Cortile condominiale: presunzione proprietà comune

Allegati

Il cortile si presume di natura condominiale, salvo l’esistenza di una proprietà esclusiva risultante da valido titolo contrario.
riferimenti normativi: art. 1117 c.c.
precedenti giurisprudenziali: Cass., sez. II, Sentenza n. 14809 del 14/06/2017
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Corte di Cassazione -sez. II civ.- sentenza n. 12831 del 11-05-2023

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Indice

1. La vicenda


Due condomini titolari di un appartamento confinante con un’area cortilizia (di circa 38 mq) citavano davanti al Tribunale gli altri condomini, per far accertare il loro diritto a recingere ex art. 841 c.c. la predetta area ritenuta di loro proprietà e il trasferimento in luogo diverso di una servitù di passaggio gravante sul loro immobile e a favore dei proprietari-acquirenti degli appartamenti ubicati nel caseggiato. Il Tribunale dava ragione agli attori. La Corte di Appello, invece, dichiarava che l’area scoperta (a forma di L estesa circa 38 mq) aveva natura condominiale. I giudici di secondo grado facevano presente che il titolo (cioè il primo atto di vendita) non conteneva una sicura riserva di proprietà in favore del costruttore. Ad avviso della Corte di Appello, l’indicazione nello stesso primo rogito, tra i confini, “del cortile sempre di proprietà della parte venditrice”, non confermava affatto la volontà del costruttore di tenere per sé il cortile, ma stava a significare che all’epoca il cortile, come gli altri appartamenti, erano ancora di proprietà del costruttore in quanto non ancora venduti. Inoltri i giudici di secondo grado aggiungevano che i successivi atti di vendita non contenevano affatto alcun riferimento ad un cortile in proprietà esclusiva dei venditori. Inoltre osservavano che la presunzione di appartenenza comune non viene meno in presenza di una fruizione del cortile più intensa, per cui è irrilevante il fatto che l’appartamento degli attori fosse posto a confine col cortile. Sempre ad avviso della Corte territoriale nessun rilievo aveva il fatto che l’area esterna fosse utilizzata anche per la sosta delle auto, essendo tale forma di godimento del tutto coerente con la natura del bene. I soccombenti ricorrevano in cassazione deducendo, tra l’altro, la violazione dell’art. 1117 cc. in relazione all’art. 41 sexies coma 2 della legge n. 1150/1942, rimproverando alla Corte territoriale di avere ignorato totalmente la giurisprudenza sugli spazi destinati a parcheggio ex art. 41-sexies della I. n. 1150 del 1942, come introdotto dall’art. 18 della I. n. 765 del 1967.

3. La soluzione


La Cassazione ha dato torto ai ricorrenti. Come hanno ricordato i giudici supremi l’indagine diretta a stabilire, attraverso l’interpretazione dei titoli d’acquisto, se sia o meno applicabile, ad un determinato bene, la presunzione di comproprietà di cui all’art. 1117 c.c., costituisce un apprezzamento di fatto spettante alle prerogative esclusive del giudice di merito, rimanendo incensurabile in sede di legittimità se non per eventuali vizi di motivazione della sentenza (nel caso di specie mancanti). In ogni caso la Cassazione ha rilevato che il tema degli spazi destinati a parcheggio ex art. 41-sexies della I. n. 1150 del 1942, come introdotto dall’art. 18 della I. n. 765 del 1967 (e della sostituzione automatica della clausola che riservi al venditore la proprietà esclusiva dell’area destinata a parcheggio) non è stato affrontato nella sentenza impugnata, mentre il ricorso non ha offerto alcuna informazione utile per verificare che nel giudizio di merito sia stato specificamente trattato.

4. Le riflessioni conclusive


In linea generale la presunzione legale di condominialità stabilita per i beni elencati nell’art. 1117 c.c., la cui elencazione non è tassativa, deriva sia dall’attitudine oggettiva del bene al godimento comune, sia dalla concreta destinazione di esso al servizio comune, con la conseguenza che, per vincere tale presunzione, il soggetto che ne rivendichi la proprietà esclusiva ha l’onere di fornire la prova di tale diritto; a tal fine, è necessario un titolo d’acquisto dal quale si desumano elementi tali da escludere in maniera inequivocabile la comunione del bene, mentre non sono determinanti le risultanze del regolamento di condominio assembleare, nè l’inclusione del bene nelle tabelle millesimali come proprietà esclusiva di un singolo condomino (Cass. civ., sez. II, 18/04/2002, n. 5633). In particolare la Cassazione ha recentemente evidenziato che il cortile, salvo titolo contrario, ricade nella presunzione di condominialità ai sensi dell’art. 1117 c.c., essendo destinato prevalentemente a dare aria e luce allo stabile comune, senza che la presunzione possa essere vinta dalla circostanza che ad esso si acceda solo dalla proprietà esclusiva di un condomino, in quanto l’utilità particolare che deriva da tale fatto non incide sulla destinazione tipica del bene e sullo specifico nesso di accessorietà del cortile rispetto all’edificio condominiale (Cass. civ., sez. II, 23/10/2020, n. 23316).Al fine di stabilire se sussista un titolo contrario alla presunzione di comunione di cui all’art. 1117 c.c. occorre fare riferimento all’atto costitutivo del condominio e, quindi, al primo atto di trasferimento di una unità immobiliare dell’originario proprietario ad altro soggetto.

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