Lucia Nacciarone
Con la sentenza n. 106 del 22 aprile 2014 i giudici costituzionali hanno dichiarato illegittimo l’articolo 69, comma 4, del codice penale, come sostituito dall’articolo 3 della legge 251/2005, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’articolo 609 bis, comma 3, del codice penale (violenza sessuale di minore gravità) sulla recidiva reiterata.
Nel caso sottoposto all’attenzione della Corte l’imputato, reo di aver cercato ripetutamente contatti con l’ex moglie in un momento in cui la donna non era predisposta, non aveva precedenti per reati di natura sessuale, in assenza di recidiva specifica. Aveva precedenti, si, ma per illeciti di altro tipo.
Nella specie quindi il divieto di prevalenza era risultato incongruo, configurando addirittura una violazione del principio di proporzionalità della pena.
Precisano, infatti, i giudici della Consulta, che in conseguenza della modifica introdotta dalla legge 251/2005 anche fatti di minima entità verrebbero ad essere irragionevolmente sanzionati con la stessa pena di cui al primo comma dell’articolo 609 bis del codice penale, prevista per la violenza sessuale più grave: pertanto, è necessario distinguere le condotte che aggrediscono lo stesso bene giuridico sì, ma con modalità estremamente diverse e arrecando un differente danno alla vittima. E ciò si può farlo abolendo il divieto di prevalenza.
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