>>>Sull’argomento leggi anche: Il sequestro preventivo
Indice
- Il fatto
- I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
- Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
- Conclusioni
1. Il fatto
Il Tribunale del riesame di Palermo, in parziale accoglimento dell’appello proposto dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale della stessa città, aveva disposto un sequestro preventivo nei confronti di una persona – limitatamente alla somma di euro 1.175,00 in banconota, rigettando nel resto il gravame – indagata dei delitti di cui agli artt. 416, 416 bis, 512 bis, 513 bis, 646, 648 ter.1 cod. pen. e all’art. 1, comma 3, L. n. 401/1989.
2. I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso il provvedimento summenzionato proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’indagato, deducendo i seguenti motivi: violazione di legge e vizi della motivazione in relazione alla sussistenza delle condizioni di applicabilità dell’art. 321, comma 2, cod. proc. pen. in ordine al delitto di associazione per delinquere di tipo mafioso, contestato al capo 1 dell’imputazione provvisoria.
Il ricorrente richiamava a tal proposito i principi dettati in materia dalla Cassazione, tra cui quello secondo cui la confisca, disposta ai sensi dell’art. 416 bis, comma 7, cod. pen. con riguardo ai beni strumentali alla realizzazione del delitto associativo e a quelli che ne costituiscono il prezzo, il prodotto, il profitto, il reimpiego, pur conseguendo automaticamente alla condanna, impone una motivazione rigorosa sul quantum da sottoporre ad ablazione, la quale deve evidenziare in modo puntuale il nesso di pertinenzialità tra i cespiti, oggetto di vincolo reale, e l’attività illecita.
Posto, dunque, che la dimostrazione dell’esistenza di un rapporto di strumentalità è necessaria anche in presenza di un caso di confisca obbligatoria in quanto tale obbligatorietà non comporta alcuna presunzione sotto il profilo della strumentalità delle cose che si intendono sequestrare, il ricorrente affermava come il Tribunale del riesame, a suo avviso, non avesse motivato in alcun modo circa il suddetto rapporto pertinenziale.
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3. Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
Il ricorso era ritenuto fondato.
Si osservava a tal riguardo, una volta fatto presente che costituisce ius receptum, nella giurisprudenza elaborata in sede nomofilattica, il principio secondo cui il ricorso per Cassazione contro ordinanze, emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio, è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo, posto a sostegno del provvedimento, o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico, seguito dal giudice (così Sez. U., n. 25932 del 29/5/2008; Sez. U, n. 25933 del 29/5/2008), come, alla luce di tale regula iuris, dovesse essere rilevato che l’ordinanza impugnata, ad avviso del Supremo Consesso, prestava il fianco alle censure formulate dal ricorrente in ordine alla mancanza di motivazione sul nesso di strumentalità tra la somma, oggetto di sequestro preventivo, e il reato, ascrittogli provvisoriamente.
Ciò posto, era altresì notato che, secondo la giurisprudenza di legittimità (ex multis: Sez. 6, n. 20244 dell’8/2/2018; Sez. 6, n. 5845 del 20/1/2017), il sequestro preventivo di un bene è legittimo se vi sia una relazione specifica e stabile tra detto bene e l’illecito, che testimoni l’esistenza di un rapporto strutturale e strumentale, precisandosi al contempo che, in tema di sequestro preventivo, l’oggetto del sequestro preventivo deve essere caratterizzato da intrinseca, specifica e strutturale strumentalità rispetto al reato commesso, non essendo sufficiente una relazione meramente occasionale tra la “res” e il reato, tenuto conto altresì del fatto che la dimostrazione dell’esistenza di tale rapporto è necessaria anche nel caso di confisca obbligatoria, come quello previsto dall’art. 416 bis, comma 7, cod. pen. in quanto l’obbligatorietà della confisca non comporta alcuna presunzione sotto il profilo della strumentalità delle cose, che si intendono sequestrare (Sez. 6, n. 27750 del 21/5/2012).
Orbene, declinando tali criteri ermeneutici rispetto al caso di specie, gli Ermellini ritenevano come, nel caso in esame, il Collegio del riesame si fosse limitato a ricordare il ruolo svolto dall’indagato all’interno del sodalizio mafioso, non motivando però in ordine alla sussistenza del necessario rapporto di strumentalità tra la somma, oggetto di sequestro, e il reato, ascritto provvisoriamente al ricorrente.
Da ciò la Corte di legittimità giungeva alla conclusione secondo cui il giudice di merito non aveva motivato su tale nesso di strumentalità con la conseguenza che l’ordinanza impugnata era annullata e il Tribunale di Palermo, competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen., avrebbe dovuto procedere a nuovo esame in ottemperanza ai principi sopra enunciati.
4. Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse, essendo ivi chiarito cosa deve caratterizzare l’oggetto del sequestro preventivo.
Difatti, in tale pronuncia, si afferma, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, che, in tema di sequestro preventivo, l’oggetto del sequestro preventivo deve essere caratterizzato da intrinseca, specifica e strutturale strumentalità rispetto al reato commesso, non essendo sufficiente una relazione meramente occasionale tra la “res” e il reato.
Pertanto, ove invece sia disposto un sequestro preventivo, solo in presenza di una relazione meramente occasionale tra la “res” e il reato, ben potrà impugnarsi un provvedimento di questo genere nei modi e nelle forme stabilite dal codice di rito penale.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su tale tematica procedurale sotto il profilo giurisprudenziale, dunque, non può che essere positivo.
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