Il cortile condominiale è comune anche ai proprietari dei negozi esterni?

Il cortile interno di un caseggiato è comune a tutti i titolari delle unità del condominio, compresi i proprietari dei negozi che non affacciano su di esso?

Allegati

Il cortile interno di un caseggiato è comune pro indiviso a tutti i titolari delle unità immobiliari facenti parte del fabbricato condominiale, compresi i proprietari dei negozi che non affacciano su di esso? La cronaca e le cause pendenti in tribunale ci raccontano che la vita in condominio è spesso fonte di discussioni, perciò consigliamo questo pratico volume, che fornisce la chiave per la risoluzione dei problemi più comuni: Manuale di sopravvivenza nel condominio
riferimenti normativi: artt. 1117 c.c.
precedenti giurisprudenziali: Cass. civ., Sez. II, Sentenza n. 17556 del 01/08/2014

Corte di Cassazione -sez. II civ.- sentenza n. 27481 del 23-10-2024

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Indice

1. La vicenda: il cortile condominiale è comune anche ai negozi?


Un condominio nasceva con atto di donazione del 1992, con il quale il titolare di un edificio assegnava i due negozi con accesso solo dalla strada pubblica ad un figlio e quattro unità residenziali agli altri quattro figli, ai quali aveva attribuito altresì in proprietà, per la quota di un quarto ciascuno, l’area coperta dalla tettoia collocata sul cortile comune e adibita a posti auto. I titolari degli appartamenti erano convinti che tutta la corte, nell’intera estensione, fosse riservata alla loro proprietà, escludendo che detta area appartenesse anche ai negozi. Il Tribunale – investito della questione – valorizzava il dato letterale dell’atto di donazione, dal quale si evinceva che nel lotto relativo al negozio attribuito ad un figlio non vi era menzione della comproprietà del cortile, mentre in ciascuna delle altre attribuzioni delle unità residenziali ai fratelli vi era, oltre a una unità abitativa, un quarto della tettoia adibita a posti auto sita nel cortile comune. Del resto il giudice di primo grado aveva altresì accertato che, all’epoca della donazione, i negozi non avevano apertura diretta sul cortile e che non era mai stato contestato che, per tutto il periodo in cui il locale era stato adibito a esercizio commerciale, il cortile non era mai stato utilizzato dai titolari del negozio. Di conseguenza il Tribunale riteneva che l’area cortilizia fosse di esclusiva proprietà dei titolari degli appartamenti. La Corte di Appello, però, ribaltava la decisione di primo grado, dichiarando che il cortile aveva la funzione precipua di dare luce e aria a tutti gli immobili che vi si affacciavano, indipendentemente da uno sbocco diretto, che non era esistente neppure per gli appartamenti collocati ai piani superiori. I soccombenti ricorrevano in cassazione facendo presente, tra l’altro, come l’intenzione del padre donante fosse quella di escludere dall’uso del cortile il negozio, in quanto in riferimento a quest’ultima unità donata non vi era alcun richiamo al cortile, mentre la tettoia esistente sul cortile è stata assegnata solo alle unità residenziali e il cortile era stato definito comune in funzione dell’assegnazione alle sole quattro unità abitative. In ogni caso si notava che un locale commerciale con accesso sulla pubblica via, senza sbocco né accesso al cortile interno dell’edificio, non necessita di aria e luce proveniente dal retrobottega. La cronaca e le cause pendenti in tribunale ci raccontano che la vita in condominio è spesso fonte di discussioni, perciò consigliamo questo pratico volume, che fornisce la chiave per la risoluzione dei problemi più comuni: Manuale di sopravvivenza nel condominio

FORMATO CARTACEO

Manuale di sopravvivenza in condominio

La cronaca e le cause pendenti in tribunale ci raccontano che la vita in condominio è spesso fonte di discussioni. L’abuso degli spazi comuni, la suddivisione delle spese, la revoca dell’amministratore, che non risponde mai al telefono, ma anche la convivenza con l’odore di soffritto e il cane del vicino, le spese personali o condominiali?Uno sguardo all’indice ci consente di riconoscere i casi in cui ognuno di noi, almeno una volta nella propria esperienza, si è imbattuto.Questa pratica guida, che nasce dalla lunga esperienza in trincea nel mondo del condominio dell’Autore, non solo come avvocato, ma anche come giornalista, è scritta in modo chiaro e comprensibile a tutti, professionisti e non, amministratori e condòmini, per fornire la chiave per risolvere i problemi più ricorrenti.Luca SantarelliAvvocato cassazionista, giornalista pubblicista, politico e appassionato d’arte. Da sempre cultore del diritto condominiale che ritiene materia da studiare non solo sotto il punto di vista giuridico. Già autore di monografie, dal 2001 firma rubriche nel quotidiano la Nazione del gruppo QN e dal 2022 tiene rubriche radiofoniche per Radio Toscana. Relatore a numerosi convegni nel territorio nazionale, isole comprese.

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2. La questione


La titolarità di un cortile interno di un caseggiato si può estendere anche ai negozi con affaccio esclusivo nella via pubblica?

3. La soluzione


La Cassazione ha dato torto ai ricorrenti. I giudici supremi hanno messo in rilievo come i giudici di secondo grado abbiano accertato, mediante apprezzamento di fatto ad essi spettante, estraneo al sindacato di legittimità, che l’obiettiva destinazione primaria del cortile in questione era quella di dare aria e luce a tutte le unità immobiliari e non solo alle unità adibite ad abitazione di proprietà degli attuali ricorrenti; di conseguenza i giudici supremi hanno messo in rilievo l’indiscutibile esistenza della relazione di accessorietà necessaria che, al momento della formazione del condominio, legava il cortile a tutte le proprietà individuali (compreso il negozio), con conseguente inserimento tra le parti comuni ai sensi dell’art. 1117 c.c. Del resto, come ha evidenziato la Cassazione, i ricorrenti per contestare le valutazioni dei giudici di secondo grado si sono limitati a proporre la propria interpretazione del contenuto della donazione, ma non sono stati in grado di individuare il canone di interpretazione violato dalla sentenza impugnata; secondo i giudici supremi quest’ultima effettivamente, valorizzando il dato che nella donazione il cortile fosse definito espressamente come comune, ha correttamente eseguito l’interpretazione letterale del contratto; infatti, diversamente, l’atto avrebbe specificato che il cortile era comune soltanto ai donatari delle unità abitative.

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4. Le riflessioni conclusive


Ai fini dell’elencazione nelle parti comuni dell’edificio eseguita dall’art. 1117 c.c., il cortile costituisce qualsiasi area scoperta tra i corpi di fabbrica di un edificio o di più edifici, che serva a dare luce e aria agli ambienti circostanti, o che abbia anche la sola funzione di consentirne l’accesso (Cass. civ., sez. II, 08/09/2021 n. 24189; Cass. civ., sez. II, 02/08/2010 n. 17993). Il cortile, salvo titolo contrario, ricade nella presunzione di condominialità ai sensi dell’art. 1117 c.c., essendo destinato prevalentemente a dare aria e luce allo stabile comune, senza che la presunzione possa essere vinta dalla circostanza che ad esso si acceda solo dalla proprietà esclusiva di un condomino, in quanto l’utilità particolare che deriva da tale fatto non incide sulla destinazione tipica del bene e sullo specifico nesso di accessorietà del cortile rispetto all’edificio condominiale (Cass. civ., sez. II, 23/10/2020, n. 23316). L’individuazione delle parti comuni di un condominio, risultante dall’art. 1117 c.c., non opera invece con riguardo a cose che, per le loro caratteristiche strutturali, risultino destinate oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari (Cass. civ., Sez. Un., 07/07/1993 n. 7449). L’individuazione delle parti comuni emergente dall’art. 1117 c.c. ed operante con riguardo a cose che, per le loro caratteristiche strutturali, non siano destinate oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari, può essere superata soltanto dalle contrarie risultanze dell’atto costitutivo del condominio – ossia dal primo atto di trasferimento di un’unità immobiliare dell’originario proprietario ad altro soggetto, con conseguente frazionamento dell’edificio in più proprietà individuali -, ove questo contenga in modo chiaro e inequivoco elementi tali da escludere l’alienazione del diritto di condominio, non rilevando a tal fine quanto stabilito nel regolamento condominiale, ove non si tratti di regolamento allegato come parte integrante al primo atto d’acquisto trascritto, ovvero di regolamento espressione di autonomia negoziale, approvato o accettato col consenso individuale dei singoli condomini e volto perciò a costituire, modificare o trasferire i diritti attribuiti ai singoli condomini dagli atti di acquisto o dalle convenzioni (Cass. civ., sez. II, 06/07/2022, n. 21440).

Consulente legale condominialista Giuseppe Bordolli

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