Disamina sul concetto di “impresa mafiosa”: il Tribunale di Palermo disponeva la confisca di alcune aziende, beni immobili, veicoli, strumenti finanziari e liquidità ai sensi dell’art. 24, comma 1, d.lgs. n. 159 del 2011, in ragione della loro provenienza illecita o comunque perché costituenti il reimpiego di profitti ottenuti attraverso attività illecita. Per approfondimenti si consiglia il seguente volume, il quale rappresenta un valido strumento operativo di ausilio per l’Avvocato penalista, oltre che per i Giudici di pace o per gli aspiranti Avvocati, mettendo a loro disposizione tutti gli schemi degli atti difensivi contemplati dal codice di procedura penale: Formulario annotato del processo penale dopo la Riforma Cartabia.
1. La questione: l’impresa mafiosa
Ciò posto, avverso questo provvedimento coloro, che avevano la disponibilità di quanto confiscato nel caso di specie, per il tramite dei loro difensori, proponevano ricorso per Cassazione per violazione di legge, con particolare riguardo alla sussunzione dell’attività di uno dei ricorrenti nella nozione di “impresa mafiosa” elaborata dalla giurisprudenza della Cassazione.
In particolare, secondo la difesa, non si ritenevano sussistenti gli elementi tipici della “impresa mafiosa”, ovvero la correlazione specifica e concreta tra la gestione dell’impresa e le attività riconducibili al sodalizio, l’asservimento, cioè, dell’attività d’impresa al controllo della consorteria, con la condivisione di progetti e dinamiche e la conseguente commistione di attività lecita ed illecita, così che l’impresa diventasse strumento operativo del gruppo criminale dato che nessun asservimento delle imprese del ricorrente all’associazione mafiosa sarebbe stato accertato, essendosi la collaborazione limitata alla segnalazione di possibili vittime di estorsione ed all’esazione delle relative “tangenti” ed avendo, anzi, il difeso agito sempre in autonomia da “cosa nostra”, addirittura al punto da suscitare il risentimento e le reazioni di uno dei capi-cosca. Per approfondimenti si consiglia il seguente volume, il quale rappresenta un valido strumento operativo di ausilio per l’Avvocato penalista, oltre che per i Giudici di pace o per gli aspiranti Avvocati, mettendo a loro disposizione tutti gli schemi degli atti difensivi contemplati dal codice di procedura penale: Formulario annotato del processo penale dopo la Riforma Cartabia.
Formulario Annotato del Processo Penale
Il presente formulario, aggiornato al D.Lgs. 19 marzo 2024, n. 31 (cd. correttivo Cartabia), rappresenta un valido strumento operativo di ausilio per l’Avvocato penalista, oltre che per i Giudici di pace o per gli aspiranti Avvocati, mettendo a loro disposizione tutti gli schemi degli atti difensivi contemplati dal codice di procedura penale, contestualizzati con il relativo quadro normativo di riferimento e corredati dalle più significative pronunce della Corte di Cassazione, oltre che dai più opportuni suggerimenti per una loro migliore redazione.La struttura del volume, divisa per sezioni seguendo sostanzialmente l’impianto del codice di procedura penale, consente la rapida individuazione degli atti correlati alle diverse fasi processuali: Giurisdizione e competenza – Giudice – Pubblico ministero – Parte civile – Responsabile civile – Civilmente obbligato – Persona offesa – Enti e associazioni – Difensore – Gli atti – Le notificazioni – Le prove – Misure cautelari personali – Riparazione per ingiusta detenzione – Misure cautelari reali – Arresto in flagranza e fermo – Indagini difensive e investigazioni difensive – Incidente probatorio – Chiusura delle indagini – Udienza preliminare – Procedimenti speciali – Giudizio – Procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica – Appello – Ricorso per cassazione – Revisione – Riparazione per errore giudiziario – Esecuzione – Rapporti giurisdizionali con le autorità straniere.Specifiche sezioni, infine, sono state dedicate al Patrocinio a spese dello stato, alle Misure cautelari nei confronti degli enti (D.Lgs. n. 231 del 2001) ed al Processo penale davanti al Giudice di pace (D.Lgs. n. 274 del 2000).L’opera è corredata da un’utilissima appendice, contenente schemi riepilogativi e riferimenti normativi in grado di rendere maggiormente agevole l’attività del legale.Valerio de GioiaConsigliere della Corte di Appello di Roma.Paolo Emilio De SimoneMagistrato presso il Tribunale di Roma.
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2. La soluzione adottata dalla Cassazione
La Suprema Corte riteneva il motivo suesposto infondato sulla scorta di quell’orientamento nomofilattico secondo il quale la nozione di “impresa mafiosa” va estesa anche alle attività imprenditoriali esercitate non da una “testa di paglia”, bensì dall’effettivo titolare, e che non si giovano direttamente di immissioni di capitali di origine illecita, ma che, ciò nonostante, traggano dal rapporto con il sodalizio mafioso rilevanti vantaggi nel relativo svolgimento, giacché, in tal caso, l’impresa funge da strumento per il perseguimento dei fini delittuosi dell’associazione mafiosa, operando al contempo nell’interesse del sodalizio (Sez. 6, n. 7072 del 14/07/2021).
Pertanto, proprio alla luce di tale criterio ermeneutico, considerando non la semplice contiguità del ricorrente a “cosa nostra”, bensì la sua intraneità, accertata con sentenza irrevocabile e proprio in ragione dei servigi da lui apportati al sodalizio nel controllo del settore dell’edilizia, la sovrapposizione d’interessi con l’associazione mafiosa risultava essere, per il Supremo Consesso, nitida.
3. Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito cosa debba intendersi per impresa “mafiosa”.
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso indirizzo interpretativo, che la nozione di “impresa mafiosa” va estesa anche alle attività imprenditoriali esercitate non da una “testa di paglia”, bensì dall’effettivo titolare, e che non si giovano direttamente di immissioni di capitali di origine illecita, ma che, ciò nonostante, traggano dal rapporto con il sodalizio mafioso rilevanti vantaggi nel relativo svolgimento, giacché, in tal caso, l’impresa funge da strumento per il perseguimento dei fini delittuosi dell’associazione mafiosa, operando al contempo nell’interesse del sodalizio.
Pure in presenza di codeste condizioni, pertanto, una impresa potrà considerarsi di matrice mafiosa.
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