[Riferimento normativo: Cod. proc. pen., art. 606, c. 1, lett. b)]
Il fatto
Il Tribunale di Bari, rigettando l’appello del Pubblico ministero, aveva confermato l’ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari aveva a sua volta rigettato la richiesta della misura cautelare della sospensione dall’esercizio dei pubblici uffici ex art. 289 cod. proc. pen. nei confronti di un militare, accusato dei reati in continuazione di cui agli artt. 326 e 615-ter, primo, secondo, n. 1, e terzo comma, cod. pen. di accesso abusivo alla banca dati SDI — per verificare l’esistenza di precedenti penali e giudiziari a carico di una persona e poi comunicando a questi i risultati.
Il Giudice, pur ravvisando gravi indizi di colpevolezza a carco dell’indagato, aveva escluso le esigenze cautelari.
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I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Nel ricorso del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bari si chiedeva l’annullamento dell’ordinanza, deducendo erronea applicazione dell’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. per non avere adeguatamente considerato la condotta dell’imputato che, in più occasioni, aveva tenuto, per il ricorrente, comportamenti non consoni alla sua funzione osservandosi al contempo che, pur non essendo stati trovati riscontri alla originaria accusa di corruzione, tali condotte denotavano, sempre per la pubblica accusa, comunque la propensione dell’imputato a delinquere senza che rilevasse il fatto che esse afferivano a ipotesi di reato diverse da quelle per le quali si procedeva.
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
Gli Ermellini osservavano, dopo avere rilevato come sebbene mancasse una espressa intitolazione, e fatto presente che il vizio dedotto nel ricorso in esame sarebbe sembrato da intendersi come riferito alla categoria della «erronea applicazione della legge» ex art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. poiché si assumeva che, nel provvedimento impugnato, «il Tribunale del Riesame di Bari aveva applicato in modo errato l’art. 274 lett. c) cod. proc. pen. in quanto non valorizzava lo specifico comportamento dell’imputato come emerso dalle indagini, che, tuttavia, il vizio di cui all’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. riguarda l’erronea interpretazione della legge penale sostanziale (ossia, la sua inosservanza) ovvero l’erronea applicazione della stessa al caso concreto (ossia l’erronea qualificazione giuridica del fatto o la sussunzione del caso concreto sotto fattispecie astratta) e va tenuto distinto dalla deduzione di un’erronea applicazione della legge in ragione di una carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta, denunciabile sotto l’aspetto del vizio di motivazione (Sez. 5, n. 47575 del 07/10/2016).
Premesso ciò, a fronte di tale quadro ermeneutico, i giudici di Piazza Cavour evidenziavano come, se, in realtà, quel che si deduceva concerneva proprio un possibile vizio della motivazione del provvedimento impugnato nel disconoscere le esigenze cautelari trascurando quanto evidenziato nell’appello del Pubblico ministero contro l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari, doveva, però, osservarsi come il Tribunale non avesse trascurato le condotte dell’imputato evidenziate dal Pubblico ministero, anzi le aveva espressamente richiamate fermo restando però che aveva adottato un criterio di valutazione che, dando atto dei comportamenti poco commendevoli dell’imputato, ma registrando al contempo l’assenza (non contestata dal Pubblico ministero ricorrente) di riscontro alla originaria accusa di corruzione, aveva considerato che i reati contestati all’imputato fossero di altro genere rispetto a quelli originariamente ipotizzati e non presentavano significativa gravità atteso che l’indagato aveva realizzato il primo solo per verificare se il giovane fidanzato della nipote avesse precedenti di polizia e il secondo solo per accertarsi se un suo vecchio compagno di corso fosse deceduto.
In questo contesto di condotte, ad avviso del Supremo Consesso, il Tribunale aveva non irragionevolmente valutato che la perdita delle credenziali per accedere alla banca-dati, la destinazione dell’indagato alla mansione di ‘piantone’ presso la caserma (con i limiti operativi che allo stesso ne derivano) e l’effetto deterrente del procedimento penale in corso, valessero a elidere le esigenze cautelari, né, tra l’altro, il ricorrente, sempre secondo la Suprema Corte, aveva dedotto manifeste illogicità in tale valutazione discrezionale del Tribunale perché aveva soltanto rappresentato un diverso apprezzamento delle condotte che riguarda il merito del giudizio cautelare. Pertanto, il ricorso risultava per la Cassazione essere infondato, e quindi veniva rigettato.
Conclusioni
La decisione in esame è assai interessante essendo ivi chiarito cosa riguarda il vizio di cui all’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen..
Difatti, in tale pronuncia, citandosi un precedente conforme, è postulato che il vizio di cui all’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. riguarda l’erronea interpretazione della legge penale sostanziale (ossia, la sua inosservanza) ovvero l’erronea applicazione della stessa al caso concreto (ossia l’erronea qualificazione giuridica del fatto o la sussunzione del caso concreto sotto fattispecie astratta) e va tenuto distinto dalla deduzione di un’erronea applicazione della legge in ragione di una carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta, denunciabile sotto l’aspetto del vizio di motivazione.
Tale sentenza, quindi, deve essere presa nella dovuta considerazione quando si deve proporre un ricorso per Cassazione adducendo tale vizio al fine di circoscriverlo correttamente, e quindi evitando di incorrere nella reiezione dell’impugnazione proposta.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatto provvedimento, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su cotale tematica procedurale, dunque, non può che essere positivo.
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