In ipotesi di lavori (sottomarini nella specie ) mai realizzati, la contabilizzazione ed il pagamento degli stessi costituisce in responsabilit? erariale il direttore dei lavori e l? ingegnere-capo? anche in considerazione dell? omessa produzione della documentazione necessaria per il collaudo. La sentenza in allegato? si inserisce nel filone giurisprudenziale contabile relativo agli appalti lavori per opere incompiute o giammai realizzate. La particolarit? della fattispecie sottoposta al vaglio del collegio della Corte siciliana sta nella peculiarit? dei lavori ? sottomarini ? con tutti i conseguenziali problemi anche con riferimento al collaudo degli stessi.?
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qui di seguito la sentenza
SEZIONE GIURISDIZIONALE D’APPELLO PER
LA REGIONE SICILIANA Presidente: *********** ? Relatore: ************
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FATTO
Con atto di citazione depositato l’11 luglio 2002, il Procuratore regionale conveniva in giudizio dinanzi
la Corte dei conti l’ing. ************, quale direttore dei lavori della rete fognaria del Comune di Torrenova, chiedendone la condanna in favore del comune stesso della somma di ? 308.282,112 o della minore somma di ? 215.797,40, oltre interessi legali e spese del giudizio.??? Riferiva il procuratore che, accertata l’ultimazione dei lavori in data 16 giugno 1993, nel gennaio 1994 si era verificata una perdita di liquami a circa
50 metri dalla battigia, che aveva reso necessario procedere a dei lavori di riparazione della condotta sottomarina. In tale occasione, come venne accertato con sopralluogo del 19 dicembre 1994, emerse che la condotta era pi? corta di circa 300 metri di quella contabilizzata e pagata. Ci? fu confermato dalla commissione di collaudo che accert? che detta condotta sottomarina era stata realizzata di lunghezza pari a m. 811 + 48 di diffusore, a fronte di m. 1160 + 48 di diffusore previsti in progetto. Per tale vicenda l’ingegnere capo ed il direttore dei lavori furono sottoposti a procedimento penale insieme all’appaltatore e dalla perizia espletata in quella sede emerse che la condotta sottomarina si estendeva al massimo per metri 830. Secondo il procuratore il danno subito dal Comune ammontava a complessive lire 596.918.112, pari ad ? 308.282,47, di cui lire 49.185.537, per la riparazione della condotta; lire 24.240.000 per la documentazione filmata e fotografica dei lavori; lire 453.811.432, oltre IVA per lire 45.381.143, per i lavori non eseguiti; lire 18.050.000, oltre IVA per lire 3.610.000, per la quota parte del compenso della Direzione lavori; lire 2.200.000, oltre IVA per lire 440.000, per la quota parte del compenso dell’Ingegnere Capo. Di tale danno il Procuratore riteneva responsabili per il 70% il Direttore dei lavori e per il 30% l’Ingegnere capo, che tuttavia non veniva convenuto in giudizio in quanto deceduto l’11 gennaio 1999.
Con sentenza n. 119/2003,
la Sezione giurisdizionale ha condannato il convenuto al pagamento della somma di ? 38.540,10, oltre rivalutazione monetaria secondo gli indici I.S.T.A.T., a decorrere dal 19-12-1994 e fino alla data di pubblicazione della sentenza, ed interessi legali sulla somma rivalutata dalla data di pubblicazione della sentenza e fino al soddisfo. Preliminarmente il giudice di primo grado ha respinto l’eccezione di prescrizione ritenendo che nella fattispecie fosse stato posto in essere da parte del direttore dei lavori un occultamento doloso del danno, avendo egli attestato falsamente la regolare esecuzione dei lavori da parte della ditta, cosicch? il termine prescrizionale ? stato fatto decorrere dalla scoperta del danno, avvenuta il 19 dicembre 1994, data in cui ? stata riscontrata la mancanza di circa
300 metri della condotta terminale. In conseguenza, essendo stato il convenuto costituito in mora, con atto ritenuto idoneo dal Collegio, in data 3 luglio 1999, ed essendo stato l’atto di citazione notificato il 20 agosto 2002, non ? decorso il termine di prescrizione quinquennale. Il giudice di primo grado, poi, ha concordato quasi integralmente con la determinazione del danno erariale richiesto con l’atto di citazione, ritenendo tuttavia che dall’importo originariamente contestato debbano essere detratte le somme di lire 50.000.000 e di lire 10.416.000, spese per la fornitura del diffusore e la sua posa in opera, in quanto dal verbale di sopralluogo del dicembre 1994, risultava che detto diffusore era stato istallato dalla ditta. Di tale danno, secondo il Collegio, devono rispondere per il 50% ciascuno il Direttore dei Lavori e l’Ingegnere Capo, il primo per avere dichiarato che i lavori erano stati regolarmente eseguiti, senza essere in possesso di alcuna documentazione filmata o fotografica che attestasse la regolare esecuzione di quelli eseguiti sotto il livello del mare; il secondo per non avere correttamente esercitato le sue funzioni di vigilanza sui lavori, nell’interesse dell’Amministrazione.
Circa la qualificazione dell’elemento soggettivo riteneva il Collegio che la condotta del convenuto dovesse ritenersi gravemente colposa, tenuto conto, come gi? rilevato, che questi, nella qualit? di Direttore dei Lavori, aveva contravvenuto agli obblighi relativi alla sua attivit? per conto dell’Amministrazione.
Con ricorso depositato l’11 aprile
2003, l‘ing. ************, rappresentato e difeso dall’avv. *************, ha proposto appello avverso la suddetta sentenza. Preliminarmente il difensore contesta il rigetto dell’eccezione di prescrizione da parte del giudice di primo grado rilevando che, ai fini della decorrenza del termine, occorre fare riferimento al momento in cui il fatto dannoso diviene conoscibile da parte della P.A., considerando solo le cause giuridiche impeditive dell’esercizio del diritto e non anche i semplici ostacoli di fatto, come l’ignoranza del titolare in ordine alla sussistenza del diritto. Pertanto, poich? i lavori sono stati ultimati nel giugno 1993 e nel semestre successivo avrebbe dovuto essere espletato il collaudo, che avrebbe consentito all’Amministrazione di acquisire la conoscibilit? del danno, comunque l’azione doveva essere esercitata entro il quinquennio successivo dalla scadenza del termine per il collaudo. N? pu? ritenersi che il termine possa essere spostato affermando che vi sia stato un occultamento doloso del danno, dato che non basterebbe per la sua sussistenza la falsa attestazione contestata, ma occorrerebbe, secondo la giurisprudenza in materia, un ulteriore comportamento preordinato a prevenire il disvelamento del danno ovvero a nasconderlo.
Anche nell’ipotesi in cui si volesse ritenere la prescrizione decorrente dalla scoperta del danno, avvenuta il 19 dicembre 1994, ugualmente il diritto sarebbe prescritto, dato che l’azione ? stata esercitata nel 2002 e la nota comunicata all’appellante in data 3.7.99 non ? idonea a costituire atto di costituzione in mora, mancando degli elementi necessari per potere essere considerata tale.
Con il secondo motivo di appello il difensore contesta l’esistenza e la determinazione del danno. Anzitutto, esclude che possa considerarsi danno addebitabile al suo assistito la somma di lire 49.185.537, spesa dall’Amministrazione per la riparazione dei danni della condotta, dato che spettava alla ditta la manutenzione ordinaria e straordinaria dell’opera fino al collaudo. Ugualmente afferma per quanto attiene alla spesa di lire 24.200.000, relativa alla documentazione fotografica e filmata dei lavori, che gravava sulla ditta esecutrice dei lavori. Ancora,? non avrebbero potuto essere ricomprese tra le voci di danno i compensi pagati al Direttore dei lavori e all’ingegnere capo, dato che dal loro lavoro un vantaggio ? comunque derivato all’Amministrazione. Quanto, infine alle spese pagate per lavori non eseguiti, l’eventuale danno non poteva essere determinato in base a quanto affermato dalla stessa amministrazione danneggiata.
Con il terzo motivo di appello, il difensore contesta l’affermazione di responsabilit? per colpa grave del suo assistito, rilevando, anzitutto, che secondo la normativa in materia, la responsabilit? preminente nella conduzione dell’opera ? dell’ingegnere capo, mentre il direttore dei lavori assolve compiti pi? specifici che attengono alla concreta esecuzione dei lavori. Afferma, quindi, che l’ing. C. avrebbe agito in perfetta buona fede, fidandosi dei rapporti tra l’impresa e l’amministrazione e anche la mancanza della documentazione fotografica, obbligatoria secondo il contratto di appalto, non potrebbe essere a lui addebitata.
Il procuratore generale, nelle sue conclusioni scritte, depositate il 10 ottobre
2003, ha contestato la fondatezza dell’appello e ne ha chiesto il rigetto. All’udienza dibattimentale l’avv. ************* ha insistito nell’accoglimento del gravame; il P.M. ha chiesto il rigetto dell’eccezione di prescrizione e la conferma della condanna dell’appellante.
DIRITTO
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Con il primo motivo di appello il difensore contesta il rigetto dell’eccezione di prescrizione da parte del giudice di primo grado, sostenendo, anzitutto, che l’azione doveva essere esercitata entro il quinquennio decorrente dalla scadenza del termine per effettuare il collaudo e cio? dal semestre successivo alla ultimazione dei lavori, avvenuta nel giugno 1993. Afferma, poi, che, anche se si volesse ritenere che la prescrizione decorra dalla scoperta del danno, avvenuta il 19 dicembre 1994, ugualmente il diritto sarebbe prescritto, dato che l’azione ? stata esercitata nel 2002 e la nota comunicata all’ing. C. in data 3.7.99 non ? idonea a costituire atto di costituzione in mora.
Il motivo ? infondato.
Come ? noto, ai sensi dell’art. 1, 2? comma, l. 14 gennaio 1994, n. 20, ?il diritto al risarcimento del danno si prescrive in ogni caso in cinque anni, dalla data in cui si ? verificato il fatto dannoso, ovvero, in caso di occultamento doloso del danno, dalla data della sua scoperta?.
Nella fattispecie viene contestato al Direttore dei lavori e all’Ingegnere capo di avere consentito che fossero contabilizzati e pagati lavori sottomarini che, in effetti, l’impresa non aveva mai realizzato; inoltre, avendo omesso di procedere alla documentazione filmata o fotografica degli stessi, di avere impedito alla commissione di collaudo ed alla stessa Amministrazione di accertarlo. Cos?, solo nel 1994, quando la condotta fognaria present? delle perdite, l’Amministrazione pot? accertare l’inattendibilit? del certificato di ultimazione dei lavori, scoprendo che, a fronte della previsione progettuale di mt. 1160 di condotta sottomarina, ne erano stati realizzati solo mt. 700.
Ritiene, pertanto, il Collegio che sia stato posto in essere dai responsabili un comportamento finalizzato all’occultamento degli esiti dannosi della loro attivit? illecita che, come sopra rilevato, costituisce l’unico impedimento di fatto idoneo ad assurgere quale causa di sospensione della prescrizione in materia di responsabilit? amministrativa, e, di conseguenza, il termine quinquennale di prescrizione previsto dalla norma pu? iniziare a decorrere soltanto dalla scoperta del danno stesso.
Ci? posto, dagli atti processuali risulta che, solo nel novembre 1994, quando
la Giunta deliber? la risoluzione del contratto con l’impresa, che non aveva voluto procedere alla riparazione della condotta fognaria dopo la perdita di liquami avvenuta nel gennaio precedente, l’Amministrazione comunale, proprio in occasione dei lavori di riparazione, si pot? accorgere che non era mai stata realizzata gran parte della condotta sottomarina. Da tale momento, quindi, ? iniziato a decorrere il quinquennio che ? stato interrotto dall’atto di messa in mora, notificato ai presunti responsabili nel giugno del 1999. Circa l’idoneit? del suddetto atto a costituire in mora il suo assistito, assume la difesa che non pare si possa evincere dalla nota inviata dall’Amministrazione l’esplicitazione di una pretesa o una manifestazione chiara di volont? di ottenere il soddisfacimento del diritto leso.
Osserva il Collegio, che come ? noto, l’atto di costituzione in mora di cui all’art. 1219 c.c., idoneo ad integrare gli estremi di atto interruttivo della prescrizione, ai sensi dell’art. 2943, ultimo comma, c.c., non ? soggetto a rigore di forme all’infuori della scrittura: esso non richiede l’uso di formule solenni n? l’osservanza di particolari adempimenti, essendo sufficiente che il creditore manifesti chiaramente, con un qualsiasi scritto diretto al debitore e portato comunque a sua conoscenza, la volont? di ottenere il soddisfacimento del proprio diritto.????
Invero, l’atto in esame contiene la esplicita affermazione da parte dell’Amministrazione comunale di costituire in mora i destinatari, in ordine ai pagamenti eseguiti in esecuzione del contratto relativo ai lavori di costruzione della rete fognante nonch? alle spese sostenute per la riparazione della condotta. Tale atto, quindi, presenta tutti gli elementi necessari in relazione alla sua natura giuridica e cio? l’elemento soggettivo, costituito dalla chiara indicazione del soggetto obbligato, e l’elemento oggettivo, consistente nell’esplicazione di una pretesa, nella richiesta scritta di adempimento, che manifesta l’inequivocabile volont? del titolare del credito di far valere il proprio diritto nei confronti dei soggetti indicati, con l’effetto sostanziale di costituirli in mora.
Con il secondo motivo di appello il difensore contesta l’esistenza e la determinazione del danno, escludendo che possano essere addebitate al suo assistito le spese per la riparazione dei danni della condotta, quelle sostenute per la documentazione fotografica e filmata dei lavori e i compensi pagati al Direttore dei lavori e all’ingegnere capo. Ritiene, poi, che l’eventuale danno per lavori non eseguiti non poteva essere determinato in base ad una valutazione effettuata dalla stessa? amministrazione danneggiata.
Anche questo motivo di appello ? infondato.
Dalla relazione tecnica sulla condotta sottomarina, eseguita dal Nucleo subacquei? dei Carabinieri di Messina su incarico del G.I.P. del Tribunale di Patti, e dalla documentazione fotografica e filmata ? emerso che a fronte di una previsione progettuale di lunghezza totale della condotta di m. 1.160 ne erano stati realizzati m. 811 e che dei tetrapodi posti a protezione, sia lateralmente che in testa alla tubatura sommersa, su 29 contabilizzati e pagati ne sono stati riscontrati solo 9, che, peraltro, non erano stati posizionati alle profondit? previste in progetto: i danni subiti dall’amministrazione, quindi, sono derivati non solo dalla mancata realizzazione di una parte delle opere ma anche dalla cattiva esecuzione dei lavori effettuati. Ritiene, allora, il Collegio che, sia le somme spese per la riparazione della condotta, danneggiata a causa della cattiva realizzazione dell’ancoraggio sul fondo del mare, sia quelle sostenute per la documentazione fotografica e filmata dei lavori subacquei, che
la Direzione dei lavori avrebbe dovuto esigere dall’impresa in occasione dei vari stati di avanzamento e che, invece non fu mai realizzata, devono essere considerati danno da porre a carico di chi dirigeva i lavori. Ugualmente deve ritenersi, ovviamente, per le somme spese per i lavori mai effettuati e che, invece, vennero contabilizzati e pagati. Quanto all’ammontare di dette ultime poste di danno, contestate dall’appellante perch? determinate in base ad una valutazione della stessa amministrazione danneggiata, rileva il Collegio che la quantificazione di esse ? stata effettuata in maniera ineccepibile, applicando ai lavori non eseguiti, accertati anche dalle perizie svolte in occasione del processo penale, i prezzi unitari e le quantit? previsti nel contratto di appalto.
Infine, appare di tutta evidenza che costituiscano danno i compensi pagati al Direttore dei lavori ed all’Ingegnere capo, ritenuti responsabili della cattiva esecuzione dei lavori e che, quindi, non possono pretendere il pagamento di alcuna parcella per un’attivit? produttiva di danni per l’Amministrazione.
Con l’ultimo motivo di appello, il difensore contesta l’affermazione di responsabilit? per colpa grave del suo assistito, rilevando che secondo la normativa in materia, la responsabilit? preminente nella conduzione dell’opera pubblica ? dell’Ingegnere capo e che, comunque, l’ing. C. avrebbe agito in perfetta buona fede.
Anche tale ultimo motivo di appello ? infondato.
Come ? noto, ai sensi dell’art. 1, R.D. 25.5.1895, n. 350, ancora in vigore all’epoca dell’esecuzione dei lavori in questione (sostituito con D.P.R. 21.12.1999, n. 554) l’Ingegnere Capo ha il compito di vigilare sui lavori pubblici, che si eseguiscono sotto la sua diretta responsabilit?. Ai sensi del successivo art. 3, il Direttore dei lavori ha la speciale responsabilit? dell’accettazione dei materiali, della buona e puntuale esecuzione dei lavori in conformit? ai patti contrattuali ed agli ordini dell’ingegnere capo.
La normativa in materia prevede, quindi, che il direttore dei lavori svolga un’opera di vigilanza e di controllo sull’andamento dei lavori commissionati dalla stazione appaltante in modo da accertare, con continuit?, l’esatto adempimento dei patti contrattuali, raccogliendo i dati necessari per l’accertamento della rispondenza ai requisiti richiesti e per l’applicazione di eventuali penalit?, ci? al fine di verificare immediatamente lo scostamento, in corso di esecuzione, dalle clausole contrattuali pattuite, affinch? possano essere corretti possibili errori, nonch? risolti eventuali problemi imprevisti. In sostanza, il direttore dei lavori, una volta investito dell’incarico, ? tenuto a controllare che i lavori vengano eseguiti a regola d’arte, che non vi siano inadeguatezze progettuali, nonch? a redigere in modo completo e, nei tempi previsti, la contabilit? dei lavori con la conseguenza che, quando si omettono queste verifiche si deve rispondere all’amministrazione, dal punto di vista patrimoniale, della cattiva realizzazione dell’opera pubblica.
Nel caso in esame, si configura sicuramente la colpa grave dell’appellante che ha violato tutte le norme poste dall’ordinamento al fine di assicurare la buona esecuzione dei lavori, ponendo in essere un comportamento contrario alle pi? elementari regole deontologiche, non avendo vigilato per nulla sulla esecuzione e definizione dei lavori ed avendo omesso altres? di curare una regolare contabilit? degli stessi.
Non vuole, con ci?, il Collegio sottovalutare l’importanza dell’opera di controllo da parte dell’amministrazione e degli organi a ci? preposti, giacch? molti danni avrebbero potuto essere evitati se l’opera di vigilanza dell’Ingegnere capo fosse stata regolare ed effettiva,? ma tuttavia ritiene che, come affermato dal giudice di primo grado, la responsabilit? del Direttore dei lavori non possa essere inferiore al 50% del danno subito dall’Amministrazione.
In definitiva,? quindi, l’appello non pu? essere accolto e va confermata la sentenza di primo grado.
Per il principio della soccombenza legale, l’appellante deve essere condannato al pagamento delle spese di questo grado di giudizio che si liquidano in complessivi ?????
P.Q.M.
la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale d’appello per la Regione siciliana, definitivamente pronunciando ?
RESPINGEl’appello proposto avverso la sentenza in epigrafe.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese di questo grado di giudizio che si liquidano in complessivi ??? 303,00 (trecentotre/00)?
Cos? deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 18 novembre 2003.
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Depositata oggi in Segreteria nei modi di legge.
Palermo, 20/01/2004
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