(Ricorso dichiarato inammissibile)
(Normativa di riferimento: C.p.p art. 587).
Il fatto
La Corte di appello di Messina dichiarava l’inammissibilità per tardività dell’appello proposto dall’imputato avverso la sentenza del Tribunale di Messina che aveva condannato il primo, in concorso con altri, per i reati, in continuazione ritenuti, di lesioni aggravate, resistenza a pubblico ufficiale e di danneggiamento aggravato maturati nell’ambito di un’aggressione verificatasi ai danni di un terzo all’interno di un esercizio commerciale aperto al pubblico.
I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso la suddetta decisione proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato rilevando come la Corte di appello messinese avesse erroneamente applicata la norma processuale di cui all’art. 587, comma 3, cod. proc. pen., e l’effetto estensivo dell’impugnazione ivi sancito, non essendo stato ivi dedotto che il prevenuto, a fronte di tempestivo ricorso in appello del coimputato, facendone propri i motivi, aveva depositato il 5 aprile 2017 un ulteriore atto di impugnazione con motivi aggiunti (art. 585, comma 4, cod. proc. pen.).
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
La Cassazione osservava come il principio previsto dall’art. 587 cod. proc. pen. riguardasse l’estensione, all’imputato non impugnante sul punto, degli effetti favorevoli derivanti dall’accoglimento del motivo di natura oggettiva dedotto dal coimputato, ma non implica l’estensione da un coimputato all’altro dei motivi di impugnazione, con conseguente dovere da parte del giudice di esaminarli (ex multis: Sez. 6, n. 21739 del 29/01/2016, omissis, Rv. 266917).
Posto ciò, il caso di specie, rileva il Supremo Consesso, non risultava in alcun modo riconducibile al principio de quo atteso che detto criterio ermeneutico non è destinato ad operare là dove il coimputato, che voglia avvalersi dell’effetto estensivo dell’impugnazione proposta da altro imputato, miri in tal modo a recuperare gli effetti di una impugnazione da lui tardivamente introdotta.
Tal che se ne faceva conseguire la manifesta infondatezza della questione dedotta tale da rendere il ricorso proposto inammissibile e a cui veniva fatta seguire la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa delle ammende.
Conclusioni
La sentenza si appalesa condivisibile in quanto si innesta lungo un solco di un pregresso orientamento nomofilattico in cui era stato parimenti postulato che il principio previsto dall’art. 587 cod. proc. pen. riguarda l’estensione, all’imputato non impugnante sul punto, degli effetti favorevoli derivanti dall’accoglimento del motivo di natura oggettiva dedotto dal coimputato, ma non implica l’estensione da un coimputato all’altro dei motivi di impugnazione, con conseguente dovere da parte del giudice di esaminarli.
Tal che ne discende che l’estensione dell’impugnazione, così come preveduta dall’art. 587 c.p.p., non consente la rimessione in termini nel caso di impugnazione tardiva sol perché si fanno propri i motivi dedotti dall’impugnazione ritualmente presentata e depositata dal coimputato con la successiva presentazione di motivi nuovi.
Una lettura dell’art. 587 c.p.p. in questi termini, difatti, non trova conforto né nel tenore testuale di tale disposizione legislativa, né nella giurisprudenza di legittimità (come evidenziato dalla stessa Cassazione in questa pronuncia).
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