta del Ministro non è necessaria per i delitti puniti con la pena della reclusione non inferiore nel minimo a 3 anni.
Si prevedono anche la competenza dell’autorità giudiziaria e della polizia giudiziaria italiane nelle aree individuate dal Protocollo quando è esercitata la giurisdizione penale, la trasmissione nei casi di arresto in flagranza o fermo del verbale, entro quarantotto ore, al pubblico Ministero di Roma e che, nelle successive quarantotto ore, si svolga l’udienza di convalida presso il Tribunale di Roma.  
Inoltre, nel caso in cui il giudice applichi la misura cautelare della custodia in carcere, l’indagato è trasferito presso strutture idonee ubicate nelle aree del Protocollo che quindi vengono assimilate agli istituti penitenziari determinando una pericolosa commistione tra detenuti e internati.
Si prevede, infine, che il giudice pronunci sentenza di non luogo a procedere quando è acquisita la prova dell’esecuzione del rimpatrio dell’autore, con due eccezioni: 1. delitti per i quali è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza; 2. imputato sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere, finché la misura non è revocata o dichiarata estinta. Si tratta di una semplificazione di natura processuale che nelle intenzioni del legislatore dovrebbe favorire il rimpatrio degli stranieri nei Paesi di origine.


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2. La sentenza della Corte Costituzionale albanese


Preliminarmente si osserva che la Corte costituzionale di Albania è il più alto organo giudiziario che garantisce il rispetto della Costituzione in quel Paese. Tale organo è composto da 9 membri, che sono nominati, a partire dalla riforma costituzionale del 2016 e, precisamente: 3 dal presidente della Repubblica, 3 dall’Assemblea e 3 dalla Corte Suprema.
In base agli articoli 168-177 della Costituzione albanese, la Corte decide:

  • la compatibilità della legge con la Costituzione o con gli accordi internazionali di cui all’articolo 126;
  • la compatibilità degli accordi internazionali con la Costituzione, prima della loro ratifica;
  • la compatibilità degli atti normativi degli organi centrali e locali con la Costituzione e gli accordi internazionali;
  • i conflitti di competenze tra poteri, così come tra governo centrale e governo locale;
  • la costituzionalità delle organizzazioni politiche nonché della loro attività ai sensi dell’articolo 9 della Costituzione, la destituzione del Presidente della Repubblica e la verifica dell’impossibilità per lui di esercitare le sue funzioni;
  • le questioni connesse con l’elezione e l’incompatibilità nell’esercizio delle funzioni del Presidente della Repubblica e dei deputati, nonché la verifica dei risultati elettorali;
  • la costituzionalità del referendum e la verifica dei suoi risultati;
  • il giudizio definitivo dei reclami individuali per la violazione dei loro diritti costituzionali, dopo che sono stati esauriti tutti i mezzi legali per la protezione dei loro diritti con la maggioranza di tutti i suoi membri

È importante sottolineare come la Corte, a differenza di quanto avviene in Italia, ha anche la facoltà di effettuare un controllo preventivo dei trattati internazionali.
Proprio tale Corte in data 13 dicembre 2023 ha sospeso le procedure parlamentari per la ratifica dell’accordo sottoscritto dalla premier italiana Giorgia Meloni e il suo omologo di Tirana Edi Rama, prevista per il 14 dicembre 2023.[1]
 La Corte ha accolto due ricorsi proposti, in sede separata, dal Partito Democratico albanese e altri 28 deputati schierati a fianco dell’ex premier Sali Berisha. Nei rilievi si sostiene che l’intesa violi la Costituzione e le convenzioni internazionali sottoscritte da Tirana, circostanza che impone la sospensione alla ratifica parlamentare fino alla decisione di merito della Corte.
La Corte deve decidere entro tre mesi dalla presentazione del ricorso, scadenza che in questo caso coincide con il 6 marzo 2024. La sua prima seduta plenaria è attesa per il 18 gennaio, quando la Suprema corte di Tirana prenderà in esame uno dei due ricorsi presentati. I giudici avranno tre mesi di tempo per depositare il loro verdetto.
Secondo il dispositivo della Corte, rinunciare alla sovranità nei due territori previsti per la realizzazione di centri di accoglienza per migranti è un atto che avrebbe dovuto essere preventivamente autorizzato dal presidente della Repubblica.
Infatti, il ricorso presentato dalle opposizioni al governo di Tirana si basa sostanzialmente su questa contestazione. Pertanto, la Corte costituzionale albanese, in extremis, ha sospeso la procedura parlamentare e, dunque, anche l’applicazione del protocollo.
 Dunque, nella migliore delle ipotesi per l’Italia, il progetto subirà una battuta d’arresto che rischia di compromettere la realizzazione dei centri prima della stagione estiva, quando i flussi migratori si fanno più consistenti.[2]
Circa le reazioni alla sospensione fonti di Palazzo Chigi, interpellate sulla questione, hanno fatto sapere di non temere ritardi nell’attuazione del protocollo. L’esecutivo, tra l’altro, aveva appena incassato l’appoggio della presidente della Commissione europea, nella lettera inviata ai 27 sullo stato dei lavori sulla migrazione, come avviene di prassi prima dei vertici a Bruxelles, che aveva definito l’intesa Italia-Albania “un modello” a cui guardare.  

3. Conclusioni


I timori rappresentati da più parti sulla legittimità dell’approvazione del disegno di legge di ratifica del protocollo con l’Albania hanno trovato un primo riscontro nella citata decisione della Corte costituzionale albanese.
Infatti, tali disposizioni, non eliminano in taluni casi, anche i dubbi di legittimità costituzionale italiana e di contrasto alla normativa europea, come accertato dalle ordinanze del Tribunale di Catania e di altri giudici italiani sotto la vigenza del decreto legge n.133/2023.
In particolare, l’equiparazione delle aree albanesi agli hotspot e ai centri di permanenza per il rimpatrio di cui al Testo unico sull’immigrazione riproporrà le stesse problematiche previste dalla normativa di cui allo stesso decreto legge n.133/2023 e sconfessate dalle citate ordinanze giurisdizionali. Tuttavia, un punto fermo sulla questione sarà apposto delle decisioni della Corte di Cassazione adita dall’Avvocatura Generale dello Stato che farà definitivamente luce sulle menzionate vicende processuali, anche in ordine alla procedura seguita dai giudici italiani sulla quale si esprimono riserve.
Inoltre, si ritiene che solo la completa attuazione dell’accordo raggiunto in data 4 ottobre 2023 tra i 27 Paesi europei sul testo chiave del regolamento delle crisi dei migranti, improntato alla solidarietà obbligatoria, potrebbe attenuare l’abnorme fenomeno migratorio attualmente in atto.
Sta di fatto che lo stesso accordo non sembra realizzare una strategia organica ed efficace per il contrasto dell’immigrazione clandestina e che la sospensione delle procedure previste dal trattato subiranno certamente un consistente ritardo, nonostante le assicurazioni di Palazzo Chigi.

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Paolo Morozzo della Rocca | Maggioli Editore

Note

  1. [1]

    P. Gentilucci, Il trattato Italia-Albania sui centri di detenzione, in Diritto.it del 13 novembre 2023.

  2. [2]

    Redazione, Accordo Italia-Albania, via libera del Cdm al ddl di ratifica. A Tirana solo migranti soccorsi in acque extraeuropee, in Il quotidiano nazionale del 5 dicembre 2023.

  3. [3]

    P. Gentilucci, Legge n. 176/2023 sull’immigrazione e ratifica del trattato con l’Albania, in Diritto.it dell’11 dicembre 2023.

  4. [4]

    A. Magnani, Albania, Alta Corte sospende ratifica accordo con l’Italia sui migranti, in Sole 24ore del 13 dicembre 2023.

  5. [5]

    A. Ziniti, Migranti, la Corte costituzionale albanese sospende la ratifica dell’accordo con l’Italia, in La Repubblica del 13 dicembre 2023.

Prof. Paolo Gentilucci

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