Corte dei Conti – Giudizi di responsabilità amministrativa per danno erariale – Sezione Giurisdizionale per la Regione Sicilia – Sentenza n. 2157/2008 – Illecito erariale per distrazione di fondi comunitari elargiti a società beneficiarie – Configurabilit

La vicenda su cui si sofferma la Corte ruota intorno ad un complesso sistema di riscossioni fittizie, realizzato per lo più attraverso sovrafatturazioni, finalizzato alla percezione illecita di fondi di derivazione comunitaria.
In particolare, la Guardia di Finanza attraverso indagini mirate condotte presso le sedi delle società beneficiarie nonchè presso le abitazioni dei soci rinviene elementi a carico dei soci dai quali si evince come le opere e le attività da realizzarsi in parte con capitali privati ed in parte con finanziamenti dell’Unione Europea venivano di fatto a gravare esclusivamente a carico di quest’ultima.
Malgrado la puntuale ricostruzione della fattispecie criminosa, la Corte conclude dichiarando l’inammissibilità della domanda attorea avendo il PM contabile citato in giudizio, ex art. 2291 c.c., i soci e non l’ente che ha ottenuto il contributo comunitario di cui viene chiesta in tale sede la relativa restituzione, avendo l’organo requirente circoscritto l’illecito erariale a tale contributo.
Sottolineano i giudici siciliani che l’azione di responsabilità per danno erariale, così come prospettata dalla Procura, è da considerarsi inammissibile atteso che vengono chiamati a rispondere prima facie di un debito della società i soci che, al contrario, dovrebbe essere perseguiti in un momento successivo e cioè una volta formatosi il titolo e in caso di incapienza del patrimonio sociale.
Per i giudici, infatti, troverebbe applicazione nella fattispecie in esame il beneficium excussionis ex art. 2304 c.c., in base al quale i creditori sociali, anche se la società è in liquidazione, non possono pretendere il pagamento dai singoli soci, se non dopo avere escusso il patrimonio dell’ente collettivo.
D’altro canto, la giurisprudenza contabile formatasi sul punto ha ritenuto ammissibile la chiamata in giudizio dei soci di una società in nome collettivo, ai sensi dell’art. 2291 c.c., sempre in aggiunta all’instaurazione del rapporto processuale nei confronti dell’ente collettivo di riferimento (Sezione Liguria n. 315/2008; Sezione Puglia n. 1165/2006; Sezione Toscana n. 6/2006; Sezione Veneto n. 507/2002).
Secondo i giudici, quindi, la mancata instaurazione del rapporto processuale con l’ente invalida in radice la domanda introduttiva che non sarebbe pertanto suscettibile di sanatoria ex post con un’eventuale integrazione del contraddittorio.
 
 
Giuseppe Crucitta
 
 
Qui la pronuncia.
 
 
 
 
REPUBBLICA ITALIANA
In Nome del Popolo Italiano
La Corte dei Conti
Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana
composta dai Sigg.ri Magistrati:
dott. Luciano PAGLIARO                                                   – Presidente –
dott. Valter DEL ROSARIO                                    – Consigliere –
dott. Giuseppe COLAVECCHIO         – Primo Referendario relatore –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA 2157/2008
nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 49616 del registro di segreteria, promosso dal Procuratore Regionale nei confronti di
·                    ·                    Branciforti Tommaso, nato a Caltagirone, il 04.02.1966;
·                    ·                    Giaquinta Salvatore, nato a Caltagirone, il 18.02.1962;
·                    ·                    Scarciofalo Giuseppe, nato a Caltagirone, il 05.04.1966;
rappresentati e difesi dall’avv. Giovanni Russo, giusta procura in calce alla comparsa di costituzione, ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’avv. Carlo Comandè in Palermo, via Nunzio Morello n. 40.
Visto l’atto di citazione.
Letti gli atti ed i documenti di causa.
Uditi, nella pubblica udienza del 26.06.2008, il relatore dott. Giuseppe Colavecchio, magistrato primo referendario, il pubblico ministero dott. Gianluca Albo, sostituto procuratore generale e l’avv. Giovanni Russo per i convenuti.
            Ritenuto in
FATTO
            La Procura Regionale, con atto di citazione depositato in segreteria in data 04.03.2008 e ritualmente notificato, emesso a seguito di denuncia, datata 05.10.2006, del Comando Compagnia della Guardia di Finanza, conveniva in giudizio, ex art. 2291 c.c., i sigg. Branciforti Tommaso, Giaquinta Salvatore, Scarciofalo Giuseppe, nella qualità di soci amministratori della “B.G.S. l’Ortofrutta Calatina s.n.c. di Scarciofalo Giuseppe & C.”, beneficiaria di un contributo comunitario del Fondo Europeo Orientamento e Garanzia Agricola (FEOGA), per essere condannati al pagamento della somma di € 382.358,87 (£ 740.350.000), oltre rivalutazione monetaria, interessi e spese di giudizio, quale danno erariale patito dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.
            Articolati i fatti di causa, come esposti nell’atto di citazione.
            La B.G.S. otteneva, con atto di concessione dapprima provvisorio (n. 10 del 30.08.1999) e poi definitivo (n. 10 prot. 1374/01) emesso dall’Agenzia di Sviluppo Integrato s.p.a., un contributo economico in conto capitale (a fondo perduto) pari a £ 740.350.000, su una spesa massima di £ 1.139.000.000, per la realizzazione di un capannone in contrada Poggiareli di Caltagirone – zona industriale – e per l’acquisto di macchinari; la differenza di spesa pari a £ 292.000.000 avrebbe dovuto essere coperta con mezzi propri della B.G.S., avente un capitale sociale iniziale di £ 30.000.000, mediante apporto di nuovo capitale sociale, come prescritto dal concessionario Banco di Sicilia, al momento dell’approvazione del piano finanziario.
            La somma complessiva dell’investimento pari a £ 1.139.000.000 era così suddivisa: £ 46.700.000 per studi e progettazione, £ 731.700.000 per opere murarie, da eseguirsi da parte della ditta Tramo Sud s.r.l., e £ 360.000.000 per macchinari, impianti e attrezzature da acquistarsi presso la ditta Costantino Alfio (celle frigorifere) e presso la ditta Sammo s.r.l. (linea lavorazione pesche).
            L’Agenzia di Sviluppo Integrato, nell’atto di concessione di cui sopra, fissava la data del 23.10.2001 per l’entrata in funzione dell’impianto, la data dell’01.05.2003 per l’entrata a regime, e l’anno 2004 quale anno a regime dell’intera produzione; i pagamenti venivano effettuati con mandati n. 26 dell’08.03.2000 (£ 246.530.000) e con mandato n. 55 del 21.12.2001 (£ 493.820.000).
            Le indagini della Guardia di Finanza ponevano in luce notevoli irregolarità.
            In particolare, con riferimento alle opere in muratura, a seguito dell’attività di indagine, venivano rinvenuti presso gli uffici della Tramo Sud fogli extra contabili attestanti ricevute di restituzione di somme da quest’ultima società alla ditta B.G.S., somme che risultavano, poi, riscosse dai soci della B.G.S. Scarciofalo e Giaquinta.
            Inoltre, a seguito della perquisizione presso le abitazioni dei soci della B.G.S., odierni convenuti, venivano rinvenuti:
– un contratto, datato 16.03.2000, relativo ai lavori per il capannone, sottoscritto tra la Tramo Sud e la B.G.S. in cui il corrispettivo per i lavori era fissato in £ 438.000.000 (al netto di i.v.a.), contro £ 730.000.000, approvati in progetto e ammessi a finanziamento;
– un floppy disk nel quale era riportati dei prospetti con la dicitura “acconti Tramo-Sud (I quota)” e “acconti Tramo-Sud (Il quota)” riguardanti le somme pagate dalla suddetta ditta, prospetti che risultavano essere perfettamente identici a quelli trovati presso i locali aziendali della Tramo-Sud; il suddetto tabulato, suddiviso in nove colonne indicanti tutti gli elementi atti ad individuare le singole operazioni, evidenziava i reali rapporti economici intercorsi tra le due società; di particolare rilievo la colonna indicata con la sigla “RF” nella quale venivano riportate le riscossioni fittizie, cioè le somme che venivano poi restituite dalla Tramo Sud.
            Secondo la prospettazione accusatoria, tale documentazione provava che la Tramo Sud aveva fatturato alla B.G.S. il costo per la realizzazione del capannone industriale, ma quest’ultima aveva effettuato pagamenti solo apparentemente giacché, in un secondo momento, aveva ottenuto la restituzione della somma di £ 259.000.000, secondo le risultanze di n. 9 ricevute di pagamento.
            Con riferimento all’acquisto dei macchinari per la lavorazione delle pesche veniva rinvenuto, nel citato floppy disk, un prospetto denominato acconti Sammo, riportante i dati relativi ai pagamenti alla suddetta ditta. A fronte di due fatture la B.G.S. effettuava pagamenti per complessive £ 240.000.000, tramite assegni di £ 90.000.000 e £ 150.000.000. Ma in realtà, successivamente, la Sammo restituiva alla B.G.S. £ 146.840.000, nella prima fase dei pagamenti.
            Nella seconda fase dei pagamenti, venivano, quindi, emessi, cinque pagherò cambiari dalla B.G.S. alla Sammo con scadenze 30.04.2002, 30.06.2002, 31.07.2002 e 31.08.2002 per complessive £ 93.160.000 + £ 5.158.670 per interessi, per un totale di £ 98.318.670. Nelle due fasi, quindi, la B.G.S. pagava alla Sammo £ 186.320.000 (£ 93.160.000 + £ 93.160.000 + £ 5.158.670). Facendo la differenza tra i pagamenti effettivamente avvenuti (£ 186.320.000) e l’importo fatturato (£ 240.000.000) si otteneva l’importo della sovrafatturazione per operazioni inesistenti pari a £ 53.680.000.
            A ulteriore riprova dei pagamenti avvenuti tramite effetti cambiari, secondo la prospettazione accusatoria, veniva rinvenuta, tra la documentazione sequestrata alla B.G.S., l’originale del pagherò cambiario con scadenza 31.05.2002, riportante quali debitori i sigg.ri Giaquinta e Branciforti e quale creditore il sig. Leonardo Pepi, rappresentante legale della Sammo s.p.a. L’esame dell’effetto cambiario evidenziava che lo stesso non era mai transitato da una banca, ma trattenuto dal Pepi a garanzia del credito, cosicché a seguito dei pagamenti il titolo potesse essere restituito. In data 13.10.2001 veniva rilasciata quietanza liberatoria dalla Sammo alla B.G.S., attestante gli avvenuti pagamenti a quella data, senza che ciò corrispondesse al vero, giacché i pagamenti erano stati effettuati in date e per importi diversi.
            In ordine all’acquisto delle celle frigorifere veniva reperita una scrittura privata denominata “conferma ordine” riportante il n. 152/2000 e sottoscritta in data 04.04.2001 da Alfio Costantino e Tommaso Branciforti, con la quale si conveniva la fornitura, da parte del Costantino, di tre celle frigorifere prefabbricate complete di accessori e manodopera, per un importo di £ 110.000.000, oltre i.v.a.
            Con fattura n. 93 del 10.10.2001 si attestava la fornitura di una pesetta, per l’importo di £ 6.720.000. La fornitura ammonterebbe, quindi, complessivamente a £ 138.720.000. Nella colonna “RF” (riscossioni fittizie) del prospetto, contenuto nel suddetto floppy disk, veniva indicata, tuttavia, la somma di £ 33.280.000, restituita da Alfio Costantino alla B.G.S. mediante versamento in contanti, sul conto n. 1279602 della B.G.S., aperto presso la Banca Agricola Popolare di Ragusa, agenzia di Caltagirone. Peraltro, sempre nel prospetto indicato, appariva l’importo di £ 33.280.000 tra i movimenti in entrata con descrizione: “versamento (rit. Costantino)”.
            Contabilmente risultava che la ditta Alfio Costantino aveva emesso n. 5 fatture per complessivi £ 179.520.000, ma in realtà i pagamenti da parte della B.G.S. ammontavano a £ 145.520.000. Gli accertamenti compiuti evidenziavano, infatti, una sovrafatturazione per operazioni inesistenti di £ 34.000.000 quale differenza tra l’importo fatturato (£ 179.520.000) e i pagamenti realmente avvenuti (£ 145.520.000).
            Dalle indagini emergeva che, con il sistema delle sovrafatturazioni, della restituzione di somme e del ricorso a diverse fonti di finanziamento, la B.G.S. poteva realizzare opere che altrimenti non avrebbe potuto ultimare, proprio per mancanza di fondi; la citata società, infatti, realizzava l’opera con il solo contributo erogato dalla comunità, pari a £ 740.350.000 (€ 382.358,87).
            Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Caltagirone, in data 24.07.2006, chiedeva il rinvio a giudizio dei soci della B.G.S., odierni convenuti, per i reati di cui all’art. 61 n. 7, 81, 110, 640 bis c.p. ed il G.I.P. disponeva il sequestro preventivo del credito i.v.a. di £ 30.161,08 della B.G.S. e del capannone industriale con annessi macchinari ed attrezzature.
            Il Pubblico Ministero contabile descriveva, minuziosamente, la procedura per l’erogazione del contributo comunitario di cui è causa, con l’intervento della Commissione Europea che approvava (decisione C – 1998 – 3978 del 29.12.1998) il Programma Operativo Multiregionale “sviluppo locale – patti territoriali per l’occupazione” – obiettivo 1 Italia, e con l’intervento del Ministro del Tesoro che, nell’attribuire la qualificazione (decreto n. 967 del 29.01.1999) di Patti Territoriali ai Sottoprogrammi compresi nel P.O.M. citato, tra cui figurava il Sottoprogramma n. 3 “Calatino Sud”, concedeva i finanziamenti (decreto n. 1024 dell’01.04.1999) a favore dei Soggetti Intermediari Locali ed individuava la società Agenzia Sviluppo Italia s.p.a. quale soggetto intermediario locale del sottoprogramma 3 “Calatino Sud”. Secondo le argomentazioni dell’organo requirente, l’Amministrazione danneggiata doveva ritenersi il Ministero dell’Economia e delle Finanze, ente finanziatore del progetto, sebbene per la concreta attuazione dell’intervento si fosse avvalso dell’articolazione territoriale costituita dall’Agenzia di Sviluppo Integrato s.p.a. di Caltagirone, società a capitale pubblico.
            La pubblica accusa, dopo avere sostenuto la giurisdizione di questa Corte in materia, giusta la sentenza n. 4511/2006 della Sezioni Unite della Corte di Cassazione, riteneva che il danno erariale coincidesse con l’intero finanziamento ricevuto, pari a £ 740.350.000 (€ 382.358,87), ascrivibile al comportamento dei tre soci della B.G.S. che, dolosamente, attuavano un meccanismo di sovrafatturazioni al fine conseguire, illecitamente, il profitto derivante dalla realizzazione a totale carico della Pubblica Amministrazione dell’immobile, realizzazione per la quale era, invece, richiesto anche l’apporto di capitale proprio; del citato danno venivano chiamati a rispondere suddetti i soci, giusta il disposto dell’art. 2291 c.c.
            In ultimo, il Pubblico Ministero richiamava l’art. 1 della Convenzione del 26.07.1995, riguardante la tutela degli interessi finanziari della Comunità Europea (ratificata dall’Italia con la legge n. 300/2000), secondo il quale costituisce frode che lede gli interessi finanziari della Comunità qualsiasi azione od omissione intenzionale relativa all’utilizzo, presentazione di dichiarazioni o documenti falsi, inesatti o incompleti cui consegua il percepimento o la ritenzione illecita di fondi (il concetto d irregolarità è fissato dall’art. 1, 2° co, del Regolamento 2988/95 del Consiglio, adottato in data 18.12.1995, il quale prevede, al verificarsi dell’irregolarità, la revoca del vantaggio indebitamente ottenuto).
            I convenuti, costituiti in giudizio con memoria depositata in data 25.06.2008, chiedevano, in via preliminare, la sospensione del presente giudizio in attesa della definizione di quello penale, ancora pendente innanzi al G.U.P. di Caltagirone, stante l’identità dei fatti contestati; nel merito chiedevano l’assoluzione da ogni addebito, considerato che le uniche prove a suffragio della loro responsabilità sarebbero state costituite dai verbali della Guardia di Finanza, non sufficientemente suffragati da riscontri oggettivi; evidenziavano, inoltre, che mentre per i citati militari la ipotizzata sovrafatturazione riguardava “solo una piccola parte del finanziamento”, invece, “le sanzioni di cui si chiede l’applicazione riguardano l’intero, presunto indebito, finanziamento ottenuto”.
            Considerato in
DIRITTO
            Il Pubblico Ministero, dopo avere descritto minuziosamente la procedura per la concessione del contributo pubblico, di origine comunitaria, alla ditta “B.G.S. l’ortofrutta calatina s.n.c. di Scarciofalo Giuseppe & C.”, nonché i rapporti economici intercorsi con le ditte Tramo Sud, Sammo e Costantino, improntati a illecite sovraffaturazioni, ed avere prospettato il danno erariale per un importo pari all’intero contributo percepito (€ 382.358,87) dalla B.G.S., ha citato in giudizio, per la sua refusione al Ministero dell’Economia e delle Finanze, soltanto i soci amministratori della suddetta ditta Branciforti, Giaquinta e Scarciofalo, i quali sono stato chiamati a rispondere del debito, esclusivamente, ai sensi dell’art. 2291 c.c. che recita: “nella società in nome collettivo tutti i soci rispondono solidalmente ed illimitatamente per le obbligazioni sociali”.
            Ciò posto, le società di persone, tra le quali sono annoverate le società in nome collettivo, sono indubbiamente prive di personalità giuridica ed in esse l’unificazione della collettività dei soci e l’autonomia patrimoniale costituiscono uno strumento giuridico volto a consentire alla pluralità dei soci medesimi unitarietà di forme di azione, senza che tale pluralità venga a dissolversi nella unicità esclusiva di un ens tertium (ex plurimis Corte di Cassazione, sezione I, n. 7886/2006 e n. 26012/2007).
            Allo stesso modo è altrettanto pacifica, sia in dottrina che in giurisprudenza, l’affermazione secondo la quale anche alle società di persone, in quanto titolari di un patrimonio autonomo e distinto da quello dei soci, deve riconoscersi una soggettività giuridica, sia pure attenuata o degradata, tale in ogni caso da configurare un’alterità tra soci e società, per effetto della quale è possibile l’instaurazione di distinti rapporti giuridici tra la società ed i terzi e tra la prima e gli stessi soci.
            Aggiungasi che la società, quale ente astratto, al fine di operare nella realtà giuridica si avvale di coloro a cui è stata conferita la rappresentanza legale; costoro sono gli unici soggetti legittimati ad agire in giudizio per la tutela degli interessi della società, nonché ad opporsi legalmente a pretese di terzi non ritenute fondate e dannose per l’ente; la loro attività, sia lecita che illecita, quest’ultima nei limiti di legge, è imputata direttamente alla società, con immediata ripercussione sul patrimonio sociale che costituisce, infatti, la garanzia principale dell’assolvimento delle obbligazioni sociali.
            Per le società in nome collettivo il legislatore, essendo le stesse sfornite di personalità giuridica, ha previsto, ex art. 2291 c.c., a maggiore garanzia dei terzi, la responsabilità solidale ed illimitata di tutti i soci per l’assolvimento delle obbligazioni sociali, concedendo a questi ultimi, ex art. 2304 c.c., il beneficum excussionis secondo il quale i creditori sociali, anche se la società è in liquidazione, non possono pretendere il pagamento dai singoli soci, se non dopo avere escusso il patrimonio dell’ente collettivo.
            In altri termini, la ragione di credito deve essere accertata e vantata nei confronti della società, mentre una volta ottenuto il titolo, questo può essere fatto valere avverso i soci, qualora il patrimonio sociale sia in tutto o in parte incapiente; del resto, il beneficium excussionis riguarda esclusivamente la fase esecutiva, con la conseguenza che la responsabilità di cui all’art. 2291 c.c. opera automaticamente nei confronti di tutti i soci, anche nell’ipotesi in cui siano rimasti estranei al processo di cognizione teso alla formazione del titolo in base al quale esigere il credito e instaurato avverso l’ente.
            Ricostruito il quadro normativo di riferimento, deve osservarsi che il Pubblico Ministero ha citato in giudizio, ex art. 2291 c.c., i soci Branciforti, Giaquinta e Scarciofalo, senza avere agito avverso la società “B.G.S. l’ortofrutta calatina s.n.c. di Scarciofalo Giuseppe & C.”, ente che, come in precedenza precisato, ha ottenuto il contributo comunitario, di cui è chiesta la restituzione, avendo l’organo requirente parametrato l’illecito erariale a tale contributo.
            L’azione di responsabilità per danno erariale, così come prospettata, appare, ad avviso del Collegio, inammissibile giacché i soci sono stati chiamati a rispondere di un debito della società, senza che nel relativo giudizio sia stato chiamato l’ente che, dalla documentazione in atti (si veda, in particolare, la visura camerale, nonché la scheda patrimoniale redatta dalla Guardia di Finanza) appare pienamente operativo; sul punto indicazioni contrarie non sono state fornite dal Pubblico Ministero durante la discussione orale; aggiungasi che il G.I.P. presso il Tribunale di Caltagirone ha provveduto a sequestrare il credito i.v.a. vantato dalla società nonché il capannone industriale ed il Pubblico Ministero penale, nella richiesta di rinvio a giudizio, ha contestato alla B.G.S. l’illecito amministrativo di cui agli artt. 1 – 5 lett. a) – 6 lett. b) – 9 – 24 – 27 del d.lvo n. 231/2001.
            La giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto ammissibile la chiamata in giudizio dei soci di una società in nome collettivo, ai sensi dell’art. 2291 c.c., sempre in aggiunta all’instaurazione del rapporto processuale nei confronti dell’ente collettivo di riferimento (Sezione Liguria n. 315/2008; Sezione Puglia n. 1165/2006; Sezione Toscana n. 6/2006; Sezione Veneto n. 507/2002).
            La natura della decisone, di natura esclusivamente procedurale, non genera alcun giudicato sul diritto sostanziale fatto valere in giudizio e lascia impregiudicata ogni ulteriore valutazione ed azione del Pubblico Ministero contabile.
P. Q. M.
            La Corte dei Conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana – definitivamente pronunciando, dichiara inammissibile l’atto di citazione.
            Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 26 giugno 2008.
                        L’ Estensore                                   Il Presidente
F.to     Dott. Giuseppe Colavecchio           F.to Dott. Luciano Pagliaro
Depositata oggi in Segreteria nei modi di legge.
Palermo, 31 luglio 2008
Il Direttore della segreteria
F.to Dr. Sergio Vaccarino
 

Crucitta Giuseppe

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