Corte Internazionale di Giustizia: Israele deve sospendere l’operazione di Rafah

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Dopo l’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre 2024 la Corte Internazionale di Giustizia, adita dallo Stato del Sud Africa, in data 26 gennaio 2024 ha accertato l’esistenza di sufficienti indizi per approfondire l’istruttoria sul reato di genocidio a carico di Israele. Con la decisione del 20 maggio 2024, poi, il Procuratore Capo del Tribunale Penale Internazionale ha ipotizzato l’esistenza di crimini di guerra da parte di Israele e di Hamas chiedendo al Tribunale l’emissione di mandati di cattura per il Premier Benjamin Netanyahu, per il Ministro della Difesa Yoav Gallant e per i leader di Hamas Yahya Sinwar, Mohammed Deif, Ismail Haniyeh e Diab Ibrahim Al Masr.  La stessa Corte, in data 24 maggio 2024, è nuovamente intervenuta sul conflitto israelo-palestinese in atto ordinando allo Stato ebraico di sospendere l’operazione di Rafah che avrebbe effetti catastrofici sulla popolazione palestinese; in tal modo lo Stato ebraico è stato condannato ad un isolazionismo sempre più accentuato nel contesto internazionale.

Indice

1. L’ordinanza in data 26 gennaio 2024 della Corte internazionale di giustizia e le decisioni del Tribunale Penale Internazionale


A seguito del ricorso in data 29 dicembre 2023 del Sud Africa, la Corte Internazionale di Giustizia ha aperto un’inchiesta su un possibile genocidio da parte di Israele.[1]
Preliminarmente, si osserva che la Corte internazionale di giustizia, nota anche come  International Court of Justice, (ICJ), è il principale organo giudiziario delle Nazioni Unite e ha sede nel Palazzo della Pace dell’Aia, nei Paesi Bassi.[2]
La Corte, fondata nel 1945, ha iniziato a operare nell’aprile del 1946. Le sue funzioni principali sono quelle di dirimere le controversie fra Stati membri delle Nazioni Unite che hanno accettato la sua giurisdizione e offrire pareri consultivi su questioni legali avanzate dall’Assemblea e dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.[3]
Il citato organismo giurisdizionale è composto da diciassette giudici di nazionalità diversa eletti dall’Assemblea generale e dal Consiglio di Sicurezza; i giudici restano in carica per nove anni e possono essere rieletti. Nessun Paese può avere più di un giudice e i Paesi membri permanenti del Consiglio di sicurezza hanno sempre avuto un giudice.
La CIG può decidere non solo secondo diritto ma anche secondo equità (ex aequo et bono) se le parti così le chiedono espressamente (art. 38, par. 2 dello Statuto).
Le sentenze della Corte internazionale di Giustizia sono giuridicamente vincolanti e senza appello, ma il tribunale non ha modo di applicarle e quindi assumono di fatto un valore esclusivamente politico. Inoltre Israele non è membro della Corte internazionale di Giustizia e non ne riconosce la giurisdizione. Tuttavia, è firmatario della Convenzione di Ginevra che attribuisce alla stessa Corte dell’Aia la giurisdizione su questioni relative a possibili violazioni della convenzione.[4]
In conseguenza del citato ricorso del Sud Africa, il 26 gennaio 2024 la Corte internazionale di giustizia dell’Aja ha chiesto a Israele di fare tutto il possibile per “prevenire possibili atti genocidari” nella Striscia di Gaza e di consentire l’accesso agli aiuti umanitari. La storica ordinanza è stata accolta con favore dal Sudafrica, che aveva presentato il ricorso sostenendo che la guerra nella Striscia di Gaza condotta dall’esercito israeliano costituirebbe un atto di genocidio contro il popolo palestinese e, quindi, violerebbe la Convenzione sul genocidio.
In questa fase i giudici non sono stati chiamati a stabilire se Israele stesse effettivamente commettendo un genocidio nella Striscia di Gaza, ma si sono pronunciati solo sul ricorso d’urgenza in attesa di occuparsi del merito della questione, circostanza che potrebbe richiedere anni.[5]
Con ordinanza n. 192, pertanto, la Corte in primo luogo ha esaminato l’istanza del Sud Africa in merito all’applicazione di misure cautelari, in particolare con riferimento alle operazioni militari nella Striscia di Gaza. Inoltre, ha ordinato allo Stato di Israele di assicurare “che qualsiasi unità militare o irregolare armata che possa essere diretta, sostenuta o influenzata da esso, così come qualsiasi organizzazione e persona che possano essere soggette al suo controllo, direzione o influenza, non intraprendano alcuna azione a favore delle operazioni militari menzionate” intervenendo immediatamente per prendere “tutte le misure in suo potere per impedire al suo esercito di commettere atti di genocidio nella Striscia di Gaza”.
Allo stesso tempo, però, la Corte non ha ordinato a Israele di interrompere i combattimenti e non ha imposto un cessate il fuoco, come invece aveva chiesto il Sudafrica.
Tuttavia, accogliendo la richiesta del Sudafrica di applicare misure provvisorie, la Corte ha riconosciuto che l’accusa di genocidio è quanto meno “plausibile”.[6]
La stessa ritiene, pertanto, che, “per loro stessa natura, almeno alcune delle misure cautelari richieste dal Sudafrica mirino a preservare i diritti plausibili che esso sostiene sulla base della Convenzione sul genocidio nel caso in questione, ovvero il diritto dei palestinesi a Gaza di essere protetti da atti di genocidio”.
La Corte, nel riconoscere che a Gaza c’è una situazione umanitaria catastrofica, ha adottato cinque “misure provvisorie”. Nella prima, la più importante, ha ordinato a Israele di impedire che il suo esercito violi la Convenzione sul genocidio, un trattato internazionale approvato dall’Assemblea generale dell’ONU nel 1948 e ratificato tra gli altri da Israele e dal Sudafrica stesso.
Secondo le altre misure, Israele dovrà punire i cittadini israeliani che incitano al genocidio; dovrà consentire l’ingresso di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza, senza limitazioni; dovrà impedire la distruzione di prove che potrebbero essere usate nel processo sul presunto genocidio che seguirà.
In conclusione, per utilizzare impropriamente una terminologia giuridica del nostro diritto interno in materia di provvedimenti cautelari, la Corte ha riconosciuto il fumus boni juris (la non manifesta infondatezza) del ricorso del Sud Africa per esaminare il gravame concernente il reato di genocidio, ma non ha ritenuto l’esistenza di un danno grave e irreparabile (c.d periculum in mora) tale da ordinare a Israele di far cessare le attività belliche.
Alcune settimane dopo, il Sudafrica ha richiesto ulteriori misure in risposta all’intenzione annunciata da Israele di attaccare Rafah, ma la Corte ha respinto questa richiesta.
All’inizio del mese di marzo di quest’anno, poi, il Sudafrica ha rinnovato la sua richiesta di misure di emergenza contro Israele. Più tardi in quel mese, la Corte ha ordinato a Israele di garantire la consegna di “aiuti umanitari urgenti” a Gaza, alla luce di “una carestia che ha cominciato a diffondersi” nella Striscia devastata dalla guerra.
Recentemente, alcuni Paesi tra cui Libia, Egitto e Turchia hanno annunciato dinanzi all’ICJ la loro intenzione di sostenere la causa del Sudafrica nel caso di genocidio contro Israele.
Successivamente, in data 20 maggio 2024 il Procuratore capo della Corte penale internazionale ha chiesto alla Camera preliminare del Tribunale di emettere mandati di arresto contro il premier israeliano Benyamin Netanyahu e il suo ministro della Difesa Yoav Gallant per “crimini di guerra e crimini contro l’umanità” nella Striscia di Gaza dall’8 ottobre 2023. In sostanza, la pubblica accusa ha riconosciuto il diritto di Israele di difendersi, ma nel rispetto del diritto internazionale.[7]
La Corte, conosciuta anche con l’acronimo ICC dalla sua dizione in inglese (International Criminal Court), è un tribunale per crimini internazionali con sede sempre all’Aia, in Olanda. Fondata nel 2002, ha competenza per i crimini più rilevanti che riguardano la comunità internazionale: il genocidio, i crimini contro l’umanità, i crimini di guerra e di aggressione; non è un organo dell’Onu, ma ha legami con il suo Consiglio di Sicurezza che può assegnare alla Corte quei casi che non sarebbero sotto la sua giurisdizione.
Gli organi della Corte penale internazionale sono:

  • Presidenza, composta da un nucleo di presidente e due vicepresidenti (primo e secondo vicepresidente) eletti dai giudici riuniti in consiglio
  • Ufficio del procuratore – anche detto OTP, dall’inglese Office of the Prosecutor – si occupa delle indagini, ha una sua indipendenza dalla CPI pur essendone un organo costitutivo.

Lo stesso Procuratore ha affermato in un comunicato di aver chiesto mandati d’arresto per Netanyahu e per il ministro della difesa Yoav Gallant, sospettati di “aver ridotto deliberatamente i civili palestinesi alla fame”, di “omicidio volontario” e di “sterminio” e accusati anche, tra l’altro, di “aver causato lo sterminio e la fame come metodo di guerra, inclusa la negazione di aiuti umanitari, deliberatamente prendendo di mira i civili”. Secondo il Procuratore, “I crimini contro l’umanità descritti nella richiesta fanno parte di un’offensiva sistematica condotta contro gli abitanti della Striscia di Gaza”.
Le accuse contro gli esponenti di Hamas, tra cui il leader Yahya Sinwar, comprendono invece “sterminio”, “presa di ostaggi” e “stupro e altre forme di violenza sessuale”.

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2. L’ordine della Corte Internazionale di Giustizia di sospendere l’operazione di Rafah


La Corte internazionale di giustizia si è nuovamente espressa in data 24 maggio 2024 sulle richieste urgenti avanzate dal Sudafrica la settimana precedente, ovvero di imporre a Israele l’arresto delle operazioni militari a Rafah. In particolare, la Corte ha riconosciuto il fatto che Israele non sta mettendo in campo misure sufficienti per tutelare la popolazione civile; al contrario, le azioni del governo e dell’esercito israeliano autorizzerebbero l’adozione di nuove misure di emergenza nell’ambito del caso aperto contro Israele per genocidio. L’invito, adottato all’unanimità dai quindici giudici facenti parte del collegio, si compone di tre limitazioni alle autorità di governo e militari: interrompere l’offensiva a Rafah, far entrare a Gaza gli investigatori sui crimini di guerra e un grande immediato incremento degli aiuti umanitari nella regione. Per tale motivo, la Corte ha ordinato il ritiro immediato da Rafah delle truppe israeliane e l’apertura dei valichi di frontiera per la consegna di aiuti umanitari.
Nel corso della seduta Nawaf Salam, presidente della Corte, ha riconosciuto la “disastrosa” situazione a Rafah, “ulteriormente peggiorata” negli ultimi giorni, e sottolineato come i tentativi di Israele di evacuare la popolazione “non siano sufficienti” a garantirne la sicurezza.
Secondo la decisione, in conformità con la convenzione del genocidio, Israele deve immediatamente fermare la sua offensiva militare e ogni altra azione a Rafah che potrebbe infliggere al gruppo palestinese a Gaza condizioni di vita tali da condurlo alla sua distruzione fisica, totale o parziale. Al tempo stesso, però, il Tribunale ha ordinato “il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi”.
Lo stesso Presidente ha dichiarato che “La Corte non è convinta che gli sforzi di evacuazione e le relative misure che Israele afferma di aver intrapreso per migliorare la sicurezza dei civili nella Striscia di Gaza, e in particolare di quelli recentemente sfollati dal governatorato di Rafah, siano sufficienti ad alleviare l’immenso rischio a cui la popolazione palestinese è esposta a seguito dell’offensiva militare”. Per tale motivo, la Corte ha ordinato a Israele di interrompere immediatamente ogni operazione militare a Rafah, oltre che di permettere l’arrivo degli aiuti umanitari e l’ingresso di qualsiasi “commissione d’inchiesta” o “organismo investigativo” incaricato dalle Nazioni Unite di indagare su eventuali crimini di guerra.
Infatti, come detto, la scorsa settimana, il Sudafrica aveva avanzato presso la Corte penale di giustizia la richiesta di imporre a Israele un immediato arresto delle operazioni militari a Rafah, ultimo rifugio per oltre un milione di palestinesi sfollati, oltre che di facilitare l’ingresso degli aiuti umanitari nell’enclave palestinese. Secondo il Paese africano, con l’operazione militare a Rafah “il genocidio israeliano ha raggiunto una nuova e orribile fase”, motivo per il quale la Corte Internazionale di giustizia avrebbe dovuto intervenire tempestivamente. Israele, dal canto suo, ritiene l’aggressione “necessaria” per il perseguimento dei suoi scopi, ovvero “difendersi contro Hamas”.

3. Conclusioni


La decisione del Procuratore Capo presso il Tribunale Penale Internazionale unitamente alle decisioni della Corte Internazionale di Giustizia costituiscono un punto fermo nella valutazione delle responsabilità nel conflitto israelo-palestinese.
Tuttavia, si deve tenere conto che, pur essendo l’ordine della Corte Internazionale di Giustizia vincolante, nessuna forza di polizia o militare potrà farlo rispettare, così come è praticamente impossibile, allo stato, che Netanyahu, Gallant e i leader di Hamas vengano arrestati.
Tuttavia, le immagini delle stragi compiute, anche nei confronti di tanti bambini, descritte in modo dettagliato sia dal Tribunale Penale Internazionale che dai provvedimenti della Corte Internazionale di Giustizia, ampiamente motivati, rappresentano una prova incontrovertibile che condanna Israele ad un isolazionismo sempre più accentuato nella comunità internazionale.
Tali provvedimenti, unitamente alle proteste di milioni di studenti in tutto il mondo e dei parenti degli ostaggi israeliani rapiti da Hamas, hanno una enorme valenza politica che con il tempo eroderà l’atteggiamento intransigente del governo di Netanyahu, decretandone la fine, e non consentirà all’organizzazione terroristica di svolgere alcun ruolo politico.
Nel caso in esame si ritiene ragionevolmente che i citati procedimenti giurisdizionali si concluderanno con la condanna di tutti gli indagati e dello Stato di Israele, probabilmente quando Benjamin Netanyahu non sarà più al potere. Le conseguenze non saranno di poco conto, in quanto oltre gli aspetti politici e simbolici particolarmente rilevanti, i soggetti condannati non potranno recarsi nei 124 Stati aderenti alla CPI che hanno sottoscritto lo Statuto di Roma del 2002 per non correre il rischio di essere arrestati.
Vi è da auspicarsi, tuttavia, che le parti in causa possano avere nell’immediato un ravvedimento operoso che ponga fine a questa orrenda carneficina e ponga le basi per la costituzione di due Stati in cui i cittadini israeliani e palestinesi possano vivere in pace, anche se le ferite di questa guerra richiederanno del tempo prima che possano rimarginarsi

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Note

  1. [1]

    P. Gentilucci, Corte Internazionale di Giustizia: pronuncia sul conflitto israelo-palestinese, in Diritto.it del 29 gennaio 2024.

  2. [2]

    Mohamed Shahabuddeen, Precedent in the World Court (Hersch Lauterpacht Memorial Lectures (No. 13)), 9780511720840, 9780521563109, 9780521046718, Cambridge University Press, 2007.

  3. [3]

    A. Concas, Corte Internazionale di Giustizia -scheda di Diritto, in Diritto.it del 23 giugno 2023.

  4. [4]

    E. Cicchetti, Cosa aspettarsi dalla sentenza del tribunale dell’Aia sul “genocidio” israeliano a Gaza, in Internazionale del 25 gennaio 2024.

  5. [5]

    Afp, La Corte Internazionale di giustizia ordina a Israele di prevenire atti di genocidio a Gaza, in Internazionale del 26 gennaio 2024.

  6. [6]

    Redazione, La Corte internazionale di giustizia ha ordinato a Israele di prendere misure immediate per impedire un genocidio a Gaza, in Il Post del 26 gennaio 2024.

  7. [7]

    P. Gentilucci, Tribunale Penale Internazionale: la richiesta di arresto per Netanyahu e i leader di Hamas, in Altalex del 23 maggio 2024.

  8. [8]

    V. Casolaro, La Corte Internazionale di Giustizia: stop alle operazioni a Rafah, Israele non tutela i civili, in Indipendente del 24 maggio 2024

Prof. Paolo Gentilucci

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