4) Cause di estinzione del diritto
1) Inquadramento giuridico
Con la sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ciascun coniuge perde i diritti successori nei confronti dell’ex coniuge divorziato che muore.
Ugualmente accade nel caso delle unioni civili dopo lo scioglimento dell’unione.
L’unica eccezione a tale regola è la previsione di cui all’art. 9 bis della l. n. 898/1970 (cd. Legge sul Divorzio), ove si prevede che il divorziato, come lo sciolto civilmente, possa chiedere che gli venga riconosciuto il diritto di ricevere un assegno periodico a carico dell’eredità purché egli sia titolare dell’assegno di divorzio e si trovi in stato di bisogno. L’assegno a carico dell’eredità costituisce un diritto nuovo ed autonomo, che nasce dalla cessazione del diritto all’assegno di divorzio ma si fonda su presupposti che non coincidono con quelli dell’assegno divorzile. Tale diritto sorge con la pronuncia giudiziale che ne riconosce i presupposti e ne quantifica l’entità.
L’assegno a carico dell’eredità è personale ossia: non è trasmissibile né per atto tra vivi, né a causa di morte; è irrinunciabile ed incedibile. La caratteristica dell’irrinunciabilità non deve essere confusa con la facoltà del mancato esercizio del diritto stesso che è libero e rimesso alla discrezionalità del coniuge divorziato cui il medesimo sia stato attribuito.
La giurisprudenza (Cass. civ. 27 novembre 1996, n. 10557) ha affermato che, attribuendo al divorziato del defunto un assegno a carico dell’eredità, l’obbligo di corrispondere l’assegno di divorzio non si trasferisce sul coniuge superstite o sugli eredi del defunto, perciò non può essere considerato la continuazione dell’assegno di divorzio.
Infine, il diritto all’assegno a carico dell’eredità è impignorabile.
La natura giuridica dell’assegno a carico dell’eredità è stata oggetto di dibattiti dottrinali.
La teoria prevalente lo qualifica come diritto di natura successoria, che quindi non può essere escluso per testamento, ma che tuttavia non sorge automaticamente, derivando espressamente da una pronuncia giudiziale con cui il tribunale discrezionalmente accerta la sussistenza dei presupposti, con una pronuncia avente natura dichiarativa e non costitutiva del diritto all’assegno.
2) Presupposti del diritto
Detti presupposti sono tre: il divorziato deve ricevere periodicamente un assegno di divorzio, deve trovarsi in stato di bisogno e non deve essere passato a nuove nozze.
Inoltre, devono sussistere due presupposti impliciti: il primo è che deve sussistere lo status di coniuge divorziato; il secondo è che l’ex coniuge della cui eredità si tratta sia deceduto, o sia stato dichiarato presunto morto ai sensi dell’art. 58 ss. c.c..
Quanto alla titolarità dell’assegno di divorzio si discute se sia necessaria la titolarità effettiva dell’assegno o se sia sufficiente la titolarità astratta.
Ci si riferisce ai casi di sentenza di divorzio non definitiva, ovvero di quando vi è stata pronuncia di scioglimento del matrimonio ma il procedimento deve continuare per la definizione degli aspetti economici, l’eventuale sentenza di accertamento del diritto all’assegno, anche se successiva alla morte dell’ex coniuge, consente al divorziato di poter far valere il proprio diritto a ricevere l’assegno a carico dell’eredità.
L’art. 9 bis l. div. precisa anche che l’assegno a carico dell’eredità non spetta se la liquidazione dell’assegno divorzile sia avvenuta una tantum, ossia in unica soluzione, perché con tale liquidazione cessa ogni ulteriore necessità di tutelare il coniuge debole, che ha ritenuto soddisfatta la sua posizione con l’attribuzione di una somma adeguata anche alle sue esigenze future.
Quanto al secondo presupposto, ossia lo stato di bisogno del coniuge divorziato superstite, trattasi di un concetto che non ha una definizione normativa. Perciò è ben possibile interpretarlo in maniera restrittiva, considerando che lo stato di bisogno debba coincidere con quello della richiesta per ottenere gli alimenti di cui all’art. 438 c.c.: l’assegno a carico dell’eredità, perciò, dovrebbe essere attribuito solo quando il divorziato non è in grado di provvedere da sé alle proprie esigenze minime di vita, «esigenze che devono essere valutate avendo riguardo alla sua posizione sociale» (sul punto, Cass. civ., 17 luglio 1992, n. 8687 ha definito lo stato di bisogno come l’insufficienza delle risorse economiche in rapporto ai bisogni della persona, cioè alle sue essenziali e primarie esigenze esistenziali, che non possono rimanere insoddisfatte se non a costo di un deterioramento fisico o psichico).
In epoca più recente la giurisprudenza ha scelto una interpretazione un po’ più estensiva, affermando che lo stato di bisogno consiste nell’insufficienza delle risorse economiche occorrenti per soddisfare le essenziali e primarie esigenze di vita (Cass. civ. n. 1253/2013; Cass. civ. 17 luglio 1992, n. 8687), perciò detto stato non dovrebbe essere valutato in modo troppo rigoroso: non è sempre necessario che il divorziato si trovi nell’impossibilità di soddisfare le sue esigenze primarie di vita, dovendo il giudice decidere, di volta in volta, nel caso concreto, se esso sussiste o meno.
A supporto di una interpretazione intermedia, si evidenzia come il legislatore abbia attribuito al giudice una certa discrezionalità nel valutare la situazione del divorziato, con ciò dimostrando di permettere che venga superato il limite minimo di quanto sarebbe necessario alla sopravvivenza. Lo conferma il fatto che nell’art. 9 bis l. div. non vi è il limite indicato dall’art. 438 c.c., ossia che gli alimenti non devono superare quanto necessario per la vita di colui che ne ha diritto.
3) Criteri di quantificazione
Circa i criteri di quantificazione la norma in commento indica come parametri, oltre all’entità del bisogno, l’importo dell’assegno di divorzio, l’eventuale pensione di reversibilità, le sostanze ereditarie, il numero e la qualità degli eredi e le loro condizioni economiche.
Con riguardo al criterio dell’importo dell’assegno divorzile periodico di cui era titolare il coniuge divorziato superstite al momento del decesso dell’ex coniuge obbligato, esso rappresenta il limite massimo, vale adire che gli eredi non possono essere gravati economicamente in misura maggiore rispetto a quanto lo fosse il de cuius.
Con riguardo al secondo criterio, l’entità dello stato di bisogno in cui versi il coniuge divorziato superstite, ciò significa che, una volta accertata la sussistenza dello stato di bisogno, il Tribunale dovrà effettuare una valutazione quantitativa dello stato di bisogno considerandone l’entità effettiva e concreta.
La misura dell’assegno in esame, poi, deve essere determinata tenendo conto anche delle sostanze ereditarie, il calcolo del cui ammontare, tuttavia, è molto discusso.
La legge stabilisce che per calcolare l’importo dell’eredità si debba tenere conto non solo del relictum, ossia dei beni mobili, immobili e crediti caduti in successione, ma anche del donatum, ossia di quei beni che il defunto aveva donato nel corso della sua esistenza.
Ma nel calcolo, ai fini dell’assegno a carico dell’eredità si tende ad escludere dal computo le donazioni, non essendovi nel testo di legge un richiamo specifico e facendo riferimento alle sole sostanze ereditarie, e non al patrimonio nel suo complesso.
L’assegno, poi, graverà solo sulla quota disponibile, cioè quella parte di eredità di cui il defunto poteva disporre liberamente per testamento, poiché bisogna escludere che l’assegno possa intaccare la quota di riserva, ossia quella parte di eredità che la legge necessariamente riserva ai legittimari.
Un ulteriore elemento da considerare è il numero, la qualità e le condizioni economiche degli eredi: il diritto del divorziato sarà tanto minore, quanto più numerosi sono gli eredi e quanto più stretti i loro vincoli di parentela con il defunto.
Qualora tra gli eredi obbligati al pagamento dell’assegno a carico dell’eredità sussista una disparità economica e patrimoniale, ogni erede contribuirà a tale obbligo in proporzione, oltre alla quota ereditaria di sua spettanza, anche in base alla propria capacità economica come previsto dall’art. 441 c.c..
Infine, la pensione di reversibilità assume particolare rilievo: il godimento di detta pensione, infatti, influisce sulle condizioni economiche del divorziato e può anche escludere il suo stato di bisogno, facendo così venir meno uno dei presupposti richiesti per l’attribuzione dell’assegno a carico dell’eredità.
4) Le cause di estinzione del diritto
Il comma 3 dell’art. 9 bis l. div. elenca anche le cause di estinzione dell’assegno a carico dell’eredità.
Le nuove nozze, a cui però non si equiparava inizialmente la convivenza more uxorio del divorziato (Cass. civ., 3 novembre 2004, n. 21080), affermandosi che la convivenza di quest’ultimo con un’altra persona non determinasse la perdita automatica del suo diritto all’assegno. Successivamente però la giurisprudenza ha mutato orientamento sostenendo che la convivenza può comportare la cessazione del stato di bisogno (Cass. civ., 3 aprile 2015, n. 6855) e addirittura la perdita automatica del diritto all’assegno senza la necessaria prova della modificazione in meglio della condizione economica del coniuge titolare dell’assegno (Cass. civ. 28 febbraio 2019, n. 5974).
Il venir meno dello stato di bisogno è un’altra causa di estinzione dell’assegno a carico dell’eredità, che, a differenza di quanto avviene in caso di nuove nozze, può però risorgere qualora lo stato di bisogno si ripresentasse, benché tale reviviscenza non è automatica ma occorre una nuova pronuncia dell’autorità giudiziaria.
La morte del beneficiario è causa di estinzione dell’assegno poiché questo non è trasmissibile agli eredi del medesimo; essi avranno solo diritto a pretendere i ratei scaduti e non riscossi al momento del decesso del de cuius.
In caso di morte del soggetto obbligato invece l’obbligo si trasferisce ai suoi eredi, tuttavia, il trasferimento non può avvenire in modo automatico perché l’art. 9 bis l. div. prevede che il tribunale per stabilire l’an e il quantum della prestazione debba considerare una serie di elementi che, dopo il decesso dell’erede, possono mutare; perciò, è opportuno un nuovo provvedimento da parte del tribunale.
La corresponsione dell’assegno a carico dell’eredità può avvenire periodicamente ma, se vi è l’accordo delle parti, è possibile erogarlo anche in un’unica soluzione, determinata comunque con criteri di capitalizzazione dell’assegno periodico, non essendo possibile determinarla liberamente tra le parti.
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