(Annullamento con rinvio)
(Normativa di riferimento: C.p.p. art. 273)
Il fatto
Il Tribunale di Avellino, adito ex art. 309 c.p.p., aveva annullato per carenza dei necessari gravi indizi di colpevolezza l’ordinanza coercitiva emessa dal GIP del Tribunale di Avellino in data 10.7.2018 nei confronti di A. C., M. R., L. M. e L. D., in atti generalizzati limitatamente ai reati di cui ai capi 3 e 5 – tentata estorsione aggravata.
I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso il suddetto provvedimento, proponeva ricorso per Cassazione la pubblica accusa lamentando vizi di motivazione, essenzialmente perché il Tribunale avrebbe contraddittoriamente confermato la partecipazione dei quattro indagati ai fatti (un attentato incendiario in L. ai danni della pala eolica della E. ed il danneggiamento del trasformatore elettrico di altro impianto eolico della E. in B.), escludendo, peraltro, che essi avessero consapevolezza della matrice estorsiva delle predette condotte, accreditata al solo coindagato, ideatore e mandante, P. G., in atti generalizzato.
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
La Corte di Cassazione accoglieva il ricorso proposto alla stregua delle seguenti considerazioni.
I giudici di Piazza Cavour rilevavano prima di tutto come, in conformità rispetto a quanto osservato dal P.M. ricorrente, il Tribunale avesse confermato la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza della partecipazione degli odierni indagati ai fatti indicati in premessa, integranti i reati di danneggiamento aggravato e danneggiamento seguito da incendio aggravati contestati agli indagati (capi 2, 4, 6) trattandosi di gravissimi attentati perpetrati contro obiettivi di interesse anche collettivo (impianti eolici), cui erano stati arrecati danni patrimoniali molto ingenti dei quali, in prima battuta, era ragionevole ritenere che gli esecutori materiali si fossero chiesti finalità, tenuto conto delle immaginabili conseguenze delle condotte poste in essere evidenziandosi al contempo come oltre a ciò il p.m. avesse altresì documentato l’esistenza di non generici contatti tra i quattro indagati ed il mandante G. P. (che in data 23.8.2017 risulta avere persino accompagnato i fratelli L. e l’A. sul luogo di uno degli attentati incendiari).
Si faceva inoltre presente come i fratelli L., in data 11.10.2017, avessero reso spontanee dichiarazioni ai CC che eseguivano un decreto di perquisizione emesso a loro carico, ammettendo il loro coinvolgimento nei fatti in questione, salvo successivamente, in sede di interrogatorio di garanzia, dichiarare di non conoscere il P..
Orbene, gli ermellini osservavano come detta circostanza – palesemente non vera – risultasse indiziariamente valutabile atteso che, come affermato in sede di legittimità ordinaria, ai fini dell’applicazione di misure cautelari personali, l’alibi falso (ma il principio vale, più in generale, per tutte le dichiarazioni menzognere o reticenti) costituisce un indizio di reità che confluisce, unitamente a tutti gli altri, nella valutazione globale, e senza che occorra un più intenso livello di persuasività, nel senso che esso non necessita di una gravità aggiuntiva allorché difetti la prova diretta di una specifica responsabilità dell’indagato, essendo sufficiente che converga, insieme con gli altri, a costituire un quadro di gravità indiziaria seria e univoca.
Premesso ciò, i giudici di legittimità ordinaria rilevavano come apparisse evidente che il provvedimento impugnato, nell’escludere la partecipazione degli indagati alle vicende estorsive pur contestate, aveva esaminato la possibile valenza indiziaria dei singoli elementi raccolti in maniera frazionata, senza concatenarli, ed in particolare senza valutare – una volta ammessa come pacifica la partecipazione degli indagati agli attentati incendiari de quibus – quale potesse essere il loro interesse concreto nella vicenda, la cui gravità lasciava senza dubbio immaginare le possibili conseguenze anche giudiziarie puntualmente verificatesi, e quale potesse essere la ragione per la quale alcuni di loro si erano indotti persino a negare di conoscere il P., vero e proprio dominus della vicenda, rilevandosi, a tal proposito, come il Tribunale si fosse limitato ad evocare apoditticamente l’evenienza che i quattro potessero essere convinti di partecipare ad un atto di ritorsione, che non trovava peraltro supporto in alcun elemento acquisito.
Tal che, alla luce delle considerazioni sin qui esposte, il Supremo Consesso, una volta postulato il seguente principio di diritto: “in tema di applicazione di misure cautelari personali, la gravità degli indizi di colpevolezza postula una considerazione non frazionata ma coordinata degli stessi, che consenta di verificare se la valutazione sinottica di essi sia o meno idonea a sciogliere le eventuali incertezze o ambiguità discendenti dall’esame parcellizzato dei singoli elementi di prova, e ad apprezzare quindi la loro effettiva portata dimostrativa e la loro congruenza rispetto al tema di indagine prospettato nel capo di imputazione provvisoria”, annullava con rinvio (per nuovo esame) l’ordinanza impugnata.
Conclusioni
La sentenza in commento è sicuramente condivisibile.
La lettura ermeneutica che viene data ai gravi indizi di colpevolezza di cui all’art. 273 c.p.p., invero, rispecchia una interpretazione di questi indizi ben ponderata in quanto, con tale approccio ermeneutico, si afferma che solo una loro complessiva considerazione permette di appurare se il quadro indiziario possieda quel crisma della gravità tale da legittimare l’applicazione di una misura cautelare personale.
Tal che, alla stregua di tale orientamento nomofilattico, non si ritiene, pertanto, sufficiente una valutazione atomistica e frammentaria del quadro indiziario per stimare sussistenti i gravi indizi di colpevolezza, essendo per contro necessaria, come appena visto, una disamina unitaria degli indizi allo scopo di verificarne l’effettiva portata dimostrativa e la congruenza rispetto alla prospettazione accusatoria.
Orbene, come già scritto poco prima, una ricostruzione ermeneutica di tal fatta si appalesa sicuramente condivisibile in quanto si subordina l’applicabilità o meno di una misura restrittiva della libertà personale solo sulla scorta di una valutazione articolata e complessiva del compendio investigativo in atti.
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