(Riferimento normativo: Cod. proc. pen., art. 324, co. 7)
1. La questione
Il Tribunale di Verona annullava un provvedimento di sequestro probatorio disposto dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, per totale carenza di motivazione del provvedimento impugnato, disponendo però al contempo, una volta rilevato come nella fattispecie in esame i beni sequestrati fossero prodotti falsi e, pertanto, in quanto tali, suscettibili di confisca richiamati i principi fissati da S.U. n. 40847/2019, la reiezione dell’istanza di restituzione formulata dall’indagato.
Ciò posto, avverso il provvedimento summenzionato proponeva ricorso per Cassazione il difensore, deducendo violazione di legge ex art. 324 comma 5, 6 e 7 c.p.p. ed assumendo che, in assenza di motivazione del decreto di perquisizione e sequestro emesso dal P.M. il Tribunale avrebbe dovuto, una volta dichiarata la nullità del provvedimento, disporre la restituzione della merce non potendo in concreto valutare la effettiva sussistenza dell’ipotesi criminosa contestata.
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2. La soluzione adottata dalla Cassazione
Il ricorso proposto era dichiarato inammissibile, avendo il Tribunale del riesame, ad avviso del Supremo Consesso, in modo condivisibile, negato il diritto alla restituzione dei beni in questione (calzature con segni falsi) facendo corretta applicazione dei principi fissati dalla giurisprudenza di legittimità posto che il divieto di restituzione di cui all’art. 324, comma 7, cod. proc. pen. riguarda soltanto le cose soggette a confisca obbligatoria ai sensi dell’art. 240, secondo comma, cod. pen., restando escluse quelle soggette a confisca obbligatoria ai sensi di previsioni speciali, salvo che tali previsioni richiamino il predetto art. 240, secondo comma, cod. pen. o, comunque, si riferiscano al prezzo del reato o a cose la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione delle quali costituisce reato (Sez. U, Sentenza n. 40847 del 30/05/2019), così come siffatto divieto opera, oltre che con riguardo al sequestro preventivo, anche in caso di annullamento del decreto di sequestro probatorio (Sez. U, Sentenza n. 40847 del 30/05/2019).
3. Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito cosa riguarda il divieto di restituzione di cui all’art. 324, co. 7, c.p.p. che, come è noto, stabilisce quanto segue: “Si applicano le disposizioni dell’articolo 309, commi 9, 9-bis e 10. La revoca del provvedimento di sequestro può essere parziale e non può essere disposta nei casi indicati nell’articolo 240 comma 2 del codice penale”.
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di quanto postulato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 40847/2019, che il divieto di restituzione di cui all’art. 324, comma 7, cod. proc. pen., da un lato, riguarda soltanto le cose soggette a confisca obbligatoria ai sensi dell’art. 240, secondo comma, cod. pen., restando escluse quelle soggette a confisca obbligatoria ai sensi di previsioni speciali, salvo che tali previsioni richiamino il predetto art. 240, secondo comma, cod. pen. o, comunque, si riferiscano al prezzo del reato o a cose la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione delle quali costituisce reato, dall’altro, opera, oltre che con riguardo al sequestro preventivo, anche in caso di annullamento del decreto di sequestro probatorio.
Tale provvedimento, quindi, deve essere preso nella dovuta considerazione ogni volta si debba appurare se ricorra (o meno) questo divieto.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica procedurale sotto il profilo giurisprudenziale, dunque, non può che essere positivo.
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